Accertamento fiscale: i dati forniti in risposta al questionario relativi all’acquisto ed al consumo di farina non corrispondono (Cass. n. 25986/2013)

Redazione 20/11/13
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Svolgimento del processo

A.F. e M.M., in proprio e nella qualità di soci legali rappresentanti della cessata snc Panificio da A. di F.A. & C., propongono ricorso per cassazione, sulla base di due motivi, nei confronti della sentenza che, rigettandone l’appello, ha confermato la legittimità dell’avviso di accertamento, notificato il 2 agosto 2003, emesso ai fini dell’IRPEF e dell’ILOR per l’anno 1998 all’esito del riscontro al questionario inviato alla contribuente ai sensi dell’art. 32 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.
Secondo il giudice d’appello l’atto impositivo era basato sui dati presentati nel bilancio della società allegati alla dichiarazione dei redditi 1998 e su quelli del questionario, in relazione ai quali era stato ricalcolato il volume d’affari della società, “attenendosi alla check list ministeriale utilizzando anche i dati forniti dal panificio nel questionario”.
L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.

Motivi della decisione

Con il privo motivo del ricorso i contribuenti, premesso che i dati relativi all’acquisto ed al consumo di farina da essi stessi indicati nel questionario erano erronei, come sarebbe risultato dalle fatture, prodotte poi in sede contenziosa, attestanti l’acquisto della farina, denunciano vizio di motivazione per la mancata considerazione di fatti decisivi che avrebbero condotto ad una diversa soluzione della controversia.
Con il secondo motivo, denunciando vizio di motivazione e violazione degli artt. 32 e 39, primo comma, lettera d), del d.P.R. n. 600 del 1973, assumono, per un verso, di aver fornito “la prova ai fini della ricostruzione reddituale e del volume d’affari”, dimostrando così che i dati forniti in risposta al questionario erano erronei, e si dolgono che non siano stati assunti “i diversi dati provati in luogo dei dati forniti nel questionario”; per altro verso, che i valori percentuali medi del settore, “privi di riscontri oggettivi”, non potrebbero giustificare presunzioni gravi e precise, in quanto “non confortati da altre risultanze”.
Il ricorso, i cui due motivi vanno esaminati congiuntamente perché strettamente legati, è infondato.
Nell’accertamento delle imposte sui redditi, infatti, con riferimento al regime (applicabile ratione temporis, successivo all’entrata in vigore della legge 18 febbraio 1999, n. 28) di cui al quarto comma dell’art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973, “le notizie e i dati non addotti, e gli atti, i documenti e i registri non esibiti e non trasmessi in risposta agli inviti dell’uffici non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente, ai fini dell’accertamento in sede amministrativa e contenziosa”.
Nella specie, tanto con il primo che con il secondo motivo i ricorrenti muovono dall’assunto che gli elementi, i dati e le notizie da essi stessi forniti in risposta all’invio del questionario di cui al precedente primo comma, n. 4, erano erronei, e dalla doglianza che i documenti successivamente prodotti in giudizio non siano stati adeguatamente considerati dal giudice d’appello.
La censura in tali termini formulata non disvela alcuna violazione delle disposizioni in rubrica, atteso che l’ufficio è abilitato a procedere all’accertamento induttivo – nella specie, a ben vedere, analitico-induttivo-, “se l’incompletezza, la falsità o l’inesattezza degli elementi indicati nella dichiarazione e nei relativi allegati risulta dall’ispezione delle scritture contabili e dalle altre verifiche di cui all’art. 33 ovvero dal controllo della completezza, esattezza della veridicità delle registrazioni contabili sulla scorta delle fatture e degli altri atti e documenti relativi all’impresa nonché dei dati e delle notizie raccolti dall’ufficio nei modi previsti dall’art. 32″, e quindi anche mediante questionario: l’esistenza di attività non dichiarate o la inesistenza di passività dichiarate é desumibile anche sulla base di presunzioni semplici purché queste siano gravi, precise e concordanti.
La Commissione regionale, nel caso in esame, esaminati “tutti i documenti allegati al ricorso, in particolare tutte le fatture” – del cui mancato esame i ricorrenti, al contrario, si dolgono – “incluse le pezze giustificative dello Sri Lanka; tutti i conteggi dell’ufficio; tutte le motivazioni ed eccezioni proposte dalle parti”, ha ritenuto corretto l’accertamento, osservando che “sulla base dei dati presentati nel bilancio della società allegati alla dichiarazione dei redditi 1998 e di quelli contenuti nella risposta del questionario ricevuto”, l’ufficio aveva ricalcolato il volume d’affari della società, “attenendosi alla check list ministeriale utilizzando anche i dati forniti dal panificio nel questionario”.
In tale quadra non può, in particolare, dirsi che l’impiego della percentuale media di settore, relativa alla resa della farina, fosse un valore assoluto “privo di riscontri oggettivi” e “non confortato da altre risultanze”.
Il secondo motivo si rivela così diretto ad operare una diversa ricostruzione dei fatti, inammissibile nella presente sede, tanto più che la tenuta logica della motivazione della sentenza impugnata non sembra censurabile in modo adeguato muovendo dall’assunto che i dati forniti dagli stessi contribuenti all’amministrazione con il questionario erano erronei.
Il ricorso va pertanto rigettato.
La particolarità della fattispecie giustifica la compensazione delle spese fra le parti.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.
Dichiara interamente compensate fra le parti le spese del giudizio.

Redazione