Arbitro e consulente: condannato al risarcimento danni del cliente l’avvocato che non ha rispettato l’incompatibilità dei due ruoli (Cass. n. 20379/2013)

Redazione 05/09/13
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Ordinanza

Svolgimento del processo

– E’ stata depositata in Cancelleria la seguente relazione ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ.:

“1.- La Corte di appello di Roma, in parziale riforma della sentenza emessa in primo grado dal Tribunale di Roma, ha accolto la domanda di risarcimento dei danni per responsabilità professionale, proposta dal Comune di Formello contro l’avv. ************, condannando il convenuto al pagamento di Euro 93.146,16, oltre agli interessi ed al rimborso delle spese del doppio grado di giudizio.

Propone tre motivi di ricorso per cassazione la figlia ed erede del D.R., deceduto nelle more, d.R.R.G., rappresentata in giudizio dalla madre esercente la potestà parentale, d.R.C.M.R.C.. Resiste il Comune di Formello con controricorso.

2.- La condanna è stata emessa per il fatto che l’avv. D.R. – difensore del Comune in relazione ad alcune importanti controversie – ha assunto la carica di arbitro (nominato dal Comune) in relazione ad una vertenza per la quale aveva in precedenza svolto attività difensiva in favore del Comune stesso, redigendo un parere scritto.

Davanti al Collegio arbitrale – al quale è stato versato dalle parti contendenti un acconto di L. 220 milioni – l’arbitro D.R. è stato ricusato, con istanza che il Tribunale di Roma ha accolto. E’ stato poi nominato altro collegio arbitrale, che ha chiesto anch’esso un acconto di L. 120 milioni e accessori.

La Corte di appello ha osservato che il D.R. avrebbe dovuto conoscere la causa di incompatibilità a suo carico, comunicarla al cliente ed astenersi dall’assumere l’incarico.

Ha tuttavia ridotto all’importo sopra indicato la somma chiesta in risarcimento dei danni patrimoniali, non patrimoniali e di immagine, che il Comune aveva quantificato in oltre Euro 1.500.000,00.

2.- Con il primo motivo la ricorrente denuncia vizio di ultrapetizione, in violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., per il fatto che la Corte ha emesso condanna per violazione degli obblighi su di lui gravanti come arbitro, mentre l’attore aveva chiesto la condanna per violazione dei doveri gravanti sull’avvocato.

2.1.- Il motivo è manifestamente infondato.

Fin dall’atto di citazione il Comune ha posto a fondamento della sua domanda il comportamento del difensore, avv. D.R., sia per non averlo adeguatamente assistito nella scelta dell’arbitro, in ossequio ai doveri di imparzialità che gravano sugli arbitri, prospettando l’impossibilità che esso difensore assumesse l’incarico di arbitro; sia per non avere rifiutato l’incarico o per non avervi rinunciato, prima che al Comune ne derivasse danno.

Ha pertanto dedotto in giudizio i medesimi presupposti di fatto sulla base dei quali è stata emessa la condanna.

La distinzione che la ricorrente vorrebbe introdurre fra responsabilità come avvocato e responsabilità come arbitro è artificiosa ed irrilevante, poichè non mutano i comportamenti dedotti a fondamento del giudizio di responsabilità, nè i criteri in base ai quali va individuata la colpa, venendo tutt’al più in considerazione la sola qualificazione della domanda.

Neppure risultano mutati il provvedimento domandato od altri elementi di identificazione dell’azione.

E’ noto che può prospettarsi un problema di ultra- od extra- petizione qualora il giudice decida su di una domanda obiettivamente diversa da quella originaria, introducendo nel processo un diverso “petitum”, o una “causa petendi” fondata su situazioni giuridiche mai prima prospettate: in particolare, su fatti costitutivi radicalmente diversi da quelli inizialmente prospettati, di modo che si spostino i termini della controversia e si ponga la necessità di un’indagine su fatti nuovi (Cass. civ. 8 ottobre 2007 n. 2117; Cass. civ. 20 luglio 2012 n. 12621, fra le tante, a proposito della distinzione fra mutatio ed emendatio libelli).

Nulla di ciò ricorre nel caso di specie.

3.- Con il secondo motivo la ricorrente denuncia violazione degli artt. 815, 1227 e 1338 cod. civ. ed illogica motivazione, nel capo in cui la Corte di appello ha ritenuto irrilevante il fatto che il Comune di Formello fosse a conoscenza del fatto che l’avv. ***** aveva prestato attività di consulenza legale in suo favore, allorchè ha proceduto alla nomina dell’arbitro.

Richiama i principi per cui la parte può revocare il proprio arbitro solo per fatti di cui sia venuta a conoscenza successivamente alla nomina, e non può configurarsi culpa in contraendo quando la causa di nullità del negozio, nota ad uno dei contraenti e da esso taciuta, derivi da una norma di legge che deve essere conosciuta da tutti i cittadini.

Assume che il comportamento del Comune è stato inescusabile e tale da giustificare quanto un concorso di colpa a carico dello stesso.

3.1.- Il motivo è manifestamente infondato.

Il fatto che il Comune fosse a conoscenza della pregressa consulenza professionale prestatagli dall’avv. D.R. non significa che esso fosse anche consapevole della rilevanza di un tale comportamento in ordine alla validità della nomina dell’arbitro, trattandosi di questioni che non sono di immediata evidenza per un soggetto non esperto in materia giuridica.

Non solo, ma il fatto di avere avuto il beneplacito del suo avvocato autorizzava il Comune a fare affidamento sulla correttezza del suo comportamento, quand’anche avesse potuto nutrire dei dubbi in proposito.

La responsabilità del difensore assume carattere assorbente rispetto all’ipotetica responsabilità del cliente, in relazione ai comportamenti che quest’ultimo abbia tenuto su consiglio o comunque con l’assistenza del difensore medesimo, ove si tratti di comportamenti la cui illiceità non sia di immediata evidenza, per un soggetto non esperto in materie giuridiche.

E’ compito del difensore indirizzare le scelte del cliente in senso conforme alla legge, se del caso astenendosi dalla difesa ove gli siano richiesti comportamenti non ortodossi.

4.- Il terzo motivo, con cui si denuncia violazione dell’art. 811 cod. proc. civ. e art. 1227 cod. civ., nonchè erronea ed insufficiente motivazione sulla quantificazione dei danni, per non avere la Corte di appello dato la debita rilevanza al fatto che le parti hanno sostituito l’intero Collegio arbitrale, anzichè solo l’arbitro ricusato, è inammissibile poichè non risulta che l’eccezione sia stata proposta nei gradi di merito.

Trattasi di eccezione in senso proprio, che amplia la materia del contendere, poichè nella sostanza deduce che il comportamento del danneggiato ha contribuito ad aggravare le conseguenze dannose dell’illecito, ai sensi dell’art. 1227 c.c., comma 2. Essa avrebbe dovuto perciò essere tempestivamente proposta ed illustrata, sì da consentire alla controparte l’esercizio del diritto di difesa.

La sentenza non accenna in alcun modo alla questione, che non figura fra le conclusioni precisate in appello dalla ricorrente; nè è precisato nel ricorso se, in quale sede e tramite quali atti l’eccezione sia stata proposta.

5.- Propongo che il ricorso sia respinto, con provvedimento in Camera di consiglio”. – La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e ai difensori delle parti – Il P.M. non ha depositato conclusioni scritte.

– La ricorrente ha depositato memoria.

Motivi della decisione

Il Collegio, esaminati gli atti, ha condiviso la soluzione e gli argomenti proposti dal Relatore, che le argomentazioni difensive contenute nella memoria della ricorrente non valgono a disattendere.

Il ricorso deve essere rigettato.

Le spese del presente giudizio, liquidate nel dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte di cassazione rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate complessivamente in Euro 8.200,00 di cui Euro 200,00 per spese ed Euro 8.000,00 per compensi; oltre agli accessori previdenziali e fiscali di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 6-3 Sezione Civile, il 6 giugno 2013.

Redazione