Azione di condanna atipica al TAR (Tar Lombardia, Milano, n. 2220/2012)

Redazione 04/09/12
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sul ricorso numero di registro generale 3356 del 2011, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Associazione Genitori Antismog, rappresentata e difesa dagli avv.ti ************** e *********************, con domicilio eletto presso la prima in Milano, Galleria San Babila, 4/A;

contro

Regione Lombardia, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa per dagli avv.ti ************* e ****************, domiciliata in Milano, Piazza Città di Lombardia, 1;

nei confronti di

Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Istituto Superiore per la Ricerca e la Protezione Ambientale, non costituiti in giudizio

per l’accertamento

della mancata adozione da parte della Regione Lombardia di un piano per la qualità dell’aria conforme all’art. 9 comma 1 del D.Lgs. 13.8.2010 n. 155, o in subordine, di “un piano o un programma conforme all’art. 8 c. 3 del D.Lgs. 4.8.1999 n. 351”

e per la condanna

della Regione Lombardia all’adozione di un piano per la qualità dell’aria conforme all’art. 9 c. 1 del D.Lgs. 13.8.2010 n. 155;

nonché, ove occorra, per l’annullamento:

della nota regionale T1.2011.0019908 del 27.9.2011, e di tutti gli atti ivi elencati, ove qualificati come “piano regionale dell’aria” vigente ai sensi dell’art. 9 c. 1 del D.Lgs. 13.8.2010 n. 155 e dell’art. 8 c. 3 del D.Lgs. 4.8.1999 n. 351, ed in particolare, della D.G.R. n. 8/5547 del 10.10.2007, della D.G.R. n. 8/580 del 4.8.2005, del file trasmesso con la suddetta nota, titolato “Provvedimenti regionali per la qualità dell’aria 2001-2011”, del questionario trasmesso con nota T1.2011.0014075 del 24.6.2011, file “PPs reportIT – Regione Lombardia 2009_giugno 2011. xls”, di tutti gli atti presupposti, connessi e consequenziali, tra i quali in particolare la nota regionale prot. T1.2001.0020215 del 29.9.2011, e l’atto non conosciuto con il quale sia stata eventualmente disposta, prorogata o confermata l’efficacia della D.G.R. n. 8/580 del 4.8.2005, e dei predetti file quale piano regionale dell’aria, fino alla data di proposizione del ricorso;

atti impugnati con il ricorso principale

nonché, ove occorra, per l’annullamento

della nota della Regione Lombardia prot. T1.2012.001452 del 19.01.2012 a firma del Dirigente U.O. Protezione aria e prevenzione Inquinamenti fisici e industriali;

nonché di ogni altro atto presupposto, consequenziale e comunque connesso, ivi compresi il documento ‘Valutazione dell’impatto sulle emissioni e sulle concentrazioni del Piano Regionale della Qualità dell’Aria” e i documenti afferenti al Working Package Integred Assessment del “Collaborative Research Project for Air Pollution Redction in Lombardy Region (2006-2010)”

atti impugnati con i motivi aggiunti

 

Visti il ricorso, i motivi aggiunti ed i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Regione Lombardia;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 2 luglio 2012 il dott. *********** e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

La ricorrente è un’associazione attiva nel settore ambientale, con particolare riferimento alla riduzione dell’inquinamento atmosferico, al monitoraggio ed alla diffusione delle informazioni ambientali, alla tutela della salute umana dall’inquinamento atmosferico, ed al miglioramento delle condizioni di vita in ambito urbano.

I) Ai fini dell’esplicazione dei motivi di ricorso, nonché dei fatti sopravenuti alla sua proposizione, è necessario, preliminarmente e sinteticamente, ripercorrere il quadro normativo, comunitario nazionale e regionale, posto a base delle pretese della ricorrente.

I.1) La Direttiva 1996/62/CE, in materia di “valutazione e gestione della qualità dell’aria ambiente”, prevede che gli Stati membri adottino misure onde garantire l’elaborazione o l’attuazione di un piano o programma che consenta di raggiungere i valori limite entro il periodo di tempo stabilito (art. 8 c. 3), da inviarsi alla Commissione Europea.

La successiva Direttiva 2008/50/CE, relativa alla qualità dell’aria ambiente e per un’aria più pulita in Europa, prevede che il superamento dei detti valori comporti l’obbligo in capo agli Stati membri di predisporre “piani per la qualità dell’aria” (art. 23), con il contenuto di cui all’allegato XV punto A della Direttiva, individuando altresì misure appropriate affinché il periodo di superamento sia il più breve possibile.

I.2) Il D.Lgs. 4.8.1999 n. 351, adottato onde dare attuazione alla predetta Direttiva 1996/62/CE, ha delegato alla Regioni l’adozione de predetti “piani o programmi”, da trasmettersi al Ministero dell’Ambiente, individuando le relative modalità di redazione, nel D.M. 1.10.2002 n. 261.

Il D.Lgs. 13.8.2010 n. 155, ha poi recepito la Direttiva 2008/50/CE, confermando il ruolo delle Regioni nella redazione dei predetti piani, nonché l’obbligo di trasmissione al Ministero. In particolare, l’art. 9 del D.Lgs. cit., prevede che il piano contenga “le misure necessarie ad agire sulle principali sorgenti di emissione aventi influenza su tali aree di superamento ed a raggiungere i valori limite nei termini prescritti”; e che in caso di superamento la Regione provveda ad integrare il Piano, con l’individuazione di misure atte a raggiungere i valori limite nel più breve tempo possibile.

I.3) In attuazione delle predette norme la Regione Lombardia ha adottato, in primo luogo, con D.G.R. 20.3.1998 n. 35196, un “Piano Regionale per la Qualità dell’Aria”, nel proseguo P.R.Q.A., successivamente aggiornato con D.G.R. 10.10.2007 n. 5547, nonché, con D.G.R. n. 580/06, le “Misure Strutturali per la Qualità dell’Aria”.

Successivamente è stata poi emanata la L.R. 11.12.2006 n. 24, il cui art. 2 ha comma 2 ha previsto, tra l’altro, l’emanazione di un programma regionale di interventi per la qualità (nel proseguo, P.R.I.A.).

II) A fronte di una specifica richiesta della ricorrente, inoltrata in data 4.8.2011, volta ad accedere al P.R.I.A. vigente, la Regione, con nota prot. n. 19908 del 30.9.2011, impugnata con il ricorso principale, ha comunicato che sul sito web regionale sono pubblicati, con i relativi aggiornamenti “i ***** vigenti e le misure intraprese”, indicando in particolare un file denominato “aggiornamento P.R.Q.A.”, e precisando che le “Misure strutturali per la qualità dell’aria 2005-2010” sono destinate a permanere fino all’approvazione del Programma Regionale di cui all’art. 2 della L.R. n. 24/06, ossia del citato P.R.I.A.

Con il presente ricorso, ritualmente notificato e depositato, si lamenta in sostanza il mancato adempimento da parte della Regione Lombardia alle disposizioni, comunitarie nazionali e regionali, dettate in materia di “qualità dell’aria”. La ricorrente ha chiesto, in particolare, l’accertamento della mancanza di un piano per la qualità dell’aria, e la condanna alla sua adozione nonché, ove occorra, l’annullamento della detta nota regionale prot. n. 19908 del 30.9.2011.

La Regione resistente si è costituita in giudizio, contestandone le fondatezza, nel rito e nel merito.

Con ordinanza n. 580/12 è stata respinta la domanda cautelare.

All’udienza pubblica del 2.7.2012 la causa è stata trattenuta in decisione.

Nel dettaglio (primo motivo), la ricorrente, dopo aver riconosciuto espressamente l’esistenza del P.R.Q.A. “almeno formalmente conforme alla normativa vigente al momento della sua adozione”, ne contesta in primo luogo il mancato aggiornamento.

Tale piano, adottato nel 2007 (D.G.R. n. 5547 del 10.10.2007), sarebbe fondato su rilevazioni risalenti al 2006, ed avrebbe una durata limitata all’anno 2010.

Dal punto di vista contenutistico tale Piano non conterebbe poi informazioni relative alla “natura e valutazione dell’inquinamento”, “origine dell’inquinamento” e “analisi della situazione”.

Con il secondo motivo si contesta il documento denominato dalla Regione “Misure strutturali per la qualità dell’aria in Regione Lombardia 2005-2010”.

Tale documento, oltre a non essere aggiornato, in quanto valido solo fino all’anno 2010, avrebbe inoltre un contenuto difforme da quello previsto nell’Allegato XV della Direttiva 2008/50/CE e dal D.M. n. 261/2002, riportando le medesime carenze già indicate nel precedente motivo di ricorso, oltre a non prevedere gli effetti riscontrati, né la stima del miglioramento programmato della qualità dell’aria e dei tempi previsti per conseguire gli obiettivi.

Con il terzo, il quarto, ed il quinto motivo, si contesta, rispettivamente, il documento “Provvedimenti regionali per la qualità dell’aria 2001-2011”, e gli ulteriori atti ivi indicati, riproponendo le identiche censure già formulate in precedenza, sia in ordine alla loro limitata efficacia temporale, che al loro contenuto.

Con il sesto motivo si lamenta come il “piano regionale per l’aria” vigente, non sia mai stato sottoposto a “Valutazione Ambientale Strategica”, nel proseguo V.A.S., invece prevista dalla Direttiva 2001/42/CE, dal D.Lgs. n. 152/2006, e dalla delibera del Consiglio Regionale 13.3.2007 n. 351.

Con il settimo ed ultimo motivo, in via subordinata ed eventuale, si chiede la disapplicazione del D.Lgs. n. 155/2010 per contrasto con la normativa comunitaria, per il caso in cui si dovesse ritenere che la Regione avesse correttamente adempiuto ai propria obblighi, in applicazione dello stesso D.Lgs. n. 155/2010.

III) Successivamente alla notifica del ricorso principale, l’associazione ricorrente ha presentato alla Regione un’ulteriore istanza di accesso, richiedendo di indicare concretamente una serie di informazioni che avrebbero dovuto essere contenute nel P.R.I.A.

Con nota prot. n. 1452 del 19.1.2012, la Regione ha ribadito che “il piano regionale lombardo attualmente vigente è costituito dall’insieme degli strumenti di pianificazione e di attuazione sopra specificati”.

La predetta mota è stata impugnata con i motivi aggiunti, nei quali la ricorrente ha riproposto le medesime doglianze già formulate nei primi cinque motivi del ricorso principale (ottavo motivo).

Con il nono motivo si censura l’affermazione secondo cui “la stima del miglioramento programmato della qualità dell’aria e dei tempi previsti per conseguire tali obiettivi”, sarebbe prevista in uno studio dell’******* del novembre 2007, richiamato dalla D.G.R. n. 5547/07, e in un documento denominato WP4 –Integrated Assessment, redatto dal Joint Research Center della Commissione Europea, di Ispra, nel proseguo J.R.C.

In particolare, deduce la ricorrente che la relazione dell’A.R.P.A. non conterrebbe alcuna stima del miglioramento programmato della qualità dell’aria, mentre la relazione del J.R.C. prefigurerebbe semplicemente taluni scenari possibili, non concrete misure integrative, come dimostrato dalla mancata indicazione delle somme necessarie alla loro attuazione.

Con il decimo ed ultimo motivo si lamenta la genericità delle misure indicate dalla Regione, con particolare riferimento alla verifica degli “effetti riscontrati” ed allo stanziamento dei fondi necessari.

 

DIRITTO

I) In via preliminare, va scrutinata l’eccezione di difetto di legittimazione attiva dell’Associazione ricorrente, in quanto non appartenente a quelle legittimate ad agire, ex art. 18 della L. n. 349/1986.

L’eccezione è infondata.

Come già statuito nella sentenza n. 2995 del 15.7.2010 della Sezione, l’Associazione ricorrente, pur non essendo iscritta nell’elenco di cui all’art. 13 della legge sopra richiamata, persegue statutariamente le finalità di tutela ambientale, con particolare riferimento all’ambito urbano milanese (artt. 2 e 3 dello Statuto allegato), pienamente interessato dalle misure oggetto del presente ricorso.

L’attività svolta e la sua rappresentatività sono dimostrate, oltre che dalla proposizione di svariati contenziosi in materia ambientale a partire dal 2006, anche dalle numerose iniziative riprese dalla stampa, non solo locale, finalizzate alla sensibilizzazione in campo ambientale ed alla tutela della vivibilità in ambito urbano. Il tutto è riportato nel sito internet dell’Associazione (www.genitoriantismog.it) laddove sono evidenziati tutti gli aspetti di rilievo in relazione all’attività svolta ed al collegamento con le tematiche ambientali riguardanti la città di Milano.

Risultano pertanto integrati in concreto i requisiti richiesti dalla giurisprudenza onde riconoscere la legittimazione ad agire delle associazioni ambientali, essendosi in presenza di un collegamento stabile con il territorio interessato, consolidatosi obiettivamente in un periodo di tempo significativo, nonché di un’azione associativa dotata di adeguata consistenza, e di rappresentatività degli interessi che si intendono tutelare, anche con riferimento al numero ed alla qualità degli associati, sì da illustrare l’effettività e riferibilità, ad un interesse specificamente delineato, del pregiudizio allegato (C.S. Sez. VI, 25.6.2008, n. 3234, T.A.R. Toscana, Firenze, II, 3.3.2010, n. 591).

II) Può invece prescindersi dallo scrutinio del merito delle censure proposte, poiché il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, per le ragioni che saranno illustrate nel proseguo, fermo restando l’accoglimento della domanda, successivamente presentata, per l’accertamento del silenzio sull’obbligo di conclusione del procedimento, medio tempore avviato, per l’approvazione del P.R.I.A.

II.1) Il Collegio deve preliminarmente svolgere talune considerazioni in ordine alla corretta qualificazione dell’azione proposta, in applicazione di quanto disposto dall’art. 32 c.p.a., che conferisce al giudice il potere di qualificare la domanda, al di là del nomen iuris utilizzato dalle parti, attribuendo rilievo al contenuto sostanziale della stessa.

La ricorrente definisce espressamente la propria domanda, quale “accertamento” della difformità dell’attività pianificatoria regionale in materia di inquinamento atmosferico, rispetto a quanto previsto dalla normativa vigente, citando a supporto dell’ammissibilità della stessa i principi espressi da Ad. Plen. C.S. 29.7.2011 n. 15 (v. pag. 16 ricorso principale e 12 della memoria del 31.5.2012).

Il Collegio non ritiene tuttavia di essere in presenza di un’azione di accertamento, quanto invece di una c.d. azione di condanna atipica. La ricorrente richiede infatti di accertare l’esistenza di un inadempimento, a cui porre rimedio con una pronuncia costitutiva di condanna ad un facere, e cioè all’adozione di piani conformi alla normativa vigente, ciò che rappresenta la sostanziale pretesa a cui aspira l’associazione ricorrente.

In tema di pronunce dichiarative, deve infatti distinguersi tra l’accertamento compiuto dal giudice a fronte dell’esperimento di azioni costitutive o di condanna, ciò che rappresenta il momento cognitivo della sussistenza dei presupposti per l’emissione della sentenza, e le azioni di mero accertamento, volte cioè ad eliminare uno stato di incertezza, che di per sé è idoneo a garantire la soddisfazione della situazione giuridica dedotta in giudizio, a prescindere da qualsiasi ulteriore statuizione.

Come chiarito da autorevolissima dottrina processual-civilistica, con l’azione meramente dichiarativa l’attore tende esclusivamente a procurarsi la certezza giuridica di fronte ad uno stato di incertezza che gli è pregiudizievole, all’uopo chiedendo che si dichiari esistente un suo diritto o inesistente un diritto altrui, indipendentemente dall’effettiva realizzazione, e cioè dalla condanna. In tali azioni il bisogno di tutela giurisdizionale è pertanto soddisfatto dalla sola immutabilità dell’accertamento contenuto nella sentenza, in modo che l’interesse legittimo del ricorrente trovi una compiuta tutela nella mera affermazione della sussistenza della pretesa fatta valere.

La funzione di accertamento si esplica pertanto unicamente onde rimuovere un’incertezza pregiudizievole dell’attore, ad opera della dichiarazione giudiziale.

La stessa Ad. Plen. n. 15/2011 invocata dalla ricorrente, ha evidenziato che nelle pronunce meramente dichiarative “la funzione di accertamento non si appalesa strumentale all’adozione di altra pronuncia di cognizione”, che invece nella fattispecie de quo è stata richiesta.

La ricorrente non ha pertanto proposto una vera e propria azione di mero accertamento, come dimostra il fatto che ha richiesto, successivamente all’accertamento della mancata adozione del piano da parte della Regione, la condanna a provvedere in tal senso (v. pag. 15 memoria del 31.5.2012).

II.2) Il Collegio deve a questo punto interrogarsi sull’ammissibilità in astratto di un’azione nella quale il ricorrente chieda, previo accertamento dell’inadempimento degli obblighi imposti dalla normativa in materia, la condanna dell’Amministrazione ad un facere, ossia all’adozione degli atti conformi.

Con la sentenza n. 3 del 23.3.2011 l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha dato risposta positiva al quesito, facendo leva sulla disciplina dettata dal c.p.a., il quale ha ampliato le tecniche di tutela dell’interesse legittimo, mediante l’introduzione del principio della pluralità di azioni. Alla tutela di annullamento, si sono infatti aggiunte quella di condanna, dichiarativa, ed in materia si silenzio-inadempimento, l’azione di condanna all’adozione del provvedimento, previo accertamento, nei casi consentiti, della fondatezza della pretesa dedotta in giudizio. L’architettura del codice ha pertanto superato la tradizionale limitazione della tutela dell’interesse legittimo al solo modello impugnatorio, ammettendo l’esperibilità di pronunce dichiarative, costitutive o di condanna, idonee a soddisfare la pretesa della parte vittoriosa.

I predetti principi sono stati recepiti e prontamente attuati dalla giurisprudenza di primo grado, la quale ha avuto modo di affermare che “non è condivisibile l’obiezione secondo cui, non trovando riscontro la possibilità di una pronuncia di condanna all’adozione dell’atto tra le rubricate azioni di cognizione (artt. 29, 30 e 31), la statuizione di condanna atipica prevista dall’art. 34 riguarderebbe i soli casi in cui il ricorrente pretenda l’esatto adempimento di obbligazioni rientranti nelle materie devolute alla giurisdizione esclusiva”, concludendo che la portata generale da attribuirsi all’art. 34 c.p.a. consente di ritenere che le azioni di adempimento tipiche previste dal codice, non vadano considerate disposizioni eccezionali, ma quali esemplificazioni di un’azione ammessa in via generale (T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. III 8.6.2011 n. 1428).

II.3) Chiarito quanto precede, in ordine all’astratta ammissibilità di un’azione di condanna atipca nel processo amministrativo, il Collegio deve verificare se, in concreto, sussistano le condizioni per la sua proposizione.

L’art. 30 c.p.a. prevede in proposito che, salvi i casi di giurisdizione esclusiva, ed in presenza di una condanna al risarcimento dei danni (“negli altri casi di cui al presente articolo”), l’azione di condanna debba essere proposta “contestualmente ad altra azione”, e pertanto non in via autonoma.

La stessa citata sentenza Ad. Plen. n. 3/2011 ha ribadito che la domanda di condanna può essere proposta solo contestualmente ad altra azione, in guisa da dar luogo ad un simultaneus processus che obbedisce ai principi di concentrazione processuale ed economica dei mezzi giuridici. La domanda tesa ad una pronuncia che imponga l’adozione del provvedimento satisfattorio non è pertanto ammissibile se non accompagnata dalla rituale e contestuale proposizione della domanda di annullamento del provvedimento negativo, o del rimedio avverso il silenzio.

Lo stesso testo preliminare del c.p.a. predisposto dall’apposita Commissione istituita presso il Consiglio di Stato, pur prevedendo l’azione di adempimento, poi espunta nella versione finale, ne richiedeva tuttavia l’esercizio contestualmente all’azione di annullamento, o avverso il silenzio.

II.4) Nella fattispecie di che trattasi l’azione di condanna atipica proposta dalla ricorrente va pertanto dichiarata inammissibile, per non essere stata proposta contestualmente ad un’azione di annullamento, né ad un’azione avverso il silenzio.

La ricorrente, in via principale, non ha infatti impugnato alcun atto, limitandosi a proporre, in via subordinata, un’azione di annullamento di atti che non hanno peraltro alcuna valenza provvedimentale.

Con il ricorso principale si è infatti impugnata una mera comunicazione della Regione, emanata onde riscontrare un’istanza di accesso al P.R.I.A. vigente, nella quale la resistente si è limitata ad evidenziare che sul sito web erano pubblicati, con i relativi aggiornamenti, “i ***** vigenti e le misure intraprese”.

Analogamente, con i motivi aggiunti, si è impugnata una nota di riscontro ad un’ulteriore istanza di accesso, nella quale la Regione ha ribadito che “il piano regionale lombardo attualmente vigente è costituito dall’insieme degli strumenti di pianificazione e di attuazione sopra specificati”.

La ricorrente non ha pertanto impugnato alcun provvedimento lesivo, ma mere comunicazioni, in evasione alle proprie istanze di accesso, al cui annullamento non avrebbe alcun interesse.

Ai fini dell’ammissibilità dell’azione proposta nel presente ricorso si sarebbero invece dovuti impugnare, nei termini di decadenza, i piani regionali di cui la ricorrente sostiene l’inadeguatezza, o in alternativa si sarebbe dovuto promuovere un’azione avverso il silenzio serbato dalla Regione in ordine alla mancata adozione, o aggiornamento, di un determinato strumento pianificatorio. Quanto precede è confermato dall’esame dei motivi di ricorso, nei quali ci si duole sostanzialmente tanto delle carenza degli strumenti pianificatori vigenti, che avrebbero potuto essere contestati con l’azione di annullamento, quanto del loro mancato aggiornamento, che avrebbe potuto essere richiesto con la proposizione di un’azione avverso il silenzio.

III) Nelle more del giudizio, con delibera della Giunta Regionale n. 2603 del 30.11.2011, si è dato avvio al procedimento di approvazione del P.R.I.A., ed a quello della relativa V.A.S. Tale delibera ha espressamente precisato che il P.R.I.A. “rappresenta lo strumento di pianificazione e programmazione per Regione Lombardia in materia di qualità dell’aria, come strumento specifico mirato alla prevenzione dell’inquinamento atmosferico e alla riduzione delle emissioni a tutela della salute e dell’ambiente”, che costituisce attuazione delle previsioni comunitarie di cui alla Direttiva n. 50/2008 e del D.Lgs. n. 155/2010, e che è soggetto a V.A.S., in base all’art. 6 c. 1 e 2 lett. a) del D.Lgs. cit.

Con i motivi aggiunti notificati in data 19.3.2012 la ricorrente, premesso che l’impugnata nota n. 1452 del 19.1.2012 “contiene numerosi rinvii al predisponendo strumento PR.I.A.”, in relazione alle dette circostanze sopravvenute, ed in particolare ai “ritardi nella procedura di redazione e approvazione”, ha espressamente chiesto “la fissazione di una tempistica vincolante per le prossime fasi” (v. pag. 29 e ss.), indicando i relativi termini (15 giorni per la redazione del documento di definizione dell’ambito di influenza del P.R.I.A., 45 giorni per il P.R.I.A. e il connesso Rapporto Ambientale, ulteriori 45 giorni per la sua approvazione), e chiedendo la nomina di un commissario ad acta per il caso di mancato rispetto dei medesimi.

Con decreto n. 2876 del 3.4.2012 sono stati individuati i soggetti e gli Enti territorialmente competenti chiamati a partecipare alla Conferenza di Valutazione del P.R.I.A., prevedendo che la stessa dovrà articolarsi in almeno due sedute.

Nella memoria depositata in vista dell’udienza di merito la ricorrente ha poi presentato un’istanza di conversione dell’azione proposta nel presente giudizio, in un’azione avverso il silenzio, in applicazione dell’art. 32 c.p.a.

IV) Prima di esaminare la detta istanza di conversione, il Collegio osserva incidentalmente che, anche ritenendo, come vorrebbe la ricorrente, che l’azione proposta sia di mero accertamento, il ricorso dovrebbe comunque essere dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, in considerazione dell’adozione dei predetti provvedimenti regionali.

Tali atti non menzionano alcun precedente P.R.I.A., che sarà pertanto adottato ex novo, e non semplicemente aggiornato; l’avvio del procedimento per la sua approvazione costituisce pertanto un oggetto nuovo, rispetto allo scenario prospettato al momento della proposizione del gravame, come riconosciuto dalla stessa ricorrente, la quale osserva che tali atti rivestono “natura sostanzialmente confessoria e ricognitiva dell’inadempimento”, con ciò dando atto dell’importanza e del rilievo delle modifiche sopravvenute.

La D.G.R. n. 20603/2011 ed il decreto n. 2876/2012, hanno pertanto fatto venire meno il presupposto dell’azione di accertamento a suo tempo presentata, ed il correlato interesse ad agire, il quale richiede, in tali azioni, uno stato di incertezza oggettiva, la cui rimozione costituisce il risultato utile, giuridicamente rilevante, e non conseguibile se con l’intervento del giudice (Cass. Civ. Sez. II 26.5.2008 n. 13556).

La stessa dottrina secondo cui, anche nel processo amministrativo, al di là delle azioni tipiche, sarebbe ammissibile anche quella di accertamento, in quanto coessenziale alla giuridicità del sistema, ha tuttavia giustificato l’assunto ritenendo che tale azione si fonda sull’interesse alla certezza dell’esistenza di una situazione, che invece, nella fattispecie, si è medio tempore modificata. Tale orientamento ha affermato che l’ammissibilità di azioni atipiche, e quindi di quella di accertamento, si fonda sul principio dell’interesse ad agire di cui all’art. 100 c.p.c., norma applicabile nel processo amministrativo con gli opportuni adattamenti, in forza del rinvio esterno di cui all’art. 39, riconoscendo come vi sia comunque una norma nel c.p.a., che presuppone il medesimo principio generale dell’art. 100 c.p.c., quello cioè dell’interesse a ricorrere ex art. art. 35, comma 1 lett. b) e c), secondo il quale il giudice dichiara d’ufficio il ricorso inammissibile quando è carente l’interesse, o improcedibile quando nel corso del giudizio sopravviene il difetto di interesse delle parti alla decisione.

V) Il Collegio deve a questo punto rispondere all’istanza di conversione dell’azione presentata dalla ricorrente, in azione avverso il silenzio, in applicazione dell’art. 32 c. 2 c.p.a.

Secondo tale norma “il giudice qualifica l’azione proposta in base ai suoi elementi sostanziali. Sussistendone i presupposti il giudice può sempre disporre la conversione delle azioni”.

Le circostanze sopravvenute nel corso del giudizio, in generale, possono effettivamente rendere utile la conversione dell’azione originariamente proposta, come peraltro espressamente disciplinato nell’art. 34 c. 3 del c.p.a., secondo cui, qualora nel corso di un giudizio di annullamento, la rimozione del provvedimento impugnato non risulti essere più utile al ricorrente, il giudice accerta l’illegittimità dell’atto se c’è interesse ai fini risarcitori, convertendo l’azione di annullamento in azione di accertamento.

La specifica previsione espressa della siffatta conversione conferma il favor presente nel codice rispetto al principio di concentrazione delle azioni, ed al passaggio da una all’altra, come del resto desumibile anche dal primo comma del medesimo art. 32 che, aggiungendosi a disposizioni specifiche (v. ad es. art. 117 c. 5 e 6), ha generalizzato il principio del cumulo di domande.

Ritiene pertanto il Collegio di affermare come, in linea generale, non vi sia alcuna preclusione alla conversione dell’azione proposta, in un’azione avverso il silenzio.

VI) Ritiene il Collegio che nel caso di specie non si debba dare luogo alla conversione dell’azione inizialmente formulata, essendosi invece in presenza di un vero e proprio cumulo di domande tra loro connesse, ex art. 32 c. 1 c.p.a., che ha avuto luogo in conseguenza delle modifiche sopravvenute nel corso del giudizio.

Regione Lombardia, nelle note impugnate, ha ripetutamente dichiarato di aver regolarmente adempiuto agli obblighi previsti dalla normativa, tramite l’emanazione di numerosi provvedimenti, espressamente indicati, laddove la ricorrente ha a sua volta instaurato il presente contenzioso, ritenendo che i predetti atti non avessero i contenuti richiesti dalla normativa.

Nelle more del giudizio, come meglio indicato nel precedente punto III, è stato tuttavia avviato il procedimento di approvazione del P.R.I.A., cosicché l’inadempimento ab origine contestato con il ricorso principale, è stata “superato” dal detto avvio di procedimento.

Come correttamente osservato dalla difesa regionale, la “conversione” della domanda presentata con il ricorso principale in un’azione avverso il silenzio comporterebbe una declaratoria di improcedibilità della stessa, proprio in conseguenza dell’avvio del procedimento di approvazione del P.R.I.A. Pertanto, anche ipotizzando, come richiesto dalla ricorrente, che la domanda introdotta con il ricorso principale possa essere convertita in un’azione avverso il silenzio, alla luce della sopravvenuta delibera della Giunta Regionale n. 2603 del 30.11.2011, il ricorso diverrebbe comunque improcedibile, per avere la resistente interrotto il silenzio.

La ricorrente vanta tuttavia un interesse, ulteriore rispetto all’accertamento dell’inadempimento di Regione Lombardia al momento della presentazione del ricorso, ad ottenere una pronuncia che sancisca l’obbligo di concludere il detto procedimento per l’approvazione del P.R.I.A., entro determinati termini, mediante adozione di un provvedimento espresso, come richiesto nei motivi aggiunti (v. il precedente punto III).

Alla luce di quanto precede, ritiene il Collegio di qualificare la detta richiesta di conversione quale autonoma azione per declaratoria dell’obbligo di provvedere alla conclusione del procedimento di approvazione del P.R.I.A.

Nel presente giudizio è stato pertanto infatti un cumulo di domande; la prima formulata con il ricorso principale, e dichiarata inammissibile, e la seconda avente ad oggetto l’accertamento dell’obbligo di concludere il procedimento per l’approvazione del P.R.I.A., avviato successivamente alla notifica del ricorso.

La domanda presentata con il ricorso principale è diversa da quella avverso il silenzio, successivamente introdotta ed oggetto della richiesta “conversione”, quanto a causa petendi e petitum. La prima domanda presupponeva infatti una carenza qualitativa ed in termini di mancato aggiornamento dei piani regionali vigenti, ed aveva ad oggetto, genericamente, l’obbligo del loro adeguamento alla normativa. L’azione avverso il silenzio presentata nel corso del giudizio, presuppone invece il sopravvenuto avvio dello specifico procedimento di approvazione del nuovo P.R.I.A., ed ha ad invece oggetto la sua conclusione in tempi certi, mediante l’adozione di un provvedimento espresso, come richiesto fin dal ricorso per motivi aggiunti.

Anche se il presente giudizio è stato instaurato con un’azione dichiarata inammissibile, poiché è stata proposta nel corso del medesimo, ed in relazione alle circostanze sopravvenute, un’azione avverso il silenzio, finalizzata alla conclusione del procedimento di approvazione del P.R.I.A., il Collegio dovrà verificare l’esistenza dei presupposti di ammissibilità con riferimento a tale domanda.

Le circostanze sopravvenute nel corso del presente giudizio hanno infatti attualizzato l’interesse della ricorrente alla proposizione di un’azione avverso il silenzio che, in attuazione del principio di economia processuale, espresso dal citato art. 32 c.p.a., può essere scrutinata nell’ambito del presente giudizio, a prescindere dall’ammissibilità del ricorso a suo tempo presentato.

Diversamente, e cioè dichiarando inammissibile l’azione avverso il silenzio, in quanto formulata in un giudizio instaurato con una domanda dichiarata inammissibile, si concluderebbe la presente controversia con una sentenza di rito, obbligando la ricorrente a riproporre, in autonomo e separato giudizio, le medesime doglianze, da definirsi a loro volta con una nuova sentenza, ciò che pare evidentemente contrario alla ratio dell’innovativa previsione dell’art. 32 cit. Osserva incidentalmente il Collegio come la ricorrente avrebbe ben potuto proporre l’azione per l’accertamento dell’obbligo di concludere il procedimento per l’approvazione del P.R.I.A. in un autonomo giudizio, regolato dal rito speciale del silenzio, la cui celerità avrebbe consentito alla stessa di ottenere una pronuncia in tempi certamente più brevi di quelli previsti per un giudizio ordinario.

Osserva infine il Collegio come, rispetto alla detta azione avverso il silenzio, il contraddittorio sia stato correttamente instaurato.

Dato preliminarmente atto che non vi sono controinteressati, risultano rispettati i termini di cui al comma 3 dell’articolo 87 onde poter trattare la domanda avverso il silenzio, essendo la medesima stata introdotta per la prima volta con i motivi aggiunti notificati in data 19.3.2012, e ricevuti il giorno successivo (v. precedente punto III della parte in diritto della presente sentenza).

Inoltre, nonostante il comma 2 lett. b) dell’art. 87 preveda che i giudizi in materia di silenzio debbano essere trattati in camera di consiglio, per il successivo comma 4 “la trattazione in udienza pubblica non costituisce motivo di nullità della decisione”.

VII) Il Collegio deve dunque verificare se siano o meno sussistenti i presupposti indicati dall’art. 31 c.p.a., per la proposizione di un‘azione per l’accertamento dell’illegittimità del silenzio, e cioè se siano decorsi i termini per la conclusione del procedimento amministrativo, e se perduri l’inadempimento, ma da non oltre un anno dalla scadenza del predetto termine.

Preliminarmente, il Collegio da atto di come l’inerzia nell’esercizio della potestà amministrativa, possa essere contrastata con un’azione finalizzata ad ottenere l’accertamento dell’obbligo di provvedere, sia in una fase anteriore al procedimento, come nel caso di mancato avvio o mancata adozione di atti preparatori, che in una fase successiva (Cons. Giust. ************, Sez. Giurisd. 8.7.2002 n. 393), come nel caso per cui è causa, in cui l’Amministrazione resistente ha dato avvio al procedimento senza tuttavia concluderlo.

L’inerzia di cui si duole la ricorrente, e rispetto alla quale dev’essere effettuata la detta verifica di ammissibilità dell’azione, è pertanto quella successiva all’avvio del procedimento, e relativa alla sua mancata conclusione, mediante l’adozione del detto P.R.I.A.

Il Collegio deve pertanto, in primo luogo, individuare il termine di conclusione del procedimento per l’approvazione del P.R.I.A., avviato con la D.G.R. 30.11.2011 n. 2603.

Nei punti 5 e 6 di tale delibera si è provveduto ad individuare l’Autorità procedente, per quanto concerne il P.R.I.A., nella D.G. Ambiente Energia e Reti, U.O, Prevenzione Inquinamento Atmosferico, Struttura Protezione Aria e Prevenzione Inquinamenti Fisici, e per quanto concerne la V.A.S., nella la D.G. Territorio e Urbanistica. U.O. Programmazione e Piafinicazione Territoriale, Struttura Strumenti Governo per il Territorio, di concerto con la D.G. Ambiente Energia e ********* Tutela Ambientale.

L’Allegato B della detta delibera, in attuazione della Delibera del Consiglio Regionale del 13.3.2007 n. 351, prevedeva poi che il procedimento di approvazione del P.R.I.A. avrebbe dovuto svolgersi parallelamente a quello di V.A.S., e che entrambi fossero articolati in quattro fasi, e precisamente, di preparazione (fase 0), di orientamento (fase 1), di elaborazione e redazione (fase 2) e di approvazione (fase 3); ogni fase era poi articolata in una pluralità di “sottofasi”.

Per quanto concerne in particolare la tempistica, osserva il Collegio che solo per la fase successiva all’elaborazione della proposta di P.R.I.A. e del Rapporto ambientale e Sintesi non Tecnica (per la V.A.S.), da parte delle dette Autorità procedenti, sono stati espressamente individuati dei termini, e cioè quelli previsti nell’art. 14 c. 3 (60 giorni) e 15 c. 1 (90 giorni del D.Lgs. n. 152/2006, in materia di V.A.S.

Precisamente, premesso che i predetti atti devono essere pubblicati per 60 giorni, ne devono trascorrere 90 dalla loro comunicazione, affinché la Conferenza si esprima per la Valutazione di incidenza, e l’autorità competente esprima il proprio parere finale.

In mancanza di diversa indicazione specifica deve pertanto ritenersi che i termini per la conclusione di ciascuno dei procedimenti di cui alle tre fasi precedentemente indicate (preparazione, orientamento, elaborazione e redazione), fossero di trenta giorni, come previsto dall’art. 2 L. n. 241/90, da ultimo modificato dalla L. n. 69/2009, la quale ha in particolare precisato che le disposizione della legge nazionale relative all’obbligo di concludere i procedimenti entro un termine prefissato, e quelle relative alla durata massima degli stessi, in quanto correlate ai livelli essenziali delle prestazioni di cui all’art. 117 c. 2 lett. m) Cost., si applicano anche alle Regioni. La stessa difesa regionale, in risposta ad un quesito formulato sul punto dal Collegio nel corso dell’udienza pubblica, non ha indicato alcun ulteriore specifico termine derogatorio a quello generale.

Con riferimento alla procedura di V.A.S., è lo stesso art. 13 del citato D.Lgs. n. 152/2006 a prevedere che, sulla base di un rapporto preliminare sui possibili impatti ambientali significativi dell’attuazione del piano o programma, il proponente e/o l’autorità procedente entrano in consultazione, sin dai momenti preliminari dell’attività di elaborazione di piani e programmi, con l’autorità competente e gli altri soggetti competenti in materia ambientale, al fine di definire la portata ed il livello di dettaglio delle informazioni da includere nel rapporto ambientale, e che “la consultazione, salvo quanto diversamente concordato, si conclude entro novanta giorni dall’invio del rapporto preliminare”.

Il termine per la redazione della proposta di P.R.I.A., e del correlato Rapporto ambientale e Sintesi non tecnica, è pertanto scaduto decorsi novanta giorni dall’avvio dei relativi procedimenti, e pertanto il 28.2.2012.

I motivi aggiunti contenenti la detta richiesta di conclusione del procedimento sono stati notificati in data 19.3.2012, e la richiesta di conversione dell’azione proposta con il presente ricorso in un’azione per l’accertamento del silenzio è stata avanzata dalla ricorrente nella memoria datata 31.5.2012, depositata il giorno successivo, e pertanto nella persistenza dell’inadempimento, che è tuttavia in essere da meno di anno.

L’azione per l’accertamento dell’illegittimità dell’inerzia serbata dall’Amministrazione, in ordine alla conclusione del procedimento per l’adozione del P.R.I.A. è stata pertanto presentata nel rispetto dei termini di cui all’art. 31 c.p.a.

VIII) Passando quindi allo scrutinio della detta azione, in via preliminare, il Collegio deve esaminare le eccezioni di inammissibilità sollevate dalla difesa regionale, che sono tuttavia infondate.

In primo luogo, occorre infatti dare atto di come l’avvio del procedimento per l’approvazione del P.R.I.A. non soddisfi di per sé la pretesa della ricorrente ad ottenere un provvedimento espresso, né renda inutile la decisione di un ricorso avverso il silenzio. Solo la declaratoria giurisdizionale dell’obbligo di provvedere, e dell’illegittimità del silenzio, assicura infatti al ricorrente la possibilità di ottenere un provvedimento espresso (T.A.R. Piemonte, Sez. II. 29.2.2008 n. 362). Va conseguentemente rigettata l’eccezione sollevata dalla Regione, secondo cui l’avvio del procedimento volto all’adozione del P.R.I.A. comporterebbe l’impossibilità di configurare un inadempimento.

Anche l’ulteriore eccezione va rigettata, poiché, anche se l’attività amministrativa oggetto del presunto inadempimento è chiaramente connotata da poteri discrezionali, tale circostanza preclude al giudice di imporre alla Regione il concreto contenuto del P.R.I.A., ex art. 31 c. 2 c.p.a., ma non certo quello di accertare la sua attuale mancanza, e l’obbligatorietà della sua adozione.

IX) Non resta a questo punto che esaminare il merito dell’azione avverso il silenzio, che risulta fondata, oltre che per quanto già esposto nel precedente punto VII, anche in considerazione di quanto segue.

Il detto P.R.I.A. è stato previsto dalla L.R. 11.12.2006 n. 24, espressamente emanata onde dare attuazione alla direttiva quadro 96/62/CE del Consiglio del 27 settembre 1996 (Valutazione e gestione della qualità dell’aria ambiente), nonché delle direttive derivate 1999/30/CE del Consiglio del 22 aprile 1999 (Valori limite di qualità dell’aria ambiente per il biossido di zolfo, il biossido di azoto, gli ossidi di azoto, le particelle e il piombo), 2000/69/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 16 novembre 2000 (Valori limite per il benzene ed il monossido di carbonio nell’aria ambiente) e 2002/3/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 12 febbraio 2002 (Norme in materia ambientale).

Il comma 3 dell’art. 1 di detta legge precisava a sua volta espressamente che le finalità della stessa erano perseguite “per fronteggiare l’avvio, nei confronti dello Stato Italiano, da parte della Commissione Europea, di procedure d’infrazione per non conformità ai valori limite delle concentrazioni di particelle di PM10 fissati dalle disposizioni comunitarie”.

Nell’ambito di tale strumento legislativo, le cui finalità erano pertanto di assoluto rilievo, vuoi per la tutela della salute pubblica, vuoi per il ruolo interlocutorio nei confronti della detta procedura di infrazione, il P.R.I.A., contemplato nell’art. 2 c. 2, riveste un’importanza centrale.

Tale Programma,di durata triennale, aggiornabile annualmente:

a) individua gli obiettivi specifici;

b) individua le zone e gli agglomerati del territorio regionale, classificati ai sensi del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351, in base ai parametri rilevanti della qualità dell’aria, alle caratteristiche orografiche e meteo-climatiche, alla densità abitativa, alla disponibilità di servizi di trasporto pubblico locale, rilevando che l’intero territorio regionale è esposto a rischio per quanto concerne la qualità dell’aria;

c) sviluppa piani d’azione contenenti le misure strutturali e la relativa dotazione finanziaria, funzionali al raggiungimento degli obiettivi specifici di cui alla lettera a), definendo le misure, anche in modo differenziato, sulla base della classificazione in contesti territoriali omogenei di cui alla lettera b);

d) implementa il sistema di monitoraggio, corredandolo con gli opportuni indicatori;

e) si armonizza con gli interventi previsti dal Piano socio sanitario regionale (PSSR) per quanto attiene l’adozione di iniziative per il monitoraggio, la ricerca e la prevenzione dei danni alla salute della popolazione connessi all’inquinamento atmosferico.

La complessità ed il rilievo dei contenuti del P.R.I.A. sono stati peraltro adeguatamente ponderati dal legislatore lombardo, in sede di disciplina della procedura per la sua adozione, prevedendosi preliminarmente l’elaborazione di un “documento di indirizzi”, adottato con delibera n. 891 del 6.10.2009, il quale aveva la funzione, tra l’altro, di orientare la definizione del futuro “Programma Regionale di Interventi” (v. punto n. 1).

L’art. 30 c. 1 della citata L.R. ha anche previsto una disciplina transitoria e temporanea, nelle more di approvazione del predetto P.R.I.A., affermando che le “Misure Strutturali per la qualità dell’aria 2005-2010”, approvate con D.G.R. n. 580 del 4.8.2005, costituiscono lo strumento di riferimento per la definizione degli interventi.

Alla luce di tutto quanto precede è di tutta evidenza la necessità di concludere in tempi brevissimi l’approvazione del detto P.R.I.A., disciplinato da una legge del 2006, espressamente emanata onde rispondere ad una procedura di infrazione comunitaria, i cui contenuti orientativi sono stati già fissati in un documento risalente all’2009, applicandosi in mancanza misure transitorie elaborate per il quinquennio 2005-2010, ormai scaduto da tempo.

L’obbligo di adottare tempestivamente il P.R.I.A., già di per sé incontestabilmente desumibile dalla normativa della stessa Regione, trova puntuale conferma nella giurisprudenza comunitaria (sentenza Sez. II del 25.7.2008 nel procedimento C-237/07), in cui si è precisato, relativamente all’applicazione della Direttiva 96/62/CE, che gli Stati membri sono obbligati ad adottare, nel contesto di un piano di azione “a breve termine”, le misure idonee a ridurre al minimo il rischio di superamento dei valori limite o delle soglie di allarme, tenendo conto delle circostanze di fatto e dell’insieme degli interessi in gioco.

In conclusione, il Collegio accoglie il ricorso avverso il silenzio serbato dalla Regione Lombardia, e per l’effetto ordina alla stessa, per il tramite delle Autorità procedenti, come individuate nel precedente punto VII, di provvedere, entro il termine di 60 giorni dalla comunicazione della presente sentenza, all’elaborazione della proposta del P.R.I.A. e del Rapporto Ambientale e Sintesi non tecnica, di cui, rispettivamente, ai punti P2.3 e A2.7 dell’Allegato B alla D.G.R. n. 2603 del 30.11.2011.

Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese di giudizio, in relazione alla complessità della vicenda ed alla soccombenza reciproca.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara in parte inammissibile, ed in parte lo accoglie, nei termini di cui in motivazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Redazione