Amministratore di una Spa con finalità pubbliche usa la carta di credito aziendale per ragioni private: è peculato (Cass. pen. n. 40954/2013)

Redazione 03/10/13
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Svolgimento del processo

1. S.N., per il tramite dei difensori fiduciari, impugna per Cassazione l’ordinanza con la quale il Tribunale del riesame di Napoli ha rigettato il ricorso proposto ex art. 309 c.p.p., avverso la ordinanza del Gip del medesimo tribunale; ordinanza in forza alla quale al S. è stata applicata la misura cautelare degli arresti domiciliari perchè gravemente indiziato per peculato.

2. In fatto al ricorrente, all’epoca dei fatti amministratore unico della Sint spa, società integralmente partecipata dal Comune di (omissis), viene ascritta la qualifica di incaricato di pubblico servizio; ed in ragione di tale qualifica soggettiva, viene allo stesso contestato il peculato correlato all’indebito utilizzo, tramite una carta di credito collegata al conto della detta società, della liquidità propria dell’ente sociale per operare spese di natura esclusivamente personale, estranee alle ragioni dell’ufficio, in esse comprese anche quelle strumentali a mere funzioni rappresentative.

3. Quattro i motivi di ricorso.

3.1 Con il primo si adduce violazione di legge avuto riguardo al disposto di cui agli artt. 314 e 323 c.p.p.. Come confermato anche dalla dichiarazioni dell’amministratore succeduto al ricorrente nella gestione dell’ente sociale, la condotta contestata si era incuneata in una prassi amministrativa assolutamente incerta in ordine al rimborso delle spese affrontate nell’esercizio della funzione gestoria, tale da aver determinato un dialettico confronto con l’organo di controllo contabile sfociato nella determinazione del limite massimo di spesa deliberato dall’assemblea sociale, in forza del quale lo stesso ricorrente ha poi provveduto, anche con la compensazione dei crediti legati al proprio emolumento, a rimborsare quanto speso in eccedenza. Tale situazione, fuorviata nella valutazione del Tribunale quanto a tale ultimo dato, erroneamente ascritto ad una iniziativa unilaterale del S. e non ad una determina assembleare, creava uno stato di incertezza applicativo utile ad incidere, escludendolo, sul dolo relativo al peculato. Al più, il reato configurabile nella specie, in considerazione dei controlli trimestrali cui l’attività del ricorrente era sottoposta e dunque della mera temporaneità dell’appropriazione indebita delle somme, era quello, di cui all’art. 323 c.p., per illegittimo, temporaneo e non definitivo, utilizzo di tali importi. In ogni caso, il Tribunale avrebbe pretermesso il dato in forza al quale, grazie ai rimborsi ed alla rinunzia allo stipendio, le spese sostenuto dal S. erano all’interno della soglia massima deliberata, come detto dall’assemblea.

3.2 Con i motivi sub 2 e 3, vengono ribadite le contestazioni in rito sollevate in sede di riesame e relative:

– al mancato invio al Tribunale della libertà della sezione di controllo dei conti citata a pag 19 della ordinanza del Gip, superata dal Tribunale irritualmente in considerazione della irrilevanza al fine della detta documentazione ricavandosi aliunde le connotazioni in fatto utili per risalire alla connotazione soggettiva pubblicistica del ruolo da ascrivere all’indagato;

– la nullità del sequestro relativo al faldone contenente le giustificazioni contabili del S., per omessa notifica del decreto al ricorrente, con conseguente nullità della ordinanza impugnata per inutilizzabilità della detta documentazione, erroneamente superata dal Tribunale motivando in ragione della riferibilità degli atti sequestrati ad altro procedimento nel quale il S. non risultava indagato e in punto alla inconferenza del rilievo, trattandosi di documentazione al più utile alla difesa.

3.3 Con il motivo articolato per quarto la violazione di legge viene riferita alla affermata insussistenza delle esigenze cautelari. Il S., incensurato, non aveva più utilizzato la Carta di credito a far data dal gennaio del 2012 mentre era stato sostituito nell’incarico dal novembre dopo aver restituito gli importi eccedenti la soglia massima dispesa determinata dall’assemblea. Pur in presenza di tali dati il Tribunale, con formule di stile ha ritenuto sussistente il rischio di reietrazione ancorando di fatto tale giudizio alla qualità di dipendente del S. di Telespazio spa, società del gruppo Fimeccanica; ciò tuttavia senza spiegare in base a quali elementi di diritto e con riferimento alla natura ed al rapporto di lavoro con tale società sia possibile configurare in via prospettica il rischio riscontrato.

4. Con i motivi aggiunti la difesa del ricorrente ha per un verso fatto riferimento a quella giurisprudenza delle SS UU in forza alla quale la mera partecipazione anche totalitaria di un ente pubblico ad una società regimentata secondo le regole del diritto privato non muta la natura di tale ultimo ente che è e resta di diritto privato, sì che erroneamente si è dato luogo alla qualifica di incaricato di pubblico servizio ascritta al ricorrente; ha, poi, sottolineato il travisamento del fatto in ordine alla perduranza della condotta per come contestata nel capo di imputazione provvisoria, essendo la stessa cessata dal gennaio del 2012 o comunque dal novembre dello stesso anno, con chiare conseguenza in punto alle emergenze cautelari.

5. Con memoria depositata in udienza la difesa, infine, ha ulteriormente ribadito i temi di ricorso legati alla qualifica soggettiva ascritta al ricorrente in coerenza alla natura privatistica dell’ente dalla stesso amministrato nonchè quello della inefficacia del titolo custodiale per la mancata integrale trasmissione degli atti al Tribunale della Libertà da parte del PM.

Motivi della decisione

6. Il ricorso è fondato limitatamente alle contestazioni mosse avverso la motivazione della decisione in punto alle emergenze cautelari.

7. Seguendo un ordine logico non conforme a quello di esposizione dei motivi e guardando in prima battuta al tema della qualifica soggettiva del ricorrente, osserva la Corte sul punto come nella specie la società, all’epoca dei fatti amministrata dal S., oltre a risultare integralmente partecipata dal Comune di Castellamare, per quel che primariamente interessa, ha ad oggetto l’attività, di sicuro interesse pubblico, relativa allo sfruttamento delle acque termali del Territorio di Castellamare di Stabia di cui è concessionaria. Ed è proprio in ragione dell’interesse pubblico perseguito dal Comune tramite lo strumento privatistivo garantito dal tipo sociale prescelto che le decisioni cautelari in contestazione devono ritenersi coerenti, sul punto, alla giurisprudenza di questa Corte sul tema (cfr da ultimo Sez. 6, Sentenza n. 49759 del 27/11/2012 Rv. 254201, in forza alla quale “i soggetti inseriti nella struttura organizzativa e lavorativa di una società per azioni possono essere considerati pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio, quando l’attività della società medesima sia disciplinata da una normativa pubblicistica e persegua finalità pubbliche, pur se con gli strumenti privatistici).

8. In risposta, poi, al primo motivo di ricorso rileva la Corte come nella specie debba ritenersi acquisito, quantomeno nei termini imposti dalla gravità indiziaria ex art. 273 c.p.p., il dato della fuorvianza delle spese oggetto di contestazione rispetto all’interesse dell’ente e dunque all’interesse pubblico sotteso all’oggetto perseguito dall’azione sociale (si veda pag 2 della motivazione, ultimo capoverso; ancora/pagina 3, la dove si fa esplicito riferimento a spese effettuate con la carte di credito della SINT per missioni rese dal ricorrente nell’interesse di altri soggetti e da questi ultimi rimborsati). Ne consegue l’inconferenza dell’intero tema legato al superamento o meno della soglia massima di spesa deliberata dall’assemblea sociale perchè l’eventuale rispetto di tale soglia, peraltro determinata ex post rispetto alle appropriazioni in processo, non esclude comunque l’illegittimità dei prelievi la dove come nella specie non funzionali all’interesse dell’ente. E, in ragione di tanto, emerge evidente l’inconsistenza dell’assunto difensivo – legato alla questione della soglia massima di spesa e correlato alle incertezze contabili che riguardavano le spese di gestione dell’ente – volto a negare la sussistenza dell’elemento psicologico del reato contestato, piuttosto adeguatamente cristallizzato proprio dalla conclamata/evidente nè mai esplicitamente contraddetta in ricorso, estraneità delle spese all’interesse dell’ente sociale.

8.1 Deve poi ritenersi coerente a norma la riconduzione della fattispecie in disamina all’ipotesi del peculato piuttosto che a quella dell’abuso d’ufficio, richiamata, quest’ultima, dalla difesa, in ragione della mera temporaneità delle appropriazioni riscontrate, destinate comunque alla restituzione volta che fossero stati operati, dagli organi di controllo della società, i controlli conseguenziali all’invio degli estratti conto bancari afferenti le spese effettuate.

A tacer d’altro la qualificazione suggerita dalla difesa risulta smentita in tesi dalle emergenze in fatto riportate nel provvedimento impugnato, non altrimenti specificatamente contraddette in ricorso, in forza alle quali (si veda la dichiarazione della responsabile contabile della società) mancava un sostanziale controllo, anche successivo ma comunque effettivo, delle causali relative alle spese affrontate dall’amministratore, pedissequamente e indistintamente riportate nei bilanci sociali. Le dinamiche riferite in ricorso con i revisori dell’ente proprio sul tema delle spese, non confortate dal tenore letterale della motivazione nè documentate sufficientemente dalla difesa, in ogni caso sembrano successive ai fatti appropriativi: non tolgono spazio dunque alle connotazioni oggettive della condotta contestata, colorata da un sostanziale ed immediato utilizzo delle disponibilità dell’ente, con prelievi in contanti o tramite l’utilizzo della carta di credito operativa sul conto della società, nella consapevolezza sia della eterogeneità delle spese affrontate rispetto alle finalità, anche meramente rappresentative, dell’ente sia della sostanziale assenza di controlli anche successivi sui giustificativi di spesa, segno della definitività dell’appropriazione legata a somme destinate all’interesse pubblico.

9) In linea con la decisione impugnata, infine, devono ritenersi fuorvianti le eccezioni in rito sollevate dalla difesa. E così – quella in punto alla mancata trasmissione degli atti (inerente la ricapitalizzazione dell’ente sociale siccome operata dalla amministrazione comunale partecipante), considerata la non decisività della stessa per la possibilità aliunde di ricavare la natura dell’ente prescindendo dal dato riferito dal GIP in ordinanza;

– quella afferente la inutilizzabilità della documentazione legata al sequestro meglio indicato in ricorso, non notificato al S., essendo pacifico che il detto provvedimento interinale venne disposto in altro procedimento nel quale il ricorrente, non indagato in quella occasione processuale, non poteva essere destinatario di notifica alcuna.

10) Il provvedimento impugnato, piuttosto, non regge il peso delle critiche sollevate in punto dalle emergenze cautelari.

10.1) In fatto è incontroverso che il ricorrente ha dismesso l’incarico rivestito all’epoca dei fatti in contestazione dal novembre del 2012. Il Tribunale, malgrado tale dato, ha motivato gli arresti domiciliari all’uopo disposti facendo leva in linea generale sulla personalità del ricorrente, ricavabile dal fatto, ritenuta particolarmente protesa all’attività illecita; per altro verso per i continuativi rapporti che il prevenuto intrattiene ancora con pubbliche amministrazioni, facendo specifico riferimento alla perduranza del rapporto lavorativo con la società Telespazio spa, del gruppo Finmeccanica, in costanza del quale risulterebbe favorita la possibile reiterazione della medesima condotta criminale riscontrata.

10.2 In linea di principio va ribadito che il parametro della concretezza del pericolo di reiterazione di reati della stessa indole non può essere affidato ad elementi meramente congetturali ed astratti, ma a dati di fatto oggettivi ed indicativi delle inclinazioni comportamentali e della personalità dell’indagato, tali da consentire di affermare che quest’ultimo possa facilmente, verificandosene l’occasione, commettere detti reati. Sempre in punto di diritto deve altresì convenirsi con l’affermazione costantemente resa da questa Corte (si cfr. la sentenza della sezione 2^ nr 18851/12; quella della sezione 6^, nr 6566/11) in forza alla quale la prognosi sfavorevole circa la commissione di reati della stessa specie di quelli per cui si procede non è impedita dalla circostanza che l’incolpato abbia dismesso l’ufficio o la funzione, nell’esercizio dei quali, abusando della sua qualità o dei suoi poteri o altrimenti illecitamente determinandosi, ha realizzato la condotta criminosa; occorre tuttavia che a supporto del ritenuto pericolo di recidiva vengano evidenziati in modo puntuale e logico circostanze di fatto che rendono probabile che l’agente, pur in una diversa posizione soggettiva, possa continuare a porre in essere condotte antigiuridiche aventi lo stesso rilievo ed offensive della stessa categoria di beni e valori di appartenenza del reato commesso.

10.3 Nel caso, il provvedimento impugnato, pur facendo riferimento al rapporto lavorativo attualmente in corso con Telespazio, omette di precisare quale sia la natura e il contenuto effettivo dello stesso, tralasciando ogni approfondimento sulle incombenze lavorative espletate dal ricorrente nell’interesse di quest’ultimo ente. Dati, questi, imprescindibili per poi riempire effettivamente di contenuti il reso giudizio sul rischio di reiterazione il quale impone, per quanto sopra segnalato, una necessaria correlazione logica tra le citate mansioni lavorative svolte nell’interesse della società sopra segnalata e l’attività di reato riscontrata.

11. Tale carenza motivazionale, destinata ad influire non solo sulla stessa effettiva esistenza dell’emergenza cautelare posta a fondamento della decisione impugnata ma anche sulla intensità della stessa nella diversa ottica finalizzata alla individuazione della misura che meglio si attagli alla specie, impone l’annullamento del provvedimento impugnato con rinvio al Tribunale di Napoli per nuovo giudizio sul punto.

P.Q.M.

Annulla limitatamente alle esigenze cautelari l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame del punto al Tribunale di Napoli. Rigetta il ricorso nel resto.

Così deciso in Roma, il 10 luglio 2013.

Redazione