Appalti: il giudice amministrativo può esprimersi in merito alla conformità dei prodotti della gara (Cass. n. 21111/2012)

Redazione 28/11/12
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Svolgimento del processo

Con ricorso depositato il 29 giugno 2011 la I.S.T. Istituto Specialità Terapeutiche s.r.l. (in prosieguo indicata come I.S.T.) chiese al Tribunale amministrativo regionale per la Toscana di annullare i provvedimenti mediante i quali la Estav Centro – Ente per i Servizi Tecnico-amministrativi di Area Vasta di Firenze (in prosieguo Estav) aveva aggiudicato alla Dimar s.r.l. una gara per la fornitura di prodotti di anestesia e rianimazione destinati alle locali aziende sanitarie ed ospedaliere; gara alla quale erano state ammesse a partecipare anche le società Harol s.r.l. e N.R. di ************** A parere della ricorrente, che era stata classificata terza, l’offerta della seconda classificata, la Harol, non aveva le caratteristiche tecniche richieste dal capitolato allegato al bando, e l’offerta dell’aggiudicataria ***** avrebbe dovuto parimenti esser dichiarata inammissibile, giacchè la stessa ***** e l’altra offerente N.R. di ******* si presentavano come un unico centro decisionale.

Dichiarato inammissibile in primo grado, il ricorso, a seguito di gravame, fu invece accolto dal Consiglio di Stato, con sentenza resa pubblica 2 gennaio 2012. Il Consiglio di Stato, pertanto, dispose l’aggiudicazione della gara alla I.S.T., dichiarando inefficace il contratto stipulato dall’Estav con la precedente aggiudicataria *****.

Per la cassazione di tale sentenza la Dimar ha proposto ricorso, illustrato poi con memoria, lamentando che il Consiglio di Stato abbia ecceduto dai limiti del proprio potere giurisdizionale.

La I.S.T. ha resistito con controricorso, mentre le altre intimate non hanno svolto difese in questa sede.

Motivi della decisione

1. Due sono i profili in relazione ai quali il Consiglio di Stato, a parere della ricorrente, avrebbe travalicato i limiti della propria giurisdizione.

1.1. Il primo di tali profili attiene all’affermazione dell’impugnata sentenza secondo cui la società Harol avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara, a causa della non conformità della sua offerta alle caratteristiche tecniche previste nel capitolato. La questione rileva perchè, essendo la Harol risultata seconda in graduatoria, mentre la I.S.T. era stata classificata terza, quest’ultima sarebbe priva d’interesse ad impugnare l’aggiudicazione in favore della Dimar se la predetta Harol non venisse esclusa.

La ricorrente sostiene che le clausole del capitolato tecnico allegato a bando di gara del quale si discute non prevedevano l’esclusione delle offerte le cui caratteristiche fossero state ritenute non conformi alle previsioni del medesimo capitolato, potendo ciò incidere solo sulla valutazione di tali offerte nell’ambito della gara; ed aggiunge che, comunque, la valutazione della conformità o meno dei prodotti offerti a quanto prescritto dal capitolato avrebbe comportato un esercizio di discrezionalità tecnica rimesso all’amministrazione appaltante, alla quale il giudice amministrativo non può sostituirsi non essendo in questa materia la sua giurisdizione estesa al merito.

1.2. Il Consiglio di Stato, secondo la ricorrente, avrebbe violato i limiti esterni della propria giurisdizione anche nell’escludere che potesse partecipare alla gara la stessa odierna ricorrente, società Dimar, sull’erroneo presupposto che la sua offerta e quella di un’altra concorrente, la società N.R. di *******, provenivano da un unico centro decisionale.

In una situazione come quella in esame il mancato esercizio del potere di escludere un concorrente dalla gara – si sostiene nel ricorso – è anch’esso frutto di una valutazione tecnica rimessa all’amministrazione, cui compete di accertare se davvero le due offerte siano imputabili ad un medesimo centro decisionale e di verificare se ed in qual misura ciò possa averne influenzato il contenuto: di modo che, qualora la scelta operata dalla stazione appaltante non si riveli manifestamente illogica o irrazionale, essa non potrebbe esser sindacata dal giudice amministrativo.

2. Il ricorso non è meritevole di accoglimento.

E’ certamente vero che le decisioni del giudice amministrativo sono viziate per eccesso di potere giurisdizionale e, quindi, sindacabili per motivi inerenti alla giurisdizione, nel caso in cui detto giudice, eccedendo i limiti del riscontro di legittimità del provvedimento impugnato e sconfinando nella sfera del merito, riservata alla pubblica amministrazione, compia una diretta e concreta valutazione dell’opportunità e della convenienza dell’atto, ovvero quando la decisione finale, pur nel rispetto della formula dell’annullamento, esprima la volontà dell’organo giudicante di sostituirsi a quella dell’amministrazione, così esercitando una giurisdizione di merito in situazioni che avrebbero potuto dare ingresso soltanto a una giurisdizione di legittimità (cfr. in tal senso, tra le altre, Sez. un. 9 novembre 2011, n. 23302). Nessun dubbio, quindi, che l’eventuale sostituzione, da parte del giudice amministrativo, della propria valutazione a quella riservata alla discrezionalità della amministrazione costituisca ipotesi d’indebito sconfinamento della giurisdizione di legittimità nella sfera riservata alla pubblica amministrazione, quand’anche l’eccesso in questione sia compiuto da una pronunzia il cui contenuto dispositivo si mantenga nell’area dell’annullamento dell’atto (si veda anche Sez. un. 17 febbraio 2012, n. 2312).

Nulla di tutto ciò è tuttavia ravvisabile nella fattispecie in esame.

2.1. Quanto all’esclusione della Harol dalla gara, infatti, il giudice amministrativo si è limitato ad interpretare le clausole de capitolato speciale allegato al bando di gara, e ne ha dedotto che la non conformità dell’offerta alle previsioni tecniche del capitolato avrebbe dovuto comportare l’esclusione dell’offerente dalla gara, rilevando poi come, in concreto, le caratteristiche dell’offerta formulata dalla Harol fossero manifestamente non corrispondenti a quanto prescritto dal predetto capitolato. Appare del tutto evidente che nè la prima operazione, consistente nella corretta individuazione del contenuto e della portata della regola stabilita nella lex specialis del concorso, nè la seconda, risolventesi in un accertamento dei fatti, necessario al fine di applicare la suddetta regola, esulano dal normale esercizio della giurisdizione di legittimità.

Nè vale obiettare che il raffronto tra le caratteristiche dell’offerta e le previsioni del capitolato implicherebbe una valutazione tecnica connotata da discrezionalità. A parte il rilievo che al giudice amministrativo è precluso il controllo sul merito dell’azione amministrativa, ma non anche in assoluto sull’esercizio della discrezionalità tecnica (in tal senso Sez. un. 21 dicembre 2005, n. 28265; e Sez. un. 10 agosto 2011, n. 17143), perchè questa non implica (diversamente dalla discrezionalità amministrativa) un giudizio di valore sul contemperamento degli interessi in gioco ma verte esclusivamente sull’applicazione al caso concreto di valutazioni fondate su regole tecniche predefinite, appare evidente che, ogni qual volta si tratti di ricondurre un concreto accadimento fattuale nell’ambito della previsione di una regola di diritto astrattamente concepita, ciò può comportare (almeno entro certo limiti) una valutazione di tipo lato sensu tecnica, perchè occorre attribuire a quell’accadimento dei connotati ed applicargli delle definizioni che non preesistono in natura e che possono non essere di immediata ed universale percezione. Questo però non basta per affermare che si è in presenza di un esercizio di discrezionalità tecnica, la quale presuppone altresì che l’atto valutativo sia imperniato sull’utilizzo di regole e concetti appartenenti a specifiche discipline scientifiche.

Nel caso in esame, d’altro canto, la conclusione cui il Consiglio di Stato è pervenuto circa la non conformità delle caratteristiche dell’offerta della Harol alle previsioni del capitolato – per essere stata prospettata una fornitura di caschi identici per misura e peso, laddove il capitolato richiedeva misure diverse per le esigenze dei neonati, dei bambini e degli adulti – è supportata da una motivazione che vale ampiamente a dimostrare come, a parere del giudicante, ogni diversa valutazione risulterebbe manifestamente arbitraria ed illogica; e la stessa ricorrente – la quale del resto nulla specificamente obietta in ordine al merito di detta valutazione – riconosce che il giudice amministrativo ha il potere di sindacare giudizi tecnici dell’amministrazione che siano palesemente illogici o irrazionali.

2.2. Considerazioni in larga parte coincidenti debbono esser fatte per quel che riguarda l’esclusione dalla gara della Dimar.

Il giudice amministrativo ha qui fatto applicazione del D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 38, comma 1, lett. m-quater), che prevede l’esclusione dalla partecipazione agli appalti dei soggetti i quali si trovino, rispetto ad un altro partecipante, in una situazione di controllo di cui all’art. 2359 c.c. o in una qualsiasi relazione, anche di fatto, se la situazione di controllo o la relazione comporti che le offerte sono imputabili ad un unico centro decisionale.

I rilievi della ricorrente in merito alla genesi, al contenuto ed alla portata della citata disposizione – fondati o meno che siano – non gettano alcuna luce sul tema della giurisdizione, potendo tutt’al più risolversi in una critica al modo in cui quella norma è stata interpretata ed applicata: quindi nella denuncia di un error in iudicando in cui il giudice amministrativo sarebbe incorso (errore di giudizio, come tale, non prospettabile in questa sede), ma non certo in un vizio di eccesso di potere giurisdizionale.

Nè un tale vizio è riscontrabile nel mero fatto che il Consiglio di Stato, facendo applicazione della citata disposizione di legge, abbia argomentato in ordine alla sussistenza dei presupposti applicativi della stessa, individuando in concreto gli estremi dell’unico centro decisionale cui la norma si riferisce: perchè anche in questo caso, per le medesime ragioni già esposte in precedenza, si tratta certamente non dell’invasione in una sfera di discrezionalità riservata all’amministrazione, bensì di un accertamento di fatti rilevanti ai fini del decidere sulla legittimità dell’agire amministrativo.

3. Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato, con conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.

 

P.Q.M.

La corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 6.000,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre agli accessori di legge.

Redazione