Azioni a difesa della proprietà: i dati catastali non bastano per far valere i confini (Cass. n. 3980/2013)

Redazione 18/02/13
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Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato il 15.6.98 L.G. e P.F., quali comproprietari del fondo sito nel Comune di (omissis), distinto in catasto al foglio 9, mappali 46, 47, 48, 49, 50, 51, 54, 56 e 57,convenivano in giudizio, innanzi al Pretore di Ivrea, sez dist. di Strambino, L.G.G. e D. M. chiedendo che fossero dichiarate di loro proprietà le parti di terreno confinanti con la proprietà dei convenuti e da essi abusivamente occupate, con condanna dei convenuti medesimi alla rimozione delle opere ivi realizzate.

Si costituivano in giudizio L.G.G. e D.M. negando di aver occupato porzioni di terreno appartenenti agli attori ed eccependo di aver comunque usucapito i beni rivendicati. In via riconvenzionale chiedevano la condanna degli attori alla rimozione di un cancello che dava accesso alla loro abitazione.

Assunte le prove testimoniali ed espletata C.T.U., con sentenza 4.6.2003, il Tribunale di Ivrea rigettava la domanda degli attori per difetto di prova sulla domanda di rivendica e dichiarava inammissibile la domanda riconvenzionale perchè proposta tardivamente.

Avverso tale sentenza il L. e la P. proponevano appello cui resistevano L.G.G. e D.M.. Con sentenza depositata il 2.11.2005 la Corte di Appello di Torino rigettava l’appello condannando gli appellanti al pagamento delle spese del grado.

La Corte di merito rilevava la inammissibilità della domanda, proposta per la prima volta in appello, relativa all’accertamento della proprietà nella parte riguardante il tratto di confine fra i mappali 57 e 56 a nord ed il mappale 58 a sud; dichiarava, inoltre, inammissibile l’ulteriore domanda con cui gli appellanti chiedevano la condanna di controparte alla rimozione di ogni manufatto sito a distanza illegale dalla proprietà dei coniugi L. in quanto formulata tardivamente in primo grado e non sorretta da specifico motivo di appello quanto alla mancata pronuncia del primo giudice;

per il resto, osservava la Corte di merito che gli appellanti non avevano censurato la qualificazione dell’azione da loro proposta come rivendicazione sicchè, stante il giudicato formatosi su detta qualificazione, la questione devoluta al giudice di appello doveva ritenevi limitata alla sussistenza o meno della prova necessaria per l’accoglimento della domanda di rivendicazione riguardanti le porzioni di terreno nel tratto di confine fra i mappali 56 e 54 a nord ed il mappale 48 a sud, il muro di confine a secco, ubicato tra lo spigolo nord-est dell’edificio dei L.G. – D. e il confine est della proprietà degli stessi, nonchè la striscia di terreno soprastante il muro a secco nel tratto di confine tra il mappale 48 a nord ovest ed il mappale 58 a sud est. Al riguardo riteneva il giudice di appello che gli appellanti non avessero fornito una prova adeguata del loro diritto di proprietà posto che le risultanze catastali avevano natura meramente indiziaria.

Per la cassazione di detta sentenza hanno proposto ricorso L. G. e P.F. sulla base di tre motivi. Gli intimati non hanno svolto attività difensiva.

Motivi della decisione

I ricorrenti deducono:

errata valutazione delle risultanze istruttorie; violazione e falsa applicazione delle norme sulla prova della proprietà ex art. 948 c.c. nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, considerato che “la C.T.U., tramite accertamenti di altra natura, aveva confermato quanto già era deducibile dalle mappe catastali i cui dati erano comunque attendibili in quanto concordanti con tutte le risultanze istruttorie dei due gradi di giudizio; contrariamente a quanto affermato nella sentenza impugnata, doveva inoltre escludersi che i convenuti avessero contestato il diritto di proprietà dei coniugi L. sulle porzioni di terreno in questione al di là di una mera contestazione “di stile”.

Dette censure sono prive del requisito di specificità in quanto non colgono le complessive ragioni della decisione impugnata e si limitano ad un generico richiamo alle risultanze istruttorie dei due gradi del giudizio di merito senza una loro individuazione specifica con la conseguenza che è precluso alla Corte di legittimità ogni controllo sulla fondatezza delle doglianze.

Deve, peraltro, evidenziasi che la Corte di merito ha ritenuto, in aderenza alla giurisprudenza di questa Corte, che i dati catastali, per la loro natura meramente indiziaria, non hanno rilievo decisivo in materia di rivendica (cfr. Cass. n. 1044/95; n. 3398/84), considerata la prova rigorosa richiesta ex art. 948 c.c..

E’ pur vero che la prova, in tema di revindica, può essere data con qualsiasi mezzo, non necessariamente documentale, ma nel caso di specie, il giudice di appello ha ritenuto, a tal fine, insufficiente la C.T.U. perchè fondata solo sui dati catastali non convalidati da altri elementi probatori (V. Cass. n 1650/94).

A fronte di detta valutazione probatoria, riservata al giudice di merito, è precluso, in sede di legittimità, ogni ulteriore apprezzamento sul punto.

Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato. Nulla per le spese del presente giudizio di legittimità in difetto di attività difensiva da parte degli intimati.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Redazione