Arresti domiciliari: l’unico luogo consentito è quello della propria abitazione, escluse le aree condominiali (Cass. pen. n. 7780/2013)

Redazione 18/02/13
Scarica PDF Stampa

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Sull’appello proposto da D.N.A. avverso la sentenza del Tribunale monocratico di Roma in data 19-10-2011 che, all’esito di giudizio abbreviato.

Lo aveva dichiarato colpevole del reato di evasione dagli arresti domiciliari ex art. 385 c.p. e lo aveva condannato alla pena di mesi otto di reclusione, la Corte di Appello di Roma, con sentenza in data 5-03-2012, in riforma del giudizio di 1^ grado, concesse le attenuanti generiche giudicate equivalenti alla recidiva, riduceva la pena a mesi quattro e giorni venti di reclusione, confermando nel resto.

Avverso tale sentenza il D.N. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo a motivi del gravame, tramite il proprio difensore, l’omessa motivazione in ordine all’invocata assoluzione perchè il fatto non sussiste, posto che, all’atto dell’intervento dei verbalizzanti, egli si trovava all’interno del condominio ove era sita la sua abitazione in cui era agli arresti domiciliari, di guisa che egli si trovava in un luogo, comunque, di pertinenza della detta sua abitazione, ovvero a questa assimilabile.

Il ricorso va dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi addotti. Consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma equitativamente determinata in Euro MILLE/00= in favore della cassa delle ammende.

Ed invero, come esattamente ha ribadito la Corte capitolina,la condotta dell’imputato vale ad integrare oggettivamente e soggettivamente il reato di evasione di cui all’art. 385 c.p., comma 3.

Al riguardo, giova ribadire il principio di diritto, affermato anche di recente da questo giudice di legittimità, secondo cui, in punto di elemento oggettivo, in caso di evasione cd. “impropria”, la condotta è individuata nell’allontanamento dal luogo in cui si ha l’obbligo di rimanere secondo la decisione ed il relativo provvedimento dell’AG, la cui osservanza integra l’oggetto dell’interesse tutelato dalla norma in esame.

Del pari va ribadito il concetto di abitazione, individuata come luogo dove rimanere agli arresti che deve correttamente intendersi come il luogo in cui la persona conduce la vita domestica e privata, con esclusione di ogni altra appartenenza, quali cortili, giardini, terrazze che non rappresentino sostanziali e formali pertinenze in senso civilistico dell’immobile in cui si è agli arresti domiciliari, ossia elementi integranti non solo caratteri di essenziale funzionalità dell’immobile ma di questo costituente staticamente elemento imprescindibilmente collegato in detto carattere di funzionalità alla cosa principale. Di qui ne deriva che le aree condominiali in genere (ivi compresi androni del palazzo in cui è sito l’ abitazione in cui è agli arresti il soggetto attivo) non possono essere considerate pertinenze della predetta abitazione non costituendo nè parte integrante nè pertinenza esclusiva di essa.

Di qui la conseguenza giuridicamente corretta, ai fini della rilevanza penale della condotta in subiecta materia, secondo cui ogni allontanamento abusivo, ancorchè limitato nello spazio e nel tempo, integra il reato (cfr. in termini Cass. pen. Sez. 6^, 30-7-2007, n. 30983, PG in proc. ********). Conclusivamente, integra il reato di evasione qualsiasi allontanamento dal luogo degli arresti domiciliari senza autorizzazione da parte dell’Autorità competente, al controllo e vigilanza della misura, non assumendo alcun rilievo, a tal fine, nè la sua durata, nè la distanza dello spostamento, nè i motivi che abbiano indotto il soggetto a tale condotta ad eccezione di comprovato stato di necessità ex art. 54 c.p. (cfr. da ultimo Cass. pen. Sez. 6^, 27-02-2012, n. 1179, PG in proc.Fedele).

P.Q.M.

DICHIARA inammissibile il ricorso e CONDANNA il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro MILLE/00= in favore della cassa delle ammende.

Redazione