Atto impugnato fondato su una sola ragione fondata: irrilevanti tutte le ulteriori censure addotte dal ricorrente (Cons. Stato n. 6682/2012)

Redazione 27/12/13
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FATTO

1.1. La ************* & ********* ha impugnato, innanzi il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce, con ricorso iscritto nel registro generale al n. 569 dell’anno 2010, il provvedimento prot. n. 11851 del 25 febbraio 2010, con il quale il Comune di Gallipoli comunicava il diniego della concessione demaniale marittima richiesta con istanza del 30 dicembre 2003. La società ricorrente aveva chiesto alla Capitaneria di porto di Gallipoli il rilascio della concessione, per un ventennio, del complesso immobiliare demaniale denominato “Lido San Giovanni”. Il provvedimento impugnato veniva adottato a seguito di un complesso procedimento nel quale intervenivano numerosi atti, anche di natura giurisdizionale, il cui contenuto non rileva in questa sede.

Nel corso di quel giudizio veniva proposto anche un ricorso incidentale autonomo dalla “Lido San Giovanni” (evocata in giudizio in qualità di controinteressata) avverso il provvedimento nella parte in cui rigettava le due istanze dodecennale e diciottenale proposte dalla medesima Lido S. Giovanni.

1.2. Il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce, con sentenza n. 678 del 13 aprile 2011, rigettava il ricorso sulla base delle seguenti considerazioni.

<<La fattispecie in questione è disciplinata dalla l.r. 17/2006. È principio consolidato del nostro ordinamento quello per cui la legittimità di un provvedimento amministrativo deve essere apprezzata con riferimento allo stato di fatto e di diritto esistente al momento della sua emanazione, secondo il principio tempus regit actum.

Con riferimento alla portata della l.r. 17/2006, secondo la giurisprudenza del Consiglio di Stato, la mancata approvazione del piano regionale delle coste, ad oltre due anni di distanza rispetto alla tempistica legislativamente prevista, impone di ritenere che, nelle ulteriori more della adozione del suddetto piano regionale, ai comuni marittimi non possa essere inibita – pena la violazione delle proprie prerogative, costituzionalmente accordate, in tema di governo del territorio – la possibilità di disciplinare, sebbene in via temporanea ed ai soli fini del rinnovo, l’uso del territorio costiero. Le concessioni non possono essere di durata tale da contrastare con la futura pianificazione ad opera del piano delle coste (Tar Lecce, sez. I, 5 agosto 2010, n. 1853).

Il Consiglio di Stato ha precisato che “l’art. 17, l. rg. Puglia n. 17 del 2006 affida alla pianificazione la gestione delle coste, prevedendo sempre in via di pianificazione una percentuale minima di aree demaniali marittime, riservate ad uso pubblico e alla libera balneazione (60% del territorio comunale, ex art. 16, l. r. n. 17 citata) e disponendo in via transitoria la possibilità del rinnovo delle concessioni. Ciò comporta che i Comuni sono in primo luogo liberi di decidere se procedere, o meno, al rinnovo delle concessioni, potendo anche optare per non rinnovare (a nessuno) la concessione. Se i Comuni decidono che un determinato tratto di costa può essere lasciato in concessione sono in primo luogo vincolati alle condizioni delle concessioni esistenti, non potendo procedere ad un ampliamento delle stesse. Non esiste, invece, anche un vincolo soggettivo in quanto la ratio della norma regionale, inquadrata all’interno dell’intera l. n. 17 del 2006, è solo quella di consentire l’eventuale prosecuzione del regime della concessione su un determinato tratto di arenile, e non anche quella di garantire una sorta di rendita di posizione per i precedenti concessionari” (Cons. St., sez. VI, 21 maggio 2009, n. 3145)>>.

Sulla base di questi principi il TAR Lecce ha rigettato il ricorso perché il provvedimento impugnato, in applicazione della l.r. 17/2006 così come interpretata dalla giurisprudenza, ha ritenuto legittimamente non accoglibili le domande per la concessione in esame, sia perché riguardavano un periodo di gran lunga superiore a quello permesso (ventennale, a fronte della durata quadriennale della precedente concessione) e sia perché prevedevano la realizzazione di ingenti opere e la modificazione delle strutture.

La medesima sentenza ha poi dichiarato inammissibile il ricorso incidentale proposto dalla Lido S. Giovanni, perché già oggetto dell’autonomo giudizio, incardinato col numero R.G. TAR Lecce n. 1281/2005.

2.1. La ************* & ********* ha impugnato, innanzi il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce, con ricorso iscritto nel registro generale al n. 986 dell’anno 2010, i seguenti atti:

provvedimento 19 aprile 2010 – prot. n. 21441 a firma del dirigente p.t. l’area n. 4 “Commercio e Mercati” – Ufficio Demanio – U.O. n. 15/quater avente ad oggetto “Proroga ex lege della concessione demaniale marittima n. 22/04 (Legge n. 25 del 26 febbraio 2010 di conversione del decreto – legge n. 194/2009). Adempimenti relativi al pagamento del canone e dell’imposta regionale sulle concessioni dovuti per l’anno 2010”;

provvedimento 12 luglio 2010 prot. n. 0036157 a firma del Dirigente dell’Area n. 4 “Commercio e mercati” – U.O. n. 15 quater “Ufficio Demanio” del Comune di Gallipoli recante ad oggetto “Istanza rilascio concessione uso e gestione immobile demaniale Lido San Giovanni (prot. in entrata n. 31641 del 18 giugno 2010) – Rigetto istanza”.

Con provvedimento del 19 aprile 2010 il Comune ha prorogato, in base a quanto disposto dalla l. 25/2010, la concessione demaniale marittima in favore della società “Lido San Giovanni” sino al 31 dicembre 2015.

Con ricorso per motivi aggiunti, la società ricorrente ha impugnato il provvedimento del 12 luglio 2010 del Comune di Gallipoli con il quale è stata rigettata la domanda di concessione sessennale del compendio demaniale in questione, presentata dalla Spinola s.a.s., in base alla circostanza che “è oggetto della concessione demaniale marittima n. 22/2004 rilasciata dalla locale Capitaneria di porto in favore della Lido San Giovanni”.

La Lido San Giovanni ha proposto controricorso incidentale avverso il provvedimento di rigetto della domanda di concessione presentata dalla **************

Con intervento ad opponendum del 16 dicembre 2010 si è costituito il SIB – Sindacato Italiano Balneare.

A seguito di un’istanza di esecuzione di ordinanza cautelare, il Consiglio di Stato, con ordinanza 472, resa nella camera di consiglio del 17 dicembre 2010, ha dichiarato che “in esecuzione dell’ordinanza in esame l’Amministrazione dovrà considerare sospesi gli effetti della proroga della concessione a suo tempo rilasciata alla ******à Lido S. Giovanni”.

Il ricorrente **************** ha precisato che sia la Spinola s.a.s. che la Lido S. Giovanni hanno presentato domanda per la concessione demaniale (la prima in data 18 giugno 2010, la seconda in data 13 marzo e in data 13 aprile 2010) e che la domanda della Lido S. Giovanni non è stata valutata con la comparazione.

2.2. Il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce, con sentenza n. 679 del 13 aprile 2011 ha respinto il ricorso sulla base delle seguenti considerazioni.

<<Il ricorrente, nel contestare la proroga della concessione rilasciata alla Lido S. Giovanni, ha censurato il comma 18 dell’art. 1 del d.l. 30 dicembre 2009, n. 194, convertito dalla l. 26 febbraio 2010, n. 25, che, in attesa della revisione della legislazione nazionale in materia di concessioni demaniali, ha abrogato il comma 2 dell’art. 37 del codice della navigazione, che prevedeva il diritto di insistenza, e ha stabilito che il termine di durata delle concessioni in essere “alla data di entrata in vigore del presente decreto e in scadenza entro il 31 dicembre 2015 è prorogato fino a tale data”.

La necessità di procedere alla revisione della normativa in materia di concessioni demaniali marittime era stata determinata dall’apertura di una procedura di infrazione comunitaria nei confronti dell’Italia circa la disciplina che prevedeva il rinnovo automatico delle concessioni e la preferenza accordata al concessionario uscente.

Si trattava della procedura d’infrazione n. 2008/4908 per il mancato adeguamento della normativa nazionale in materia di concessioni demaniali marittime alle previsioni della “direttiva servizi”, meglio conosciuta come direttiva *********** (direttiva 123/2006/CE). La Direzione generale del mercato interno e dei servizi della Commissione europea, in una nota del 4 agosto 2009 inviata dalla Rappresentanza permanente presso la CE al Dipartimento delle politiche comunitarie presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, aveva rilevato che la preferenza accordata dall’articolo 37 del codice della navigazione al concessionario uscente, oltre ad essere contraria all’articolo 43 del trattato che istituisce la Comunità europea, era in contrasto con l’articolo 12 della “direttiva servizi”, di conseguenza aveva invitato le autorità italiane ad adottare tutte le misure necessarie al fine di rendere, entro il termine del 31 dicembre 2009, l’ordinamento italiano conforme a quello comunitario.

Nelle more di una revisione del quadro normativo in materia di rilascio delle concessioni di beni demaniali marittimi con finalità turistico-ricreative, con il comma 18 dell’articolo 1 d.l. 194/2009, è stata disposta l’abrogazione della disposizione contenuta nel secondo comma dell’art. 37 del Codice della navigazione, e la proroga delle concessioni in essere sino al 31 dicembre 2015.

Con provvedimento successivo (messa in mora complementare 2010/2734 del 5 maggio 2010) la Commissione europea ha preso atto delle modifiche apportate alla normativa dallo Stato italiano, illustrando contemporaneamente ulteriori profili di illegittimità delle disposizioni censurate.

In particolare la Commissione ha notato che la citata legge di conversione n. 25 del 2010 contiene all’articolo 1, comma 18, un rinvio all’articolo 01, comma 2 del decreto-legge n. 400 del 1993, reintroducendo sostanzialmente la preferenza in favore del concessionario uscente nell’ambito della procedura di attribuzione delle concessioni. (…).

Nel caso in esame, il termine di sei anni è stato stabilito per consentire l’introduzione di una nuova disciplina della materia conforme ai principi comunitari e, a parere del Collegio, non esorbita dalla sfera della discrezionalità legislativa.

Infatti, il termine di sei anni coincide con la durata minima delle concessioni, e sotto questo profilo costituisce un’ultima proroga, la cui ragione può essere individuata nella necessità di far rientrare dagli investimenti gli operatori che avevano comunque fatto affidamento sulla precedente legislazione in materia di diritto di insistenza, dando loro il tempo necessario all’ammortamento delle spese sostenute.

La legittimità dell’operato del legislatore è poi confermata dai documenti depositati in giudizio dai quali si evince che la Commissione europea, con la lettera di messa in mora complementare del 10 maggio 2010, ha censurato solo il fatto che in sede di conversione sia stato mantenuto in vigore il richiamo dell’art. 1,comma 18, del d.l. n.194 del 2009 all’art. 03, comma 4 bis, del d.l. 5 ottobre 1993 n. 400, norma che a sua volta fa salve le disposizioni dell’art. 01, comma 2, fra le quali è ricompreso il rinnovo automatico della concessioni alla scadenza e per un ulteriore sessennio; nulla è stato eccepito sulla proroga sino al 2015>>.

3.1. La Lido San Giovanni – ***************** di ******************** & C s.a.s. ha impugnato, innanzi il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce, con ricorso iscritto nel registro generale al n. 1281 dell’anno 2005, inizialmente la nota del 5 maggio 2005 del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti con cui è stata avviata l’istruttoria sulla domanda di concessione ventennale proposta dalla Spinola Hotel al fine di effettuare un confronto comparativo ex art. 37 cod. nav., e successivamente, a mezzo motivi aggiunti, tra gli altri, la nota datata 10/10/2008 prot. 11094 a firma del Direttore Generale del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti Direzione Generale dei Porti, e il provvedimento prot. n. 20/13310/P del 16/12/2008 a firma del Dirigente il Servizio demanio e patrimonio della Regione Puglia avente ad oggetto “atti di diffida per rilascio concessione demaniale compendio Lido San Giovanni in favore della *************”.

3.2. Il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce, con sentenza n. n. 1974 del 18 novembre 2001, dichiarava il ricorso in parte improcedibile e in parte infondato sulla base di considerazioni analoghe a quelle svolte nella n. 678 del 13 aprile 2011.

4. La ************* & ********* ha impugnato la sentenza n. 678/2011 del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia sezione staccata di Lecce (RG 201106437, iscritto al n. 26 del ruolo d’udienza del 17 luglio 2012) deducendo un unico motivo così epigrafato: “Violazione e falsa applicazione dell’art. 17 della L.R. Puglia n. 17/2006. Motivazione insufficiente”.

La Lido San Giovanni – *****************, evocata nel giudizio d’appello, ha proposto appello incidentale condizionato nella parte in cui la sentenza appellata ha dichiarato inammissibile il ricorso incidentale proposto dalla Lido S. Giovanni, perché oggetto già dell’autonomo giudizio, incardinato col numero R.G. TAR Lecce n. 1281/2005 (e successivamente deciso con la sentenza del medesimo giudice n. 1974/2011, oggetto del ricorso in appello n. 201201661, iscritto al n. 35 del ruolo d’udienza del 17 luglio 2012).

5. La ************* & ********* ha impugnato la sentenza n. 679/2011 del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia sezione staccata di Lecce (RG 201105576, iscritto al n. 25 del ruolo d’udienza del 17 luglio 2012) deducendo i seguenti motivi così epigrafati:

I) Violazione dell’art. 50 del c.p.a. Motivazione illogica sull’ammissibilità dell’intervento ad opponendum.

II) Motivazione illogica e contraddittoria. Violazione degli artt. 28 e segg., 43 e segg., 86 CE (ora 49 e ss. e 106 TFUE), violazione della direttiva 123/06/CE. Violazione dei principi comunitari sul potere di disapplicazione della legislazione nazionale, nonché delle libertà di prestazione e circolazione di cui al TFUE. Violazione dei principi costituzionali di cui agli artt. 3, 10, 41, 97 e 117 della Costituzione.

La Lido S. Giovanni s.a.s. ha proposto appello incidentale con il quale ha dedotto la carenza di legittimazione al ricorso (di primo grado) della Spinola s.a.s e, in via subordinata, la carenza di interesse al medesimo.

6. La Lido San Giovanni – ***************** di ******************** & ********* ha proposto appello condizionato avverso la sentenza n. 1974/2011 del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia sezione staccata di Lecce (RG 201201661, iscritto al n. 35 del ruolo d’udienza del 17 luglio 2012) limitatamente alla parte in cui ha rigettato l’impugnazione (proposta dall’attuale appellante con atto 23 aprile 2010 da valere come ricorso incidentale nel giudizio proposto dalla Spinola Hotel n. 569/2010 ma anche come ricorso autonomo e motivi aggiunti nel ricorso n. 1281/2005) del provvedimento 25 febbraio 2010, n. 11851 nella parte in cui ha rigettato le due istanze dell’esponente di affidamento in concessione per anni 12 e 18 del compendio d.m. Lido San Giovanni unitamente ad un’istanza di concessione dle medesimo compendio per 20 anni proposta dalla Spinola Hotel s.a.s. che avverso il medesimo provvedimento aveva proposto il ricorso n. 569/2001 innanzi il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce.

7. All’udienza del 17 luglio 2012 i ricorsi indicati in epigrafe sono stati trattenuti in decisione.

DIRITTO

1. I ricorsi nn. 5576/2011 (n. 25 di ruolo), 6437/2011 (n. 26 di ruolo) e 1161/2012 (n. 35 di ruolo) possono essere riuniti in quanto hanno ad oggetto il medesimo bene della vita conteso tra le s.a.s. ************* e *****************.

2.1. La Sezione ritiene, per ragioni di chiarezza espositiva, di dover esaminare prioritariamente il ricorso n. 6437/2011 in quanto proposto avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce, n. 678 dell’anno 2011, antecedente rispetto alle altre sentenze impugnate.

2.2. La s.a.s. ************* ha sostanzialmente dedotto la violazione del giudicato formatosi sulla sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia (Bari) 3 giugno 2009, n. 1375, con la quale veniva respinto il ricorso (prodotto avverso i provvedimenti indicati nell’epigrafe della sentenza medesima), con la precisazione che andavano salvaguardati gli atti regionali disponenti per la competenza comunale per la definizione del procedimento in questione attivato con l’istanza concessoria del 2003, e nel contempo andavano annullati gli atti comunali che invece si pronunciavano per la competenza regionale.

2.3. La sentenza ha richiamato il comma 4 dell’art. 17 (norme transitorie) della legge della Regione Puglia 23 giugno 2006, n. 17, il quale letteralmente dispone: “Al fine di garantire la continuità amministrativa, la Regione continua a esercitare l’attività concessoria per le istanze già acquisite alla data di entrata in vigore della presente legge, fino alla effettiva consegna ai Comuni dei rispettivi fascicoli di competenza”.

La sentenza ha rilevato che l’operatività della competenza transitoria e derogatoria rispetto al principio generale della competenza comunale è legato a due presupposti, vale a dire che la istanza concessoria doveva essere anteriore alla entrata in vigore della legge regionale (giugno 2006) e che ad essa data l’istanza doveva essere stata già acquisita dalla Regione.

Nella specie era presente il primo presupposto, e non già il secondo (acquisizione dalla Regione dell’istanza alla data di entrata in vigore della legge regionale, id est Giugno 2006).

La sentenza afferma poi: “La conclusione è che la vicenda che ne occupa ha una sua particolarità (fascicolo non presente agli atti regionali al giugno 2006) che porta ad escluderla dalla disciplina transitoria dianzi trascritta; sul punto giova brevemente osservare, a conclusione, che la prima e principale interpretazione è quella letterale e che la disposizione in commento parla di “istanze già acquisite (ndr. dalla Regione) alla data di entrata in vigore della presente legge”, circostanza che in punto di fatto prima che di diritto risulta carente per la istanza concessoria (del 2003) dell’attuale ricorrente”.

2.4. La società ricorrente invoca l’art. 17 della l.r. Puglia 17/2006, ma tale norma, così come evidenziato dalla s.a.s. “Lido San Giovanni” (pag. 7 del controricorso depositato in data 5 agosto 2011), contiene una pluralità di norme transitorie destinate ad essere applicate fino all’approvazione del piano regionale delle coste (non dalla Regione, ma) dai comuni, cui l’art. 6 delle medesima legge regionale n. 17/2006 attribuisce una generale competenza in materia di assensi concessori.

La s.a.s. “Lido San Giovanni” afferma poi che il comma 4 citato “è l’unica disposizione (di natura procedimentale) che il TAR ritiene inapplicabile al caso di specie, restando invece applicabili pienamente tutte le altre disposizioni (sostanziali) contenute nell’art. 17 e valevoli sino all’approvazione del PRC”.

Il profilo di censura dedotto dalla ricorrente può ritenersi infondato perché dall’esame complessivo della sentenza del TAR Bari 3 giugno 2009, n. 1375 non emergeva in alcun modo l’obbligo di concludere il procedimento sulla base delle disciplina anteriore all’emanazione della legge regionale 17/2006.

2.5. “Ove l’atto impugnato (provvedimento o sentenza) sia legittimamente fondato su una ragione di per sé sufficiente a sorreggerlo, diventano irrilevanti, per difetto di interesse, le ulteriori censure dedotte dal ricorrente avverso le altre ragioni opposte dall’autorità emanante a rigetto della sua istanza” (Consiglio di Stato, sez. VI, 12 ottobre 2011, n. 5517).

Alla luce di tale principio possono ritenersi irrilevanti tutte le censure rivolte contro la sentenza, e quindi contro il provvedimento impugnato in primo grado, riguardanti l’applicabilità dell’articolo 17 della l.r. citata. Infatti il provvedimento impugnato può fondarsi legittimamente sulla sola inaccoglibilità della richiesta formulata dalla società per un periodo di venti anni.

2.6. Resta da esaminare la censura relativa all’applicabilità alla fattispecie dell’art. 21 octies della legge n. 241/1990. Anche sotto tale profilo la sentenza merita conferma.

È di tutta evidenza che la s.a.s. ricorrente agisca in giudizio per la tutela di un interesse di natura pretensiva consistente nel rilascio della concessione richiesta.

La Sezione ha di recente affermato (VI, 18 aprile 2011, n. 2379) che il ricorrente che chieda la tutela di un interesse pretensivo non può limitarsi a dedurre violazioni di carattere formale, ma deve fornire la prova della ragionevole previsione che, a seguito della rinnovazione del procedimento, egli possa ottenere il bene della vita cui aspira.

Nel caso di specie questa prova è mancata cosicché la rinnovazione del procedimento, a seguito dell’annullamento giurisdizionale, porterebbe all’adozione di un provvedimento del medesimo contenuto di quello impugnato.

2.7. Il ricorso principale n. 6437/2011 deve essere quindi rigettato.

2.8. Dall’infondatezza del ricorso principale segue l’improcedibilità del ricorso incidentale.

3.01. La ************* & ********* ha impugnato la sentenza n. 679/2011 del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia sezione staccata di Lecce deducendo due motivi di ricorso.

3.02. Con il secondo motivo ha censurato la sentenza per Motivazione illogica e contraddittoria. Violazione degli artt. 28 e segg., 43 e segg., 86 CE (ora 49 e ss. e 106 TFUE), violazione della direttiva 123/06/CE. Violazione dei principi comunitari sul potere di disapplicazione della legislazione nazionale, nonché delle libertà di prestazione e circolazione di cui al TFUE. Violazione dei principi costituzionali di cui agli artt. 3, 10, 41, 97 e 117 della Costituzione.

La ricorrente sostiene che il comma 18 dell’art. 1 del d.l. 30 dicembre 2009, n. 194, convertito dalla l. 26 febbraio 2010, n. 25 (sulla base del quale è stata concessa la proroga alla s.a.s Lido San Giovanni) sarebbe in contrasto sia con principi di carattere costituzionale che comunitario.

3.03. In ordine alla dedotta incostituzionalità il Collegio osserva che, con recente pronuncia, il Giudice delle leggi, con sentenza 18 luglio 2011, n. 213, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di alcun norme contenute in leggi regionali, aventi ad oggetto la proroga di concessioni demaniali marittime.

3.04. La Corte costituzionale, dopo aver richiamato la causa dell’adozione [procedura d’infrazione comunitaria n. 2008/4908, aperta nei confronti dello Stato italiano per il mancato adeguamento all’articolo 12, comma 2, della direttiva 12 dicembre 2006, n. 2006/123/CE (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai servizi nel mercato interno)] e il contenuto dell’art. 1, comma 18 cit., ha riconosciuto alla disciplina contenuta nella norma “carattere transitorio, in attesa della revisione della legislazione in materia di rilascio delle concessioni di beni demaniali marittimi da realizzarsi, quanto ai criteri e alle modalità di affidamento, sulla base di una intesa da raggiungere in sede di Conferenza Stato-Regioni, nel rispetto dei principi di concorrenza, di libertà di stabilimento, di garanzia dell’esercizio, dello sviluppo, della valorizzazione delle attività imprenditoriali e di tutela degli investimenti, nonché in funzione del superamento del diritto di insistenza di cui al citato art. 37, secondo comma, cod. nav.

La finalità del legislatore è stata, dunque, quella di rispettare gli obblighi comunitari in materia di libera concorrenza e di consentire ai titolari di stabilimenti balneari di completare l’ammortamento degli investimenti nelle more del riordino della materia, da definire in sede di Conferenza Stato-Regioni”.

3.05. È pacifico che la norma statale abbia costituito, per la Corte, il parametro di giudizio per valutare la costituzionalità delle norme regionali.

La ricorrente sostiene che, dalla dichiarazione d’incostituzionalità delle norme regionali, non potrebbe trarsi alcun elemento in favore delle tesi dell’appellata, essendo stato il giudizio, nel quale è stata adottata la pronuncia, promosso al solo fine di accertare la competenza statale in materia.

La Sezione ritiene (a parte eventuali profili di inammissibilità derivanti dalla semplice enunciazione della censura) comunque che il motivo sia infondato proprio alla luce della temporaneità della disposizione.

Sarebbe certamente singolare poi, se non proprio paradossale, che la Corte abbia assunto a parametro di giudizio, per la dichiarazione di incostituzionalità, una norma intrinsecamente incostituzionale.

E va infine sottolineato che la Corte, in base all’art. 27 della legge 87/1953, può dichiarare quali sono le altre disposizioni legislative, la cui illegittimità deriva come conseguenza dalla decisione adottata. Tale potere officioso non è sottoposto ad alcun limite: ciò lo si deduce dal confronto con il primo periodo della medesima disposizione che restringe la dichiarazione di incostituzionalità, in accoglimento di una istanza o ricorso, nei limiti dell’impugnazione.

Il mancato esercizio di tale potere è certamente indice della ritenuta, sia pure implicitamente, legittimità della norma, non sussistendo limiti derivanti dal tipo di giudizio (ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri) nel quale era stata prospettata l’illegittimità di altre norme.

3.06. La ricorrente ha dedotto altresì la violazione della direttiva 123/06/CE.

Anche in tal caso non vengono esplicitate le ragioni del contrasto tra la norma statale e la direttiva invocata.

La norma che viene in rilievo è l’art. 12 secondo il quale:

“1. Qualora il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche utilizzabili, gli Stati membri applicano una procedura di selezione tra i candidati potenziali, che presenti garanzie di imparzialità e di trasparenza e preveda, in particolare, un’adeguata pubblicità dell’avvio della procedura e del suo svolgimento e completamento.

2. Nei casi di cui al paragrafo 1 l’autorizzazione è rilasciata per una durata limitata adeguata e non può prevedere la procedura di rinnovo automatico né accordare altri vantaggi al prestatore uscente o a persone che con tale prestatore abbiano particolari legami”.

La disposizione, nel suo complesso, non presenta, i caratteri della direttiva dettagliata e particolareggiata e, dunque, self-executing. “In tale situazione la specifica quantificazione della durata dell’autorizzazione spetta al legislatore nazionale e, dunque, non può parlarsi di immediata operatività della disposizione comunitaria, occorrendo il necessario recepimento, attraverso disciplina concreta e specifica, da parte dello Stato membro” (TAR Campania, Salerno, 27 settembre 2011, n. 1586).

3.07. Per quanto attiene alla procedura d’infrazione deve rilevarsi che nel corso del procedimento (n. 2008/4908), a seguito della nota di messa in mora complementare del 5 maggio 2010, veniva adottata la legge 15 dicembre 2011, n. 217, (Legge Comunitaria 2011), il cui art. 11, per quel che qui interessa ha disposto:

“1. Al fine di chiudere la procedura di infrazione n. 2008/4908 avviata ai sensi dell’articolo 258 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, (…):

a) il comma 2 dell’articolo 01 del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494, e successive modificazioni, e’ abrogato;

b) al comma 2-bis dell’articolo 01 del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494, e successive modificazioni, le parole: «di cui al comma 2» sono sostituite dalle seguenti: «di cui al comma 1»;

c) all’articolo 03, comma 4-bis, del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494, le parole: «Ferme restando le disposizioni di cui all’articolo 01, comma 2,» sono soppresse ed e’ aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Le disposizioni del presente comma non si applicano alle concessioni rilasciate nell’ambito delle rispettive circoscrizioni territoriali dalle autorità portuali di cui alla legge 28 gennaio 1994, n. 84»”.

A seguito dell’emanazione della legge comunitaria del 2011, la procedura d’infrazione è stata archiviata in data 27 febbraio 2012.

3.08. La richiesta di annullamento dei provvedimenti impugnati, previa diretta disapplicazione dell’art. 1, comma 18, del d.l. n. 194/2009, come convertito in legge n. 25/2010 (ovvero, sia pure implicitamente, previo rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia), per l’incompatibilità di tale disposizione con le norme ed i principi di diritto comunitario, non può trovare accoglimento sia perché la procedura di infrazione è stata archiviata, sia perché la Corte costituzionale ha espressamente affermato che “la finalità del legislatore è stata quella di rispettare gli obblighi comunitari in materia di libera concorrenza”, ma soprattutto perché la direttiva 123/06/CE, che integra i principi di diritto comunitario, non è di diretta applicazione.

3.09. Il secondo motivo del ricorso in trattazione deve pertanto ritenersi infondato.

3.10. L’infondatezza del secondo motivo di ricorso rende inammissibile il primo motivo di ricorso, relativo all’intervento del Sindacato Italiano Balneare, perché la sua eventuale fondatezza non potrebbe in nessun caso condurre all’annullamento della sentenza e dei provvedimenti impugnati in primo grado.

3.11. L’infondatezza del ricorso esime il giudice adito dall’esaminare tutte le questioni di inammissibilità prospettate dall’appellata “Lido San Giovanni”.

3.12. L’infondatezza del ricorso rende improcedibile l’appello incidentale della s.a.s. “Lido San Giovanni”.

4. Il rigetto del ricorso n. 6437/2011 rende improcedibile il ricorso n. 1661/2012, in quanto proposto in via meramente tuzioristica.

5. Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), previa riunione dei ricorsi indicati in epigrafe, rigetta i ricorsi n. 5576 e 6437 dell’anno 2011, dichiarando improcedibili i rispettivi ricorsi incidentali; dichiara improcedibile il ricorso n. 1661/2012.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 luglio 2012

Redazione