Accesso ai documenti della P.A. (Cons. Stato n. 716/2013)

Redazione 08/02/13
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FATTO e DIRITTO

La Edil Impianti s.r.l. ha chiesto al Comune di Terlizzi l’esibizione degli atti inerenti il permesso di costruire n. 32 del 2007, rilasciato al dott. **********, precisando la propria qualità di ditta esecutrice dei lavori oggetto del titolo in questione fondando il proprio interesse in vista di un eventuale giudizio.

Il Comune non ha offerto riscontro alla istanza di accesso, così determinando il formarsi del diniego tacito di quanto richiesto dalla società, odierna appellata.

Il Tribunale amministrativo, con la sentenza appellata, ha accolto il ricorso sulla base delle seguenti considerazioni.

Non è contestato dall’odierno appellante che la Edil Impianti s.r.l. sia stata esecutrice dei lavori consentiti dal provvedimento.

La circostanza vale ad escludere la configurabilità di un di controllo diffuso sull’operato dell’amministrazione, e piuttosto a radicare nell’appellata un suo proprio interesse differenziato e qualificato, che è diverso da quello di tutti i consociati.

Parimenti, l’indicazione della rilevanza dei documenti a fini contenziosi vale ad individuare un interesse (cioè una potenziale utilità) non generico e reale, anche se allo stato non contenzioso, cioè non esplicitato in sede giudiziaria, come tale già comunque dotato di un carattere di intrinseca rilevanza, in considerazione della particolare posizione contrattuale della ricorrente.

Avverso la sentenza indicata in epigrafe il dott. ********** ha proposto appello articolato nei seguenti motivi così epigrafati: I) L’infondato motivo di ricorso prospettato al Tribunale amministrativo dall’appellata. II) La lacunosa, erronea ed illogica motivazione di accoglimento addotta dal giudice di primo grado nella sentenza appellata. III) In subordine: l’accesso sia limitato ai soli elaborati grafici.

Si è costituito in giudizio la ******à deducendo l’infondatezza del ricorso.

La ricorrente, a sostegno delle proprie ragioni, richiama la sentenza della Sezione V del Consiglio di Stato 2 febbraio 2012, n. 554 con la quale si è affermato che “il diritto di accesso non è meramente strumentale alla proposizione di una azione giudiziale, ma ha carattere autonomo rispetto a essa, cosicché il giudice dell’accesso deve accertare solo l’esistenza dei presupposti che legittimano la richiesta di accesso e non anche la necessità di utilizzare gli atti richiesti in un altro giudizio, ad es. dinanzi al giudice civile, fermo restando però che la disciplina sull’accesso non può essere rivolta a tutelare l’interesse a eseguire un controllo generico e generalizzato sull’attività della pubblica amministrazione. Detto altrimenti, la necessaria sussistenza di un interesse diretto, concreto ed attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento a cui è chiesto l’accesso, alla quale fa riferimento l’art. 22, comma 1, lett. b) della legge 7 agosto 1990, n. 241, non significa che l’accesso sia stato configurato dal legislatore con carattere meramente strumentale rispetto alla difesa in giudizio della situazione sottostante; esso assume invece una valenza autonoma, non dipendente dalla sorte del processo principale e dalla stessa possibilità di instaurazione di tale processo. In questa prospettiva, il collegamento tra l’interesse giuridicamente rilevante del soggetto che richiede l’accesso e la documentazione oggetto della relativa istanza, sancito dalla norma citata, non può che essere inteso in senso ampio, posto che la documentazione richiesta deve essere, genericamente, mezzo utile per la difesa dell’interesse giuridicamente rilevante, e non strumento di prova diretta della lesione di tale interesse”.

La sentenza richiamata a sostegno delle proprie ragioni, in realtà, dimostra l’infondatezza del ricorso proposto dal dott. ******* B..

L’affermazione di principio, contenuta nel precedente richiamato e dalla quale questo Collegio non intende discostarsi, è che l’interesse diretto, concreto ed attuale all’acquisizione del documento prescinde dalla avvenuta instaurazione di un processo dove utilizzare gli atti.

L’instaurazione del successivo giudizio, che è fatto meramente eventuale, non è invero un presupposto di un siffatto interesse.

Il ricorrente ha dedotto poi l’inammissibilità del ricorso di primo grado perché i documenti richiesti erano già in possesso della società richiedente.

La censura è infondata perché nessuna norma (non invocata) o principio dell’ordinamento impedisce all’interessato di ottenere copie o duplicati di atti in suo possesso, rimanendo gli oneri della richiesta a suo carico.

La deduzione del ricorrente dimostra altresì l’infondatezza dell’ulteriore censura in ordine “all’assoluta inesistenza sia di una posizione giuridicamente rilevante in capo all’appellata sia di un effettivo collegamento tra l’asserito interesse dell’appellata e gli atti cui pretende di accedere”.

Tale deduzione è in contraddizione con quanto evidenziato in precedenza, ossia il possesso dei documenti richiesti. È di tutta evidenza che l’appellata non è un quisque de populo, perché, altrimenti, essa non potrebbe essere in possesso (la cui legittimità non è stata posta in dubbio dal medesimo ricorrente) dei documenti al cui rilascio il ricorrente si oppone.

Né infine la richiesta assume i caratteri di un generalizzato controllo sull’attività dell’amministrazione perché i documenti richiesti, esattamente individuati, riguardano un unico procedimento i cui esiti costituiscono il presupposto per il successivo svolgimento dell’attività negoziale svolta dagli odierni contendenti. Non solo: la società era legata al rispetto di quel provvedimento da una sua propria responsabilità quale esecutrice dei lavori: e anche da questo punto di vista si profila un suo autonomo e differenziato interesse all’ostensione.

Gli atti che dovranno essere rilasciati alla società appellata debbono essere specificati, senza che ciò costituisca modificazione della sentenza appellata, che nulla aveva indicato al riguardo, nei soli provvedimenti amministrativi adottati dall’amministrazione, ivi compresi i relativi allegati ai quali i provvedimento fanno riferimento, con esclusione delle istanze formulate dall’odierno ricorrente e degli atti interni di natura istruttoria.

In conclusione il ricorso va respinto con compensazione delle spese di giudizio per giusti motivi.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 ottobre 2012

Redazione