Aggiudicazione di un appalto per l’individuazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa e discrezionalità della stazione appaltante (Cons. Stato n. 2032/2013)

Redazione 15/04/13
Scarica PDF Stampa

FATTO e DIRITTO

1. – L’odierna appellata ha partecipato alla procedura aperta indetta dall’Azienda Ospedaliera « Ospedale Civile di Legnano » per l’affidamento del servizio di esternalizzazione della gestione informatica dell’area risorse umane delle Aziende Ospedaliere « Ospedale Civile di Legnano » e «**************** » di Gallarate per il periodo di anni cinque; e si è classificata al secondo posto nella graduatoria stilata all’ésito della valutazione delle offerte tecniche ed economiche.

Conseguentemente ha chiesto al Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, sede di Milano, l’annullamento dell’aggiudicazione disposta in favore della controinteressata (attuale appellante).

Venivano dedotti due distinti motivi di ricorso, che investivano il livellamento operato dall’Amministrazione, nella valutazione dell’elemento “piano di avviamento” (ricompreso nel parametro “Caratteristiche tecniche, qualitative e metodologiche” dell’offerta, per il quale la legge prevedeva l’attribuzione di un massimo di 60 punti, riservando i restanti 40 punti al parametro economico)

In particolare, tanto alla ricorrente quanto alla controinteressata era stato attribuito per detta voce il punteggio massimo disponibile (10 punti, derivanti dalla somma del massimo di 5 punti attribuibili per ciascuno dei due sub-elementi in cui detto elemento risulta articolato), pur in presenza, a dire della ricorrente, di una obiettiva diversità qualitativa delle offerte delle due ditte in ordine a tale voce. La superiorità dell’offerta della ricorrente, sempre a suo dire, consisteva nel completo abbattimento della tempistica prevista dalla lex specialis, laddove, invece, la controinteressata si era meramente vincolata alla tempistica prevista dalla legge di gara.

2. Il T.A.R., riconosciuta la sussistenza dei presupposti per l’adozione di una decisione in forma semplificata, ha accolto il ricorso, non essendo a suo giudizio dato di comprendere, dalla motivazione che ha accompagnato l’attribuzione del punteggio assegnato all’aggiudicataria per il criterio in esame ( “per entrambi i punti, la Commissione ritiene garantiti i tempi come da richieste capitolari e ben descritte le diverse fasi e le modalità attuative”: cfr. verbale del 4 aprile 2012 ), “quali elementi di fatto siano stati valutati dalla Commissione, né le ragioni del loro positivo apprezzamento”; ciò anche in relazione alla “mancanza, nel bando e nel capitolato, di un’articolata griglia di criteri e sub criteri, con relativi punteggi e sub punteggi, connotata da un’analiticità e da una puntualità tali da consentire di comprendere il percorso logico giuridico seguito dal seggio di gara nella valutazione delle offerte sulla base del solo punteggio numerico” ( pag. 4 sent. ).

3. – Con l’appello all’esame, l’originaria aggiudicataria ha impugnato la sentenza di primo grado, deducendo la violazione del principio “ne eat iudex ultra petita” ed in subordine l’inammissibilità ( o comunque l’infondatezza ) del mezzo di gravame svolto in primo grado in quanto attinente al merito dell’azione amministrativa, alla luce anche della mancata impugnazione in tale sede della lex specialis ( art. 10 del Capitolato d’oneri ed avviso successivo di integrazione dell’art. 10 medesimo ).

Si sostiene, altresì, che, in ragione della previsione recata dalla legge di gara di un giudizio sintetico, nessuna censura possa muoversi all’attività di valutazione posta in essere dall’Amministrazione in termini di carenza di motivazione in ordine al punteggio attribuito, che stante il meccanismo prescelto dalla lex specialis un “ottimo” vuol dire nient’altro che “un giudizio di completezza” e che, infine, non si può sostenere fondatamente che la lex specialis della gara in questione non contenga una articolata griglia di criteri e sub-criteri, con relativi punteggi e sub-punteggi.

Si è costituita in appello l’originaria ricorrente, la quale, con articolata memoria, eccepita l’inammissibilità della produzione in questa sede del documento recante il nuovo art. 10 del Capitolato d’oneri come integrato e sostituito con avviso del 3 novembre 2011, nel merito ha ribadito la fondatezza del ricorso di primo grado, anche in relazione al secondo motivo di gravame, che, assorbito dal T.A.R., viene qui riproposto ex art. 101 c.p.a.

Non si sono costituite in giudizio né l’Azienda Ospedaliera né la ditta Santer Reply, che è stata evocata in giudizio ma era stata esclusa dalla gara per non aver raggiunto il punteggio minimo stabilito per l’ammissibilità dell’offerta tecnica.

Con memorie conclusive rispettivamente in data 4 e 7 marzo 2013 l’appellante e l’appellata hanno ribadito le proprie argomentazioni, anche a confutazione di quelle avversarie.

La prima ha altresì poi opposto “doverose repliche” alla memoria difensiva finale dell’avversaria, la quale, dal canto suo, ha con memoria di replica “corretto il tiro della memoria difensiva finale” dell’appellante.

La causa è stata chiamata e trattenuta in decisione alla udienza pubblica del 26 marzo 2013.

3. – Osserva il Collegio preliminarmente come vada respinta l’eccezione di inammissibilità, sollevata dalla difesa dell‘appellata, della nuova produzione documentale effettuata dall’appellante nel presente grado di appello, in quanto, pur in presenza della regola processuale che in via di principio vieta nuovi mezzi di prova (anche documentale) in appello, detta produzione si rivela indispensabile ai fini della decisione (il che, com’è noto, rappresenta un limite di tale regola), nella misura in cui la rilevanza della nuova prova è in re ipsa, trattandosi di acquisizione documentale inerente la necessaria conoscenza, da parte del giudice, della stessa lex specialis di cui con il ricorso di primo grado si lamentava la violazione ( art. 10 del Capitolato d’oneri ). Anzi sarebbe ammissibile una iniziativa istruttoria d’ufficio anche in secondo grado, ex art. 65 c.p.a., ravvisandosi l’inadempimento, da parte dell’Amministrazione, dell’obbligo di deposito del provvedimento impugnato e degli atti e documenti in base ai quali esso è stato emanato, tra i quali rientra appunto il documento di cui trattasi.

Ciò posto, l’appello merita accoglimento.

Se, invero, è ormai costante, come rilevato dallo stesso T.A.R., la giurisprudenza, che, in materia di procedimenti di valutazione comparativa concorrenziale, afferma che il voto, melius il punteggio numerico, può integrare la motivazione della valutazione a condizione che i criteri di giudizio prefissati siano sufficientemente dettagliati, sì da consentire di comprendere l’iter logico seguito dall’Amministrazione nella propria valutazione tecnica ( tra le tante, Cons. Stato, Sez. V, 17 gennaio 2011, n. 222 e 1 ottobre 2010, n. 7266 ), ha omesso il Giudice di primo grado di considerare come, nel caso di specie, la attribuzione a ciascun elemento tecnico di “un giudizio sintetico a cui corrisponde un coefficiente compreso tra 0 e 1” sia prevista espressamente dall’art. 10 del Capitolato d’oneri così come risultante dall’avviso in data 3 novembre 2011, rimasto inoppugnato; sì che non è dato cogliere, alla stregua di siffatta lex specialis, alcuna carenza di motivazione nella contestata valutazione.

In un quadro siffatto, l’attribuzione del “giudizio sintetico” è stata peraltro comunque accompagnata, se non da una diffusa motivazione, quanto meno da elementi, che concorrono ad integrare e chiarire la valenza del punteggio in relazione sia all’apprezzamento sintetico espresso con il voto ( e, a monte del voto stesso, con le aggettivazioni “ottimo”, “più che adeguato”, ecc. ) in conformità alla legge di gara, sia ai criteri fissati dalla “lex specialis” ai sensi dell’art. 83 D.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, che, rimasti anch’essi inoppugnati, si rivelano sufficientemente puntuali, laddove, in particolare, strutturano l’elemento “piano di avviamento” in due sub-elementi e cioè “proposta per l’implementazione e l’avvio del sistema e per il suo trasferimento agli utenti e formazione nella fase di start up” e “modalità di recupero e di migrazione dei dati esistenti, popolamento archivi”, ogni cui eventuale sub articolazione non appare né utile né necessaria.

Tali elementi motivazionali, in ogni caso, non sono stati dall’originaria ricorrente contestati in assoluto ( come erroneamente divisato dal T.A.R. ), ma sotto l’esclusivo profilo della carenza di motivazione in ordine all’uguale punteggio attribuito per la voce di cui si tratta ai concorrenti, pur in presenza di una pretesa “obbiettiva diversità delle condizioni avanzate” ravvisata dall’originaria ricorrente ma che si riduceva, peraltro, ad “un completo abbattimento della tempistica prevista dalla lex specialis” per l’avviamento ( pagg. 3 e 6 controric. ).

Così ricondotta nei suoi esatti termini, siffatta censura del ricorso di primo grado si appalesa infondata, giacché, alla stregua di una piana lettura della legge di gara, non si può in alcun modo sostenere che l’invocata “tempistica” costituisse, sulla base dei veduti due subcriteri dalla stessa indicati, elemento di valutazione; e ciò perché, come esattamente dedotto con l’atto di appello, il Capitolato d’oneri individuava sì, all’art. 22, le tempistiche di avvio da rispettarsi “pena la risoluzione contrattuale”, ma non come elemento oggetto della fase valutativa ( e dunque come elemento rispetto al quale i concorrenti avrebbero potuto proporre soluzioni migliorative ), quanto, piuttosto, come modalità tassativa di esecuzione di una fase del rapporto contrattuale, il cui mancato rispetto viene prefigurato dalla legge di gara medesima come grave inadempimento, tale da comportare, appunto, la risoluzione del contratto stesso. Con questa clausola del bando il committente mostrava di avere un interesse essenziale al rigoroso rispetto dei termini indicati, ma questo di per sé non significa, né implica necessariamente, che avesse altresì interesse ad una esecuzione ancora più sollecita. Del resto, i termini indicati erano già ragionevolmente ristretti. Il fatto dunque che l’ente appaltante abbia considerato necessario ma altresì sufficiente il rispetto di quelle scadenze, e abbia invece considerata irrilevante una ulteriore riduzione, appare una legittima manifestazione di valutazione discrezionale delle proprie esigenze e dei propri interessi. Non si ravvisa dunque, sotto questo profilo, alcun vizio del bando, nella parte in cui non prevede un punteggio qualitativo correlato ai tempi di esecuzione (ferma restando, come già detto, la tassatività dei termini stabiliti); e non si ravvisa alcun vizio nell’operato della commissione, per non aver attribuito un punteggio che non era previsto dal bando.

Del resto, secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale, sia la scelta del criterio più idoneo per l’aggiudicazione di un appalto ( tra quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa e quello del prezzo più basso ), sia la scelta dei criteri più adeguati ( tra quelli esemplificativamente indicati dall’art. 83 del d. lgs. 12 aprile 2006, n. 163 ) per l’individuazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, costituiscono espressione tipica della discrezionalità della stazione appaltante e, impingendo nel merito dell’azione amministrativa, restano sottratte al sindacato di legittimità del giudice amministrativo (peraltro nel caso di specie nemmeno sollecitato col ricorso di primo grado in relazione alla congruità e logicità dei criteri stessi in rapporto alle previsioni di capitolato inerenti la struttura dell’offerta tecnica), con la conseguenza che il giudice amministrativo non può sostituire con proprie scelte quelle operate dall’Amministrazione ( cfr. Consiglio Stato, sez. V, 19 novembre 2009 , n. 7259 ).

In ogni caso, come insegna la giurisprudenza comunitaria, gli offerenti devono essere posti su un piano di parità durante l’intera procedura di gara, il che comporta che i criteri e le condizioni che si applicano a ciascuna gara non possono in nessun caso predeterminare situazioni di vantaggio, quale quella che l’interpretazione della lex specialis di gara propugnata dall’odierna appellata ad essa con tutta evidenza attribuirebbe quale “proprietaria del programma utilizzato”, che appunto in quanto tale, e solo in quanto tale, poteva “garantire [quell’] immediato avvio del servizio” ( pag. 7 del ricorso introduttivo), che pretende sia fatto oggetto di più favorevole valutazione.

Così perimetrato l’oggetto stesso, le valutazioni espresse dalla stazione appaltante in ordine all’elemento “Piano di avviamento” dell’offerta dell’aggiudicataria odierna appellante non appaiono affette da incoerenza ed illogicità ( per vero nemmeno invocate dalla ricorrente, una volta esclusa, come s’è visto, la rilevanza della tempistica, sulla quale soltanto si concentrano le censure dell’originario ricorso ), tali da consentire al giudice amministrativo il suo sindacato, che comunque si arresta davanti alle legittime valutazioni di carattere meramente tecnico-discrezionale inerenti alla scelta operata dalla stazione appaltante.

E’ noto, infatti, che le valutazioni della Commissione espresse nell’ambito di una procedura di gara per l’affidamento di un appalto costituiscono espressione dell’esercizio della c.d. discrezionalità tecnica.

Quest’ultima si esplica nella valutazione di fatti mediante un giudizio da effettuarsi alla stregua di canoni scientifici e tecnici; e detto giudizio non può essere sindacato se non in presenza di irragionevolezza o incoerenza tecnica delle valutazioni medesime.

Nella procedura di gara all’attenzione di questo Collegio la Commissione ha invero valutato le soluzioni tecniche sul punto prospettate dall’aggiudicataria della gara in linea con i poteri valutativi alla stessa riconosciuti, soffermandosi sugli elementi ritenuti più qualificanti del “piano” oggetto di valutazione e sostanzialmente ritenendolo pienamente rispondente alle indicazioni del capitolato d’oneri.

La scelta operata dalla Commissione nell’esercizio del proprio insindacabile potere tecnico discrezionale ai fini dell’affidamento dell’appalto in questione, in base alle relazioni allegate ai progetti ed alla documentazione di gara, si palesa, in conclusione, del tutto immune da vizii di incongruenza ed illogicità ed in ogni caso da quelli dedotti col motivo di ricorso accolto dal T.A.R.

Né risulta poi fondato il profilo dello stesso motivo, con il quale si insiste, anche nelle difese di appello, sulla pretesa mancata valutazione comparativa in ordine alla qualità tecnica delle offerte in gara, dal momento che la valutazione comparativa delle offerte concorrenti è contenuta nell’analitica attribuzione dei punteggi predeterminati dalla commissione di gara con riferimento alle specifiche, singole voci e sottovoci comprese nel paradigma di valutazione, assolvendo in tal modo, con la stessa attribuzione dei punteggi analitici, anche all’obbligo della motivazione ( cfr. C.d.S., sez. IV, 13 ottobre 2003, n. 6195 ).

Quanto, poi, alla doglianza, assorbita in primo grado ed in appello riproposta, secondo cui, con l’asserita errata applicazione dei criteri previsti dal bando di gara, l’Amministrazione avrebbe finito per premiare l’offerta economica “con uno stravolgimento degli interessi primari a dir poco stupefacente” e con “violazione del principio di parità tra le parti”, la stessa risulta palesemente infondata, alla luce della veduta legittimità della controversa valutazione dell’offerta tecnica dell’aggiudicataria, oltre che del principio, secondo cui, ferma restando l’ampia discrezionalità in capo alla stazione appaltante, ai sensi dell’art. 81, comma 2, del Codice Contratti pubblici, in ordine alla scelta del criterio di aggiudicazione tra il prezzo più basso o l’offerta economicamente più vantaggiosa ( ex multis, Consiglio Stato sez. V, 26 febbraio 2010, n. 1154 ), la circostanza dell’attribuzione alle offerte tecniche di tutti i concorrenti di un medesimo punteggio – diversamente da quanto sostenuto dalla difesa della ricorrente – non costituisce di per sé motivo di illegittimità, poiché sebbene le offerte siano suscettibili di una valutazione differenziata sul piano quantitativo, tale elemento probabilistico non può essere posto a fondamento dell’annullamento di una attività amministrativa espressione di elevata discrezionalità tecnica ( Consiglio di Stato, sez. V, 25 agosto 2008, n. 4069 ).

Nella fattispecie, la ricorrente, anziché contestare i criteri fissati dal bando sotto il profilo della eccessiva genericità e non idoneità a consentire un effettiva selezione qualitativa, ne lamenta la cattiva applicazione, la quale premierebbe esclusivamente l’offerta con il maggior ribasso.

Evidentemente, nell’ipotesi in cui le offerte siano state ritenute tecnicamente identiche oppure con lieve discostamento ( peraltro nel caso di specie con riferimento ad un elemento di valutazione cui è riservato solo un sesto del punteggio complessivo riservato al parametro delle caratteristiche tecniche e di qualità ), l’elemento prezzo può divenire giocoforza determinante al fine dell’aggiudicazione, senza che ciò comporti alcun effetto invalidante della gara effettuata con il criterio dell’aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

Alla luce, poi, degli inoppugnati criteri stabiliti dal bando, non risulta né illogica né irragionevole nemmeno la lamentata mancata considerazione, da parte dell’Amministrazione, dei “costi correlati alla formazione del personale” (nel senso, precisa la ricorrente, di “tempo necessario affinché i propri dipendenti imparassero ad utilizzare l’eventuale nuovo sistema informatico”), pure in relazione alla quale l’operato della commissione si rivela immune da censura, atteso che con essa si invocano, peraltro espressamente, “i benefici connessi alla prosecuzione del servizio da parte della ditta proprietaria del software”, in palese violazione del principio della parità di trattamento, che informa le procedure ad evidenza pubblica.

Parimenti infondata, infine, è la pretesa ad un giudizio di “bontà complessiva dell’offerta”, che l’originaria ricorrente chiede sia desunta dalle sue più recenti referenze commerciali, che, successive come sono alla data di scadenza del termine di presentazione delle offerte nella procedura de qua ( 7 dicembre 2011 ), non possono certo avere in essa alcun rilievo, tanto più in quanto fatte valere per la prima volta in sede giurisdizionale.

4. – Da quanto sopra consegue l’infondatezza di tutte le doglianze dirette con il ricorso di primo grado alla caducazione dell’aggiudicazione impugnata e dunque, in accoglimento dell’appello ed in riforma della sentenza impugnata, la reiezione del ricorso stesso.

5. – Le spese del doppio grado di giudizio seguono la soccombenza e saranno poste a carico dell’appellata, liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso indicato in epigrafe, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo grado.

Condanna l’appellata alla rifusione di spese ed onorari dei due gradi del giudizio in favore dell’appellante, liquidandoli in tutto in Euro 8.000, oltre accessori dovuti per legge (fra i quali il rimborso del contributo unificato versato dall’appellante per l’appello).

Spese compensate nei confronti delle altre parti.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, addì 26 marzo 2013

Redazione