Atto di autotutela nullo: il fisco deve procedere a un nuovo accertamento (Cass. n. 22827/2013)

Redazione 08/10/13
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Svolgimento del processo

A seguito di verifica della Guardia di Finanza veniva redatto a carico della società a responsabilità illimitata Europa Europa verbale di constatazione, contenente una serie di rilievi per gli anni dal 1996 al 20 00 in materia di iva e di imposte dirette, sulla base del quale venivano emessi un avviso di accertamento per le imposte dirette ed un avviso di rettifica IVA, entrambi per l’anno di imposta 1996. La società presentava, in data 30.11.2001, per entrambi gli atti impositivi istanze di accertamento con adesione.
Nelle more di tale procedimento, in data 21.12.2001, l’Ufficio notificava atto di contestazione in materia di imposte dirette ed i.v.a., per l’anno 1996, con il quale irrogava sanzioni per violazioni degli obblighi di dichiarazione ai fini iperg, ilor ed iva per l’ anno 1996.
Con provvedimento, in autotutela, del 31.1.2002 l’Ufficio annullava detto atto di contestazione riconoscendo l’insussistenza di responsabilità in capo alla società ed individuando in un terzo, professionista, il trasgressore responsabile delle violazioni amministrative in materia fiscale. Nel corso del febbraio 2002 si svolgeva il contraddittorio relativo al procedimento di accertamento con adesione che veniva definito con un atto con il quale si determinavano maggiori imposte oltre interessi, mentre le sanzioni venivano annullate. L’intero ammontare dovuto in base a tale atto di adesione veniva integralmente versato dalla società. Successivamente, con provvedimento del 21.11.2003, l’Ufficio annullava il precedente provvedimento emesso in autotutela e, sui presupposto che tale secondo annullamento facesse rivivere il precedente atto di contestazione relativo alle sanzioni, assegnava alla contribuente termine per la proposizione di eventuale impugnazione.
Avverso entrambi gli atti (di annullamento in autotutela dell’ annullamento e di irrogazioni sanzioni) la società proponeva ricorso avanti la Commissione Tributaria Provinciale che lo accoglieva annullando entrambi gli atti.
L’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate veniva rigettato dalla Commissione Tributaria Regionale di Palermo, con la sentenza indicata in epigrafe.
Il Giudice di appello rilevava che l’annullamento dell’annullamento dell’ atto in autotutela non era previsto da alcuna norma e che, in ogni caso, non si poteva fare rivivere un provvedimento che aveva perso efficacia con ulteriore conseguente illegittima sospensione dei termini per il ricorso.
Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione, affidato ad unico motivo, Agenzia delle Entrate.
Resiste la società con controricorso illustrato da successiva memoria depositata ex art. 378 c.p.c.

Motivi della decisione

Con l’unico motivo -rubricato “art. 360 n. 3 c.p.c. Violazione dell’art. 21 nonies legge n. 241/90”- l’Agenzia delle Entrate deduce la legittimità dell’ operato annullamento dell’ atto di annullamento, ai sensi dell’ invocato art. 21 nonies della legge 241/90.
Secondo la prospettazione difensiva, in virtù dei principi generali, oggi normati dalla disposizione di legge citata, per cui l’amministrazione può sempre emendare i suoi errori, l’annullamento era dovuto in quanto il precedente atto di annullamento, adottato in autotutela, era illegittimo perché in violazione del disposto dell’ art. 4 co, 1 del d.m. n. 37/97, il quale -per l’annullamento di atti impositivi del valore superiore ad un miliardo di lire- prevede il preventivo parere della direzione generale delle entrate. Deduceva che tale vizio dell’atto era noto alla ricorrente onde, nella specie, non vi era un affidamento da tutelare.
Assumeva, inoltre, la ricorrente che detto annullamento, siccome provvedimento di secondo grado che incide sul primo, comportava necessariamente il rivivere ex “nunc” dell’atto annullato senza necessità di adottarne un altro, come invece ritenuto dai Giudici di seconda istanza.
Preliminarmente, va disatteso l’assunto, svolto in controricorso dalla contribuente, di inconducenza ed infondatezza del ricorso siccome fondato su normativa (art. 21 nonies legge n. 241/90) non applicabile ratione temporis alla controversia. Ed invero, seppure è corretto il rilievo che la normativa invocata dall’ Avvocatura è entrata in vigore il 15.5.2005, epoca successiva all’ emissione del provvedimento impugnato, va rilevato che detta disposizione legislativa codifica principi generali già in precedenza formatisi in materia di annullamento in autotutela e che, d’altro canto, la difesa della parte pubblica, in seno al ricorso, è fondata anche sull’applicazione alla controversia dei principi generali in materia di annullamento operato dalla pubblica amministrazione in autotutela.
Ciò poste, il quesito, correttamente formulato, cui questa Corte deve rispondere è se disposto in autotutela l’annullamento dì un atto di irrogazioni sanzioni, un successivo provvedimento dell’Amministrazione finanziaria che, sempre in autotutela, annulli il precedente annullamento sia idoneo a far rivivere l’originario atto impositivo annullato senza la necessità di adottare un nuovo avviso in sostituzione.
In materia tributaria, il potere della pubblica amministrazione di provvedere in via di autotutela all’ “annullamento di Ufficio” o alla revoca”, anche in pendenza di giudizio o di non impugnabilità, degli atti illegittimi od infondati è espressamente riconosciuto dal d.l. 30.9.1994 n. 564 art. 2 quater, comma 1 convertito, con modifiche, in legge 30.11.1994 n. 656; (nell’ambito di tale potere va ricompreso anche il potere di rinuncia all’imposizione illegittima o infondata in caso di autoaccertamento: d.m. 11 febbraio 1997 n. 37 art. 1 recante il regolamento di attuazione emanato ai sensi del predetto d.l. n. 564 del 1994 art. 2 quater).
Detta ultima norma rimette a decreti del Ministero delle Finanze: a)l’indicazione degli organi dell’Amministrazione finanziaria competenti per l’esercizio del potere di annullamento d’ufficio o di revoca; nonché b) i criteri di economicità sulla base dei quali si inizia o si abbandona l’attività dell’ amministrazione.
Né la norma speciale né il correlato decreto ministeriale (d.ra. n. 3 del 1997 cit.) nel sancire e disciplinare il potere d’ufficio di annullamento da parte dell’Amministrazione finanziaria dì atti impositivi, prevedono la particolare ipotesi dell’annullamento d’ufficio di un precedente atto di annullamento, adottato sempre in autotutela, di un atto impositivo; ma, alla luce dei principi generali in materia, non sussistono ragioni ostative per non ritenere che, anche l’atto di annullamento in autotutela, alla pari di ogni altro atto amministrativo, possa, nella sussistenza delle condizioni di legge, essere posto nel nulla dalla stessa Pubblica Amministrazione nell’esercizio del potere, riconosciutole dall’ ordinamento, di ripristino dell’assetto provvedimentale violato dall’atto illegittimo.
Sempre secondo i principi generali consolidati, in materia tributaria, il rimedio di tipo demolitorio ricollegabile al provvedimento amministrativo di secondo grado di mero annullamento normalmente opera con efficacia ex tunc, si estende a qualsiasi vizio di legittimità (annullamento) o di merito (revoca) dell’atto impositivo con il solo limite del giudicato sostanziale favorevole all’Amministrazione (D.M. n. 37 del 1997 art. 2, comma 2).
Accanto a tale tipizzato “rimedio demolitorio”, la giurisprudenza di questa Corte ha, peraltro, riconosciuto estensivamente il potere di autotutela della Pubblica amministrazione in materia tributaria anche all’ ipotesi di intervento “sostitutivo” laddove, in particolare, viene esplicitamente distinto l’esercizio del potere di rinnovo da quello di integrazione dell’atto impositivo (quest’ ultimo soggetto in materia di imposte reddittuali e di imposte dei consumi alla condizione necessaria della sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi d.p.r. n. 600 del 1973 ex art. 43 u.c.; d.p.r. n. 633 del 1972, art. 57, comma 3). Con sentenza 22 febbraio 2002 n. 2531, questa Sezione, infatti, – evidenziato che “il potere dì accertamento integrativo, o modificativo in aumento, D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ex art. 43, comma 3, è … diverso sia strutturalmente sia funzionalmente dal potere di autotutela” – ha chiarito che “l’atto amministrativo tributario di autotutela” (cioè l’atto che “assume ad oggetto un precedente avviso di accertamento … illegittimo …al quale si sostituisce”) può contenere “innovazioni che possono investire tutti gli elementi strutturali dell’atto, costituiti dai destinatari, dall’oggetto e dal contenuto e, solo conseguentemente, da quelle dichiarazioni argomentative che, connettendo oggetto e contenuto, formano la motivazione del provvedimento”: “l’esercizio del potere di autotutela”, infatti, “può condurre alla mera eliminazione dal mondo giuridico del precedente atto o alla sua eliminazione e alla sua contestuale sostituzione con un nuovo provvedimento diversamente strutturato”.
In particolare, è stato ricondotto al potere di autotutela anche il provvedimento di ed.riforma dell’atto, specificandosi che il ritiro di un atto può avvenire in due diverse forme, quella del “controatto” (l’atto di secondo grado che assume l’identica struttura di quello precedente, salvo che per il suo dispositivo di segno contrario con cui si dispone l’annullamento, la revoca o l’abrogazione del primo) o quella della riforma (l’atto di secondo grado che non nega il contenuto di quello precedente, ma lo sostituisce con un contenuto diverso), caratterizzati entrambi dal fatto che l’oggetto del rapporto giuridico controverso resta identico”(Cass. n. 937/2009 in materia di iva).
Ed è stato, altresì, precisato che l’esercizio del potere di autotutela non implica consumazione del potere impositivo, sicché rimosso con effetto “ex tunc” l’atto dì accertamento illegittimo od infondato, l’Amministrazione finanziaria conserva ed anzi è tenuta ad esercitare -nella permanenza dei presupposti di fatto e dì diritto- la potestà impositiva (Cass. n. 16115/07; id. n. 14377/07, id. n. 10376/2011 tutte in materia di imposte reddituali); che il potere di sostituzione dell’atto impositivo incontra i soli limiti del termine decadenziale previsto per la notifica degli avvisi di accertamento e del divieto od elusione del giudicato sostanziale formatosi sull’atto viziato (Cass. n. 11114/2003; id. n. 24620/2006) nonché del diritto di difesa del contribuente (Cass. n. 7335/2010). Alla stregua degli indicati principi deve essere risolta la questione sottoposta all’ esame del Collegio concernente l’effetto dell’ annullamento dell’ atto di annullamento di un atto impositivo, disposto in via di autotutela.
Nella specie, infatti, è pacifico che l’Amministrazione finanziaria ritenendo il precedente atto (di annullamento in autotutela di avviso di irrogazioni sanzioni) illegittimamente adottato, siccome in violazione del disposto dell’art. 4 del d.m. n. 37 del 1997, si è limitata a disporne l’annullamento con atto notificato alla contribuente la quale veniva, altresì, avvertita della possibilità di proporre ricorso avverso l’originario atto impositivo -reviviscente, secondo l’assunto dell’ Agenzia, a seguito del disposto annullamento dell’annullamento- atteso che il termine per l’impugnazione sarebbe stato sospeso dalla data di emissione del primo provvedimento di annullamento alla data dì emissione del “provvedimento dì annullamento del provvedimento in autotutela”.
Questi i termini fattuali della vicenda processuale, non appare revocabile in dubbio che l’atto da ultimo notificato alla ******à, acceda alla sfera dell’autotutela c.d. “a contenuto negativo”, trattandosi di rimedio esclusivamente demolitorio. Pertanto, il provvedimento amministrativo di secondo grado esplica ì suoi effetti {sia pure ex tunc) demolitori esclusivamente sul suo specifico oggetto, ovvero l’atto di annullamento ritenuto illegittimo, ponendolo nei nulla.
Da tale annullamento non può farsi conseguire, come al contrario ritenuto dall’Agenzia delle Entrate, l’ulteriore effetto di riviviscenza dell’originario atto impositivo il quale, travolto dal primo provvedimento, è stato definitamene eliminato dall’ordinamento.
Ritiene, infatti, il Collegio che la certa permanenza in capo alla P.A. del potere impositivo (alla luce dei principi sopra enunciati ed in virtù degli effetti retroattivi del disposto annullamento in autotutela), impone, in ogni caso, alla stessa l’obbligo del positivo esercizio di tale potere con l’emissione di un nuovo atto impositivo “sostitutivo” del precedente. Diversamente opinando all’atto negativo a contenuto esclusivamente demolitorio, verrebbe ad attribuirsi una implicita valenza di autotutela positiva la quale, per come sopra illustrato, presuppone, invece, pur sempre l’esercizio doveroso, sotto forma di amministrazione attiva, del tipo di potere già utilizzato in sede di emissione dell’ atto che si intende sottoporre al riesame (Cass. n. 10376/2011).
Il potere impositivo, anche nella forma di autotutela positiva, infatti, deve essere esercitato secondo le forme, i tempi ed i criteri disciplinati dalla legge e tra l’altro, come già detto, può avere luogo, oltre che, in mancanza di giudicato sull’accertamento emesso dall’Amministrazione, soltanto entro il termine previsto per il compimento dell’atto (Cass. n. 11114/2003, id. n. 24620/06; id. n. 1557/2010; id. 21719/11).
Nella specie, tale esercizio positivo è mancato e, peraltro, l’atto risulta essere stato emesso (per come è incontestato) oltre il termine quinquennale previsto a pena di decadenza dall’art. 20 del d.lgs. n. 472/1997 (essendo stato le violazioni commesse nell’anno 1996 ed il provvedimento in autotutela di annullamento notificato nel dicembre 2003).
La sentenza impugnata risulta, pertanto, in linea con i superiori principi onde va esente da censura con conseguente rigetto del ricorso.
La natura della controversia e tutte le particolarità della fattispecie inducono alla compensazione integrale tra le parti delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.
Compensa tra le parti le spese processuali

Redazione