Anche le banche e le compagnie di assicurazioni, se partecipano ad un appalto, devono essere garantite da un soggetto terzo

Redazione 08/07/11
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N. 04122/2011REG.PROV.COLL.
N. 01916/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente

SENTENZA


sul ricorso numero di registro generale 1916 del 2010, proposto dalla Ricorrente S.c.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati ************** e ********************, con domicilio eletto presso ************** in Roma, piazza Borghese, n. 3; 

FATTO

La Ricorrente s.c.p.a. (d’ora innanzi: ‘la RICORRENTE’) riferisce di aver partecipato alla procedura aperta indetta nel corso del 2009 dall’Università degli Studi di Parma per l’affidamento dei servizi di tesoreria dell’Ateneo.
Ai fini della presente decisione, giova richiamare alcune previsioni della complessiva lex specialis di gara. In particolare:
– il primo comma dell’art. 4 delle ‘Norme di gara’ (articolo rubricato ‘Riferimenti normativi’) stabiliva che “per quanto non stabilito diversamente nelle presenti norme di gara, l’appalto è soggetto all’osservanza di tutte le leggi e disposizioni che abbiano applicabilità con l’appalto in oggetto, oltre che alle condizioni generali e particolari riportate nelle norme di gara e nel capitolato”;
– l’art. 30 del capitolato speciale di appalto (rubricato ‘Cauzione della banca’) stabiliva che “per l’espletamento del servizio, l’Azienda di credito sarà tenuta a rilasciare una cauzione pari ad € 25.000.000.000,00 mediante fidejussione di pari importo”.
All’esito delle operazioni di gara, l’appalto veniva aggiudicato alla RICORRENTE, mentre al secondo e terzo posto si collocavano, rispettivamente, il gestore uscente Controinteressata 2 s.p.a. e la Controinteressata Banca s.p.a.
L’atto di aggiudicazione veniva impugnato dinanzi al T.A.R. dell’Emilia Romagna (sezione staccata di Parma) dalla soc. Controinteressata Banca, la quale lamentava l’illegittimità degli atti di gara per la parte in cui non era stata disposta l’esclusione degli istituti classificati in graduatoria ai primi due posti, per avere essi omesso di produrre, in sede di domanda di partecipazione, l’impegno del fideiussore di cui al comma 8 dell’art. 75, d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163.
Gli atti di gara venivano, altresì, impugnati dalla RICORRENTE attraverso il rimedio del ricorso incidentale condizionato al (denegato) accoglimento del ricorso principale.
Per tale ipotesi, la RICORRENTE chiedeva di disporre l’annullamento degli atti della gara (e l’integrale ripetizione della stessa) per non avere l’amministrazione aggiudicatrice previsto la costituzione della cauzione provvisoria di cui al comma 1 dell’art. 75, d.lgs. 163, cit. Con la pronuncia oggetto del presente gravame, il Tribunale adìto così decideva:
– accoglieva il ricorso principale proposto dalla soc. Controinteressata Banca, fondato sul fatto che gli Istituti primi classificati avessero omesso di produrre, in sede di domanda di partecipazione, l’impegno del fideiussore di cui al richiamato comma 8 dell’art. 75, d.lgs. 163, cit.;
– accoglieva il ricorso incidentale proposto dalla RICORRENTE e, per l’effetto, dichiarava l’integrale caducazione della procedura di gara, in quanto viziata sin dalla pubblicazione della lex specialis, la quale aveva illegittimamente omesso di richiedere ai partecipanti la costituzione della cauzione provvisoria di cui al comma 1 dell’art. 75, d.lgs. 163, cit. (nella tesi del T.A.R., l’errore dell’amministrazione aggiudicatrice sarebbe consistito nel non avere determinato in sede di legge speciale di gara un importo forfetario per la cauzione provvisoria, trattandosi di gara con importo a base d’asta pari a zero).
La pronuncia in questione veniva gravata in sede di appello dalla RICORRENTE, la quale ne chiedeva la riforma articolando motivi di doglianza che possono essere così sintetizzati: – il Tribunale avrebbe offerto un’erronea interpretazione del combinato disposto di cui all’art. 4 delle ‘norme di gara’ e di cui all’art. 30 del capitolato speciale in relazione alle previsioni di cui agli articoli 75 e 113 del ‘codice dei contratti’. In particolare, la lex specialis di gara avrebbe dovuto essere correttamente interpretata nel senso di non richiedere in via imperativa l’impegno di cui all’art. 75, co. 8, d.lgs. 163 del 2006 quanto meno con riferimento ad operatori di particolare qualificazione ed affidabilità (quali gli Istituti di credito), la cui dichiarazione di impegno a costituire una fidejussione offre garanzie analoghe a quelle ritraibili in base all’impegno del terzo ai sensi dell’art. 75, cit. (l’argomento in parola viene compendiato nella formula “la Banca è in grado di garantire sé medesima” – ricorso in appello, pag. 17 -). Del resto, il Tribunale avrebbe omesso di valutare che alla gara in questione potevano essere ammessi soli Istituti di credito e che tale tipologia di operatori risulta fra quelli idonei a rilasciare garanzie idonee ai fini delle pubbliche gare (art. 75, co. 3, d.lgs. 163, cit.)
– il Tribunale avrebbe erroneamente ritenuto che, anche all’indomani della modifica apportata all’art. 113 del ‘codice’ da parte del d.lgs. 11 settembre 2008, n. 152 (c.d. ‘terzo correttivo’), la disposizione di cui all’art. 75, co. 8 abbia ancora una valenza del tutto cogente e idonea ad etero-integrare le previsioni della lex specialis. Secondo l’appellante, invece, una volta stabilito che è la mancata prestazione della garanzia definitiva in se a sortire effetto caducante sull’aggiudicazione (secondo il meccanismo della decadenza automatica introdotto dalla novella del 2008), la conseguenza sarebbe nel senso che l’art. 75, co. 8, cit. avrebbe perso il carattere dell’imperatività (così come l’idoneità ad etero-integrare le previsioni della lex specialis). Conseguentemente, nell’ambito di una procedura indetta nel corso del 2009, non potrebbe dirsi che la mancata presentazione dell’impegno di cui al più volte richiamato comma 8 possa determinare l’esclusione dalla gara del soggetto che non vi abbia provveduto.
In conclusione, la RICORRENTE insiste per la riforma della sentenza per la parte in cui (in accoglimento del ricorso di Controinteressata Banca) ha disposto la sua esclusione dalla gara. Conseguentemente, la pronuncia dovrebbe essere riformata anche per la parte in cui ha accolto il ricorso incidentale della stessa RICORRENTE, in quanto lo stesso era stato articolato nella forma del ricorso subordinato alla reiezione del ricorso principale.
La sentenza in epigrafe veniva altresì gravata in sede di appello incidentale dalla soc. Controinteressata Banca, la quale ne chiedeva la riforma per la parte in cui (in accoglimento del ricorso principale proposto dalla RICORRENTE) era stata disposta l’integrale caducazione della procedura di gara per avere l’amministrazione aggiudicatrice omesso di richiedere ai partecipanti la produzione della cauzione provvisoria di cui al comma 1 dell’art. 75, d.lgs. 163 del 2006. All’udienza pubblica del giorno 12 aprile 2011, presenti gli avvocati come da verbale di udienza, il ricorso veniva trattenuto in decisione.

DIRITTO

1.Giunge alla decisione del Collegio il ricorso in appello proposto dalla Ricorrente (d’ora innanzi, ‘la RICORRENTE’) avverso la sentenza del T.A.R. per l’Emilia-Romagna con cui (in relazione a una gara di appalto indetta dall’Università degli Studi di Parma per l’affidamento del servizio di tesoreria in cui la RICORRENTE era risultata prima classificata): – è stato accolto il ricorso principale proposto dalla soc. Controinteressata Banca (e, per l’effetto, la RICORRENTE è stata esclusa dalla procedura);
– è stato accolto il ricorso incidentale condizionato proposto dalla prima classificata e per l’effetto è stata disposta l’integrale caducazione degli atti della gara.
2. Il Collegio ritiene di esaminare in primo luogo l’appello proposto in via principale dalla RICORRENTE.
Come si è anticipato in narrativa, l’Istituto appellante chiede la riforma della sentenza in epigrafe per la parte in cui il Tribunale ha disposto la sua esclusione dalla procedura per non avere allegato alla propria offerta di gara l’impegno del fideiussore a rilasciare la garanzia definitiva di cui al comma 8 dell’art. 75, d.lgs. 163 del 2006.
Laddove questo Giudice di appello riformasse in parte qua la pronuncia del T.A.R., verrebbe conseguentemente meno la ragione che aveva indotto la RICORRENTE ad articolare il proprio ricorso incidentale (mosso dall’interesse strumentale alla ripetizione della gara), il cui accoglimento aveva comportato l’integrale caducazione degli atti di gara.
2.1. Il ricorso è infondato.
2.2. Al riguardo si osserva che la pronuncia oggetto di gravame appare meritevole di conferma per la parte in cui ha affermato:
1) che la lex specialis della gara in questione (in particolare, l’art. 30 del capitolato speciale d’appalto) imponesse ai soggetti partecipanti di costituire una garanzia nella forma della fidejussione che avrebbe dovuto necessariamente essere fornita da un soggetto terzo, con la conseguenza di rendere necessaria la previa dichiarazione di impegno da parte del garante ai sensi del comma 8 dell’art.75, d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163;
2) che la previsione generale di cui all’art. 75, comma 8, cit. assume carattere imperativo e, attesa la sua funzione di garanzia, non può essere derogata neppure nel caso di soggetti di provata solvibilità (quali gli Istituti di credito), atteso che questi ultimi non sono in assoluto esenti dal rischio di insolvenza;
3) che non può giungersi a conclusioni diverse sulla base della novella normativa di cui al comma 1 dell’articolo 2 del d.lgs. 11 settembre 2008, n. 152 (il quale ha modificato il comma 4 dell’art. 113 del codice dei contratti, prevedendo che la mancata costituzione della garanzia fideiussoria oggetto dell’impegno di cui all’art. 75, comma 8, cit. costituisca motivo di decadenza dall’aggiudicazione – e non più ragione di revoca, come nel sistema previgente -). In particolare, il Tribunale ha condivisibilmente respinto la tesi della RICORRENTE, secondo cui la novella del 2008 avrebbe svuotato di qualunque effettiva portata prescrittiva la previsione di cui all’art. 75, comma 8, cit., rendendo soltanto facoltativo l’impegno al rilascio della garanzia fideiussoria ivi contemplato.
2.2.1. Ebbene, per ciò che riguarda l’aspetto richiamato sub 1), si osserva che l’inequivoca previsione di cui all’art. 30 del c.s.a. deponeva effettivamente nel senso dell’obbligo per i soggetti partecipanti di munirsi di una cauzione la quale non avrebbe potuto essere offerta in una forma diversa dal rilascio di una fidejussione da parte di un terzo soggetto.
Tale rilievo risulta dirimente ai fini della presente decisione in quanto (anche a prescindere dal fatto che le medesime conclusioni, come fra breve si osserverà, erano confermate dalla lettura del pertinente quadro normativo) testimoniano in modo inequivocabile la volontà dell’amministrazione aggiudicatrice di far sì che la cauzione definitiva fosse prestata da soggetti terzi rispetto agli Istituti partecipanti. Ciò, all’evidente fine di rafforzare in modo ulteriore la complessiva affidabilità dell’offerta formulata e, in via mediata, di garantire la stessa amministrazione circa la corretta esecuzione del servizio.
Non viene in rilievo nella presente sede la legittimità o meno della richiamata prescrizione (la quale, a prescindere dalla sua intrinseca condivisibilità, non ha costituito oggetto di cesura nel corso del primo giudizio), bensì il dato obiettivo secondo cui l’Università degli Studi di Parma avesse impostato le regole di base della procedura secondo un approccio concettuale a ben vedere incompatibile con quello, invocato dalla RICORRENTE, e compendiato nella formula “la Banca è in grado di garantire sé medesima”.
2.2.2. Fermo restando il carattere dirimente ai fini della presente decisione di quanto appena affermato, si osserva che sono del pari infondati i motivi di appello proposti avverso la parte della sentenza (dinanzi richiamata sub 2)) con cui si è ribadito il carattere imperativo della previsione di cui al comma 8 dell’articolo 75 del ‘codice dei contratti’ e si è escluso che l’obbligo ivi contemplato (di produrre in sede di gara l’impegno di un soggetto terzo a rilasciare la garanzia fideiussoria) possa essere in qualche modo derogato nel caso degli Istituti di credito in regione della loro particolare caratterizzazione ordina mentale. Al riguardo si osserva:
– che la disposizione di cui al comma 8 dell’art. 75, cit. commina in modo espresso la conseguenza dell’esclusione dalla gara al comportamento del concorrente il quale abbia omesso di allegare alla domanda di partecipazione l’impegno di fideiussore a rilasciare la garanzia provvisoria per l’esecuzione del contratto per l’ipotesi in cui dovesse risultare aggiudicatario; – che la previsione normativa in parola, essendo finalizzata (nel suo combinato operare con il successivo art. 113) a garantire l’adempimento di tutte le obbligazioni scaturenti dal contratto e del risarcimento dei danni derivanti dall’eventuale inadempimento delle obbligazioni assunte, assume un carattere di imperatività e risulta idonea a governare la disciplina della gara (in funzione etero-integrativa), anche laddove non espressamente richiamata in sede di lex specialis; – che, fermo restando quanto appena rilevato, non vi è dubbio che la disposizione di cui all’art. 75, comma 8, cit. trovasse applicazione in relazione alla procedura per cui è causa, grazie al rinvio generale di cui all’art. 4 delle ‘norme di gara’ (secondo cui “per quanto non stabilito diversamente nelle presenti norme di gara, l’appalto è soggetto all’osservanza di tutte le leggi e disposizioni che abbiano applicabilità con l’appalto in oggetto, oltre che alle condizioni generali e particolari riportate nelle norme di gara e nel capitolato”);
– che, stante l’inequivoca portata prescrittiva di cui al più volte richiamato comma 8 dell’articolo 75 (disposizione che non conosce limiti all’ambito soggettivo di applicazione), non può trovare accoglimento la tesi della RICORRENTE volta, in ultima analisi, a suffragare un’interpretazione parzialmente abrogatrice della disposizione in parola, limitatamente alle ipotesi in cui la fidejussione debba essere rilasciata in favore di un operatore il quale sia a propria volta abilitato a rilasciare fidejussioni in favore di terzi. Al riguardo ci si limita ad osservare che l’interpretazione auspicata dalla RICORRENTE, pur se non implausibile in una prospettiva de jure condendo, si scontra allo stato attuale della normativa con il dato ineludibile rappresentato dal disposto testuale del comma 8 dell’art. 75 e dal comma 4 dell’articolo 113, i quali impongono in modo inequivocabile l’alterità soggettiva fra il partecipante alla gara (nei cui confronti la garanzia fideiussoria viene prestata) e l’operatore che presta la garanzia.
– si osserva ancora che se (per un verso) potrebbe risultare ragionevole un intervento normativo volto ad escludere –de futuro – l’obbligo di acquisire la garanzia fideiussoria da parte di un soggetto terzo, quante volte il partecipante a gara sia esso stesso un soggetto abilitato a rilasciare garanzie di quel tipo, per altro verso l’assetto attuale del quadro normativo (che tale possibilità esclude) non risulta irragionevole (e, quindi, non appare violativo del generale canone di cui all’art. 3, Cost.). Ed infatti, la scelta normativa di imporre anche agli istituti di credito l’obbligo di acquisire la garanzia fideiussoria da parte di un soggetto terzo costituisce a propria volta una ragionevole opzione di politica legislativa, se solo si osservi: a) che il sistema in tal modo congegnato risponde a una comprensibile ratio di massima tutela e rigore applicativo; b) che l’obbligo ex lege di acquisire la garanzia da parte di un soggetto terzo risponde a propria volta a princìpi di massimo rigore; c) che gli Istituti di credito (pur se caratterizzati da un peculiare livello di affidabilità e solidità finanziaria) non sfuggono essi stessi in modo assoluto al rischio di insolvenza, in tal modo rendendo forse improbabile ma non impossibile il verificarsi dell’evento massimamente rischioso cui l’obbligo di prestare garanzia mira a porre un rimedio ex ante.
2.2.3. Per quanto riguarda, infine, l’aspetto dinanzi richiamato sub 3), si ritiene che la novella normativa di cui al comma 1 dell’articolo 2 del d.lgs. 152 del 2008 (il quale ha modificato il comma 4 dell’art. 113 del ‘codice di contratti’) non fornisca – contrariamente a quanto ritenuto dalla RICORRENTE – alcun elemento dirimente nel senso di determinare un sostanziale svuotamento dalla prescrizione di cui al comma 8 dell’art. 75, cit.
In particolare, non sembra in alcun modo che la richiamata novella normativa abbia sortito l’effetto di “[far perdere all’art. 75, comma 8] la sua connotazione di norma imperativa e [di relegare] la richiesta di impegno al ruolo di mera condizione facoltativa che le stazioni appaltanti sono libere di prescrivere” (ricorso in appello, pag. 14).
Al riguardo si osserva:
– che la portata della richiamata novella normativa non deve essere enfatizzata. Ad avviso del Collegio, infatti, la scelta di riformulare la precedente previsione (“la mancata costituzione della garanzia di cui al comma 1 determina la revoca dell’affidamento e l’acquisizione della cauzione provvisoria di cui all’articolo 75 da parte della stazione appaltante (…)”), sostituendo le parole “la revoca dell’” con le parole “la decadenza dall’”, non segna in alcun modo un vero e proprio cambiamento di rotta circa gli effetti della mancata costituzione della garanzia. Al contrario (e in senso più limitato), attraverso la richiamata modifica normativa il Legislatore ha solo inteso correggere una improprietà terminologica, pacifico essendo che anche nel regìme previgente alla mancata costituzione della garanzia conseguisse – in modo sostanzialmente automatico – la perdita di effetti dell’aggiudicazione, senza richiedere all’amministrazione l’esercizio di alcuna attività valutativa (ragione per cui il riferimento all’istituto della revoca appariva ex se improprio);
– che, anche all’indomani della novella del 2008, sussistono in capo al partecipante alla gara due distinti obblighi i quali rispondono a distinte finalità: a) in primo luogo vi è l’obbligo di munirsi, già in sede di domanda di partecipazione, dell’impegno del fideiussore a rilasciare la garanzia fideiussoria di cui al comma 8 dell’art. 75, cit. (impegno la cui mancata ottemperanza determina l’esclusione dalla gara); b) in secondo luogo vi è l’ulteriore e distinto obbligo di costituire effettivamente la garanzia fideiussoria di cui all’art. 113 a seguito dell’aggiudicazione (obbligo la cui mancata ottemperanza determina la decadenza dall’aggiudicazione, in linea di sostanziale continuità con quanto previsto nel pregresso regìme).
In definitiva (e concludendo sul punto), la tesi proposta dalla RICORRENTE non risulta condivisibile laddove sostiene che, all’indomani della più volte richiamata novella normativa del 2008, l’obbligo di corredare l’offerta di gara con l’impegno del fideiussore di cui al comma 8 dell’art. 75 del ‘codice’ sarebbe radicalmente venuto meno, ovvero sarebbe stato trasformato in una mera opzione, che l’amministrazione aggiudicatrice sarebbe sostanzialmente libera di prescrivere o meno ai partecipanti alla gara.
3. Una volta acclarata l’infondatezza del ricorso principale (e quindi, ribadita la correttezza della decisione con cui il Tribunale ha disposto l’esclusione della RICORRENTE in quanto carente di un necessario requisito di partecipazione), può passarsi all’esame dell’appello incidentale. Attraverso tale rimedio, la soc. Controinteressata Banca chiede la riforma della sentenza di primo grado per la parte in cui (in accoglimento del ricorso incidentale proposto dalla RICORRENTE) ha disposto l’integrale caducazione della procedura di gara per avere l’amministrazione aggiudicatrice omesso di richiedere ai partecipanti la produzione della cauzione provvisoria di cui al comma 1 dell’art. 75, d.lgs. 163 del 2006.
3.1. In via preliminare, tuttavia, occorre esaminare l’eccezione di irricevibilità dell’appello incidentale sollevata dalla RICORRENTE con memoria in data 16 aprile 2010.
3.1.1. Secondo la deducente, l’atto denominato ‘appello incidentale’ sarebbe da ascrivere alla categoria degli appelli incidentali c.d. impropri, in quanto aventi ad oggetto doglianze autonome e indipendenti rispetto a quelle fatte oggetto del gravame proposto in via principale.
Pertanto, dovrebbe trovare applicazione nel caso di specie l’orientamento secondo cui, atteso che l’appello incidentale c.d. improprio è assimilabile dal punto di vista sistematico a un gravame proposto in via principale, il termine per la sua proposizione sarebbe quello ordinario.
Ora, trattandosi di ricorso vertente su una delle materie di cui all’art. 23-bis, l. T.A.R. (in seguito: art. 119, c.p.a.), il termine per la sua proposizione sarebbe quello di centoventi giorni dal deposito della sentenza, ovvero di trenta giorni dalla sua notifica.
Da tanto conseguirebbe la tardività dell’appello incidentale improprio in quanto la sentenza oggetto di impugnativa era stata notificata dalla stessa Controinteressata Banca in data 29 gennaio 2010, con la conseguenza che il termine ultimo per notificare l’appello sarebbe scaduto il 27 febbraio 2010 (laddove, invece, la notifica del gravame risaliva soltanto al successivo 10 marzo).
3.1.2. La soc. Controinteressata Banca contesta la richiamata ricostruzione e ribadisce la tempestività del proposto gravame incidentale, richiamando la diversa impostazione sistematica secondo cui non sussisterebbero limiti oggettivi alla proposizione dell’appello incidentale tardivo, il quale sarebbe comunque proponibile in tutti i casi entro il termine di cui all’art. 37 del R.D. 1054 del 1924 (trenta giorni successivi alla scadenza del termine assegnato per il deposito dell’appello principale).
In definitiva, il richiamato termine generale (che nel caso di specie risulta pacificamente rispettato) non troverebbe applicazione solo nelle ipotesi di appello incidentale c.d. ‘proprio’, ma anche nelle diverse ipotesi (che qui rilevano) di gravame c.d. ‘improprio’.
3.1.3. L’eccezione di tardività non può trovare accoglimento, dovendosi confermare la tempestività dell’appello incidentale proposto dalla soc. Controinteressata Banca s.p.a. Il fulcro del thema decidendum consiste nello stabilire se il termine per la proposizione dell’appello incidentale c.d. ‘improprio’ (ossia diretto a censurare capi di sentenza diversi da quelli impugnati dal ricorrente principale) sia riconducibile alla previsione di cui al primo comma dell’art. 37, T.U.C.d.S. (il quale assegna un termine di trenta giorni dalla scadenza del termine per il deposito del ricorso) ovvero se, in considerazione delle peculiarità sistematiche di tale tipologia di gravame, il termine per la proposizione dell’appello debba essere fatto coincidere con quello generale di cui all’art. 28, l. TAR (nel caso di specie, dimidiato ai sensi dell’art. 23-bis della medesima legge).
Ora, è noto che nel corso degli anni era divenuto prevalente nella giurisprudenza do questo Giudice di appello la tesi secondo cui nel processo amministrativo di legittimità, l’appello incidentale autonomo o improprio, ossia diretto a censurare capi di sentenza diversi da quelli impugnati dal ricorrente principale, sostenuto da un interesse che non dipende dall’impugnativa principale, assume solo la veste formale del gravame incidentale, per realizzare il simultaneus processus, ma va proposto nei termini stabiliti per quello principale, in quanto soggetto alla disciplina generale prevista dagli artt. 28, l. 7 dicembre 1971 n. 1034 e 327 c.p.c. (sul punto: Cons. Stato, VI, 28 gennaio 2011, n. 642; id., V,, 3 novembre 2010, n. 7766; id., IV, 14 aprile 2010, n. 2080; id., V, 29 marzo 2010, n. 1785).
Ad avviso del Collegio, tuttavia, l’evoluzione in primis normativa degli anni più recenti induce a propendere per la diversa tesi secondo cui l’istituto dell’impugnazione incidentale tardiva nel processo amministrativo (art. 334, c.p.c.; ora: art. 96, co. 4 c.p.a.) assume valenza generale e non può essere limitato alle sole ipotesi di appello incidentale c.d. ‘proprio’ (in tal senso: C.G.A., 23 settembre 2008, n. 782; id., 19 ottobre 2005, n. 691).
E’ noto al riguardo che l’approccio in questione, prima dell’entrata in vigore del codice del processo amministrativo, prendeva le mosse dalla tendenziale applicabilità al processo amministrativo delle norme e dei princìpi del codice di procedura civile non espressamente derogate dalla disciplina specifica del rito amministrativo. Tale rinvio, nella materia qui in esame, si riempiva di contenuti a seguito della pronuncia delle Sezioni Unite della Cassazione la quale, con la pronuncia 7 novembre 1989, n. 464, aveva superato i limiti oggettivi in tema di ammissibilità dell’appello incidentale tardivo (in tal modo operando un netto revirement rispetto al passato).
Ebbene, è appena il caso di rilevare che l’approccio sistematico in questione ha segnato la più recente evoluzione anche del processo amministrativo.
Ed infatti, il Legislatore del 2010 ha ritenuto di recepire per intero la ratio sottesa alla formulazione dell’art. 334 c.p.c., consentendo in modo espresso nel rito amministrativo la proposizione tardiva anche dell’appello incidentale improprio, pur se ne ha contestualmente affermato la dipendenza dagli esiti dell’impugnazione principale (“con l’impugnazione incidentale proposta ai sensi dell’articolo 334 del codice di procedura civile possono essere impugnati anche capi autonomi della sentenza; tuttavia, se l’impugnazione principale è dichiarata inammissibile, l’impugnazione incidentale perde ogni efficacia”).
La relazione governativa al ‘Codice’ riferisce al riguardo che “allo scopo di risolvere contrasti di giurisprudenza, l’impugnazione incidentale tardiva, conformemente alla sua natura di “ritorsione”, viene ammessa anche contro capi autonomi della sentenza: essa però, secondo la disciplina propria dell’impugnazione incidentale tardiva, perde efficacia se l’impugnazione principale è dichiarata inammissibile”.
Ad avviso del Collegio, quindi, la complessiva persuasività concettuale (anche in epoca anteriore all’entrata in vigore del ‘codice’) della tesi che ammetteva in via generale l’impugnazione incidentale tardiva (senza precluderla nel caso dell’appello incidentale c.d. ‘improprio’), nonché gli spunti sistematici rinvenibili dalla più recente evoluzione normativa inducono a propendere per la tempestività dell’appello incidentale proposto dalla soc. Controinteressata Banca s.p.a.
3.2. Nel merito, l’appello incidentale è fondato e meritevole di accoglimento. 3.2.1. Si osserva al riguardo che, secondo un condiviso orientamento giurisprudenziale formatosi sulla materia delle pubbliche gare e da ultimo compendiato nella pronuncia dell’Adunanza Plenaria 7 aprile 2011, n. 4, in sede di collocazione tassonomica dei motivi di ricorso deve essere riconosciuta priorità a quelli relativi al mancato possesso da parte del soggetto agente dei requisiti di partecipazione alla procedura.
L’orientamento in questione prende le mosse dalla premessa sistematica secondo cui occorre conferire priorità di trattazione alle questioni di rito rispetto a quelle di merito, laddove fra le prime la priorità spetta all’esame circa la sussistenza dei presupposti processuali rispetto alle condizioni dell’azione.
Per quanto concerne, in particolare, queste ultime, un rilievo prioritario deve essere riconosciuto all’esame circa la sussistenza della legittimazione al ricorso (intesa, secondo un approccio tradizionale, come titolarità della posizione giuridica sostanziale dedotta in giudizio e al cui soddisfacimento è finalizzata la proposizione dell’actio in sede giurisdizionale).
Al riguardo, l’Adunanza Plenaria di questo Consiglio ha chiarito che i motivi di censura finalizzati a determinare l’esclusione del concorrente dalla gara, attenendo alla sussistenza di una condizione dell’azione (in particolare, la legitimatio ad causam) devono essere esaminati con rilievo prioritario, anche laddove il soggetto della cui esclusione si discute abbia a propria volta fatto valere in giudizio il proprio interesse di carattere strumentale alla ripetizione dell’intera procedura (nel caso in esame, attraverso la proposizione del ricorso incidentale in primo grado).
3.2.2. Impostati in tale modo i termini concettuali della questione, ne consegue che: – una volta confermata la correttezza della decisione in epigrafe per la parte in cui ha sancito la carenza di un requisito di partecipazione in capo alla RICORRENTE, tale società deve essere riguardata, anche ai fini processuali, quale soggetto effettivamente privo di un necessario requisito di partecipazione;
– l’appello incidentale è meritevole di accoglimento in quanto volto a far rilevare l’insussistenza della legittimazione della RICORRENTE alla proposizione del rimedio proposto in primo grado e che, ritenuto fondato dal Giudice, ha comportato l’integrale caducazione della procedura di gara;
– non può giungersi a condizioni diverse in base al rilievo per cui la RICORRENTE vantasse quanto meno un interesse strumentale alla caducazione (e successiva ripetizione) della gara. Al riguardo, l’Adunanza Plenaria di questo Consiglio di Stato ha chiarito che alla carenza di legittimazione al ricorso l’operatore economico non può supplire (se non in ipotesi eccezionali che qui non ricorrono) allegando la propria qualificazione soggettiva di imprenditore potenzialmente aspirante all’indizione di una nuova gara (ovvero, secondo una terminologia largamente invalsa nella pratica, un mero ‘interesse strumentale’ alla ripetizione della stessa). In definitiva, una volta accertato che un certo operatore è stato legittimamente escluso dalla procedura di gara, il suo interesse alla ripetizione della gara medesima resta privo dei caratteri di quei differenziazione e qualificazione che – soli – possono validamente supportare la proposizione dell’actio in sede giudiziaria, in tal modo qualificando il ridetto interesse come di mero fatto. 
4. Per le ragioni sin qui esposte, l’appello principale deve essere respinto, mentre l’appello incidentale deve essere accolto, con conseguente declaratoria di inammissibilità del ricorso incidentale proposto in primo grado da RICORRENTE per carenza di legitimatio ad causam. Il Collegio ritiene che sussistano giusti motivi per disporre l’integrale compensazione delle spese di lite fra le parti.

P.Q.M.


Il Consiglio di Stato (Sezione sesta), definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, respinge l’appello principale;
accoglie l’appello incidentale e per l’effetto, in riforma della pronuncia oggetto di gravame, dichiara inammissibile il ricorso incidentale proposto dalla RICORRENTE nell’ambito del ricorso di primo grado.
Spese compensate. 
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 aprile 2011 con l’intervento dei magistrati:
******************, Presidente FF
****************, ***********, Estensore
**************, Consigliere
***************************, Consigliere
****************, Consigliere
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 08/07/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

Redazione