Accertamento fiscale per l’acquisto della casa (Cass. n. 17805/2012)

Redazione 17/10/12
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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Nel ricorso iscritto a R.G. n.16249/2010 è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

1 – E’ chiesta la cassazione della sentenza n.239/10/2009, pronunziata dalla CTR di Roma Sezione n. 10 il 03.12.2009 e DEPOSITATA il 18 dicembre 2009. Con tale decisione, la C.T.R. ha accolto l’appello dell’Agenzia Entrate e riconosciuto legittimo e fondato l’operato accertamento.

2 – Il ricorso, che attiene ad impugnazione dell’avviso -, di accertamento, relativo ad IRPEF ed IVA dell’anno 2000, è affidato a più mezzi, con i quali la decisione di appello viene censurata sia per violazione e falsa applicazione di legge sia pure per vizi della motivazione.

3 – L’intimata Agenzia, non ha svolto difese in questa sede.

4 – I Giudici di appello hanno ritenuto fondata la pretesa fiscale, rilevando che il contribuente, in sede di contraddittorio, non aveva prodotto documentazione idonea a provare che le risorse finanziarie occorse per l’acquisto del fabbricato, derivavano dalla disponibilità di “redditi esenti o soggetti a ritenuta a titolo di imposta o qualsiasi altro elemento che giustificasse l’investimento patrimoniale effettuato”, e che, d’altronde, nel caso vertevasi in tema di atto di compravendita e non già di donazione.

5 – Le questioni poste dal ricorso, appaiono risolvibili, dando applicazioni a principi desumibili da pregresse pronunce.

E’ stato, in vero, affermato che “In tema di accertamento delle imposte sui redditi e con riguardo alla rettifica, con metodo sintetico, del reddito complessivo delle persone fisiche, è legittima l’applicazione agli anni anteriori dei coefficienti presuntivi di reddito adottati ai sensi della L. 30 dicembre 1991, n. 413, art. 1, posto che, rimanendo sul piano dell’accertamento e delle prove, l’applicabilità dei cosiddetti redditometri contenuti in decreti ministeriali emanati successivamente al periodo d’imposta da verificare deve ritenersi insita nel D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 38. Grava sul contribuente che contesti l’applicazione di tali coefficienti l’onere di dimostrare in concreto che il proprio reddito effettivo è diverso ed inferiore a quello scaturente dalle presunzioni adottate dall’ufficio (Cass. n. 14161/2003, n. 12731/2002, n. 11611/2001).

E’ stato, anche deciso che “L’omessa pronuncia, quale vizio della sentenza, può essere utilmente prospettata solo con riguardo alla mancanza di una decisione da parte del giudice in ordine ad una domanda che, ritualmente e incondizionatamente proposta, richiede una pronuncia di accoglimento o di rigetto. Tale vizio, pertanto, deve essere escluso in relazione a una questione implicitamente o esplicitamente – assorbita in altre statuizioni della sentenza che è suscettibile di riesame nella successiva fase del giudizio se riprospettata con specifica censura (Cass. n.9545/2001, n. 702/2000, n. 12984/1999).

E’ stato, altresì, affermato che “In materia di accertamento dell’imposta sui redditi ed al fine della determinazione sintetica del reddito annuale complessivo, secondo la previsione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 38, la sottoscrizione di un atto pubblico (nella specie: una compravendita) contenente la dichiarazione di pagamento di una somma di denaro da parte del contribuente, può costituire elemento sulla cui base determinare induttivamente il reddito da quello posseduto, in base all’applicazione di presunzioni semplici, che l’ufficio finanziario e1 legittimato ad applicare per l’accertamento sintetico, risalendo dal fatto noto e quello ignoto, senza che possa ravvisarsi, nella disposizione che consente l’esercizio di tale potere, una violazione del principio costituzionale della capacità contributiva, di cui all’art. 53 Cost.. In tale caso, infatti, è sempre consentita, anche se a carico del contribuente, la prova contraria in ordine al fatto che manca del tutto una disponibilità patrimoniale, essendo questa meramente apparente, per avere, l’atto stipulato, in ragione della sua natura simulata, una causa gratuita anzichè quella onerosa apparente. (Cass. 8665/2002, n. 5794/2001, n. 11300/2000).

Costituisce, d’altronde, ius receptum che “Nell’ipotesi di acquisto di un immobile con denaro proprio del disponente ed intestazione ad altro soggetto, che il disponente medesimo intenda in tal modo beneficiare, si configura la donazione indiretta dell’immobile e non del denaro impiegato per l’acquisto; pertanto, in caso di collazione, secondo le previsioni dell’art. 737 cod. civ., il conferimento deve avere ad oggetto l’immobile e non il denaro. (Cass. 20638/2005, n. 20928/1999, n. 1257/1994).

6 – Nel caso, l’impugnata sentenza, dopo avere ritenuto legittimo il ricorso al metodo di accertamento sintetico, sulla base dei dati ricavati dalla compravendita immobiliare conclusa dal contribuente, sembra abbia omesso di esaminare gli elementi, offerti dal contribuente, sottesi a dimostrare la provenienza delle risorse finanziarie utilizzate per la conclusa compravendita immobiliare, dissimulante una donazione ed in ipotesi, idonei a giustificare l’investimento patrimoniale effettuato; elementi evidenziati nelle fasi di merito e riproposti in questa sede.

7 – Si propone di procedere alla trattazione del ricorso in camera di consiglio, ai sensi degli artt. 375 e 380 bis c.p.c. e, in applicazione dei richiamati principi, di rigettare il primo ed il secondo mezzo per manifesta infondatezza, accogliendo, per quanto di ragione, il terzo, il quarto ed il quinto motivo, per manifesta fondatezza.

Il Relatore Cons. *****************.

La Corte:

Vista la relazione, il ricorso, l’atto di mera costituzione dell’Agenzia ai fini della eventuale partecipazione all’udienza di discussione, e gli altri atti di causa;

Considerato che il Collegio condivide le argomentazioni, in fatto ed in diritto, svolte nella relazione;

Considerato che alla stregua delle svolte considerazioni e dei richiamati principi, il ricorso, nei limiti esplicitati in relazione, va accolto per manifesta fondatezza, e conseguentemente, disattese le altre doglianze, che va cassata con rinvio l’impugnata decisione;

Considerato, altresì, che il Giudice del rinvio, che si designa in altra sezione della CTR del Lazio, procederà al riesame e, adeguandosi ai trascritti principi, deciderà nel merito e sulle spese del giudizio di legittimità, offrendo congrua motivazione;

Visti gli artt. 375 e 380 bis c.p.c..

 

P.Q.M.

Accoglie, per quanto di ragione, il ricorso, che rigetta per il resto, cassa l’impugnata decisione e rinvia ad altra sezione della CTR del Lazio.

Redazione