Appalti pubblici – Requisiti speciali – Avvalimento – Requisito possesso capitale sociale – Possibilità di avvalimento – Va ammessa (Cons. Stato, n. 5874/2013)

Redazione 09/12/13
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SENTENZA

sul ricorso in appello numero di registro generale 631 del 2013, proposto da:
Monteco s.r.l., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avvocati *************** e **************, con domicilio eletto presso l’avvocato *************** in Roma, via Principessa Clotilde n. 2;
contro
Consorzio Ato Le/1, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’avvocato ****************, con domicilio eletto presso ************* in Roma, via Lucrezio Caro, 63;
Ecotecnica s.r.l. ed Axa s.r.l., in associazione temporanea di imprese, in persona dei rispettivi legali rappresentanti, rappresentate e difese dall’avvocato *************, con domicilio eletto presso l’avvocato *************** in Roma, via Cosseria n. 2;
per la riforma
del dispositivo di sentenza n. 00080/2013 e della sentenza n. 00794/2013 del Tribunale amministrativo regionale della Puglia, sede di Lecce, Sezione III, resi tra le parti, concernenti affidamento gestione unificata dei servizi di igiene urbana.

Visti il ricorso in appello ed i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Consorzio Ato Le/1 e di Ecotecnica s.r.l. ed Axa s.r.l. ed il ricorso incidentale proposto da queste ultime;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Visti gli artt. 74 e 120, co. 10, cod. proc. amm.;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 5 novembre 2013 il Cons. *************** e uditi per le parti gli avvocati ***********, *********** su delega di A. Angelelli e P. Quinto;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso al Tribunale amministrativo regionale della Puglia, sede di Lecce, rubricato al n. 1570/2012, Monteco s.r.l. impugnava:
– il provvedimento prot. n. 778 del 25 settembre 2012, comunicato in pari data, ed il relativo verbale di gara n. 7 con i quali era stata esclusa dalla procedura aperta indetta per l’affidamento della gestione unificata dei servizi d’igiene urbana nell’ATO Lecce 1;
– il provvedimento n. 58 del 19 settembre 2012, di aggiudicazione provvisoria della suddetta procedura di gara, comunicato in data 21 settembre 2012 con nota prot. n. 754;
– tutti i verbali di gara di estremi non conosciuti, gli atti di gara ove occorra, ed, in particolare, nella parte in cui non prevedono l’indicazione dei costi di sicurezza aziendali;
– ogni altro atto presupposto, connesso, consequenziale e/o collegato.
Il ricorso era affidato ai seguenti motivi:
a) violazione della “lex specialis” di gara, del d.lgs. n. 163/2006, con particolare riferimento all’art. 38, commi 1 e 2, nonché dei principi generali in materia di gare pubbliche;
b) eccesso di potere per illogicità manifesta e sviamento.
La ricorrente chiedeva quindi l’annullamento dei provvedimenti impugnati.
Si sono costituite l’Amministrazione intimata e l’associazione temporanea di imprese (ATI) aggiudicataria concludendo, entrambe, per il rigetto del ricorso. L’aggiudicataria, controinteressata, ha, altresì, interposto ricorsi incidentali.
Con dispositivo n. 80 in data 17 gennaio 2013 al quale ha fatto seguito, in data 8 aprile 2013, la pubblicazione della sentenza n. 794, il Tribunale amministrativo regionale della Puglia, sede di Lecce, Sezione III, accoglieva il ricorso incidentale e dichiarava improcedibile il ricorso principale, come integrato dai motivi aggiunti.
2. Con il ricorso in appello in epigrafe, rubricato al n. 631/13, Monteco s.r.l. impugna il dispositivo di cui sopra; con motivi aggiunti estende l’impugnazione alla sentenza, contestando gli argomenti che ne costituiscono il presupposto e chiedendo la sua riforma con il rigetto del ricorso incidentale e l’accoglimento del ricorso principale.
Si sono costituiti in giudizio il Consorzio ATO LE/1 e le aggiudicatarie Ecotecnica s.r.l. ed AXA s.r.l. chiedendo il rigetto dell’appello; le aggiudicatarie propongono inoltre appello incidentale.
La causa è stata assunta in decisione alla pubblica udienza del 5 novembre 2013.
3. Il primo giudice ha dichiarato improcedibile il ricorso proposto dall’odierna appellante principale avendo accolto il ricorso incidentale proposto dall’aggiudicataria, affermando che l’appellante doveva essere esclusa dalla gara per mancanza dei necessari requisiti di partecipazione.
Tale impostazione non è condivisibile.
L’appellante ha partecipato alla gara nonostante il suo capitale sociale non avesse la consistenza richiesta dal bando di gara ed ha integrato il requisito mediante avvalimento.
L’impresa ausiliaria peraltro non dispone di un capitale sociale della consistenza richiesta, per cui l’avvalimento è stato solo parziale, ed il requisito è stato raggiunto sommando i capitali delle due imprese.
Al riguardo, il primo giudice ha escluso “che il possesso di un determinato capitale sociale sia un mero requisito di natura contabile con funzione di garanzia accessoria rispetto all’adempimento dell’obbligazione principale costituita dalla prestazione offerta, e che, per tale aspetto, tale funzione, essenzialmente fideiussoria, possa essere, quindi, assicurata anche con avvalimento parziale, rilevando, invece, come detto, quale requisito soggettivo di partecipazione che deve essere, comunque, integralmente e autonomamente posseduto almeno dall’impresa ausiliaria proprio in quanto esprimente la effettiva capacità di esecuzione del servizio”.
Osserva il Collegio che la Corte di Giustizia, Sez. V, con sentenza 10 ottobre 2013 in causa C-94/12, ha affermato che “gli articoli 47, paragrafo 2, e 48, paragrafo 3, della direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, letti in combinato disposto con l’articolo 44, paragrafo 2, della medesima direttiva, devono essere interpretati nel senso che ostano ad una disposizione nazionale come l’art. 49 c. 6 del d.lgs. 163/06, la quale vieta, in via generale, agli operatori economici che partecipano ad una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico di lavori di avvalersi, per una stessa categoria di qualificazione, delle capacità di più imprese”.
La Corte ha quindi definitivamente chiarito l’ammissibilità del cosiddetto avvalimento plurimo o frazionato, con il quale l’aspirante all’aggiudicazione di un contratto di appalto raggiunge un determinato requisito di partecipazione avvalendosi anche di più soggetti.
L’orientamento della Corte è vincolante per il giudice nazionale, e risulta conforme a quello già espresso da questo Consiglio di Stato, Sezione V, con sentenza 8 febbraio 2011, n. 857, mentre deve essere superato il diverso orientamento espresso da C. di S., VI, 13 giugno 2011 n. 3565.
Le parti resistenti, il cui ragionamento è stato condiviso dal primo giudice, obiettano che il requisito in parola (possesso del capitale sociale di un determinato importo) non è suscettibile di frazionamento fra soggetti diversi in quanto espressione di una solidità sociale attestata, appunto, dalla sua consistenza.
La tesi non può essere condivisa.
La funzione del capitale sociale è costituita, ai sensi dell’art. 2325, primo comma, del codice civile, dalla garanzia offerta per il soddisfacimento delle obbligazioni contratte con i debitori della società.
Qualora, come nel caso di specie, un determinato soggetto emetta una proposta contrattuale a destinatario indeterminato dichiarando di essere disposto a contrattare solo con chi possegga un capitale sociale di un determinato importo minimo manifesta la sua volontà di accettare solo proposte provenienti da chi abbia quel grado di solvibilità, con chi sia, quindi, in grado di garantire i propri creditori nella suddetta misura minima.
Attribuire alla richiesta di un determinato capitale sociale un significato diverso è operazione arbitraria in quanto non sostenuta dal suddetto elemento normativo, sufficiente a scolpire la funzione tipica dello strumento.
Se questo è vero, alla luce del principio, affermato dalla Corte di Giustizia, della normale frazionabilità dell’avvalimento, deve essere affermato che il partecipante ad una gara d’appalto può dimostrare il possesso di un determinato capitale sociale avvalendosi anche di quello di un soggetto ausiliario, che si obblighi a tale fine.
Obiettano ulteriormente le resistenti che l’obbligazione dell’ausiliario avente il suddetto contenuto sarebbe nulla in quanto atto di disposizione del capitale sociale che, come tale, deve essere deliberato dall’assemblea dei soci.
L’osservazione non può essere condivisa in quanto con il contratto di cui si discute gli amministratori della ******à ausiliaria non hanno compiuto un atto di disposizione del patrimonio.
Con il contratto in questione la ******à ausiliaria ha assunto un’obbligazione di garanzia nei confronti dell’odierna appellante; anche tale obbligazione, come tutte quelle conseguenti all’attività negoziale posta in essere dagli amministratori, è a sua volta garantita dal capitale sociale, che peraltro non è direttamente intaccato.
Quanto alla censura di genericità del contratto, non è dato comprendere che cosa manchi, nel suo contenuto, perché anche il capitale dell’ausiliaria concorra a formare la garanzia richiesta alla partecipante alla gara.
In conclusione, l’appello principale risulta fondato, sotto il profilo in esame, per cui il Collegio deve procedere all’esame dei profili ulteriori.
4. La parte appellante incidentale sostiene che l’offerta dell’appellante principale doveva essere esclusa in quanto le frequenze minime prescritte dal capitolato sono sostituite dall’obbligazione di fornire le necessarie prestazioni “al bisogno” ovvero “a richiesta”.
Ad avviso del Collegio tali espressioni vincolano l’appellante alla prestazione delle relative attività in misura superiore a quella minima prescritta.
L’appellante si è infatti obbligata a fornire le suddette prestazioni non secondo uno scadenziario prestabilito ma ogni volta che l’Amministrazione ravvisi la relativa necessità, andando quindi ben oltre il contenuto minimo richiesto.
L’argomentazione deve quindi essere disattesa.
5. L’appellante incidentale ritiene l’inidoneità della dichiarazione resa dal legale rappresentante della Monteco con riguardo al responsabile tecnico cessato dalla carica nell’anno antecedente a gara sig. ******************* (relativa alla frase “per quanto di sua conoscenza” inserita nella dichiarazione sostitutiva).
La censura è infondata.
L’appellante incidentale sostiene che ogni dichiarazione deve essere esausitiva; di conseguenza, la dichiarazione resa dal rappresentante legale dell’appellante principale secondo la quale “a sua conoscenza” non sussistono motivi di indegnità in capo al responsabile tecnico cessato non può essere ritenuta sufficiente, in ragione del suo contenuto perplesso e non esaustivo.
A tale affermazione deve essere obiettato come rientri nella normalità delle ipotesi il fatto che chi riveste un ruolo in una determinata società non abbia la possibilità di conoscere fatti relativi a persone che solo in passato hanno rivestito ruoli all’interno della medesima.
E’ normale, infatti, che – ad esempio – la rottura dei rapporti sia stata conflittuale per cui l’attuale rappresentante legale della società non abbia proprio la possibilità di chiedere informazioni al soggetto cessato.
Di conseguenza il rappresentante legale è legittimato a dichiarare quanto a sua conoscenza e di precisare espressamente che la sua dichiarazione è valida nei termini indicati, fermo restando che la stazione appaltante dovrà valutare l’eventuale erroneità incolpevole della dichiarazione, resa in termini negativi e successivamente smentita dall’acquisizione di fatti di segno opposto.
Evidentemente poi, qualora risulti dimostrato che il rappresentate legale ha taciuto fatti dei quali era a conoscenza – ad esempio quando risulti che proprio i fatti negativi emersi hanno portato all’allontanamento del soggetto dalla società – egli, e la società, incorreranno nelle sanzioni proprie di chi rende false dichiarazioni.
6. L’appellante principale sostiene, infine, l’illegittimità della sua esclusione dalla gara, disposta in quanto la sua offerta indicava gli oneri di sicurezza ed un’ulteriore somma, pari ad € 424.810,63, che la commissione di gara ha ritenuto non identificabile, dichiarando quindi inammissibile l’offerta nella sua interezza.
La censura dedotta dall’appellante principale deve essere condivisa.
L’offerta chiarisce (ed invero è dubbio che il chiarimento fosse necessario) che la somma quantifica gli oneri di sicurezza concernenti i costi specifici connessi la sua attività (cosiddetti oneri di sicurezza aziendale) la cui indicazione è obbligatoria ai sensi degli artt. 86, comma 3 bis, ed 87, quarto comma, del d. lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (in termini C. di S., III, 19 gennaio 2012, n. 212).
Di conseguenza, l’operato della commissione si appalesa illegittimo in quanto l’offerta dell’appellante principale è stata esclusa specificamente perché redatta in conformità alle richiamate disposizioni legislative.
Nella specie il bando parlava solo di “importo degli oneri di sicurezza (1%) per nove anni non sottoposto a ribasso d’asta, comprensivo dell’iva al 10%”. Così che si sarebbe quanto meno dovuto esercitare il soccorso istruttorio con richiesta di chiarimenti all’offerente.
La doglianza deve, pertanto, essere condivisa.
7. Deve, inoltre, essere rilevato come il ricorso principale di primo grado debba essere condiviso anche nella parte in cui lamenta la mancata esclusione dell’aggiudicataria nonostante il responsabile tecnico non abbia reso le dichiarazioni di legge (art. 38, primo comma, del codice degli appalti).
L’aggiudicataria sostiene di non essere tenuta a corredare la domanda di partecipazione con tale dichiarazione in quanto la legge prende in considerazione esclusivamente la figura del direttore tecnico, mentre il suo organico prevede la figura del responsabile tecnico.
La tesi non può essere condivisa in quanto contraria ad orientamento ormai consolidato secondo il quale la figura del responsabile tecnico corrisponde, per le imprese che operano nei servizi, a quella del direttore tecnico, propria delle imprese che operano nel campo dei lavori pubblici (in termini C. di S., V, 17 maggio 2012, n. 2820, 11 gennaio 2012, n. 83, 26 maggio 2010, n. 3364; da ultimo, 30 agosto 2013, n. 4328).
L’appellata obietta di non essere comunque tenuta a rendere le dichiarazioni di cui si tratta in quanto il responsabile tecnico non è preposto a tutta l’attività dell’azienda.
L’osservazione non sposta la conclusione sopra affermata in quanto se è vero che il responsabile tecnico non è, in realtà, responsabile di tutte le attività dell’azienda ciò significherebbe che oltre a lui di fatto operano, all’interno dell’azienda, altri responsabili, le cui dichiarazioni dovevano essere rese alla stazione appaltante.
Le argomentazioni dell’appellante risultano quindi fondate anche sotto questo profilo.
8. In conclusione, l’appello principale deve essere accolto e l’appello incidentale va respinto; in riforma della sentenza gravata, il ricorso incidentale di primo grado deve essere respinto mentre il ricorso principale proposto in primo grado va accolto, per l’effetto annullando i provvedimenti impugnati.
Le spese devono essere poste a carico dell’Amministrazione soccombente, nella misura liquidata in dispositivo, mentre, data la peculiarità della fattispecie, devono essere integralmente compensate fra le parti private.

P.Q.M.

il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione V, definitivamente pronunciando, accoglie l’appello principale n. 631/2013, come in epigrafe proposto, e respinge l’appello incidentale; in riforma della sentenza gravata, respinge il ricorso incidentale ed accoglie il ricorso principale proposti in primo grado ed annulla i provvedimenti impugnati.
Condanna il Consorzio Ato Le/1 al pagamento, in favore dell’appellante principale, di spese ed onorari del presente grado del giudizio, che liquida in complessivi € 10.000,00 (diecimila/00) oltre agli accessori di legge ed al recupero integrale del contributo unificato corrisposto; spese compensate fra le parti private.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 novembre 2013

Redazione