Atto di asservimento (Cons. Stato, n. 4531/2013)

Redazione 13/09/13
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FATTO

La Sig.ra D. G. ha presentato al Comune di Carrara in data 20.1.1997 istanza di concessione edilizia per la realizzazione di un fabbricato su un terreno, distinto al catasto al mappale n. 274, fg. n. 98, da adibire ad abitazione del custode della villa situata sugli adiacenti mappali n. 266 e n. 270, in zona già destinata dal piano regolatore generale (P.R.G.) a verde pubblico.

Con nota dell’Assessore all’Urbanistica di detto Comune prot. n. 3546/97/300/97 del 19.2.1997 la istanza è stata respinta, sia perché la Commissione edilizia (C.E.) aveva espresso parere sfavorevole (ricadendo l’area in zona destinata a verde pubblico) e sia perché, anche se la zona si sarebbe potuta considerare zona bianca a seguito della decadenza del vincolo di Piano per decorrenza del termine quinquennale di validità, avrebbe dovuto essere comunque computata anche la volumetria degli edifici insistenti sulle adiacenti particelle catastali n. 266-270.

La interessata ha impugnato detta nota presso il T.A.R. Toscana, che ha respinto il ricorso nel sostanziale assunto che il rilievo riguardante il superamento dell’indice di fabbricabilità giustificava pienamente la determinazione di diniego di concessione, perché l’area utilizzata a fini edificatori è suscettibile di ulteriore edificazione a patto che le costruzioni già realizzate non abbiano esaurito, come verificatosi nel caso di specie, la volumetria consentita, tenendo conto dell’area nella sua unitarietà.

Con il ricorso in appello in esame la proprietaria suddetta ha chiesto l’annullamento di detta sentenza deducendo i seguenti motivi:

1.- Violazione di legge.

Il T.A.R. ha erroneamente ritenuto che il terreno di cui al mappale n. 274 non potesse considerarsi a sé stante, senza considerare che la volumetria assentibile avrebbe dovuto calcolarsi in relazione all’area unitariamente contrassegnata da detto mappale e da quelli limitrofi n. 266 e n. 270.

Con atto depositato il 7.10.2011 si è costituito in giudizio il Comune di Carrara, che ha eccepito la irricevibilità, la inammissibilità e la improcedibilità dell’appello, nonché ne ha dedotto la infondatezza.

Con memoria depositata il 16.4.2013 la parte resistente ha eccepito la inammissibilità dell’appello per genericità del motivo posto a base dello stesso, non consentendo la puntuale individuazione delle parti di sentenza censurate, e ne ha dedotto la infondatezza, concludendo per la reiezione.

Alla pubblica udienza del 17.5.2013 il ricorso in appello è stato trattenuto in decisione alla presenza degli avvocati delle parti, come da verbale di causa agli atti del giudizio.

DIRITTO

1.- Il giudizio in esame verte sulla richiesta, formulata dalla sig.ra D. G., di annullamento della sentenza del T.A.R. in epigrafe indicata con la quale era stato respinto il ricorso proposto per l’annullamento di diniego, di cui alla nota dell’Assessore all’Urbanistica del Comune di Carrara prot. n. 3546/97/300/97 del 19.2.1997, di rilascio della concessione edilizia chiesta dalla suddetta per la realizzazione di un fabbricato su un terreno, distinto al catasto al mappale n. 274 del foglio n. 98, da adibire ad abitazione del custode della villa situata sugli adiacenti mappali n. 266 e n. 270, in zona già destinata dal P.R.G. a verde pubblico.

2.- Con l’unico motivo di appello è stato dedotto che il T.A.R. ha ritenuto che il terreno di cui al mappale n. 274 non potesse considerarsi a sé stante, senza considerare che, in relazione all’area unitariamente contrassegnata da detto mappale e dagli adiacenti n. 266 e n. 270, nonché in riferimento a tutto detto compendio immobiliare, avrebbe dovuto calcolarsi se, in ragione del preesistente, residuasse ulteriore volumetria assentibile, non incidendo il trasferimento del fondo dall’uno all’altro proprietario sul regime urbanistico del bene.

Posto che non sarebbero individuabili nella fattispecie né lottizzazioni materiali né negoziali (trattandosi di trasferimento di immobili “mortis causa”), non è stato considerato, secondo la appellante, che la costruzione insistente nel mappale n. 266 era stata realizzata nell’anno 1905 e quella insistente sul mappale n. 270 nell’anno 1912. In particolare sul mappale n. 4975 esisteva un fabbricato, distrutto nel corso della guerra.

Come da relazione tecnica, il fabbricato, insistente sul mappale attualmente denominato n. 266, sarebbe rimasto inalterato dall’origine, mentre il fabbricato, insistente sul mappale attualmente denominato n. 270, era parte del mappale n. 1939, di dimensioni ridotte rispetto all’attuale perché la villa che ivi insiste è stata ampliata nell’anno 1912, acquisendo una maggiore superficie di terreno pertinenziale e il nuovo mappale n. 270; nell’anno 1954 la situazione dei terreni e fabbricati risultava immutata rispetto a quella esistente nell’anno 1949, alla data di proposizione dell’appello la situazione dei fabbricati era immutata, mentre altri mappali erano stati fusi ed individuati con il mappale n. 274 del foglio n. 98.

Ha inoltre precisato l’appellante che con il P.R.G. dell’anno 1941 la villa ed i terreni circostanti erano stati inseriti in area di verde pubblico di rispetto, nonché che con il P.R.G. dell’anno 1971 essi erano stati inseriti in area di verde pubblico; in dette aree era vietata la costruzione di qualsiasi edificio.

In conclusione, sia il fabbricato insistente sul mappale n. 266, che la villa insistente sul mappale n. 270 sarebbero stati edificati senza vincoli di superfici limitrofe, tanto che per permettere l’ampliamento della villa è stato necessario acquisire parte di superficie dei mappali n. 1941 e n. 1940, e sarebbe stato quindi inutilizzabile il criterio di unitarietà dell’area.

3.- Osserva in via preliminare la Sezione che il lotto edificabile è uno spazio fisico che prescinde dal profilo dominicale (ben può, cioè, il lotto edificabile essere formato da appezzamenti di terreno appartenenti a diversi proprietari e perfino tra loro non contigui), individuandosi esclusivamente sulla base degli indici edificatori previsti dalla normativa urbanistica. Solo con il rilascio della concessione edilizia il lotto edificabile viene ad essere concretamente delimitato, con definizione delle potenzialità edificatorie di un fondo, unitariamente considerato, e determinazione della cubatura ivi assentibile in relazione ai limiti imposti dalla normativa urbanistica.

È, quindi, irrilevante che l’area coincidente con il lotto edificabile delimitato dalla concessione edilizia sia successivamente frazionata in più parti tra vari proprietari, in quanto la volumetria disponibile ai sensi della normativa urbanistica nell’intera area permane invariata.

Pertanto un’area edificabile, già interamente considerata in occasione del rilascio di una concessione edilizia, agli effetti della volumetria realizzabile, non può più essere tenuta in considerazione come area libera, neppure parzialmente, ai fini del rilascio della seconda concessione nella perdurante esistenza del primo edificio, irrilevanti appalesandosi le vicende inerenti alla proprietà dei terreni (Cons. Stato, Sez.V, 10 febbraio 2000, n.749).

Più specificatamente, va rilevato che, nella ipotesi della realizzazione di un manufatto edilizio la cui volumetria è calcolata sulla base anche di un’area asservita o accorpata, ai fini edificatori deve essere considerata l’intera estensione interessata, con l’effetto che anche l’area accorpata non è più edificabile anche se è oggetto di frazionamento o di alienazione separata dalle aree su cui insistono i manufatti (Cons. Stato, Sez. V, 7 novembre 2002 n. 6128 e 10 febbraio 2000, n. 749, cit.; Sez. IV, 6 agosto 2012, n. 4482).

L’istituto dell’asservimento, consistente nella volontaria rinuncia alle possibilità edificatorie di un lotto in favore del loro sfruttamento in un’altra particella, serve ad accrescere la potenzialità edilizia di un’area per mezzo dell’utilizzo, in essa, della cubatura realizzabile in una particella contigua e del conseguente computo anche della superficie di quest’ultima, ai fini della verifica del rispetto dell’indice di fabbricabilità fondiaria. Il presupposto logico dell’asservimento deve essere rinvenuto nella indifferenza, ai fini del corretto sviluppo della densità edilizia (come previsto negli atti pianificatori), della materiale collocazione dei fabbricati, atteso che, per il rispetto dell’indice di fabbricabilità fondiaria, assume esclusiva rilevanza il fatto che il rapporto tra area edificabile e volumetria realizzabile nella zona di riferimento resti nei limiti fissati dal piano, risultando del tutto neutra l’ubicazione degli edifici all’interno del comparto (fatti salvi, ovviamente, il rispetto delle distanze e di eventuali prescrizioni sulla superficie minima dei lotti).

Tanto premesso in linea generale, ritiene il Collegio che il T.A.R. abbia condivisibilmente affermato, con riguardo alla pretesa della attuale appellante di edificare sull’area contrassegnata dal mappale n. 274, entro i limiti previsti dalla legge e dal regolamento comunale, senza computare anche la volumetria degli edifici insistenti sulle particelle catastali n. 266 e n. 270, pure di proprietà *********, che legittimamente l’Amministrazione abbia ritenuto superato l’indice di fabbricabilità dell’area, facendo riguardo al compendio immobiliare, comprensivo del terreno su cui la appellante pretendeva di edificare, contrassegnato dai tre mappali suddetti, non potendosi considerare l’area di cui al mappale n. 274 come a sé stante ma in relazione a tutta l’area contrassegnata da detti tre mappali.

Non può infatti condividersi la sostanziale tesi della appellante che, poiché i fabbricati situati sui mappali n. 266 e n. 270 erano stati edificati senza vincoli di superfici limitrofe, fosse impossibile la utilizzazione del concetto di unitarietà dell’area.

Le aree di cui ai predetti mappali n. 266 e n. 270 non potevano infatti che essere considerate asservite alle opere edilizie ivi realizzate, agli effetti della volumetria realizzabile, a prescindere dall’epoca di realizzazione delle stesse, e non potevano più essere tenute in considerazione come aree libere, neppure parzialmente, ai fini del rilascio della concessione edilizia nell’area situata sul mappale n. 274 (in cui, peraltro, secondo la difesa del Comune resistente, è già stato realizzato un fabbricato di mille mc.) sito nello stesso comparto, nelle perdurante esistenza delle pregresse opere edilizie cui sopra si è fatto cenno.

In particolare è da considerarsi contraddittoria la tesi sostenuta nella relazione dello studio tecnico “Pollina”, versata in atti (in cui è asserito che i fabbricati siti ai mappali n. 266 e n. 270 erano stati edificati senza vincoli di superfici limitrofe, tanto è vero che per consentire l’ampliamento della villa situata sul mappale n. 270 – già parte del mappale n. 1939 – era stato necessario acquisire parte di superficie dei mappali n. 1941 e n. 1940), atteso che questi ultimi corrispondono, come da documentazione in atti, proprio all’attuale mappale n. 274.

Comunque, a prescindere dalla identificazione catastale dei siti in questione, che ha sempre carattere sussidiario, risulta evidente che i terreni di cui ai mappali n. 274, n. 266 e n. 270 costituiscono un unico compendio immobiliare, sia perché la appellante, secondo il Comune resistente (non smentito sul punto) ne è comproprietaria unitamente ai sigg.ri G. N, G. e L., e sia perché il secondo ed il terzo di essi sono concretamente inseriti nel perimetro del primo.

Le censure in esame non sono quindi suscettibili di positiva considerazione.

4.- L’appello deve essere conclusivamente respinto e deve essere confermata la prima decisione. Resta assorbita la eccezione di inammissibilità del gravame formulata dal Comune resistente per genericità del motivo posto a base dello stesso.

5.- Le spese e gli onorari del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e vanno liquidati come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente decidendo, respinge l’appello in esame.

Pone a carico della appellante sig.ra D. G. le spese e gli onorari del presente grado, liquidate a favore del Comune di Carrara nella misura di € 3.000,00 (tremila/00), di cui € 500,00 (cinquecento/00) per esborsi, oltre ai dovuti accessori di legge (I.V.A. e C.P.A.).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 maggio 2013

Redazione