Annullabilità del contratto concluso dal rappresentante con se stesso (Cass. n. 24674/2013)

Redazione 04/11/13
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Ordinanza

Fatto e diritto

Ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. il relatore nominato per l’esame del ricorso ha depositato la seguente relazione.

Osserva in fatto.

Con citazione del 15/7/2004 B.A. , quale tutore di M.V. in stato di interdizione legale a seguito di sentenza penale passata in giudicato il 21/9/2001, conveniva in giudizio O.T. chiedendo la restituzione di un immobile previo annullamento di un contratto di vendita stipulato in data 28/3/2001 dalla convenuta con sé stessa in forza di procura speciale rilasciata dal M. in data 22/3/2001; con la procura il rappresentato aveva incaricato la O. di vendere l’unico immobile di sua proprietà al prezzo ritenuto conveniente e l’aveva autorizzata a vendere anche a sé stessa; l’attrice sosteneva che il prezzo convenuto per la vendita (L. 55.000.000) non raggiungeva neppure la metà di quello commerciale dell’epoca della vendita, pari a Euro 65.000,00, come da perizia che produceva.

Con sentenza del 7/11/2006 il Tribunale di Milano rigettava la domanda attorea e la sentenza era confermata dalla Corte di appello di Milano che, con sentenza del 24/11/2010 osservava:

– che il requisito della specificità della autorizzazione a contrarre con sé stessa era realizzato dalla duplice previsione che la vendita doveva essere effettuata a prezzo conveniente e che alla procuratrice era conferita la facoltà di determinare il prezzo della vendita;

– che l’elemento della convenienza del prezzo era stato correttamente valutato da primo giudice con riferimento all’esistenza di formalità che dovevano essere cancellate a cura dell’acquirente, e alla situazione di fatto dell’attrice che abitava l’immobile con il figlio minore.

B.A. , quale tutore di M.V. in stato di interdizione legale ha proposto ricorso per cassazione passato in notifica il 15/11/2011 e notificato il 24/11/2011.

O.T. è rimasta intimata.

Osserva in diritto.

1. Con l’unico motivo di ricorso la ricorrente deduce la violazione dell’art. 1395 c.c. e il vizio di motivazione lamentando che immotivatamente la Corte di appello di Milano ha ritenuto che la procura a vendere al prezzo ritenuto conveniente, con facoltà di contrarre con sé stessa e di determinare il prezzo di vendita, sia sufficientemente univoca per evitare abusi del rappresentato (e quindi il conflitto di interessi) e idonea a realizzare il requisito della specificità dell’autorizzazione e richiama giurisprudenza di questa Corte secondo la quale l’attribuzione della facoltà di vendere al prezzo ritenuto conveniente non integra il requisito della specificità; la ricorrente aggiunge che l’atto era altresì pregiudizievole in quanto l’immobile era stato venduto ad un prezzo (L. 50.000.000) molto inferiore a quello stimato (Euro 65.000) da un perito e che l’onere economico rappresentato dalle formalità da cancellare era costituito solo da adempimenti formali in quanto i debiti per i quali vi erano iscrizioni e trascrizioni erano stati estinti.

1.1 Il motivo è manifestamente fondato.

Gli artt. 1394 e 1395 c.c., rispettivamente prevedono: a) che il contratto concluso dal rappresentante in conflitto di interessi con il rappresentato può essere annullato se il conflitto era conoscibile dal terzo; b) che è annullabile il contratto concluso dal rappresentante con sé stesso, in proprio o quale rappresentante di un’altra parte, salvo che non vi sia stata specifica autorizzazione, ovvero che il contenuto del contratto sia stato predeterminato, in modo da escludere il conflitto.

Le due disposizioni costituiscono eccezioni al principio generale della irrilevanza del profilo obbligatorio attinente al rapporto interno rappresentante – rappresentato sull’efficacia della legittimazione attribuita al primo.

In particolare l’art. 1395 c.c., prevede una presunzione iuris tantum di conflitto di interessi, che può essere superata esclusivamente – con una indicazione che assume dunque i connotati della tassatività -dalla dimostrazione dell’esistenza, in via alternativa, di due condizioni: una autorizzazione specifica, ovvero la predeterminazione degli elementi negoziali (Cass. 21/11/2008 n. 27783); perché si realizzino queste condizioni è necessario un ruolo attivo e partecipe del rappresentato nella fase prodromica alla conclusione dell’atto (cfr. Cass. 24/3/2004 n. 5906; Cass. 15/5/2009 n. 11321 e Cass. 15/3/2012 n. 4143).

Sulla base di tali principi questa Corte ha ripetutamente affermato:

che in tema di annullabilità del contratto concluso dal rappresentante con se stesso l’autorizzazione data dal rappresentato al rappresentante a concludere il contratto con se stesso in tanto può considerarsi idonea ad escludere la possibilità di un conflitto di interessi e quindi l’annullabilità del contratto, in quanto sia accompagnata dalla puntuale determinazione degli elementi negoziali sufficienti ad assicurare la tutela del rappresentato; ne consegue che tale autorizzazione non è idonea quando risulti generica, non contenendo, tra l’altro (come nella specie), alcuna indicazione in ordine al prezzo della compravendita, che impedisca eventuali abusi da parte del rappresentante (Cass. 6398/11; 5906/04; 14982/02);

– che per la configurabilità del conflitto di interessi tra rappresentante e rappresentato che, se conosciuto o conoscibile dal terzo, rende annullabile il contratto concluso dal rappresentante, ai sensi dell’art. 1394 cod. civ. non ha rilevanza, di per sé, che l’atto compiuto sia vantaggioso o svantaggioso per il rappresentato e che non è necessario provare di aver subito un concreto pregiudizio, perché il rappresentato possa domandare o eccepire l’annullabilità del negozio (Cass. 15981/07);

– quanto alle due ipotesi in presenza delle quali è esclusa l’annullabilità del contratto, che l’annullabilità del contratto posto in essere dal rappresentante con se stesso, è esclusa nelle due ipotesi, previste, in via alternativa, dall’art. 1395 c.c., dell’autoritario ne specifica e della predeterminazione del contenuto del contratto (cfr. Cass. 22/4/1997 n. 3471, 15 maggio 2009, n. 11321). Ricorre la prima ipotesi quando il rappresentato autorizzi specificamente il rappresentante a concludere il contratto con sé medesimo, determinando gli elementi negoziali sufficienti ad assicurare la tutela dei suoi interessi o la predeterminazione degli elementi negoziali (Cass. 7.5.1992, 5438) (così Cass. 21/3/2011 n. 6398).

La conseguenza è che la validità del contratto è legata alla indicazione, nella procura, dei requisiti minimi negoziali perché altrimenti l’interesse perseguito non sarebbe più quello del rappresentato, ma quello del rappresentante; ciò che è escluso dalle finalità che la norma persegue.

Nella specie, il contenuto della procura, in particolare la facoltà contrarre con sé stesso, di determinare il prezzo di vendita e di vendere al prezzo che riterrà conveniente è tale da non consentire l’individuazione di alcuna preventiva indicazione dei requisiti minimi che il contratto avrebbe dovuto contenere (cfr. quali precedenti conformi con riferimento a identica formula: Cass. 24/3/2004 n. 5906; Cass. 15/5/2009 n. 11321).

La sentenza impugnata ha applicato con motivazione insufficiente l’art. 1395 c.c. ritenendo che l’espressa autorizzazione a concludere il contratto con se stesso fosse idonea a escludere il conflitto e non motivando sulla base di quali parametri oggettivi o di quali concreti elementi di riferimento avrebbe potuto essere determinato il prezzo, posto che il requisito della specificità dell’autorizzazione di cui all’art. 1395 c.c. deve essere riferito anche alla specificità dei criteri di determinazione dell’elemento essenziale del prezzo.

3. In conclusione, il ricorso può essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 376, 380 bis e 375 c.p.c., per essere dichiarato manifestamente fondato’.

Considerato che il ricorso è stato fissato per l’esame in camera di consiglio, che sono state effettuate le comunicazioni alle parti costituite e la comunicazione al P.G.;

Rilevato che l’intimata non si è costituita;

Considerato che il collegio condivide e fa proprie le argomentazioni e la proposta del relatore e che pertanto la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Milano (che provvederà anche in ordine alle spese di questo giudizio di cassazione) che dovrà valutare, con specifica e adeguata motivazione, l’esistenza di una specifica autorizzazione al rappresentante a concludere il contratto anche con sé stesso, accompagnata dall’individuazione dei criteri idonei a determinare il prezzo di vendita, tenendo conto che la generica facoltà contrarre con sé stesso e di determinare il prezzo di vendita e di vendere al prezzo ritenuto conveniente non costituiscono idonei ad individuare la necessaria preventiva indicazione dei requisiti minimi che il contratto avrebbe dovuto contenere anche con riferimento all’elemento essenziale costituito dal prezzo di vendita e, quindi, ad escludere il conflitto di interessi.

P.Q.M.

La Corte di cassazione accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della Corte di Appello di Milano.

Redazione