Annullamento cartella esattoriale e condanna al pagamento di una somma (Cass. n. 17272/2013)

Redazione 12/07/13
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Svolgimento del processo

La Corte d’Appello di Roma, con sentenza in data 8 novembre 2006, in parziale riforma della sentenza di primo grado che aveva rigettato l’opposizione proposta dalla società Data Sud Internetworking s.r.l. avverso la cartella di pagamento notificatale dalla società Monte dei Paschi di Siena S.p.A. per il pagamento, a favore dell’INPS, di contributi previdenziali, ha condannato la società opponente al pagamento del minore importo di Euro 189.844,50, a titolo di contributi, sanzioni civili e “una tantum”, revocando il “decreto ingiuntivo opposto”.
Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso la società Data Sud Internetworking sulla base di un solo motivo. L’INPS ha resistito al ricorso. La società concessionaria del servizio di riscossione è rimasta intimata.

Motivi della decisione

1. Deve preliminarmente osservarsi che la Corte territoriale, nel dispositivo della sentenza, nel condannare la società Data Sud Internetworking al pagamento della somma di Euro 189.844,50, ha “revocato il decreto ingiuntivo opposto”.
Trattasi all’evidenza di un errore materiale, come da atto la sentenza impugnata in motivazione, laddove afferma che la statuizione “revoca del decreto ingiuntivo” dove intendersi come annullamento della cartella esattoriale.
2. Con l’unico motivo, cui fa seguito il relativo quesito di diritto ex art. 366 bis cod. proc. civ., allora in vigore, la società ricorrente, denunziando violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ., deduce che la Corte territoriale, anziché annullare la cartella di pagamento, così come era stato chiesto con il ricorso in appello dalla stessa società, ha condannando la ricorrente al pagamento del suddetto importo.
Così facendo è incorsa nella violazione del principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato previsto dall’art. 112 cod. proc. civ..
3. Il motivo non è fondato.
Questa Corte ha affermato che “Non sussiste il vizio di extra petita (art. 112 cod. proc. civ.) se il giudice dell’opposizione a decreto ingiuntivo – giudizio di cognizione non solo per accertare l’esistenza delle condizioni per l’emissione dell’ingiunzione, ma anche per esaminare la fondatezza della domanda del creditore in base a tutti gli elementi offerti dal medesimo e contrastati dall’ingiunto – revoca il provvedimento monitorio ed emette una sentenza di condanna di questi per somma anche minore rispetto a quella ingiunta, perché mentre l’opponente chiede di accertare l’inesistenza dell’obbligazione ingiuntagli, il creditore, sia con il ricorso per ottenere in breve tempo – con forme speciali – un titolo esecutivo per il pagamento del suo credito sia con la domanda di rigetto dell’opposizione, esercita invece un’azione di condanna” (Cass. 27 dicembre 2004 n. 24021).
Inoltre “La richiesta di conferma del decreto ingiuntivo opposto, formulata dal creditore al momento della costituzione o nel corso del giudizio di opposizione, comprende in sé in modo implicito la richiesta di condanna al pagamento del credito o di una parte di esso, che può pertanto essere pronunziata dal giudice per un importo inferiore a quello per il quale è stato emesso il decreto ingiuntivo, anche in difetto di esplicita domanda in tal senso, senza incorrere in vizio di ultrapetizione” (Cass. 30 aprile 2005 n. 9021; Cass. 27 gennaio 2009 n. 1954; Cass. 7 ottobre 2011 n. 20613).
Tali principi vanno affermati anche nella fattispecie in esame, atteso che, in tema di riscossione di contributi, l’opposizione alla iscrizione a ruolo presenta evidenti analogie con l’opposizione a decreto ingiuntivo, dando luogo ad un giudizio ordinario di cognizione su diritti ed obblighi inerenti al rapporto previdenziale obbligatorio e, segnatamente, al rapporto contributivo.
Anche qui deve ritenersi che nella originaria pretesa dell’Istituto fatta valere, a seguito dell’iscrizione a ruolo, con la richiesta di pagamento dei contributi e con la domanda di rigetto dell’opposizione, sia ricompresa implicitamente la richiesta di condanna al pagamento dei contributi. Onde, il giudice d’appello, annullando la cartella di pagamento emessa per un importo superiore, ha legittimamente condannato la società al pagamento del minore importo accertato.
Il ricorso va dunque rigettato, con condanna della società ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio come in dispositivo.
Nulla per le spese nei confronti della società concessionaria del servizio di riscossione, rimasta intimata.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, a favore dell’INPS, delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 50,00 per esborsi ed Euro 3.000,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge.
Nulla per le spese nei confronti della Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A..

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