Annullamento ministeriale del l’autorizzazione paesaggistica (Cons. Stato n. 2410/2013)

Redazione 06/05/13
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FATTO e DIRITTO

1.- Con il ricorso in appello in epigrafe (RG n. 8056 del 2011) è impugnata la sentenza n. 183 del 2 febbraio 2011 con la quale il Tribunale amministrativo regionale della Campania, sez. di Salerno, ha respinto il ricorso proposto da O. Patrizia avverso l’annullamento ministeriale dell’autorizzazione paesaggistica rilasciata dal Comune di Pisciotta in relazione all’intervento edilizio ricompreso nel piano urbanistico attuativo denominato “ Piano di lottizzazione convenzionata ********-Santa Caterina” limitatamente al lotto n. 3, in titolarità della odierna appellante.

La ricorrente lamenta la erroneità della gravata sentenza che ha integralmente disatteso le censure di primo grado riguardo la dedotta illegittimità dell’impugnato decreto, con il quale la Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici di Salerno e Avellino ha annullato l’autorizzazione paesaggistica rilasciata dal Comune di Pisciotta per la realizzazione dell’intervento edilizio programmato.

Insiste l’appellante per l’accoglimento, con l’appello, del ricorso di primo grado, con consequenziale annullamento, in riforma della impugnata sentenza, degli atti in quella sede gravati.

Si è costituito il Ministero per i beni e le attività culturali per resistere all’appello e per chiederne la reiezione.

Le parti hanno depositato memorie in vista dell’udienza di discussione della causa.

All’udienza del 22 marzo 2013 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.

2.- L’appello è infondato e va respinto.

Va anzitutto disattesa la censura – già affrontata in primo grado e qui riproposta – relativa alla tardività dell’atto di annullamento adottato dal soprintendente di Salerno, dedotta sotto il profilo che il provvedimento della soprintendenza sarebbe stato comunicato agli interessati dopo il decorso del termine di sessanta giorni previsto dall’art. 159 del d.lgs. n. 42 del 22 gennaio 2004 (applicabile ratione temporis alla fattispecie in oggetto).

La censura non è meritevole di condivisione.

Secondo il consolidato orientamento della sezione (tra le tante, Cons. Stato, VI sez., 8 marzo 2006 n. 1261; VI, 29 dicembre 2008, n.6586), dal quale non si ravvisano ragioni per discostarsi, il termine fissato alla soprintendenza competente per l’eventuale annullamento della autorizzazione paesaggistica rilasciata dalla Regione (ovvero dall’ente subdelegato), nel regime transitorio di cui al citato art. 159, comma 3, d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 (che riproduce la norma già contenuta dapprima nell’art. 82 d.PR 24 luglio 1977, n. 616 – come modificato dall’art. 1 l. 8 agosto 1985, n. 431, di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312 – e poi nell’art. 151 del d.lgs. 29 ottobre1999, n. 490), per quanto di natura perentoria, è previsto dalla legge soltanto ai fini dell’adozione dell’eventuale provvedimento di annullamento e non anche per la sua comunicazione ai soggetti interessati. In altri termini, perché possa dirsi rispettato il suddetto termine è sufficiente che l’atto sia adottato nel termine per provvedere, non dovendosi ricomprendere nel computo del termine stesso l’attività successiva di partecipazione di conoscenza dell’atto ai suoi destinatari.

A tali conclusioni la giurisprudenza è pervenuta in considerazione della natura non recettizia di questo tutorio annullamento, che è espressione di cogestione attiva del vincolo paesaggistico (Cons. Stato, Ad. plen., 14 dicembre 2001, n. 9), e della conseguente ininfluenza, ai fini della sua validità, della comunicazione ai diretti interessati nell’arco temporale fissato dalla legge per l’adozione del provvedimento.

Correttamente la sentenza impugnata ha escluso il carattere invalidante della mancata tempestiva comunicazione dell’annullamento, una volta accertato che la sua adozione è avvenuta nel rispetto del termine per provvedere.

3.- Per quanto attiene alla questione della lamentata illegittimità dell’annullamento ministeriale per omessa istruttoria e motivazione, e comunque per aver la Soprintendenza esorbitato dai limiti propri del suo potere, con intromissione nel merito di valutazioni paesaggistiche riservate all’autorità locale, va ricordato, in ordine agli aspetti sostanziali della potestà in esame, che la giurisprudenza ha unanimemente riconosciuto che il potere ministeriale di annullamento delle autorizzazioni paesaggistiche, pur non essendo espressione di un potere di riesame nel merito del provvedimento di base, investe tuttavia ogni aspetto della legittimità dell’atto sottoposto al suo scrutinio, ivi compreso l’eccesso di potere per vizio di motivazione (tra le altre, Cons. Stato, Ad. plen., 14 dicembre 2001, n. 9; Cons. Stato, VI, 9 aprile 2001 n. 2152).

In quest’ambito, pertanto, l’autorità ministeriale non è impedita di – e anzi deve, ad estrema difesa del vincolo (cfr. Corte cost., 27 giugno 1986, n. 151; 18 ottobre 1996, n. 341; 25 ottobre 2000, n. 437) – vagliare, in relazione alla fattispecie concreta, la congruenza del giudizio di compatibilità paesaggistica dell’intervento.

Non appare che, nel caso oggetto dell’odierna controversia, la Soprintendenza abbia esorbitato dai detti suoi poteri, avendo al contrario soltanto evidenziato la carenza motivazionale che inficia, sotto distinti profili, l’autorizzazione paesaggistica rilasciata dal Comune di Pisciotta, tenuto conto in particolare: a) della carenza di un’autorizzazione paesaggistica sull’atto presupposto approvativo della lottizzazione; b) del carattere massivo e di rilevante impatto paesaggistico dell’intervento edificatorio, che prevede la realizzazione di 19 fabbricati e 51 unità abitative su una superficie complessiva di mq 12.655; c) della natura seriale, stereotipata e contraddittoria degli atti con cui la Commissione per il paesaggio, nella seduta del 7 luglio 2009, ha ritenuto, in relazione ai “seriali fabbricati previsti” , il rispetto “delle tipologie figurative dei paesaggi “Cilentano” e, nel contempo, delle “forme dell’architettura contemporanea”; d) della carenza della documentazione richiesta dal d.P.C.M. 12 dicembre 2005 ai fini del rilascio della prescritta autorizzazione paesaggistica, con particolare riferimento alla sezione longitudinale degli elaborati di progetto, alla carenza delle quote nella planimetria generale, alla carenza di uno studio e di un’adeguata rappresentazione del progetto delle aree da destinare a verde; e) della intervisibilità del sito con altre aree oggetto di tutela e, in ogni caso, del fatto che le opere assentite “sono tali da stravolgere la stessa identità dei luoghi, introducendo nell’ambito paesaggistico tutelato elementi di forte impatto, peraltro apprezzabili da numerosi punti di vista accessibili al pubblico (quali, ad esempio, la viabilità comunale e le alture circostanti)”.

3.1 Come correttamente osservato dal giudice di primo grado, trattandosi di provvedimento suffragato da una pluralità di motivi, è sufficiente rilevare la congruenza e la adeguatezza di uno solo di essi per escludere la possibilità di annullamento dell’atto tutorio nel suo insieme, stante peraltro la carenza di interesse all’esame dei motivi ulteriori in capo a chi ne ha chiesto la caducazione in sede giurisdizionale (Cons. Stato, VI, 17 luglio 2008, n. 3609; V, 6 giugno 2011, n. 3382; V, 21 ottobre 2011, n. 5683; IV, 6 luglio 2012, n. 3970).

Nel caso in esame, la Soprintendenza ha posto sostanzialmente in evidenza l’insufficiente motivazione e il difetto istruttorio a base dell’atto autorizzatorio oggetto di annullamento, sotto il profilo della non ponderata valutazione del forte impatto ambientale dell’intervento complessivo, essendo mancata una visione d’insieme dell’incidenza della programmata attività edilizia sul paesaggio oggetto di insediamento, di particolare pregio in quanto rientrante nel parco del Cilento e perciò astretto al vincolo paesaggistico ex lege di cui all’art. 142 d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42.

3.2 Per quanto si dirà dopo più diffusamente, tale motivazione appare di per sé sufficiente a giustificare l’atto di annullamento, a prescindere dal fatto che possano risultare infondati o addirittura inficiati da falso presupposto di fatto gli altri motivi addotti a sostegno del decreto di annullamento.

In tale prospettiva, non risulta dirimente, la censura – dedotta come motivo nuovo d’appello ai sensi dell’art. 104, comma 3, Cod. proc. amm. – incentrata sulla sussistenza di un’autorizzazione paesaggistica rilasciata dall’autorità comunale sul piano di lottizzazione, provvedimento questo dato invece per insussistente nel decreto di annullamento in primo grado impugnato.

Stante la pluralità dei motivi a base del decreto del Soprintendente, quand’anche fosse corretto il rilievo afferente la sussistenza dell’autorizzazione paesaggistica sul piano lottizzatorio, resterebbe in ogni caso integra ed incensurabile l’osservazione dell’autorità ministeriale riguardo alla carenza di una compiuta valutazione paesaggistica in sede della distinta approvazione dei singoli interventi rispetto a quella effettuata all’epoca della lottizzazione (che evidentemente non poteva che concernere gli elementi propri della lottizzazione medesima, e non quelli dei singoli manufatti), e comunque anche per effetto di una non adeguata valutazione dell’impatto dell’intero intervento edilizio sul paesaggio cilentano.

3.3 In tal senso, il rilievo motivazionale sul punto articolato nel decreto di annullamento – a tutto concedere sulla sua rilevanza, alla luce dei restanti motivi di annullamento – vale soltanto a ribadire la sussistenza del pieno potere in capo all’autorità ministeriale di intervenire in sede di esame dell’autorizzazione paesaggistica rilasciata dall’autorità locale sui singoli interventi edilizi proposti dagli interessati, per vagliare la completezza istruttoria e motivazionale dell’atto autorizzatorio, sotto ogni profilo afferente la compatibilità degli interventi proposti con la salvaguardia dei valori paesaggistici espressi dal territorio e riassunti nel vincolo stesso.

Non par dubbio che tale potere ministeriale vada non solo riconosciuto sul piano formale, in quanto espressamente prevista dalla legge (art. 159 del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42), ma ritenuta nella rammentata sua latitudine, e comunque non menomata dall’esercizio (peraltro a mezzo di atti dal contenuto motivazionale scarno e insufficiente) del dell’autorizzazione paesaggistica da parte dell’autorità locale, in sede di esame dell’atto pianificatorio presupposto (id est, il piano di lottizzazione).

Vale osservare che l’autorizzazione paesaggistica – esibita soltanto in questo grado di giudizio – rilasciata dal sindaco di ********* sul progetto di lottizzazione convenzionata, risulta a sua volta non motivata sull’impatto complessivo dell’intervento edificatorio sul paesaggio. A tal fine non può essere sufficiente il richiamo al parere – anch’esso sul punto carente di motivazione – della commissione edilizia comunale integrata.

Ciò posto, appare non meritevole di censura, sotto il dedotto profilo, il decreto ministeriale di annullamento nella parte in cui ha evidenziato, con motivazione assorbente e condivisibile, l’effettiva carenza di un giudizio di compatibilità paesaggistica sull’intero intervento edilizio programmato – e quindi non solo sui singoli lotti da edificare – a seguito dell’approvazione della lottizzazione convenzionata.

4.- Quanto all’autorizzazione rilasciata dall’ente Parco Nazionale del ******* e Vallo di ***** e al suo asserito carattere assorbente rispetto alle valutazioni della competente autorità paesaggistica, il Collegio non condivide quanto osservato sul punto dalla parte appellante.

In disparte la laconicità di questo parere, appare comunque dirimente che le distinte autorità (ente Parco e Soprintendenza diverse per oggettività giuridica pubblica e perciò non sovrapponibili) sono chiamate a compiere autonome valutazioni: mentre l’ente parco deve valutare la compatibilità dell’intervento limitatamente alle esigenze di salvaguardia, fruizione e valorizzazione del Parco e con le sue specifiche destinazioni di zona, l’autorità paesaggistica è chiamata a svolgere una diversa disamina della compatibilità dell’intervento proposto, che ha come parametro i valori paesaggistici riconosciuti dei luoghi, in funzione della tutela del bene paesaggistico.

5.-Non è condivisibile, da ultimo l’argomento dell’appellante fondato sulla suscettibilità edificatoria dei terreni, secondo la destinazione urbanistica agli stessi impressa dallo strumento urbanistico generale (C2, zona di espansione), nonché del carattere già compromesso del territorio, contaminato da significativi interventi di antropizzazione.

5.1 Quanto al primo profilo, è pacifico che l’edificabilità del terreno è sicuramente condizione necessaria per la realizzabilità dell’intervento sul piano urbanistico-edilizio, ma ciò nulla toglie a che restino impregiudicate le autonome valutazioni in sede paesaggistica circa la compatibilità in concreto con i valori paesaggistici tutelati delle scelte progettuali, in ordine al concreto utilizzo delle volumetrie assentibili in modo conforme al pregio paesaggistico dei luoghi ed ad ogni altro profilo – forme, colori, materiali, ecc. – che può essere rilevante nella valutazione specifica dell’autorità preposta alla tutela del vincolo.

Da tale ultimo punto di vista, osserva il Collegio che anche dall’esame della documentazione fotografica allegata in atti (in particolare, i cosiddetti rendering) emerge che gli interventi proposti, per volumetrie da realizzare e tipologie dei fabbricati, anche in rapporto alle modeste superfici di ciascun lotto di terreno, appaiono, come ha correttamente evidenziato la Soprintendenza nel decreto di annullamento, di rilevante impatto e, soprattutto, poco coerenti con i valori paesaggistici compendiati nei luoghi. Sotto tal profilo appare pertanto pienamente legittima l’affermazione del decreto di annullamento sul carattere manifestamente contraddittorio dell’autorizzazione paesaggistica comunale, nella parte in cui ha ritenuto la compatibilità dei manufatti da realizzare con le caratteristiche tipiche del paesaggio cilentano.

5.2 Infine, la già intervenuta compromissione dei valori paesaggistici ad opera di interventi edilizi precedenti, anche ove fosse in fatto dimostrata, sarebbe certamente non decisiva sul piano giuridico; anzi, come più volte da tempo rimarcato da questa Sezione (es. Cons. Stato, VI, 11 giugno 1990, n. 600; 28 agosto 1995, n. 820; 20 ottobre 2000, n. 5651; 29 novembre 2005, n. 6756) una situazione paesisticamente compromessa ad opera di preesistenti realizzazioni, anziché impedire, maggiormente richiede per la legittimità dell’azione amministrativa che nuove costruzioni non deturpino esteriormente l’ambito protetto.

6.- In definitiva, l’appello va respinto.

Le spese del presente grado di giudizio possono essere compensate tra le parti, in considerazione della particolarità della vicenda trattata.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sull’appello (RG n. 8056/2011), come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese del presente grado di giudizio compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 22 marzo 2013

Redazione