Associazioni di promozione

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Massima

Sono associazioni di promozione quelle riconosciute e non, i movimenti, i gruppi ed i loro coordinamenti oppure federazioni che siano costituti allo scopo di svolgere attività di utilità sociale a favore degli associati oppure di terzi, che non abbiano finalità di lucro con pieno rispetto della libertà e della dignità degli stessi associati.

Di contro, non possono essere considerate associazioni di promozione sociale i partiti politici, le organizzazioni sindacali, le associazioni dei datori di lavoro, quelle professionali e di categoria, nonché tutte le associazioni che abbiano quale scopo la tutela esclusiva di interessi economici degli associati.

 

 

Premessa

 

Nella decisione del 7 gennaio 2014 n. 596 il Consiglio di Stato ha precisato quali debbano essere considerate associazioni di promozione sociale e non.

Ai sensi degli articoli 2 e 3 della legge 7 dicembre 2000 n. 383 (Disciplina delle associazioni di promozione sociale), le associazioni di promozione sociale svolgono esclusivamente attività di utilità sociale, senza fini di lucro, in maniera democratica ed ugualitaria tra tutti gli associati che contribuiscono in modo diretto, con quote a loro carico, al funzionamento dell’associazione e allo svolgimento delle attività perseguite.

 

Nella fattispecie concreta il centro femminile aveva impugnato la sentenza del TAR con cui era stato respinto il decreto direttoriale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali del 13 settembre 2012, recante la cancellazione dell’associazione (1) dal registro nazionale delle associazioni di promozione sociale nonché di ogni altro atto connesso presupposto oppure consequenziale.

L’appellante torna a reiterare i motivi di censura già fatti valere dinanzi al giudice di prime cure, lamentando l’erroneità della gravata sentenza che, sulla base di una fuorviante lettura dei dati di bilancio dell’ente ricorrente, non avrebbe sufficientemente approfondito il tema della piena compatibilità dell’attività di formazione professionale svolta dal CIF (2) rispetto alla primaria attività di promozione sociale svolta istituzionalmente dall’ente.

Con il primo motivo di appello veniva censurata la determinazione di cancellazione dell’associazione dal registro nazionale delle associazioni di promozione sociale, lamentando nello specifico, l’erroneità della gravata sentenza nella parte in cui ha ritenuto corretta la valutazione, posta a base del provvedimento impugnato, di considerare prevalente l’attività di formazione professionale rispetto all’attività di promozione sociale, e tanto sulla base di un’erronea lettura dei dati di bilancio e sulla base delle previsioni della legge 14 febbraio 1987 n. 40 (3) e del d.m. attuativo 18 aprile 2006 (4).

Con altro motivo l’appellante deduce che la prevalenza dell’attività formativa rispetto allo scopo del CIF sarebbe smentita dalle disposizioni statutarie dell’ente e dalle concrete iniziative dallo stesso assunte, oltre che da una pronuncia del Tribunale amministrativo del Lazio che avrebbe riconosciuto l’attualità delle finalità statutarie perseguite dall’associazione di promozione sociale a sostegno della condizione femminile senza che dalla data della predetta decisione vi sarebbe stato mai un mutamento di dette finalità statutarie ovvero delle forme del loro perseguimento ad opera dell’associazione ricorrente. 

 

Conclusioni

Con la decisione in commento il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale definitivamente pronunciando sull’appello, lo respinge, con condanna dell’associazione appellante al pagamento delle spese e degli onorari di giustizia in favore del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

Secondo quanto precisato dal Consiglio di Stato, poiché rientra nei poteri del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, ai sensi dell’art. 8 della legge 7 dicembre 2000, n. 383, far luogo alla revisione periodica dei registri delle iscrizioni, non appare viziato il decreto di cancellazione adottato dal competente Ministero una volta acclarata, sulla scorta di dati inoppugnabili, la prevalente natura di ente di formazione professionale dell’associazione CIF.

 

1)     Ovvero  CIF

2)     peraltro a beneficio del proprio personale dipendente

3)     Norme per la copertura delle spese generali di amministrazione degli enti privati gestori di attività formative

4)     nella parte in cui, in particolare, – art. 1, comma 2- stabilisce che possono fruire dei contributi pubblici per la formazione gli enti privati che svolgono tale attività per almeno il 60% in termini finanziari dell’attività dell’ente

Sentenza collegata

40581-1.pdf 129kB

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Rinaldi Manuela

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