Accesso ai documenti: Aeroporti di Roma debbono consentire l’accesso agli atti anche se trattasi di società privata (Cons. Stato n. 1835/2013)

Redazione 28/03/13
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FATTO e DIRITTO

1.- Con ricorso proposto contro la società Aeroporti di Roma s.p.a. (di seguito ADR o l’appellante) e nei confronti della società Alitalia – Compagnia Aerea Italiana s.p.a (di seguito solo Alitalia), cinque società qualificatesi operatori del settore dell’handling anche presso l’aeroporto Leonardo da Vinci di Roma –Fiumicino (Aviapartner Handling s.p.a., Aviation Service s.p.a, Consulta s.p.a., Soc. Flightcare Italia s.p.a e *********** s.p.a, d’ora innanzi, per brevità, le appellate) hanno adito il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio chiedendo l’accertamento del diritto di accedere ai documenti richiesti ad ADR con istanza del 30 settembre 2011 – ossia agli atti di sub concessione o ai contratti – comunque denominati – stipulati tra ADR e Alitalia e volti a disciplinare le modalità di utilizzo a) del Terminal 1 dell’aeroporto Leonardo da Vinci e b) degli stalli o delle infrastrutture del sistema di smistamento bagagli in transito denominato NET .

Con una nota del 15 novembre 2011, l’ADR aveva respinto l’istanza, rilevando, per un verso, che essi erano regolati da norme di diritto privato e che la società ADR era a capitale interamente privato e, per altro verso, evidenziando a) che il terminal 1 non era oggetto di una sub concessione in uso esclusivo e b) che il NET era assegnato in uso agli utenti per quote parametrate all’effettivo transito di bagagli sullo scalo e non era oggetto di specifici atti di sub concessione.

Il Tar ha dichiarato il ricorso inammissibile con riguardo alla società Globeground s.p.a., che non aveva sottoscritto l’istanza di accesso, e lo ha accolto, per il resto, ordinando ad ADR di esibire gli atti richiesti (in motivazione è stato puntualizzato che l’Ente nazionale per l’aviazione civile –Enac aveva già consentito l’accesso ai provvedimenti di autorizzazione rilasciati ad ADR in ordine alle sub concessioni nell’ambito portuale, anch’essi richiesti con l’istanza iniziale).

Il giudice di primo grado ha ritenuto non condivisibili le ragioni poste a base dell’impugnato diniego e ha rilevato la sussistenza dei presupposti sostanziali della pretesa azionata.

2.- La società ADR ha proposto appello deducendo “Error in iudicando. Violazione e falsa applicazione degli articoli 22 ss. della legge n. 241/1990, del decreto legislativo n. 18/1999 e dei principi generali in materia di concessioni e sub concessioni aeroportuali. Errata valutazione dei presupposti di fatto e di diritto”.

L’appellante deduce e ribadisce in memoria l’inammissibilità del ricorso di prime cure, per difetto di legittimazione e di interesse delle società originarie ricorrenti, argomentando, in sintesi, che:

a) gli atti oggetto della richiesta di accesso non costituiscono espressione diretta o indiretta di esercizio di poteri pubblicistici; l’attività di handling non ha come fonte diretta gli atti dispositivi delle aree aeroportuali, né questi stessi atti – relativamente all’attività di handling – possono considerarsi connessi alla gestione del servizio aeroportuale che ADR svolge in regime di concessione; l’attività di handling non figura tra quelle attribuite al gestore e ADR è assolutamente estranea a tale attività, disciplinata da contratti di natura privatistica tra le compagnie aeree e le ditte che assicurano loro detto servizio; la gestione aeroportuale rappresenta il mero presupposto fattuale dell’attività di handling, che resta un’attività estranea e differente, e i contratti tra ciascuna compagnie e il proprio handler non presuppongono e tantomeno si concretizzano in atti dispositivi di aree aeroportuali, che invece vengono sub concesse da ADR ai vettori;

b) gli atti di sub concessione chiesti in esibizione non hanno nulla a che vedere con l’interesse che le istanti dichiarano di voler tutelare, in quanto la sub concessione che ADR ha rilasciato ad Alitalia le trasferisce una serie di beni ubicati anche presso il Treminal 1 ma non concerne l’attività di handling e dunque non rileva ai fini della verifica del funzionamento del mercato di pertinenza delle richiedenti; c) la scelta di ADR di mantenere un Terminal per i vettori per essa di maggior rilievo è insindacabile, logica e legittima e non ha a che fare con l’attività di handling (in particolare il Terminal 1 è utilizzato da Alitalia e da altre compagnie facenti parte dell’alleanza Sky Team, clienti dell’handler Alitalia, con la conseguenza che nell’ambito del Terminal 1 solo quest’ultimo vi opera, ma per esclusive ragioni commerciali e di libero mercato cui ADR è assolutamente estranea e di cui non può che limitarsi a prendere atto);

c) il NET è un’infrastrutura centralizzata con funzione di luogo di smistamento bagagli in transito ed è utilizzabile da tutti i vettori che ne abbiano necessità e, in conseguenza dai relativi handler; non vi è, al riguardo alcun atto subconcessorio afferente l’handling quivi esercitato;

d) nessun diritto di accesso è esercitabile nei confronti delle sub concessioni ai vettori ma, semmai, nei confronti degli atti di conferimento dei servizi di handling da parte dei singoli vettori, sulle cui scelte ADR non può interferire;

e) in ogni caso il diritto di accesso non può esercitarsi riguardo ad una sub concessione parziale traslativa di beni, istituto improntato al diritto privato che nulla ha a che vedere né con la concessione né con gli appalti pubblici.

Si sono costituite in giudizio le società ********************. s.p.a. e Aviation Services s.p.a., instando per la reiezione dell’appello.

Alla camera di consiglio del 30 ottobre 2012 la causa è stata trattenuta per la decisione.

3. Così ricostruite le vicende che hanno condotto al secondo grado del giudizio, ritiene la Sezione che vadano respinte le censure sopra riassunte.

Come ha evidenziato da tempo la giurisprudenza amministrativa (v. le decisioni nn. 4, 5 e 16 dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato), l’ambito di applicazione delle norme in materia di accesso involge non solo l’attività puramente autoritativa, ma tutta l’attività funzionale alla cura degli interessi pubblici, inclusi gli atti di diritto privato, posti in essere dalle pubbliche amministrazioni o da soggetti privati, gestori di pubblici servizi.

E’ noto che l’accesso ai documenti è stato introdotto “al fine di assicurare la trasparenza dell’attività amministrativa e di favorirne lo svolgimento imparziale” (art. 22, comma 1, l.n. 241/1990) e dunque in attuazione del principio di rango costituzionale di buon andamento e imparzialità dell’azione amministrativa (art. 97 Cost.).

Il ‘diritto’ di accesso ai documenti amministrativi previsto dagli artt. 22 e 23 l. 7 agosto 1990, n. 241, la cui applicabilità riguarda non solo la pubblica amministrazione in senso stretto ma anche tutti i soggetti di diritto pubblico e di diritto privato, comprese le società commerciali (v., ad esempio, con riferimento alla società Poste Italiane s.p.a , Cons. Giust. ********. 4 febbraio 2010, n. 108 e Cons. Stato, VI, 25 gennaio 2010, n. 252), limitatamente alla loro attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o comunitario, è correlato non soltanto all’attività di diritto amministrativo, ma anche a quella di diritto privato posta in essere dai soggetti gestori di pubblici servizi che, pur non costituendo direttamente gestione del servizio stesso, sia collegata a quest’ultima da un nesso di strumentalità (cfr. Cons. Stato, VI, 2 maggio 2012, n. 2516, e 26 gennaio 2006, n. 229).

Soggetti legittimati passivi dell’istanza di accesso, ai sensi dell’art. 22, comma 1, lett. e) della legge n. 241 del 1990 sono le pubbliche amministrazioni intese come “Tutti i soggetti di diritto pubblico e i soggetti di diritto privato limitatamente alla loro attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o comunitario”: l’art. 1, comma 1 ter, della stessa legge prevede che i soggetti privati preposti all’esercizio di attività amministrative assicurano il rispetto dei principi generali dell’azione amministrativa, tra cui sono inclusi quelli della pubblicità e della trasparenza.

L’ambito dei soggetti tenuti sul piano sostanziale al rispetto dei sopra citati art. 22 e ss. è stato tenuto bel presente dal legislatore delegato, in sede di redazione del codice del processo amministrativo, il cui art. 7, comma 2, stabilisce che “Per pubbliche amministrazioni ai fini del presente Codice, si intendono anche i soggetti ad esse equiparati o comunque tenuti al rispetto dei principi del procedimento amministrativo”: i soggetti privati, gestori di un servizio pubblico (siano o meno essi concessionari in senso tecnico), per il fatto che sono a contatto col pubblico e con gli utenti, vanno qualificati come titolari di poteri pubblicistici nei casi previsti dalla legge, tra cui rientra quello dell’esame delle domande d’accesso, ai sensi degli artt. 22 ss. della legge n. 241 del 1990, che ha tenuto conto delle normative di settore che – sulla base dei princupi comunitari e costituzionali – consentono a soggetti privati di svolgere attività di natura imprenditoriale, caratterizzate dalla gestione di interessi pubblici e comunque superindividuali.

Correlativamente i documenti ostensibili – come già rilevato dalla richiamata giurisprudenza della Adunanza Plenaria – devono concernere attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblica o privata della loro disciplina sostanziale.

Soggetti legittimati all’accesso sono, ai sensi dell’art. 22 della legge citata, “i soggetti privati, compresi quelli portatori di interessi pubblici o diffusi, che abbiano un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è richiesto l’accesso”.

Il collegamento, ossia il rapporto di strumentalità, tra l’interesse giuridicamente rilevante del soggetto che richiede l’accesso e la documentazione oggetto della relativa istanza deve essere inteso in senso ampio (col solo limite del non trasmodare in uno strumento surrettizio di sindacato generalizzato sull’attività del soggetto cui è rivolta), ossia nel senso che la documentazione richiesta deve costituire un mezzo potenzialmente utile alla tutela (non necessariamente giudiziale) della situazione giuridicamente rilevante, non richiedendosi che essa sia idonea a costituire strumento di prova diretta della lesione dell’interesse tutelato (in tema cfr. Cons. Stato, Ad. plen. 24 aprile 2012, n. 7 e, fra le tante, Cons. Stato, Sez. III 13 gennaio 2012, n. 116; Sez. IV 30 agosto 2011, n. 4883; Sez. V, 14 maggio 2010, n. 2966); l’interesse all’accesso ha, inoltre, consistenza autonoma e va considerato in astratto, escludendosi che in relazione ai casi specifici competa all’amministrazione compiere apprezzamenti in ordine alla fondatezza della pretesa sostanziale sottostante e così alla fondatezza o all’ammissibilità delle eventuali domande giudiziali ipoteticamente proponibili dal soggetto che ha chiesto l’accesso documentale (v., per tutte, la già richiamata sentenza della Sezione n. 2516 del 2012)

4.- Impostati in tal modo i termini concettuali della questione, ne consegue l’infondatezza dell’odierno appello.

La veste privatistica di ADR, così come l’addotta riconducibilità alla disciplina privatistica degli atti richiesti in ostensione, non sono di per sé sufficienti ad escludere l’obbligo di trasparenza e l’applicabilità della disciplina in tema di accesso.

L’assunto dell’appellante della non afferenza di detta documentazione ad un tratto della sua azione di rilevanza pubblica non persuade, in quanto la sub concessione di aree all’interno dell’aeroporto – proprio perché costituisce un titolo legislativamente ammesso per attribuire la disponibilità e comunque l’utilizzo del sedime aeroportuale – è espressione di potere pubblicistico (mutuando la natura autoritativa della concessione che ne è il necessario antecedente), mentre non rilevano gli accenni alla non esclusività dell’utilizzo consentito ad Alitalia così come quelli al miglior perseguimento delle finalità della gestione aeroportuale, non venendo qui in discussione la legittimità degli atti di disposizione posti in essere da ADR e la scelta o i criteri di scelta di assegnazione di tali aree, ma unicamente la sussistenza dei presupposti per l’esercizio – da parte delle richiedenti operatrici del settore dell’handling – del diritto di conoscere il contenuto di tali atti, ossia le ‘condizioni’ giuridiche ed economiche dell’utilizzo delle aree aeroportuali sub concesse.

L’obiezione, sul piano contenutistico, che la documentazione richiesta non ha ad oggetto l’attività di handling (poiché essa non rientra nella disponibilità di ADR, non figurando tra quelle trasferitele dalla concessione principale, e attiene ai rapporti contrattuali tra i singoli vettori e i rispettivi handler) non è risolutiva, atteso che la stessa ADR riconosce (v. pag. 8 dell’atto di appello):

a) di aver sub concesso ad Alitalia l’utilizzo di alcune aree aeroportuali;

b) che Alitalia opera anche come handler in proprio e per altre compagnie aeree.

Non può, dunque, negarsi la pertinenza della richiesta di accesso e l’interesse delle richiedenti a conoscere il contenuto degli atti, comunque denominati, riguardanti la gestione delle aree aeroportuali, fruite da un soggetto che (oltre che a risultare un importante vettore aereo) è anche un operatore dell’handling e dunque, per tale segmento di attività, svolge lo stesso tipo di attività economica delle appellate in regime di libera concorrenza, nel medesimo ambito aeroportuale.

L’appellante ha anche sostenuto che la richiesta di accesso si sarebbe dovuta rivolgere nei confronti dei vettori aerei (almeno di Sky Team) ed ha riproposto l’eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado per mancata notifica a tali vettori (se non ad Alitalia).

Ritiene la Sezione che tali deduzioni non siano condivisibili, poiché si deve tenere conto dell’oggetto della richiesta di accesso, la quale non è stata proposta per conoscere il contenuto dei contratti conclusi tra i vettori e i rispettivi handler (e così le ‘condizioni’ praticate tra tali soggetti in ordine al servizio di handling), ma ha riguardato gli atti posti in essere da ADR e da essa detenuti, di disposizione (sotto il profilo della attribuzione della disponibilità, poco importando se si tratti di possesso o di detenzione) di aree aeroportuali e così le ‘condizioni’ di fruizione di tali beni da parte di Alitalia, debitamente evocata in giudizio, nell’esercizio delle proprie attività, per i risvolti economici potenzialmente influenti sulla concorrenza nell’handling.

Riguardo all’oggetto dell’accesso, le ricorrenti in primo grado hanno ragionevolmente prospettato l’esistenza di un nesso di strumentalità tra l’accesso ai documenti e la tutela di propri interessi imprenditoriali e deve escludersi che il giudizio di pertinenza possa essere inteso in modo così stringente da rimettere al destinatario della richiesta una sorta di improprio giudizio prognostico sull’esito delle iniziative che, sulla base dei dati desunti dai documenti ottenuti, i richiedenti potrebbero eventualmente attivare.

In proposito va condivisa l’osservazione formulata dal giudice di primo grado, secondo cui “la conoscenza delle condizioni di cui gode il vettore aereo che presta anche servizi di handling, oltre che in autoproduzione, in favore di altri soggetti terzi, in concorrenza con le istanti, si pone quale presupposto per la verifica che le regole di non discriminazione siano state rispettate”.

Per le ragioni esposte l’appello deve essere respinto.

Le spese del secondo grado seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello n. 4755 del 2012, lo respinge.

Condanna la società Aeroporti di Roma s.p.a. a rifondere alle appellate costituite le spese del presente grado che liquida complessivamente in € 3.000,00 (tremila) oltre i.v.a. e c.p.a..

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dalla soccombente.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 30 ottobre 2012

Redazione