Accertamento fiscale: i gravi indizi e il c/c del figlio provano l’evasione fiscale (Cass. n. 4904/2013)

Redazione 27/02/13
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Svolgimento del processo

Con sentenza n. 12/35/07, depositata il 25 maggio 2007 la CTR di Firenze ha respinto l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso del contribuente contro avviso di accertamento ai fini dell’lrpef dell’anno 1996.
Avverso la sentenza della CTR ha proposto ricorso, che si articola su quattro motivi l’Agenzia delle Entrate; controparte – B. M., L. E. e L. G. quali eredi di L. P. – ha replicato con controricorso depositando poi anche memoria. La causa è stata decisa in pubblica udienza il 20 dicembre 2012.

Motivi della decisione

1. Il primo motivo concerne omessa motivazione su un fatto controverso e decisivo ex articolo 360, comma 1, n. 5 c.p.c.: la CTR non avrebbe indicato le ragioni per le quali non ritiene che i locali presso cui si è svolto l’accesso della Guardia di Finanza a ciò autorizzata secondo la ricorrente ex articolo 52, comma 1, D.P.R. 633/72 – per le indagini sfociate nell’accertamento impugnato – siano ad uso promiscuo e non esclusivamente abitativo.
2. Il motivo è infondato. Che l’accesso abbia riguardato locali ad uso anche abitativo e non utilizzati solo come abitazione è fatto decisivo ai fini della conformazione del provvedimento autorizzativo, indirizzandolo nell’ambito di applicazione del comma 1, anziché del comma 2, dell’articolo 52 citato. Nella dalla motivazione non emerge in modo chiaro l’esistenza di una controversia sulla destinazione dei locali. Dalla esposizione del “Fatto” della sentenza impugnata, invero, risulta che il contribuente aveva impugnato l’avviso di accertamento eccependo, tra l’altro, l’illegittimità del provvedimento di accesso domiciliare “in quanto l’autorizzazione sarebbe stata rilasciata in assenza dei gravi indizi di violazioni tributarie che dovrebbero legittimarla“. Se l’Ufficio avesse ritenuto trattarsi di locali ad uso non esclusivamente abitativo, avrebbe pertanto dovuto replicare che la fattispecie non esigeva gravi indizi. Invece, sempre dall’esposizione del “Fatto”, emerge la sua difesa nel senso che il Procuratore della Repubblica aveva una certa discrezionalità nel valutare la sussistenza di “gravi indizi”. Significativo è poi il dato che l’Ufficio, nell’esposizione del motivo, afferma di avere più volte sottolineato il fatto decisivo de quo” nell’atto di appello “. Tardiva è dunque la contestazione e perciò tamquam non esset; il che comporta il rigetto del motivo.
3. ll secondo motivo concerne ex articolo 360, comma 1, n. 3 c.p.c. violazione e falsa applicazione degli articoli 33 D.P.R. 600/73 e 52 D.P.R. 633/72 per non avere il giudice di merito ritenuto che il requisito dei gravi indizi di violazioni sia richiesto solo per l’autorizzazione all’accesso a locali esclusivamente di abitazione e non a quelli promiscui. Visto quanto osservato a proposito del primo motivo, e cioè la tardività della contestazione della destinazione dei locali per perseguire l’incidenza dell’articolo 52, comma 1 anziché comma 2, D.P.R. 633/72, essendo quindi inapplicabile il comma 2 che esige a supporto dell’autorizzazione gravi indizi di violazione (necessari solo per l’accesso a locali ad uso esclusivamente abitativo, e non ad uso promiscuo: Cass. 2007 n. 2444; Cass. 2007 n. 9565; Cass. 2009 n. 6836; Cass. 2009 n. 21974; Cass. 2011 n. 21779), il motivo va rigettato.
4. Il terzo motivo, ex articolo 360, comma 1, n. 3 c.p.c., concerne violazione e falsa applicazione dell’articolo 32 D.P.R. 600/73 perché il giudice di merito ha ritenuto inutilizzabili le risultanze dell’accesso bancario per essere il conto corrente cointestato con persone estranee all’accertamento. Nella specie, il conto corrente era cointestato con il figlio, per cui – osserva il ricorrente – la sentenza impugnata contrasta con l’orientamento per cui la presunzione legale ai sensi del citato articolo 32 opera anche sui conti correnti intestati a familiari, per non consentire una facile elusione. Il quesito richiede quindi se l’accertamento può fondarsi sulle risultanze bancarie, non giustificate dal contribuente, di conti correnti cointestati con altri soggetti estranei all’accertamento ma legati al contribuente dal vincolo familiare.
5. Il motivo è fondato: consolidata giurisprudenza (p. es. Cass. 1999 n. 1728, Cass. 2002 n. 8683, Cass. 2003 n. 13391, Cass. 2007 n. 2085, Cass. 2007 n. 6743) ritiene la legittimità dell’estensione delle indagini bancarie ai congiunti, reputando il rapporto familiare sufficiente a giustificare, salvo prova contraria, la riferibilità al contribuente accertato delle operazioni riscontrate su conti correnti bancari intestati o cointestati a familiari.
6. Il quarto motivo attiene ex articolo 360, comma 1, n. 3 c.p.c. alla violazione e falsa applicazione dell’articolo 39, comma 1, lett. d, D.P.R. 600/73 in relazione agli articoli 2727 e 2729 cod. civ. per avere il giudice di merito ritenuto inutilizzabili gli elementi extra-contabili affermando che tutt’al più possono assurgere al rango di meri indizi, senza poter costituire prove dell’evasione. Il ricorrente imputa al giudice di merito di ritenere inutilizzabili, ai sensi del suddetto articolo 39 comma 1, lett. d, gli indizi, i quali sarebbero utilizzabili, invece, purché costituenti presunzioni gravi, precise e concordanti.
Il quesito chiede perciò se l’accertamento ex articolo 39, comma 1, lett. d, D.P.R. 600/73 possa fondarsi anche su elementi indiziari gravi, precisi e concordanti, senza che occorra la prova certa dell’evasione fiscale, con la conseguenza che la documentazione extracontabile, che costituisce indizio grave, preciso e concordante, ben possa fondare, unitamente ad altri, l’accertamento di maggiori ricavi.
7. Il motivo è fondato: il giudice di merito non solo esclude che meri indizi possano costituire prove dell’evasione – ed è vero che, di per sé isolatamente considerati gli indizi non hanno tale valenza – ma altresì li reputa inutilizzabili, violando chiaramente la norma invocata che ne consente l’utilizzazione (da ultimo Cass. 2011 n. 11319 e Cass. 2011 n. 26022) nella globalità del meccanismo presuntivo, legittimando appunto le presunzioni semplici, purché queste siano gravi, precise e concordanti (cioè dotate di inferenza probabilistica univoca, non plurima, e non confliggente con altri elementi probatori: cfr. Cass. 2012 n. 3281) in coerenza con la connotazione evincubile dagli articoli 2727-2729 cod. civ. La risposta al quesito è dunque positiva.
La sentenza, in conclusione, va cassata con rinvio alla CTR in diversa composizione, cui si rimette anche la decisione sulle spese.

P.Q.M.

Rigetta il primo e il secondo motivo del ricorso, accoglie il terzo e il quarto, cassa la
sentenza impugnata in relazione a quanto accolto e rinvia alla CTR di Firenze in diversa composizione, anche perle spese.
Così deciso in Roma il 20 dicembre 2012

Redazione