Adozione di variante al Piano di fabbricazione e apposizione di vincolo preordinato all’esproprio (Cons. Stato n. 1497/2012)

Redazione 16/03/12
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FATTO e DIRITTO
1.1.Con nota Prot. n. 1202 dd. 24 marzo 2005 il Sindaco del Comune di Aiello Calabro (Cs) ha comunicato alle Signore ***** e ********** e alle Signore ********* e **************** l’avvio del procedimento di adozione della variante al programma di fabbricazione ed apposizione del vincolo preordinato all’esproprio dell’area di loro proprietà, ubicata nel territorio del medesimo Comune e facente parte della particella n 351 del foglio di mappa 9 dell’omonimo Comune censuario, la cui acquisizione era reputata necessaria per lavori di recupero del centro urbano e urbanizzazione primaria e secondaria per nuove aree destinate a parcheggi.
Con la medesima nota le destinatarie della medesima erano invitate a formulare osservazioni al riguardo.
Le V. e le C. hanno presentato tali osservazioni mediante note acquisite al protocollo comunale in data 19 aprile 2005 al n 1570 ed in data 20 aprile 2005 al n 1572.
Con deliberazione del Consiglio Comunale di ************** n 9 dd. 21 aprile 2005 è stato approvato il progetto preliminare dei lavori per l’importo complessivo di € 500.000,00.-, coperto da finanziamento della Regione Calabria.
Con tale deliberazione sono state inoltre respinte le osservazioni presentate dalle espropriande, precisando in tal senso che, alla stregua delle controdeduzioni fornite dai tecnici incaricati, esse non erano suscettibili di accoglimento.
Con nota del Sindaco di Aiello Calabro Prot. 1897/VI-5 dd. 10 maggio 2005 è stata convocata la conferenza dei servizi sulla progettazione preliminare in variante, tenutasi in data 1 giugno 2005.
In tale conferenza il rappresentante della Regione Calabria ha espresso un parere favorevole di massima, a condizione che il Consiglio Comunale provvedesse ad approvare la progettazione definitiva e a trasmetterla all’Amministrazione Regionale per il seguito di competenza.
Con deliberazione n 15 dd. 30 giugno 2005 il Consiglio Comunale ha approvato il progetto definitivo dei lavori, dando contestualmente atto che l’approvazione medesima costituiva adozione di variante al vigente strumento urbanistico, a’ sensi dell’art. 19, comma 1, del T.U. approvato con D.P.R. 6 giugno 2001 n. 327, nonché dichiarazione di pubblica utilità dell’opera.
La variante al vigente programma di fabbricazione comunale è stata quindi approvata con decreto del Dirigente Generale del Dipartimento Gestione del Territorio della Regione Calabria n 91 in dd. 28 settembre 2005.
Con nota a firma del Responsabile dell’Ufficio Tecnico Comunale Prot. 4101/VI-5 dd 20 ottobre è stato dato avviso ai proprietari dell’avvenuto deposito degli atti espropriativi presso la Segreteria Comunale, a’ sensi dell’art. 20 del T.U. approvato con D.P.R. 327 del 2001.
Il Responsabile dell’Ufficio Tecnico Comunale ha quindi emesso, a’ sensi dell’art. 22-bis del medesimo T.U. 327 del 2001 il decreto di occupazione d’urgenza preordinata all’esproprio n 484/VI-5 dd.1 febbraio 2006.
Il decreto definitivo di esproprio Prot. 1216/VI-5 è stato emesso dallo stesso Responsabile in data 20 marzo 2006.
1.2. Con ricorso e motivi aggiunti di ricorso proposti sub R.G. 14 del 2006 innanzi al T.A.R. per la Calabria, Sede di Catanzaro, le V. e le ********* hanno pertanto chiesto l’annullamento della deliberazione del Consiglio Comunale di ************** n 9 d.l 21 aprile 2005, recante l’approvazione del progetto preliminare di variante al vigente Piano di fabbricazione con contestuale apposizione del vincolo preordinato all’esproprio; della deliberazione del medesimo Consiglio Comunale n. 15 dd. 30 giugno 2005 recante l’approvazione del progetto definitivo e la contestuale dichiarazione di pubblica utilità delle opere; del decreto del Dirigente Generale del Dipartimento Gestione del Territorio della Regione Calabria in data 20 settembre 2005 n. 91 recante l’approvazione della variante al vigente strumento urbanistico comunale, della nota del Servizio Strumenti Urbanistici della ************. 1764 dd. 2 agosto 2005 recante parere favorevole sul progetto, del verbale dd. 1 giugno 2005 della conferenza dei servizi recante parere favorevole sul progetto, del decreto di occupazione d’urgenza preordinata all’esproprio Prot. n 484/VI-5 dd. 1 febbraio 2006, dell’avviso ai proprietari di esecuzione del decreto di occupazione d’urgenza con indicazione della data di svolgimento delle operazioni di immissione in possesso e del decreto di esproprio Prot. n. 1216/VI – 5 emesso dal Comune di Aiello Calabro in data 20 marzo 2006.
Le ricorrenti hanno chiesto pure il risarcimento dei danni discendenti dagli atti impugnati.
Con ordinanza cautelare n. 242 dd. 23 marzo 2006 la Sezione I dell’adito T.A.R. ha sospeso gli effetti dell’anzidetto decreto di occupazione d’urgenza Prot. N. 484/VI-5 dd. 1 febbraio 2006, “accertato che l’Amministrazione non ha indicato le ragioni di particolare urgenza richieste dall’art.22-bis del D.L.vo 327 del 2001”.
Con susseguente ordinanza cautelare n. 380 dd. 18 maggio 2006 il medesimo giudice ha pure sospeso gli effetti del decreto di esproprio Prot. N. 1216/VI-5 dd. 20 marzo 2006, “…in relazione al pregiudizio prospettato e alle censure proposte in ricorso”.
Peraltro, con sentenza n. 822 dd. 21 giugno 2007 il giudice di primo grado ha poi dichiarato inammissibili le impugnative proposte avverso la nota Prot. 1764 dd. 2 agosto 2005 con la quale il Servizio Strumenti Urbanistici della Regione Calabria ha espresso parere favorevole sul progetto, nonché avverso il verbale della conferenza dei servizi recante parere favorevole sul progetto e l’avviso ai proprietari di esecuzione del decreto di occupazione d’urgenza con indicazione della data di svolgimento delle operazioni di immissione in possesso; con la stessa sentenza sono state – altresì – respinte le impugnative proposte avverso la deliberazione del Consiglio Comunale di ************** n. 9 del 21 aprile 2005 recante l’approvazione del progetto preliminare di variante al Piano di fabbricazione e l’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio, nonché avverso la deliberazione del medesimo Consiglio Comunale n 15 dd. 30 giugno 2005 recante l’approvazione del progetto definitivo e la dichiarazione di pubblica utilità delle opere, il decreto del Dirigente Generale del Dipartimento Gestione del Territorio della Regione Calabria n. 91 dd 20 settembre 2005 recante l’approvazione della variante allo strumento urbanistico comunale e il decreto di esproprio emesso dal Comune di Aiello ************. n.. 1216/VI-5 dd. 20 marzo 2006.
E’ stata accolta soltanto l’impugnativa proposta avverso il decreto di occupazione d’urgenza preordinata all’esproprio Prot. n. 484/VI-5 in data 1 febbraio 2006, che è stato conseguentemente annullato.
Il giudice di primo grado ha – altresì – respinto le domande di risarcimento del danno proposte dalle ricorrenti ed ha integralmente compensato tra le parti le spese del giudizio.
2.1.. Le V. e le ********* chiedono, pertanto, con il ricorso in epigrafe la riforma della sentenza testè descritta, salvo ovviamente restando il capo relativo all’accoglimento delle censure da loro proposte avverso il decreto di occupazione d’urgenza preordinata all’esproprio Prot. n. 484/VI-5 in data 1 febbraio 2006.
2.1.2. Con un primo ordine di censure le appellanti – dopo aver espresso la propria sorpresa per il contenuto della sentenza definitiva del giudizio di primo grado, alquanto divergente rispetto all’esito dei precedenti incidenti cautelari, pag. 4 dell’atto di appello – deducono,innanzitutto, l’omessa considerazione da parte del T.A.R. delle deduzioni da loro formulate circa la razionalità e l’utilità delle opere progettate rispetto alle materiali esigenze della collettività.
In particolare, il T.A.R. avrebbe omesso di considerare che:
a) a fronte della prevista realizzazione di 64 posti auto per una spesa di € 500.000,00.- per una superficie totale di mq. 464, ogni posto auto costerebbe l’invero ingente somma di € 7.812,50.-, il che equivarrebbe ad un importo di €1.077,58.- al metro quadro; senza sottacere che i posti-auto medesimi risulterebbero, comunque, inutilizzati per la maggior parte dell’anno;
b) sebbene venga affermata da parte dell’Amministrazione Comunale la necessità di razionalizzare la circolazione all’interno del piccolo centro abitato, risulterebbe del tutto irragionevole la scelta dell’Amministrazione medesima di realizzare sei mini-parcheggi diffusi sul territorio comunale “a macchia di leopardo”, insuscettibili di risolvere il problema del parcheggio e – semmai – costituendo i parcheggi stessi causa di aggravamento del carico di traffico veicolare, dovendo i conducenti degli automezzi spostarsi da un parcheggio all’altro al fine di poter trovare un luogo in cui posizionare la propria vettura.
2.1.3. Con un secondo ordine di censure le appellanti deducono che il T.A.R. avrebbe omesso qualsivoglia disamina della pur dedotta violazione dell’art. 16, comma 4, del T.U. 327 del 2001, non essendo nella specie stata inoltrata una specifica comunicazione di avvio del procedimento per quanto segnatamente attiene al progetto definitivo delle opere.
2.1.4. Con un terzo ordine di censure le appellanti contestano l’assunto del giudice di primo grado secondo cui non era necessario per l’Amministrazione Comunale disporre, con apposito provvedimento deliberativo, l’efficacia della adottata variante al vigente strumento urbanistico, stante il fatto che al riguardo era tenuta a provvedere l’Amministrazione Regionale.
2.1.5. Con un quarto ordine di censure le appellanti contestano le argomentazioni con le quali il giudice di primo grado ha respinto il motivo di ricorso da loro dedotto sulla difformità degli elaborati progettuali rispetto alle disposizioni legislative e regolamentari che ne disciplinano il contenuto; in particolare, le appellanti contestano l’assunto secondo cui era loro onere comprovare tale asserita carenza, e che – comunque – “i profili di accessibilità e di manutenzione sono adeguatamente considerati nella relazione tecnica, dove si legge che i lavori hanno lo scopo di ottenere aree adeguatamente attrezzate ed urbanizzate, finalizzate al miglioramento della viabilità veicolare e pedonale” (cfr. pag. 6 della sentenza impugnata).
2.1.6. Con un quinto ordine di censure le appellanti contestano l’assunto del giudice di primo grado con il quale è stato respinto il motivo di ricorso inerente alla mancata inserzione del parcheggio di cui trattasi nella programmazione comunale delle opere pubbliche, e ciò in quanto le ricorrenti in primo grado non avevano ivi prodotto la documentazione relativa alla programmazione medesima, dalla quale – per l’appunto – sarebbe risultata la comprova della fondatezza del motivo in questione.
Le appellanti in tal senso precisano che nel ricorso innanzi al T.A.R. era stata – per contro – da loro dedotta la circostanza per cui le due deliberazioni consiliari n. 9 del 2005 e n. 15 del 2005 non recavano l’indicazione puntuale degli elaborati con esse approvati, e che pertanto non era possibile stabilire se i progetti stessi si componevano di tutti gli elaborati normativamente contemplati al riguardo e se questi ultimi avevano i contenuti richiesti, ivi compresa l’inserzione delle relative opere nella programmazione di competenza comunale.
2.1.7. Con un sesto ordine di censure le appellanti contestano l’assunto del T.A.R. secondo il quale risulterebbe esaustiva l’affermazione, sotto il profilo della complessiva legittimità della motivazione addotta dall’Amministrazione a sostegno della necessità del parcheggio in questione, che “nella relazione tecnica sono individuate le ragioni che hanno indotto l’Amministrazione a individuare l’opera pubblica, anche a mezzo di variante urbanistica” (cfr. pag. 6 della sentenza impugnata).
2.1.8. Con un settimo ordine di censure le appellanti riferiscono in via derivata al decreto di esproprio definitivo le medesime censure dianzi esposte e formulate nei riguardi degli atti ad esso presupposti, e deducono comunque in via autonoma l’avvenuta violazione dell’art. 22 del T.U. 327 del 2001 come sostituito dall’art. 1 del D.L.vo 302 del 2002.
2.1.9. Con un ottavo ordine di censure le appellanti ripropongono la questione di legittimità costituzionale dell’art. 22, commi 1 e 5, del T.U. 327 del 2001 per contrasto con gli artt. 3, 42 terzo comma, 97 primo comma e 117 primo comma Cost., dichiarata manifestamente infondata dal giudice di primo grado.
2.1.9. Con un nono e ultimo ordine di censure le appellanti contestano, da ultimo, l’assunto del T.A.R. secondo cui per l’adozione del provvedimento di esproprio non necessitava l’inoltro ai destinatari dello stesso dell’avvio del relativo procedimento, a’ sensi dell’art.7 e ss. della L. 7 agosto 1990 n. 241.
2.2. Si è costituito in giudizio il Comune di Aiello Calabro, concludendo per la reiezione dell’appello.
3. Alla pubblica udienza del 25 ottobre 2011 la causa è stata trattenuta per la decisione.
4.1. Tutto ciò premesso, l’appello in epigrafe va respinto.
4.2. Va innanzitutto ribadito, a fronte della dichiarata sorpresa delle attuali appellanti per il diverso contenuto della sentenza qui impugnata rispetto alle statuizioni precedentemente emesse dallo stesso giudice di primo grado, che a’ sensi dell’art. 55, comma 1, cod. proc. amm. – riproduttivo sul punto dell’allora vigente art. 21, ottavo comma, della L. 6 dicembre 1971 n. 1034 come inserito dall’art. 3 della L. 21 luglio 2000 n. 205 – il provvedimento cautelare emesso dal giudice amministrativo nelle more della definizione della controversia sovviene all’allegazione, da parte del ricorrente, di un “pregiudizio grave e irreparabile durante il tempo necessario a giungere alla decisione sul ricorso”, e consiste nella statuizione di “misure … che appaiono, secondo le circostanze, più idonee ad assicurare interinalmente gli effetti della decisione sul ricorso”.
In tale contesto, pertanto, risulta intuitivo che ogni sindacato incidentalmente svolto dal giudice della cautela circa il “fumus boni iuris” del ricorso, proprio perché reso con una cognizione estremamente sommaria della fattispecie, ben può essere rivisto motivatamente in sede di definizione del merito di causa: come, per l’appunto, è avvenuto nel caso qui trattato.
4.3. Ciò posto, per quanto attiene al primo ordine di censure va evidenziato che, come puntualmente esposto nella relazione tecnica di progetto, il nuovo sistema di parcheggi persegue il fine di decongestionare il traffico veicolare alquanto intenso lungo la Via Luigi De Seta e le aree contermini del centro urbano, dove sono ubicati i principali edifici pubblici (Casa Comunale, Scuola e Ufficio Postale).
L’assunto delle appellanti secondo cui i parcheggi sarebbero destinati a rimanere vuoti per gran parte dei mesi dell’anno, presumibilmente nei periodi di assenza delle frequentazioni turistiche estive indotte dalla vicinanza delle ben note spiagge di Amantea, risulta del tutto apodittico, posto che l’anzidetta presenza nell’area servita dalle strutture di edifici pubblici alquanto frequentati e collocati nel nucleo centrale dell’abitato fa logicamente presumere un conveniente utilizzo dei parcheggi stessi in ogni stagione.
Altrettanto apodittica – e intrinsecamente contraddittoria rispetto al testè riferito assunto con cui si sostiene che i parcheggi sarebbero inutilizzati per gran parte dell’anno – è l’affermazione secondo la quale le nuove strutture comporterebbero maggiore intralcio al traffico, dovendo i conducenti degli automezzi spostarsi da un parcheggio all’altro al fine di poter trovare un luogo in cui posizionare la propria vettura; semmai, dalla stessa relazione si ricava l’intrinseca logicità della scelta di realizzare i mini-parcheggi in luogo di un’unica grande struttura, avendo riguardo alla più agevole e meno impattante collocazione dei relativi spazi nel territorio comunale, alla quale ragionevolmente corrisponde un non eccessivo “ricarico” del traffico veicolare tra un parcheggio e l’altro durante le ore di punta, stante non solo la congruenza tra i posti a disposizione e le esigenze dell’utenza ma anche la conveniente vicinanza tra le diverse aree attrezzate per la sosta dei veicoli.
Né risulta eccessiva la spesa per l’insieme delle opere, ove rettamente si consideri le necessità di realizzare consistenti sbancamento del terreno e strutture di sostegno, nonché di mitigazione visiva, quale il rivestimento con pietrame a vista; e – soprattutto – va anche rimarcata, a fronte di tutto ciò, la modestia della superficie appresa alle attuali appellanti, pari a mq. 200 circa.
4.4. Come detto innanzi, con il secondo ordine di censure le appellanti reputano violato l’art. 16, comma 4, del T.U. 327 del 2001, affermando che nella specie non sarebbe stata loro inoltrata una specifica comunicazione di avvio del procedimento per quanto segnatamente attiene al progetto definitivo delle opere.
Nella disposizione testè citata, riguardante le modalità che precedono l’approvazione del progetto definitivo, si afferma invero, nel testo sostituito per effetto dell’art. 1 del D.L.vo 27 dicembre 2002 n. 302, che “al proprietario dell’area ove è prevista la realizzazione dell’opera è inviato l’avviso dell’avvio del procedimento e del deposito degli atti di cui al comma 1” – ossia il progetto dell’opera, unitamente ai documenti ritenuti rilevanti e ad una relazione sommaria, la quale indichi la natura e lo scopo delle opere da eseguire, nonché agli eventuali nulla osta, alle autorizzazioni o agli altri atti di assenso, previsti dalla normativa vigente – “con l’indicazione del nominativo del responsabile del procedimento”.
Tuttavia, nel caso di specie va evidenziato che la comunicazione di avvio del procedimento era già stata data alle aventi titolo allorquando, a’ sensi dell’art. 19, commi 1 e 2, del medesimo T.U. 327 del 2001 il progetto delle opere doveva essere approvato dal Consiglio Comunale quale variante al vigente strumento urbanistico.
In tale occasione le attuali appellanti, tempestivamente notiziate, hanno potuto idoneamente presentare le proprie osservazioni, alle quali il Consiglio Comunale ha altrettanto puntualmente controdedotto.
Se così è, un ulteriore invio della comunicazione di avvio del procedimento alle proprietarie delle aree da apprendere avrebbe avuto utilità soltanto nell’ipotesi in cui rispetto al progetto approvato in sede di variante fossero state introdotte modifiche sostanziali: ma poiché ciò non è avvenuto, risulta allora ben evidente l’ultroneità dell’adempimento preteso dalle attuali appellanti, le quali – oltre a tutto – neppure identificano nel presente giudizio il contenuto di ulteriori osservazioni che esse avrebbero potuto idoneamente formulare in sede procedimentale al Comune e che, ove accolte, avrebbero potuto determinare un’incidenza causale a loro favorevole sull’esito del procedimento ablatorio; e ciò – in termini più generali – in quanto una lettura del principio partecipativo cristallizzato dall’art. 7 della L. 241 del 1990, attenta al significato sostanziale delle guarentigie all’uopo stabilite dal legislatore, deve condurre ad escludere che la violazione formale possa sortire effetto invalidante quante volte alla mancata puntuale realizzazione dell’incombente previsto dal dato positivo non abbia fatto seguito l’effettiva frustrazione della possibilità per l’interessato di dispiegare le facoltà volte ad incidere sullo svolgimento dell’azione amministrativa. (cfr. sul punto, ad es., Cons. Stato, Sez. VI, 20 dicembre 2004 n. 8133).
4.5. Con il terzo ordine di censure le appellanti hanno contestato l’assunto del giudice di primo grado secondo cui non era necessario per l’Amministrazione Comunale disporre, con apposito provvedimento deliberativo, l’efficacia della adottata variante al vigente strumento urbanistico, stante il fatto che al riguardo era tenuta a provvedere l’Amministrazione Regionale.
In buona sostanza, secondo la prospettazione delle appellanti, qualora l’Amministrazione Comunale avesse inteso operare secondo il procedimento ordinario di adozione della variante allo strumento urbanistico disciplinato dall’art. 10 del T.U. 327 del 2001, per l’approvazione del progetto definitivo doveva attendersi l’approvazione della variante medesima da parte dell’Amministrazione Regionale (tra l’altro, nella specie intervenuta avverso il predetto provvedimento dirigenziale Prot. 91 dd. 20 settembre 2005).
Viceversa, qualora l’Amministrazione Comunale avesse inteso applicare il procedimento semplificato di cui all’art. 19 del T.U. 327 del 2001 (c.d. “variante specifica”), l’approvazione del progetto avrebbe dovuto essere preceduta dalla fase di partecipazione prevista dagli artt. 16 e 17 del medesimo T.U., asseritamente mancata nel caso di specie, e avrebbe dovuto avvenire non già attraverso un provvedimento esplicito (come, per l’appunto, nella specie fatto dall’Amministrazione Regionale), ma in forza del “decorso del termine di novanta giorni, decorrente dalla ricezione della delibera del Consiglio comunale e della relativa documentazione” (cfr. art. 19 cit.) ed essendo comunque tenuto il Consiglio Comunale a disporre, con apposita deliberazione, l’efficacia della variante: adempimento, questo, parimenti nella specie omesso.
Né – sempre secondo la prospettazione delle appellanti – al decreto dirigenziale regionale dd. 20 settembre 2005, recante l’approvazione della variante, avrebbe fatto seguito una deliberazione del Consiglio Comunale di presa d’atto dell’approvazione medesima, con l’asserita conseguenza che il progetto definitivo delle opere non avrebbe potuto essere adottato: e ciò, pur essendo stato espressamente previsto nella specie che la dichiarazione di pubblica utilità produca i propri effetti dalla deliberazione consiliare di approvazione definitiva della variante urbanistica.
Anche tale motivo di ricorso non può trovare accoglimento.
In effetti, dalla lettura della deliberazione consiliare n. 15 del 2005 si ricava che il Consiglio Comunale ha approvato la variante al vigente strumento urbanistico in applicazione dell’art. 19 del T.U. 327 del 2001, come del resto stabilito nella Conferenza di servizi dell’1 giugno 2005.
Come dianzi rilevato al § 4.2. la comunicazione del relativo avvio del procedimento è stata data alle parti interessate mediante note Prot. 1195, 1196, 1198, 1199, 1200 e 1201 dd. 24 marzo 2005; e, non producendosi con l’approvazione del progetto definitivo la dichiarazione di pubblica utilità, non era dovuta ulteriore comunicazione di avvio del procedimento, così come nessuna disposizione normativa ostava all’approvazione dell’adottata variante mediante provvedimento esplicito regionale, essendo la procedura del silenzio – assenso prevista al comma 4 del medesimo art. 19
soltanto alternativa e, di per sé, non escludente il provvedimento regionale esplicito (e, nella specie, per l’appunto intervenuto).
In conseguenza di tutto ciò, stante l’intervenuta approvazione della variante di cui trattasi mediante provvedimento esplicito dell’Amministrazione Regionale (giova ribadire: di per sé non inibito dalla disciplina contenuta nell’art. 19 del T.U. 327 del 2001), neppure si rendeva necessaria l’adozione, da parte del Consiglio Comunale, di un’apposita deliberazione per disporre l’efficacia dell’adottata variante, ovvero la presa d’atto della sua approvazione.
4.6. Con il quarto ordine di censure le appellanti hanno contestato le argomentazioni con le quali il giudice di primo grado ha respinto il motivo di ricorso da loro dedotto sulla difformità degli elaborati progettuali rispetto alle disposizioni legislative e regolamentari che ne disciplinano il contenuto.
In buona sostanza, le appellanti contestano l’assunto secondo cui era loro onere comprovare tale asserita carenza, e che – comunque – “i profili di accessibilità e di manutenzione sono adeguatamente considerati nella relazione tecnica, dove si legge che i lavori hanno lo scopo di ottenere aree adeguatamente attrezzate ed urbanizzate, finalizzate al miglioramento della viabilità veicolare e pedonale” (cfr. pag. 6 della sentenza impugnata).
Il Collegio, per parte propria, evidenzia che le appellanti effettivamente non hanno formulato alcuna deduzione recante l’individuazione di specifiche difformità degli elaborati di progetto rispetto alle disposizioni legislative e regolamentari che ne disciplinano il contenuto, con la conseguenza che la relativa censura non può che essere dichiarata inammissibile, stante la sua intrinseca genericità.
Né le appellanti hanno dedotto alcunché per smentire le considerazioni contenute nella relazione tecnica per smentire l’adeguatezza delle descrizioni in tema di accessibilità e di manutenzione delle opere.
4.7. Con un quinto ordine di censure le appellanti hanno contestato l’assunto del giudice di primo grado con il quale è stato respinto il motivo di ricorso inerente alla mancata inserzione del parcheggio di cui trattasi nella programmazione comunale delle opere pubbliche, e ciò in quanto le ricorrenti in primo grado non avevano ivi prodotto la documentazione relativa alla programmazione medesima dalla quale – per l’appunto – sarebbe risultata la comprova del motivo in questione.
Le appellanti, come detto innanzi, affermano che nel ricorso innanzi al T.A.R. sarebbe stata – per contro – da loro dedotta la circostanza per cui le due deliberazioni consiliari n. 9 del 2005 e n. 15 del 2005 non recavano l’indicazione puntuale degli elaborati con esse approvati, e che pertanto non sarebbe possibile stabilire se i progetti stessi si componevano di tutti gli elaborati normativamente contemplati al riguardo e se questi ultimi avevano i contenuti richiesti, ivi compresa l’inserzione delle relative opere nella programmazione di competenza comunale.
Il Collegio, per parte propria, rileva che la censura – di per sé formulata in via dubitativa – non scalfisce la legittimità delle opere progettate e realizzate, posto che – ragionevolmente – all’Ente Locale non può essere impedita la realizzazione di opere mediante l’utilizzo a totale copertura dei lavori di fondi a ciò espressamente vincolati (nella specie, erogati dall’Amministrazione Regionale) e, quindi, ulteriori e diversi da quelli dianzi considerati all’atto della programmazione triennale di cui all’art. 14, comma 1, della L. 11 febbraio 1994 n. 109 e successive modifiche.
4.8. Con il sesto ordine di censure le appellanti hanno contestato l’assunto del T.A.R. secondo il quale risulterebbe esaustiva l’affermazione, sotto il profilo della complessiva legittimità della motivazione addotta dall’Amministrazione a sostegno della necessità del parcheggio in questione, che “nella relazione tecnica sono individuate le ragioni che hanno indotto l’Amministrazione a individuare l’opera pubblica, anche a mezzo di variante urbanistica” (cfr. pag. 6 della sentenza impugnata).
Sul punto, al fine della reiezione di tale motivo, è esaustivo richiamare quanto già illustrato al § 4.3.
4.9. Con il settimo ordine di censure le appellanti hanno riferito in via derivata al decreto di esproprio definitivo le medesime censure dianzi esposte e formulate nei riguardi degli atti ad esso presupposti, e hanno comunque dedotto in via autonoma l’avvenuta violazione dell’art. 22 del T.U. 327 del 2001, come sostituito dall’art. 1 del D.L.vo 302 del 2002.
Questa censura nella sua prima parte va respinta, poiché dall’avvenuta reiezione delle censure proposte in via diretta nei riguardi degli atti presupposti al decreto di esproprio non può che discendere l’infondatezza delle omologhe censure proposte in via derivata avverso quest’ultimo.
Per la seconda parte della censura va assorbentemente evidenziata l’inammissibilità della stessa per difetto di interesse alla sua deduzione, posto che le appellanti non hanno dedotto alcuno specifico pregiudizio loro arrecato dall’accelerazione del procedimento conseguita nella specie dall’applicazione dell’art. 22 del T.U. 327 del 2001, in luogo del procedimento ordinario disciplinato dall’art. 20 del medesimo T.U., semmai comportando il procedimento accelerato una ben più sollecita determinazione dell’indennità provvisoria di espropriazione.
4.10. Con un ottavo ordine di censure le appellanti hanno riproposto la questione di legittimità costituzionale dell’art. 22, commi 1 e 5, del T.U. 327 del 2001 per contrasto con gli artt. 3, 42 terzo comma, 97 primo comma e 117 primo comma Cost., dichiarata manifestamente infondata dal giudice di primo grado.
A tale proposito, anche a prescindere dalla dianzi affermata irrilevanza della disciplina testè richiamata rispetto allo stesso interesse delle attuali appellanti, va evidenziato che queste ultime sollevano la sopradescritta questione di incostituzionalità avuto riguardo alla circostanza che la disciplina medesima non contempla il previo pagamento, ovvero il previo deposito presso la Cassa Depositi e Prestiti, dell’indennità provvisoria di espropriazione qualora l’espropriato non intenda accettarla.
In proposito non va sottaciuto che la questione è – ancora una volta -ex se irrilevante per l’economia dell’attuale causa, posto che le questioni inerenti all’indennità anzidetta non pertengono alla giurisdizione di questo giudice.
Ma, comunque sia, va evidenziato che:
a) non sussiste contrasto con l’art. 3 Cost. poiché sussiste un’intrinseca diversità concettuale tra la disciplina dell’art. 22 del T.U. 327 del 2001 e quella contenuta nell’art. 20 del T.U. medesimo, stante l’urgenza di provvedere all’inizio dei lavori e alla correlativa stima in via provvisoria (con il conseguente pagamento) dell’indennità dovuta;
b) non può dirsi violato l’art. 42, terzo comma, Cost. posto che la soggettività pubblica dell’espropriante costituisce ex se idonea garanzia per l’espropriato circa l’assolvimento dell’obbligo di pagamento dell’indennità entro i termini di legge, non potendo le relative somme essere distratte dal bilancio se non a fronte di precise responsabilità penali ed erariali dei pubblici amministratori e del personale amministrativo investito al riguardo di funzioni decisorie;
c) non è ravvisabile una violazione dell’art. 117, primo comma, Cost. come sostituito dall’art. 3 della L. Cost. 18 ottobre 2001 n. 3 in relazione all’art. 1 del Protocollo 1 annesso alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo, poiché – anche in dipendenza di quanto testè rilevato sub b) – non esiste comunque incertezza sull’an, sul quantum e sul quando per l’adempimento dell’obbligazione da parte dell’Amministrazione espropriante;
d) neppure può sostenersi la violazione dell’art. 97, primo comma, Cost. in quanto la disciplina in esame per certo è coerente con i fini generali del buon andamento e dell’imparzialità dell’azione amministrativa.
4.11. Con un nono e ultimo ordine di censure le appellanti hanno contestato, infine, l’assunto del T.A.R. secondo cui per l’adozione del provvedimento di esproprio non necessitava l’inoltro ai destinatari dello stesso dell’avvio del relativo procedimento, a’ sensi dell’art.7 e ss. della L. 7 agosto 1990 n. 241.
Anche tale motivo di appello è infondato in quanto, come puntualmente affermato dal giudice di primo grado, la partecipazione procedimentale si è realizzata per effetto delle predette note sindacali Prot. 1195, 1196, 1198, 1199, 1200 e 1201 dd. 24 marzo 2005 con le quali è stato comunicato agli aventi titolo l’avvio del procedimento di adozione della variante al programma di fabbricazione e di apposizione del vincolo preordinato all’esproprio dell’area occorrente per la realizzazione dei lavori di recupero del centro urbano e di urbanizzazione primaria e secondaria per nuove aree destinate a parcheggi, con invito a formulare osservazioni.
Come detto innanzi, le attuali appellanti hanno formulato osservazioni con note acquisite al protocollo comunale in data 19 aprile 2005 al n. 1570 ed in data 20 aprile 2005 al n 1572: e tutto ciò ha pertanto esaurito il contraddittorio procedimentale al riguardo, non potendosi riproporre lo stesso al momento dell’emanazione del decreto di esproprio proprio in quanto quest’ultimo si configura quale provvedimento che riassume puntualmente in sé quell’imposizione del vincolo ablatorio e quella dichiarazione di pubblico interesse sui quali la proprietà ha già avuto modo di compiutamente esprimersi.
Del resto, a tale conclusione era pervenuta – ancor prima dell’entrata in vigore del T.U. 327 del 2001 – la giurisprudenza, laddove aveva espressamente affermato che la comunicazione dell’avvio del procedimento è dovuta esclusivamente agli effetti dell’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio e della dichiarazione di pubblica utilità delle opere, ma non per i consequenziali provvedimenti di materiale apprensione degli immobili (cfr. sul punto, ex plurimis, Cons. Stao, A.P., 15 settembre 1999 n. 14).
5. Le spese e gli onorari del presente grado di giudizio possono essere, peraltro, integralmente compensati tra le parti.
Va – altresì – dichiarato irripetibile per il presente grado di giudizio il contributo unificato di cui all’art. 9 e ss. del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 e successive modifiche.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Compensa integralmente tra le parti le spese e gli onorari del presente grado di giudizio.
Dichiara – altresì – irripetibile per il presente grado di giudizio il contributo unificato di cui all’art. 9 e ss. del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 e successive modifiche.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Redazione