Antenna per cellulari modificata senza permesso del Comune: scatta il sequestro preventivo (Cass. pen. n. 39415/2013)

Redazione 24/09/13
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RITENUTO IN FATTO

Il G.I.P. del Tribunale di Macerata, con provvedimento del 27.7.2012, sottoponeva a sequestro preventivo l’antenna e gli apparati di una stazione per la telefonia cellulare della “V.” sita in Corridonia, ipotizzando la violazione dell’art. 44, lett. b), del D.P.R. n. 380/2001, poiché sull’antenna in oggetto, della quale era già stata prevista la delocalizzazione in altra area del territorio comunale, erano stati realizzati lavori di installazione di ulteriori ripetitori in difetto di permesso di costruire ed anzi in presenza di un diniego espresso opposto dall’amministrazione comunale.
La società “V.” proponeva istanza di riesame, deducendo di avere inoltrato al Comune di Corridonia una SCIA in data 22.6.2011 in relazione alla quale doveva ritenersi formato il silenzio-assenso mentre quell’amministrazione aveva adottato la misura della sospensione dei lavori ben oltre il termine di 90 giorni previsto per il formarsi dell’assentimento tacito.
Il Tribunale di Macerata, con ordinanza del 5.10.2012, ha respinto l’istanza di riesame, evidenziando che il piano di localizzazione delle stazioni radio base (SRB) approvato dal Comune di Corridonia escludeva che l’installazione in oggetto potesse essere realizzata, tanto che la società proprietaria dell’impianto (T. s.p.a.) ne aveva concordato con l’amministrazione locale la delocalizzazione in altro sito.
Esistendo una specifica previsione di allocazione non trova applicazione il principio secondo il quale le SRB possono essere installate in qualsiasi zona del territorio comunale attesa la sostanziale compatibilità dell’impianto con qualsiasi destinazione urbanistica.
Avverso l’anzidetta ordinanza ha proposto ricorso la società “V.”.
Con i motivi di gravame viene eccepito:
L’erronea applicazione del d.Lgs. n. 259/2003 e del T.U. n. 380/2001, in quanto non si sarebbe tenuto conto del carattere omnicomprensivo dell’autorizzazione prevista dal d.Lgs. n. 259/2003, esteso anche ai profili urbanistici ed edilizi connessi alla realizzazione ed all’attivazione degli impianti di telefonia cellulare.
Le valutazioni urbanistico-edilizie, secondo la giurisprudenza del Consiglio di Stato e della Cassazione penale, sono assorbite dal procedimento delineato dall’art. 87 del d.Lgs. n. 259/2003, che ricomprende anche la verifica della compatibilità urbanistico-edilizia dell’intervento. Nella specie il procedimento in questione era stato ritualmente osservato;
– la illegittimità ed inefficacia delle limitazioni al potere-diritto della V. di realizzare od ampliare impianti di SRB sul territorio comunale, imposte dal piano di localizzazione del Comune di Corridonia, in quanto contrastanti con il vigente Codice delle comunicazioni elettroniche, poiché gli enti locali e le pubbliche amministrazioni non possono imporre per l’impianto di reti o per l’esercizio dei servizi di comunicazione elettronica, oneri o canoni che non siano stabiliti per legge (art. 93 del d.Lgs. n. 259/2003);
– la irrilevanza, sotto il profilo urbanistico, dell’intervento in concreto realizzato, che – essendo consistito nel montaggio, sul palo già posizionato, di nuovi apparati in tecnologia UMTS e nella sostituzione di alcune antenne di T. – deve essere assimilato ad un intervento di manutenzione straordinaria del sito esistente, non assoggettato a permesso di costruire.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso deve essere rigettato, perché infondato.
1. Appare opportuno ricordare in premessa che:
a) il D.Lgs. 1.8.2003, n. 259 (Codice delle comunicazioni elettroniche):
– all’art. 87, subordina l’installazione di stazioni radio base per reti di comunicazioni elettroniche mobili GSM/UMTS al rilascio di apposita autorizzazione dell’ente locale territorialmente interessato con l’intervento, però, anche delle Amministrazioni portatrici degli altri interessi pubblici coinvolti.
Tale autorizzazione è richiesta anche per “la modifica delle caratteristiche di emissione”;
– all’art. 86, comma 3, assimila “le infrastrutture di reti pubbliche di comunicazione di cui agli artt. 87 e 88 ad ogni effetto alle opere di urbanizzazione primaria”, prevedendo che “ad esse si applica la normativa vigente in materia” (l’assimilazione delle infrastrutture di reti di telecomunicazione alle opere di urbanizzazione primaria risulta confermata, tra l’altro, da C. Stato, Sez. VI, 27.12,201D, n. 9404);
b) Il D.P.R. 6.6.2001, n. 380 (Testo unico dell’edilizia), all’art. 3, lett. e), ricomprende espressamente tra gli “interventi di nuova costruzione”, come tali assoggettati a permesso di costruire ai sensi del successivo art. 10, “gli interventi di urbanizzazione primaria e secondaria realizzati da soggetti diversi dal Comune” (e.2), nonché “l’installazione di torri e tralicci per impianti radio-ricetrasmittenti e di ripetitori per i servizi di telecomunicazione” (e.4).
2. In relazione alle citate disposizioni normative, l’orientamento assolutamente prevalente nella giurisprudenza amministrativa – che ha ricevuto l’avallo della Corte Costituzionale con la sentenza 28.3.2006, n. 129 – riconosce carattere omnicomprensivo all’autorizzazione prevista dal D.Lgs. n. 259/2003, esteso a tutti i profili connessi alla realizzazione ed all’attivazione degli impianti di telefonia cellulare, inclusi quelli urbanistici ed edilizi [vedi, ad esempio, T.a.r. Puglia, Bari, sez. III, 13.5.2005, n. 2143; T.a.r. Veneto, sez. II, 13.9.2004, n. 3295; T.a.r. Veneto, sez. II, 30.7.2004, n. 2579; T.a.r. Puglia, Bari, sez. III, 22.7.2004, n. 3217; T.a.r. Piemonte, sez. I, 23.6.2004, n. 1176].
Tale orientamento – fatto proprio dal Consiglio di Stato, Sez. VI, con le decisioni 11.1.2005, n. 100 e 22.10.2004, n. 6910 – è stato condiviso dalla giurisprudenza di questa Corte di legittimità (vedi Cass. pen., Sez. III: 16.9.2005, n. 33735, 21.3.2006, n. 9631), ove sono Stati affermati i principi secondo i quali:
– il provvedimento autorizzatorio e la procedura di denunzia di inizio dell’attività (oggi SCIA) previsti dall’art. 87 del d.l.gs. 1.8.2003, n. 259, per l’autorizzazione all’installazione di infrastrutture di comunicazione elettronica per impianti radioelettrici, hanno come contenuto imprescindibile anche la verifica della compatibilità urbanistico-edilizia dell’intervento e non è richiesta, pertanto, la necessità di un distinto titolo abilitativo a fini edilizi;
– l’installazione e la modifica delle caratteristiche di emissione delle infrastrutture di comunicazione elettronica costituiscono pur sempre interventi dl nuova costruzione [ex art. 3, lettere e.2) ed e.4), del T.U. n. 380/2001] soggetti al regime sostanziale del permesso di costruire (anche se tale titolo non deve essere formalmente rilasciato in aggiunta all’autorizzazione prevista dalla legge speciale). Ne consegue che la denunzia di inizio dell’attività, prevista dall’art. B7, 3° comma – ultima parte, del D.lgs. n. 259/2003 per la realizzazione di impianti “con potenza in singola antenna uguale od inferiore al 20 Watt”, non è quella disciplinata dagli artt. 22 e 23 del T.U. n. 380/2001, ma va ricondotta al modello generale di cui all’art. 19 della legge n. 241/1990, come sostituito dall’art. 49, comma 4bis, della legge n. 122/2010 [sicché deve ritenersi attualmente sostituita dalla disciplina della SCIA posta dall’anzidetto art. 19]. Nel relativo procedimento, pertanto, dovranno essere comunque valutati i profili urbanistico-edilizi del realizzando intervento, tenendo conto che la semplificazione è soltanto procedurale.
Non resta influenzato, in ogni caso, il regime sanzionatorio penale di cui all’art. 44 del T.U. n. 380/2001 e le infrastrutture di comunicazione elettronica specificate al comma 1 dell’art. 87 del d.Lgs. n. 2S9}2003 restano sottoposte, pur sempre, alle sanzioni penali specifiche delle opere soggette a permesso di costruire.
Le disposizioni dell’art. 44 del T.U. n. 380/2001 si applicano altresì agli impianti “con potenza in singola antenna uguale od inferiore al 20 Watt” (di cui al comma 3, ultima parte, del medesimo art. 87) – suscettibili di realizzazione mediante denunzia di inizio attività (oggi SCIA) ai sensi dell’art. 19 della legge n. 241/1990, come successivamente sostituito – allorché questi siano eseguiti in assenza o in difformità dalla denunzia medesima.
Il mutamento della disciplina per l’abilitazione all’intervento edilizio non incide, infatti, sulla disciplina sanzionatoria penale, che non viene correlata alla tipologia del titolo abilitativo, bensì alla consistenza concreta dell’intervento.
3. Il comma 9 dell’art. 87 del d.Lgs. n. 259/2003 introduce una previsione di silenzio-assenso, disponendo che “Le istanze di autorizzazione e le denunce di attività di cui al presente articolo, nonché quelle relative alla modifica delle caratteristiche di emissione degli impianti già esistenti, si intendono accolte qualora, entro 90 giorni dalla presentazione del progetto e della relativa domanda, fatta eccezione per il dissenso di cui al comma 8 [quello espresso da un’amministrazione preposta alla tutela ambientale, della salute o del patrimonio storico-artistico: n.d.r.], non sia stato comunicato un provvedimento di diniego”.
4. Il comma 6 dell’art. 8 della legge n. 36/2001 (Legge quadro sulla protezione dalla esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici) demanda ai Comuni il compito di individuare con proprio regolamento le aree all’interno delle quali realizzare le infrastrutture in oggetto, “per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti”.
Tale potestà regolamentare non può trasformarsi in limitazioni alla localizzazione degli impianti dl telefonia mobile per intere ed estese porzioni del territorio comunale in assenza di una plausibile ragione giustificativa e, ancorché il Comune mantenga intatte le proprie competenze in materia di governo del territorio, queste tuttavia non possono determinare vincoli e limiti cosi stringenti da concretizzarsi in un divieto di carattere pressoché generalizzato (e senza prevedere alcuna possibile localizzazione alterativa), in contrasto con le esigenze tecniche necessarie a consentire la realizzazione effettiva della rete di telefonia cellulare che assicuri la copertura del servizio nell’intero territorio comunale [vedi, ad esempio, C. Stato, sez. VI, 17.7.2008, n. 3594; 3.10.2007, n. 5099; 27.7.2007, n. 4162; nonché T.a.r. Emilia Romagna, Parma, sez. I, 27.1.2011, n. 21; T.a.r. Abruzzo, sez. I, 10.11.2009, n. 729; T.a.r. Campania, Napoli, sez. VII, 13.102009, n. 5405; T.a.r. Veneto, Venezia, sez. II, 25.9.2009, n. 2433].
La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 331/2003, ha chiarito che, nell’esercizio dei suoi poteri, il Comune non può rendere di fatto impossibile la realizzazione di una rete completa di infrastrutture per le telecomunicazioni, trasformando i criteri di individuazione, che pure il Comune può fissare, in limitazioni alla localizzazione con prescrizioni aventi natura diversa da quella consentita dalla legge quadro n. 36/2001 (ricomprendente i profili che attengono all’urbanistica ed alla pianificazione dei territorio).
5. Questione dibattuta in dottrina e giurisprudenza è quella relativa all’eventuale consumazione del potere della pubblica amministrazione di intervenire sul provvedimento formatosi per silenzio-assenso una volta decorso il termine di 90 giorni dalla ricezione della domanda (ai sensi del comma 9 dell’art. 87 del d.Lgs. n. 259/2003).
Un potere siffatto è stato riconosciuto, ad esempio, dal T.a.r. Lazio, Roma, Sez. IIbis, con la sentenza n. 2690 del 16.3.2009, in seguito all’accertamento della insussistenza dei requisiti e presupposti di legge già dichiarati dagli interessati nella loro domanda di autorizzazione.
In senso contrario, invece, appare orientata la giurisprudenza amministrativa prevalente, secondo la quale, ammettendosi ad libitum l’intervento dell’autorità locale anche dopo la formazione della fattispecie assentiva per silentium, si provocherebbe un’ingiustificata anomalia, sul piano dell’aggravamento procedimentale, al principio fondamentale di semplificazione, fermo restando comunque l’eventuale accesso all’autotutela sul provvedimento abilitativo in tal modo formatosi.
A giudizio di questo Collegio, per quanto rileva ai fini penali, il contrasto può essere superato allorché si consideri che costituisce condizione per la formazione del silenzio-assenso la sussistenza dei presupposti e dei requisiti di legge richiesti. [In materia urbanistica, ad esempio, è stata ritenuta condizione indefettibile per il formarsi dei silenzio-assenso la conformità dell’intervento che si intende realizzare agli strumenti urbanistici vigenti – vedi Cass.: Sez. Unite, 23.4.1993, n. 3, ******, nonché Sez. III, 9.2.1998, Svara].
Il meccanismo del silenzio-assenso, infatti, non comporta alcuna deroga al potere-dovere della pubblica amministrazione di curare gli interessi pubblici nel rispetto dei principi fondamentali sanciti dall’art. 97 della Costituzione, sicché l’amministrazione deve essere posta nella condizione di verificare la sussistenza di tutti i presupposti legali per il rilascio dell’autorizzazione.
Anche autorevoli orientamenti dottrinari ritengono che solo se l’istanza è pienamente conforme alla legge si possono produrre, per silenzio, gli effetti legali tipici del provvedimento amministrativo espresso, mentre l’assenza del presupposti validi al fine di un corretto esercizio espresso del potere amministrativo comporta l’impossibilità della formazione di un accoglimento tacito dell’istanza presentata dal privato.
Ai sensi dell’art. 87 del d.Lgs. n. 259/2003, pure in caso di procedura semplificata, la sussistenza dei presupposti e del requisiti dl legge deve essere attestata attraverso la redazione e l’allegazione di apposita modulistica. Nella vicenda che ci occupa non vi era conformità alle prescrizioni urbanistiche di localizzazione e da ciò deve farsi discendere la non formazione del silenzio-assenso, poiché il titolo abilitativo richiesto non può ritenersi “dovuto”.
6. In applicazione dei principi dianzi enunciati e delle considerazioni ad essi riferite il Collegio rileva, in conclusione, che nella fattispecie in esame:
Deve considerarsi legittima la previsione di spostamento dell’impianto de quo inserita nel piano di localizzazione delle stazioni radio base del Comune di Corridonia (e già concordata dalla T. con l’amministrazione locale), integrando essa una prescrizione non generalizzata attinente all’urbanistica ed alla pianificazione del territorio che ha natura consentita dalla legge quadro n. 36/2001.
Un’autorizzazione di cui all’art. 87 del d.Lgs. n. 259/2003 era necessaria, perché espressamente prevista anche per “la modifica delle caratteristiche di emissione” e l’intervento eseguito, perle sue connotazioni innovative concrete, non può considerarsi di mera manutenzione dell’esistente ma (essendo anche assimilato in via normativa ad un incremento dell’urbanizzazione primaria) non può ritenersi sottratto ad una doverosa valutazione pure sotto il profilo urbanistico.
Il silenzio-assenso di cui al comma 9 dell’art. 87 del d.Lgs. n. 259/2003 non può ritenersi formato per la mancanza di conformità dell’opera realizzata alle prescrizioni contenute nell’anzidetto piano dl localizzazione.
Ulteriore approfondimento e la compiuta verifica spettano ovviamente ai giudici del merito ma, allo stato, a fronte dei prospettati elementi, della cui sufficienza in sede cautelare non può dubitarsi, le contrarie argomentazioni svolte nel ricorso non valgono ad escludere la configurabilità del “fumus” della contravvenzione ipotizzata.
Deve ritenersi perciò giustificata l’adozione della misura cautelare in questione.
7. Al rigetto del ricorso segue la condanna della società ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese processuali.
ROMA, 21.3.2013

Redazione