Amministrazione penitenziaria: rigetto dell’istanza di trasferimento ex legge 5 febbraio 1992, n. 104 (Cons. Stato n. 5716/2012)

Redazione 13/11/12
Scarica PDF Stampa

FATTO e DIRITTO

Il Ministero della Giustizia, Dipartimento di Polizia Penitenziaria, appella la sentenza con la quale il T.A.R. del Piemonte, in accoglimento del ricorso proposto dal signor V. C., agente in servizio presso il Corpo di Polizia Penitenziaria, ha annullato il diniego opposto dall’Amministrazione all’istanza di trasferimento formulata dal ricorrente ai sensi dell’art. 33, comma 5, della legge 5 febbraio 1992, nr. 104.
L’impugnazione è affidata a un unico articolato motivo, col quale si denuncia la violazione di legge e l’erronea applicazione del citato art. 33, commi 3 e 5, della legge nr. 104 del 1992, come novellati dalla legge 4 novembre 2010, nr. 183, nonché degli artt. 19 e 20 della legge 8 marzo 2000, nr. 53 (assumendosi che le innovazioni legislative apportate alla normativa in tema di agevolazioni ai dipendenti pubblici con parenti portatori di handicap non possa trovare applicazione al personale del Corpo in questione, fino all’adozione di ulteriori provvedimenti attuativi).
Alla camera di consiglio del 6 novembre 2012, fissata per l’esame dell’istanza incidentale di sospensiva formulata unitamente all’appello, si è costituito l’appellato signor V. C., opponendosi all’accoglimento dell’appello e dell’istanza cautelare.
Nella circostanza, il Collegio ha ritualmente avvisato le parti della possibilità di definizione del giudizio con sentenza semplificata.
Infatti, l’appello risulta prima facie infondato, in conformità al più recente indirizzo seguito dalla Sezione (cfr. ex plurimis la sent. nr. 4047 del 9 luglio 2012).
L’art. 24 della precitata legge nr. 183 del 2010 ha sostituito il comma 3 (Permessi mensili retribuiti) ed il comma 5 (Scelta della sede) della legge nr. 104 del 1992, eliminando i requisiti della cd. continuità ed esclusività nell’assistenza quali necessari presupposti del beneficio; l’art. 19 della medesima legge, rubricato “Specificità delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco”, tuttavia, ha previsto che:
“…1. Ai fini della definizione degli ordinamenti, delle carriere e dei contenuti del rapporto di impiego e della tutela economica, pensionistica e previdenziale, è riconosciuta la specificità del ruolo delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché dello stato giuridico del personale ad essi appartenente, in dipendenza della peculiarità dei compiti, degli obblighi e delle limitazioni personali, previsti da leggi e regolamenti, per le funzioni di tutela delle istituzioni democratiche e di difesa dell’ordine e della sicurezza interna ed esterna, nonché per i peculiari requisiti di efficienza operativa richiesti e i correlati impieghi in attività usuranti.
2. La disciplina attuativa dei princìpi e degli indirizzi di cui al comma 1 è definita con successivi provvedimenti legislativi, con i quali si provvede altresì a stanziare le occorrenti risorse finanziarie”.
Secondo una primissima esegesi fornita dalla Sezione, che pone l’accento sull’ampia accezione dei “contenuti del rapporto di impiego” ivi richiamati, sulla “peculiarità dei compiti, degli obblighi e delle limitazioni personali” che interessano il personale delle Forze Armate e di Polizia in ragione della propria missione istituzionale, la successiva disciplina attuativa costituisce un passaggio necessario, in mancanza del quale le disposizioni di dettaglio dettate per la generalità dei dipendenti non possono trovare immediata applicazione.
L’assunto, seppur fondato su considerazioni stimolate dalla particolare tecnica legislativa che nel riconoscere la “specialità” sembra introdurre motivi di deroga all’ordinario regime nel frattempo innovato per gli altri dipendenti, merita di essere parzialmente riconsiderato per diversi ordini di ragioni, primo dei quali è senza dubbio il carattere programmatico delle norma.
Nella sua prima parte, la stessa detta principi ed indirizzi, enucleabili, quanto ai principi, nella specificità delle Forze Armate nel quadro della generale disciplina del rapporto di impiego (in tutti i suoi aspetti: ordinamentale, economico, previdenziale etc.); quanto agli indirizzi, nell’esigenza di dare rilievo ai peculiari requisiti di efficienza operativa richiesti, ed ai correlati impieghi in attività usuranti. Nella sua seconda parte, essa manda ad altra e successiva fonte, di pari grado, di dare attuazione ai principi sopradetti.
Una siffatta formulazione non è in generale idonea a giustificare l’inoperatività relativa della fonte nel cui contesto la norma è inserita, non foss’altro perché essa non contiene nessuna disposizione ad esplicito e specifico carattere inibitorio, presentandosi piuttosto all’interprete come un autonomo articolato, fondante in nuce le basi del futuro assetto di una organica e speciale disciplina del rapporto di impiego delle Forze Armate, di Polizia e dei Vigili del Fuoco.
Né la norma può essere considerata quale implicita disposizione transitoria che mantiene inalterata, nei confronti delle Forze Armate, tutta la disciplina previgente (ivi compresi i benefici della legge nr. 104 del 1992) in attesa di una valutazione di adeguatezza da parte del legislatore “speciale”, poiché, a prescindere da quanto sopra chiarito circa la natura palesemente programmatica della stessa, l’ultravigenza di norme espressamente sostituite necessita di una chiara indicazione legislativa che ne proroghi temporalmente o soggettivamente l’efficacia, in deroga al principio per il quale la sostituzione presuppone in via generale una implicita abrogazione della norma sostituita.
Anche a prescindere dalle predette e generali considerazioni, in ogni caso, che la norma speciale a preteso effetto “inibitorio” non faccia specifico riferimento alle agevolazioni finalizzate all’assistenza dei familiari con disabilità grave lo si evince dalla collocazione topografica della stessa nell’ambito della fonte: essa è dettata dal legislatore a coronamento di una serie di norme che hanno ad oggetto esclusivamente il rapporto di lavoro (lavori usuranti, lavoro sommerso, orario di lavoro, mobilità, part time etc.), ma comunque collocata prima del discusso art. 24 che interviene a modificare la normativa dettata dalla legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate, con ciò lasciando intendere che la materia è oggetto di considerazione autonoma e trasversale, impingendo su problematiche di carattere sociale più ampio.
In conclusione, ragioni testuali e sistematiche inducono a considerare la novella dell’art. 24 applicabile a tutto il personale dipendente, senza eccezioni: sino a quando, cioè, la legislazione attuativa richiamata dall’art. 19 non interverrà e non detterà disposizioni speciali e derogatorie, la disciplina comune in materia di assistenza ai familiari disabili potrà trovare applicazione anche per il personale delle Forze Armate, di Polizia ed ai Vigili del Fuoco.
Ciò non significa che l’art. 19 sia un mero “manifesto” privo di valenza normativa, ove si consideri che, come innanzi chiarito, esso detta chiaramente un principio che vincola l’interprete – il principio di specialità – e ne spiega le ragioni che lo ispirano, sì da porsi quale guida esegetica nell’applicazione di questioni dubbie o nella risoluzione di conflitti fra norme.
Alla luce dei rilievi che precedono, discende che non hanno pregio le opposte deduzioni sviluppate dalla difesa erariale nel proprio appello, il quale va pertanto respinto.
Restano salve, naturalmente, le ulteriori determinazioni che l’Amministrazione dovrà adottare in sede di riesame dell’istanza di trasferimento.
La novità delle questioni e lo stato della giurisprudenza giustificano la compensazione delle spese del presente grado del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.
Compensa tra le parti le spese del presente grado del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 novembre 2012

Redazione