Approvazione del regolamento sulle carriere amministrative degli studenti (Cons. Stato n. 590/2012) (inviata da R. Staiano)

Redazione 02/02/12
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FATTO e DIRITTO
1. E’ impugnata la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna 10 marzo 2011, n. 211, che ha respinto il ricorso di primo grado (n. 614 del 2010) promosso dagli odierni appellanti avverso:
a) il decreto del Rettore n. 456 del 28 maggio 2010, che ha emanato il regolamento sulle carriere amministrative degli studenti;
b) le delibere del 15 aprile e del 21 maggio 2010, con le quali il Senato Accademico ha approvato il testo del predetto Regolamento;
c) la delibera del Consiglio di Amministrazione del 26 maggio 2010 che ha approvato, per la parte di sua competenza, il predetto regolamento.
Le censure sono specificamente articolate avverso gli articoli 37 e 57 del regolamento delle carriere amministrative degli studenti, nella parte in cui tali disposizioni prevedono la decadenza dai rispettivi corsi di studio per gli studenti, a tempo pieno o a tempo parziale, già iscritti al primo anno dell’ordinamento ex d.m. n.509 del 1999 o d.m. n. 270 del 2004, che non abbiano terminato gli esami previsti entro un numero di anni pari al massimo al doppio della durata normale del corso (art. 37), ovvero, per gli studenti iscritti negli ordinamenti precedenti al d.m. n. 509/1999, che non abbiano concluso gli studi entro e non oltre il 30 aprile 2012 o ancora, per gli studenti già iscritti nell’ordinamento ex d. m. n. 509/99 o d.m.. 270/2004, che non conseguano il titolo entro un numero di anni pari al massimo al triplo della durata normale del corso (art. 57).
2. Gli appellanti tornano a censurare le scelte operate dal Rettore dell’Università di Cagliari nel regolamento in primo grado impugnato, lamentando inoltre la erroneità della gravata sentenza che ha considerato legittimo, pur in carenza di conformi previsioni a livello di normativa di rango primario, il meccanismo decadenziale previsto da tale regolamento per gli studenti già iscritti ai corsi di laurea vigenti in epoca anteriore alla riforma dei corsi universitari introdotta dai richiamati decreti ministeriali.
Lamentano inoltre gli appellanti la disparità di trattamento venutasi a creare tra distinte categorie di studenti universitari, in conseguenza dell’accoglimento ad opera dello stesso TAR di un altro ricorso da parte di studenti universitari che versavano nella stessa loro condizione soggettiva, nonché la ristrettezza temporale concessa dalle disposizioni transitorie agli studenti fuori corso per poter terminare gli studi; essi concludono per l’accoglimento, con l’appello, del ricorso di primo grado, con consequenziale annullamento, in riforma della impugnata sentenza, degli atti contestati in quella sede.
Si è costituita l’Università di Cagliari per resistere all’appello e per chiederne la reiezione.
All’udienza del 20 dicembre 2011 la causa è stata trattenuta per la sentenza.
3. L’appello è fondato e va accolto nei sensi e limiti di cui appresso.
3.1. Appare utile, preliminarmente, riportare di seguito il contenuto delle previsioni regolamentari oggetto del contendere.
Da un lato l’art. 37 del regolamento delle carriere amministrative degli studenti stabilisce:
“A decorrere dall’a. a. 2010/2011 incorrono in decadenza, senza necessità di comunicazione preventiva da parte dell’Ateneo e con conseguente impossibilità di rinnovare l’iscrizione:
a) gli studenti a tempo pieno, iscritti al primo anno dell’ordinamento ex DM. 509/99 o DM. 270/2004 e al corso di laurea in Scienze della formazione primaria, che non abbiano terminato gli esami previsti per il loro piano di studi entro un numero di anni pari al massimo al doppio della durata normale del corso;
b) gli studenti a tempo parziale, iscritti al primo anno dell’ordinamento ex DM. 509/99 o DM.270/2004 e al corso di laurea in Scienze della formazione primaria a tempo parziale, che non abbiano terminato gli esami previsti entro un numero di anni pari al massimo al doppio della durata del corso stabilita nel loro contratto; c) gli studenti morosi totalmente per due anni consecutivi “.
D’altro lato, ancora, la disposizione transitoria di cui all’art. 57 stabilisce che:
“A decorrere dall’a. a. 2010/2011:
a) gli studenti già iscritti negli ordinamenti precedenti al DM.509/1999 decadono qualora non abbiano concluso gli studi entro e non oltre il 30 aprile 2012;
b) gli studenti già iscritti nell’ordinamento ex DM. 509/99 o DM.270/2004 decadono qualora non conseguano il titolo entro un numero di anni pari al massimo al triplo della durata normale del corso. In particolare: – gli studenti che, alla data del 1/10/2010, hanno superato il triplo della durata normale del corso di studio decadono se non conseguono il titolo entro il 30 aprile 2012; – gli studenti a cui, alla data del 1/10/2010, manca un anno al raggiungimento del triplo della durata normale del corso di studio decadono se non conseguono il titolo entro il 30 aprile 2013; – gli studenti a cui, alla data del 1/10/2010, mancano due anni al raggiungimento del triplo della durata normale del corso di studio decadono se non conseguono il titolo entro il 30 aprile 2014″.
Come premesso in fatto, i ricorrenti sono studenti iscritti in diverse facoltà dell’Università degli Studi di Cagliari e, pur non appartenendo tutti ad una categoria omogenea di studenti, tra quelle prese in esame dal regolamento ai fini della scansione temporale dei distinti effetti decadenziali, sono accomunati dall’essere tutti destinatari delle appena richiamate previsioni contenute nel nuovo regolamento sulle carriere amministrative degli studenti.
3.2 La condizione di soggetti potenziali destinatari di quelle previsioni decadenziali rende ragione della ritenuta ammissibilità del ricorso collettivo originariamente proposto dagli odierni appellanti, da parte del giudice di primo grado, con un capo decisorio non gravato da impugnazione incidentale; la decisione sul punto adottata dai giudici di primo grado appare in ogni caso pienamente condivisibile, attesa la inesistenza tra gli originari ricorrenti di posizioni inter se conflittuali, suscettibili come è noto di incidere negativamente sulla ammissibilità del mezzo collettivo di impugnazione.
3.3. Anche la ulteriore questione processuale della pretesa carenza di interesse al ricorso risulta correttamente decisa dai giudici di primo grado, atteso che non appare corretto ritenere che alcune ipotesi decadenziali per gli studenti fuori corso erano già state introdotte, nel sistema universitario cagliaritano, ad opera del regolamento d’Ateneo approvato l’8 maggio del 2008.
L’art. 30 di tale testo regolamentare, pur prevedendo in via programmatica termini finali di durata dei corsi, non riconnette tuttavia alcun effetto decadenziale al mancato rispetto di tali termini, di guisa che vi è l’interesse degli odierni appellanti a censurare un sistema di regole inflessibili di durata dei corsi introdotte per la prima volta proprio a mezzo del regolamento impugnato in primo grado e collegate ad un rigido meccanismo sanzionatorio.
4 Passando all’esame delle censure contenute nell’atto di appello, va osservato che in base alle impugnate disposizioni regolamentari vengono a determinarsi situazioni per cui gli studenti che non abbiano terminato gli esami ovvero non abbiano conseguito i titoli di studio entro i termini perentori ivi stabiliti subiscono la decadenza dai corsi di appartenenza, senza alcuna precisa garanzia in ordine al riconoscimento della parte dei corsi già frequentati e degli esami compiuti in sede di iscrizione ai corsi del nuovo ordinamento.
Nella pronuncia reiettiva in questa sede impugnata, il Tar ha considerato legittimo il sistema delle cause decadenze previsto per gli studenti fuori corso, individuando l’argomento decisivo a sostegno della scelta compiuta dall’Università di Cagliari nella insostenibilità della tesi contraria, con la quale si intenderebbe consentire il mantenimento senza termine finale di una serie di corsi di laurea, che sono invece ad esaurimento.
Gli appellanti censurano la sentenza di primo grado che ha ritenuto legittimo un tale sistema decadenziale, riproponendo in via principale il rilievo della mancanza di una copertura normativa di rango primario a supporto della determinazione regolamentare assunta dall’Università di Cagliari, ed anzi in presenza di una disposizione regolamentare di carattere generale applicabile per l’insieme delle università italiane (art. 13 del d.m. n. 270 del 2004) che attribuisce agli studenti già iscritti ai corsi del vecchio ordinamento un vero e proprio diritto soggettivo a concludere gli studi e ad ottenere i relativi titoli secondo gli ordinamenti previgenti.
Inoltre, sempre sul tema delle fonti normative capaci di incidere sulle cause di decadenza dai corsi universitari, gli appellanti osservano che l’unica ipotesi decadenziale contemplata dall’ordinamento italiano è quella prevista, per gli studenti universitari che non sostengono esami per otto anni consecutivi, da una disposizione normativa tuttora vigente e di rango primario (art. 149 R.D. n. 1592 del 31.08.1993); e tanto a ulteriore comprova della immodificabilità, ad opera delle singole università e con lo strumento normativo del regolamento, del quadro normativo generale afferente le cause di decadenza dai corsi di studio.
5. Ad avviso del Collegio le censure d’appello meritano condivisione, sia pur con le precisazioni che seguono.
Il quadro normativo d’insieme, con il quale è stato portato a compimento il significativo processo di riforma dei corsi universitari, non appare consentire alle università, in sede di rimodulazione dei corsi di studio, di prevedere ipotesi decadenziali del tipo di quelle introdotte dall’Università di Cagliari con le disposizioni regolamentari impugnate in primo grado.
Se è pur vero, infatti, che la legge n. 341 del 1990 (recante la riforma degli ordinamenti didattici universitari) sancisce il principio di autonomia didattica di ciascun ateneo (art. 11) e affida l’ordinamento degli studi dei corsi e delle attività formative ad un regolamento degli ordinamenti didattici, denominato “regolamento didattico di ateneo”, è altrettanto vero che detta autonomia non può esorbitare dai principi generali fissati nell’ambito del regolamento attuativo.
A tal proposito va evidenziato che l’art. 2, comma 2, del d.m. 22 ottobre 2004, n. 270, dispone che – ai fini della realizzazione della autonomia didattica di cui all’art. 11 della legge n. 341 del 1990 – le università, con le procedure previste dalla legge e dagli statuti, disciplinano gli ordinamenti didattici dei propri corsi di studio in conformità con le disposizioni del medesimo regolamento; ed anche l’art.11, comma 9, a proposito dei regolamenti didattici di ateneo prevede che le università, con appositi regolamenti, riordinano e disciplinano le procedure amministrative relative alle carriere degli studenti in accordo con le disposizioni del regolamento statale.
Ora, proprio il costante richiamo alle disposizioni regolamentari (adottate a livello nazionale dal competente Ministero dell’università) quale cornice normativa generale nell’ambito della quale le singole università possono manifestare la loro autonomia didattica nella modulazione dei corsi rende insuperabile, sotto tal profilo, il principio chiaramente espresso dall’art. 13, comma 5, sulla intangibilità delle posizioni degli studenti iscritti ai corsi dell’ordinamento previgente.
Dispone infatti tale ultima disposizione che, a seguito della adozione dei regolamenti didattici di ateneo, le università assicurano la conclusione dei corsi di studio e il rilascio dei relativi titoli secondo gli ordinamento didattici previgenti agli studenti già iscritti alla data di entrata in vigore dei regolamenti stessi e disciplinano la facoltà di optare per i corsi di studio previsti dai nuovi ordinamenti.
Ora, pur non essendo in discussione, come assumono gli appellanti, il diritto allo studio (di cui all’art. 34 Cost.), la cui tutela non può evidentemente spingersi fino al punto da ritenere meritevoli di protezione sine die le posizioni degli studenti fuori corso a mantenere la modulazione dei corsi di laurea con le stesse modalità e gli stessi termini di durata vigenti al momento della loro originaria iscrizione, nondimeno appare allo stesso modo poco coerente con le richiamate coordinate normative la soluzione adottata dall’Università di Cagliari, in relazione alle ipotesi decadenziali delineate nelle disposizioni regolamentari in primo grado impugnate.
Tali previsioni, infatti, da un lato non hanno una base giuridica nella normativa nazionale (anzi risultano in contrasto, per quanto detto, con i principi dalla stessa desumibili), dall’altra appaiono esorbitare sul piano oggettuale dalla pur riconosciuta autonomia universitaria, limitata alla libera modulazione dei corsi di studio e della didattica, nonché alla organizzazione della carriera degli studenti, senza tuttavia la possibilità di incidere, con previsioni decadenziali, sulle situazioni pregresse degli studenti iscritti ai corsi di vecchio ordinamento.
Naturalmente, rientra pienamente nella discrezionalità di ciascun ateneo, in sede di adozione dei regolamenti didattici o sulla carriera degli studenti, prevedere forme particolarmente incentivanti per il passaggio degli studenti ancora iscritti ai corsi universitari del vecchio ordinamento ai corsi di nuovo regime, e ciò al fine di perseguire il pur legittimo obiettivo della completa disattivazione, quanto prima possibile, dei corsi ‘ante riforma’.
Ma tale meccanismo, in assenza di una disposizione normativa nazionale che abiliti le singole università a disporre – in conseguenza della disattivazione dei corsi – la decadenza degli studenti che vi risultano iscritti, non può prescindere dalla ricerca del consenso della popolazione studentesca interessata all’adesione ad una nuova opzione di sviluppo della propria carriera, che l’Università deve previamente proporre agli studenti interessati (salvo il suo potere di effettuare le proprie scelte, con una adeguata motivazione ove esse non siano state condivise).
6. In definitiva, alla luce dei rilievi che precedono, l’appello va accolto sulla base dell’assorbente rilievo della assenza di una base giuridica legittimante l’Università di Cagliari alla articolazione delle ipotesi decadenziali delineate dagli articoli 37 e 57 del regolamento sulla carriera degli studenti in primo grado impugnato.
Tali disposizioni regolamentari, in riforma della sentenza impugnata, vanno pertanto annullate, con valenza erga omnes, ma nelle sole parti che risultano di pregiudizio per i ricorrenti di primo grado; restano salvi gli ulteriori motivati provvedimenti dell’Università di Cagliari
Ricorrono giusti motivi per far luogo alla compensazione tra le parti delle spese e degli onorari di entrambi i gradi di giudizio

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sull’appello (RG n.2384/11), come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi di cui in motivazione e, per l’effetto, in riforma della impugnata sentenza accoglie per quanto di ragione il ricorso di primo grado n. 614 del 2010.
Spese compensate dei due gradi.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 20 dicembre 2011

Redazione