Accertamento nullo per il professionista se la CTR ha invalidato l’atto impositivo contente la rettifica del reddito dello studio associato (Cass. n. 24901/2013)

Redazione 06/11/13
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione, sulla base di due motivi, nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio che, rigettandone l’appello, ha confermato l’annullamento degli avvisi di accertamento, notificati a C.S., con i quali era stata rettificata la dichiarazione dei redditi della contribuente per gli anni 1988, 1989, 1990 e 1991, in relazione alla partecipazione nello Studio medico associato ********
Il giudice d’appello, rilevato infatti che la contribuente aveva documentato l’annullamento, ad opera della CTR in sede di rinvio con la sentenza n. 68/05/02 del 1° gennaio 2002, degli avvisi di accertamento a carico dell’aseociazione professionale Studio P. osservava come la quota di partecipazione a carico della S. ai fini dell’IRPEF, oggetto della presente controversia, discendeva automaticamente dalla detta sentenza, ed era pertanto pari all’imponibile dichiarato, essendo stati annullati i vari avvisi di accertamento emessi dall’ufficio.
La contribuente resisteva con controricorso, illustrato con successiva memoria.
La causa, già fissata per l’adunanza nella camera di consiglio del 5 maggio 2009, era rinviata a nuovo ruolo in attesa della decisione sull’impugnazione in sede di legittimità (rgn. 6807/05) della decisione relativa all’accertamento del reddito dello Studio associato.
In prossimità dell’udienza pubblica la S. depositava memoria cui allegava la sentenza di questa corte n. 14961 del 2010 con la quale si rendeva definitivo l’annullamento degli avvisi di accertamento del reddito dello Sudio medico associato ******** per gli anni dal 1998 al 1991.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 2909 ood. civ. e 324 cod. proc. civ., l’amministrazione ricorrente assume che l’annullamento dell’avviso di accertamento emesso nei confronti dell’associazione professionale non potrebbe esplicare effetti nel giudizio avverso l’avviso di accertamento, ai fini dell’IRPEF, del reddito di partecipazione dell’associato qualora, come nella specie, non si sia formato il giudicato sul detto primo annullamento, per essere stata impugnata in cessazione la relativa sentenza della CTR.
Con il secondo motivo denuncia vizio di motivazione.
Il ricorso va disatteso.
Il Collegio non ha infatti motivo di discostarsi delle considerazioni che seguono, svolte da questa Corte con la sentenza n. 23063 del 2012 in una controversia del tutto analoga.
Del definitivo annullamento degli avvisi di accertamento del rediito per gli anni 1988, 1989, 1990 e 1991 messi nei confronti dello Studio associato Prof. V.P., dai quali, ai sensi dell’art. 5 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, erano originati “per trasparenza” gli avvisi nei confronti di C.S. oggetto del presente giudizio, si deve altresì far derivare l’annullamento di questi ultimi atteso il rapporto di stretta dipendenza pregiudiziale tra gli uni e gli altri atti impostivì, e quindi anche indipendentemente dalla circostanza che nei rispettivi giudizi le parti siano state ovviamente differenti
(Cass. n, 17368 del 2009, n. 14014 del 2007, n. 14696 del 2006).
Il giudicato esterno, è appena il caso di ricordare, deve esser rilevato d’ufficio anche quando si sia formato successivamente alla pronuncia impugnata: e nel caso consegua a una sentenza della Corte di cassazione, come avvenuto nella specie, alla sua ricerca questo giudice deve provvedere anche autonomamente, sulla scorta ad esempio della raccolta ufficiale di massime e pronunce, per evitare il contrasto di giudicati ed al fine di attuare la funzione nomofilattica che le è propria (Cass. n. 30780 del 2011}.
Alla produzione di un giudicato suocessivarremte formatosi, del resto, non è comunque di ostacolo il divieto dell’art. 372 cod. proc. civ., nome che è soltanto riferibile a docunenti che potevano esser prodotti nelle fasi di merito (Cass. n. 26041 del 2010, n. 5360 del 2009).
Il ricorso deve pertanto essere rigettato.
Nella natura della controversia e nella specificità della fattispecie vanno ravvisati i giusti motivi che inducono a compensare le spese del giudizio.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.
Dichiara compensate fra la parti le spese dal giudizio.
Così deciso in Roma il 20 febbraio 2013.

Redazione