Abuso di ordinanze: il Comune non può utilizzare lo strumento dell’ordinanza contingibile ed urgente, senza motivarne adeguatamente la necessità (Consiglio di Stato, sez. V, 2/3/2015, n. 988)

Redazione 02/03/15
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Il Caso: Una impresa di costruzioni aggiudicataria dell’appalto indetto dalla Provincia relativo ai servizi e lavori di manutenzione ordinaria di alcune strade, otteneva dal Comune il nulla osta per l’esercizio temporaneo, sui fondi di proprietà comunale, dell’attività di deposito materiali inerti da costruzioni. Sennonchè con ordinanza, assunta ai sensi dell’art. 50 del d.lgs. n. 267/2000, il Sindaco del Comune ingiungeva all’impresa la sospensione immediata di ulteriori depositi sull’area in questione e lo sgombero dell’area medesima, sul presupposto che «il deposito … di terra, di carattere particolarmente rilevante, non è legato all’espletamento del servizio di sicurezza stradale a cui il nulla osta temporaneo rilasciato … faceva esplicito ed esclusivo riferimento».

 

La Corte riporta un costante insegnamento della giurisprudenza secondo il quale: ” il potere di ordinanza presuppone necessariamente situazioni non tipizzate dalla legge di pericolo effettivo, la cui sussistenza deve essere suffragata da istruttoria adeguata e congrua motivazione, ed in ragione delle quali si giustifica la deviazione dal principio di tipicità degli atti amministrativi e la possibilità di derogare alla disciplina vigente, stante la configurazione residuale, quasi di chiusura, di tale tipologia provvedi mentale
Nella specie, come già osservato, l’Amministrazione non ha svolto l’accertamento istruttorio teso all’identificazione della qualità, della quantità, della composizione e della provenienza dei materiali accumulati.
Neppure nel verbale di sopralluogo si rinviene la specifica presenza di possibili pericoli per la pubblica incolumità, che l’Amministrazione ha addotto solo in corso di causa.
Corte di Cassazione, sez. V, sentenza 28 ottobre 2014 – 2 marzo 2015, n. 988
(Omissis)
Fatto
1. L’impresa ******************* s.n.c. di *************** & ****** (nel prosieguo semplicemente *******) – aggiudicataria dell’appalto indetto dalla Provincia di Pavia relativo ai servizi e lavori di manutenzione ordinaria SS.PP. E ex SS.SS. Viabilità Sud del Po – Zona Oltrepò 2 – otteneva dal Comune di Zenevredo il nulla osta per l’esercizio temporaneo, sui fondi di proprietà comunale, dell’attività di deposito materiali inerti da costruzioni.
Sennonchè con ordinanza n. 6 /2005, assunta ai sensi dell’art. 50 del d.lgs. 267/2000, il Sindaco del Comune di Zenevredo ingiungeva all’impresa ******* la sospensione immediata di ulteriori depositi sull’area de qua e lo sgombero dell’area medesima, sul presupposto che “il deposito … di terra, di carattere particolarmente rilevante, non è legato all’espletamento del servizio di sicurezza stradale a cui il nulla osta temporaneo rilasciato … faceva esplicito ed esclusivo riferimento”.
2. Per ottenere l’annullamento di detta ordinanza, l’impresa ******* proponeva il ricorso n. 593 del 2006 al Tar Lombardia-Milano deducendo, in estrema sintesi, l’insussistenza di alcuna delle competenze sindacali previste dall’art. 50 T.U.E.L., nonché l’erroneo ed immotivato richiamo del D.P.R. n. 380/2001.
Si costituiva in giudizio l’Amministrazione, sostenendo la legittimità della gravata ordinanza, sia in relazione alla competenza sindacale (avendo il Comune di Zenevredo una popolazione inferiore ai 5.000 abitanti, sicché l’adozione di atti gestionali in capo al Sindaco sarebbe stata giustificata dall’art. 53 T.U.E.L.), sia con riguardo al merito della stessa (sussistendo sia i presupposti per l’adozione di un’ordinanza contingibile ed urgente, vista la pericolosità del materiale stoccato, sia la violazione di norme di carattere edilizio ed urbanistico, poiché la movimentazione di terra comporta una trasformazione non autorizzata del territorio, peraltro in concreto incompatibile con il P.R.G.).
3. All’esito del giudizio, con la sentenza n. 3601/2009, il Tribunale adito accoglieva il ricorso rilevando:
– che dalla lettura del provvedimento e del correlato verbale di sopralluogo non sarebbe ricavabile “alcun elemento che rappresenti né un’emergenza sanitaria, né di igiene pubblica, né la sussistenza di gravi pericoli che minacciano l’incolumità dei cittadini” e che le ulteriori osservazioni, espresse in corso di causa dall’Amministrazione, sarebbero del tutto indimostrate e non confermate da risultanze documentali;
– che il D.P.R. n. 380/2001 sarebbe stato apoditticamente richiamato e che la movimentazione di terra, peraltro ammessa dal rilasciato nulla osta, non avrebbe comportato alcuna definitiva trasformazione del territorio;
– che mancava la contestazione, nel provvedimento oggetto di giudizio, della violazione di alcuna norma di Piano, nonché la dimostrazione del fatto che il materiale avrebbe avuto provenienza diversa da cantieri stradali.
4. Avverso detta sentenza l’Amministrazione comunale ha quindi interposto l’odierno appello, chiedendone l’integrale riforma.
Si è costituita in giudizio l’impresa *******, chiedendo la reiezione del gravame e riproponendo i motivi dichiarati assorbiti dal Tar.
Alla camera di consiglio del 28 ottobre 2014, la causa è stata trattenuta in decisione.
Diritto

1. Con i primi due mezzi di gravame, l’Amministrazione appellante deduce l’erroneità della gravata sentenza, laddove:
– non ha rilevato che l’ordinanza adottata, anche a prescindere dalla sua qualificazione come contingibile ed urgente, rientrerebbe tra le competenze attribuite al Sindaco ai sensi dell’art. 53 T.U.E.L. atteso che, nei Comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti, la responsabilità degli uffici e dei servizi ed il potere di adottare atti di natura gestionale possono essere affidati anche a tale organo;
– non ha riconosciuto la sussistenza dei requisiti legittimanti l’adozione di un provvedimento extra ordinem, ossia la pericolosità del materiale in relazione alla presenza della sottostante falda acquifera e dei tralicci dell’alta tensione.
2. La doglianza è priva di fondamento.
3. Ed invero, osserva il collegio come sul piano giuridico il provvedimento in contestazione costituisca, in modo inequivoco, una ordinanza contingibile ed urgente assunta dal Sindaco del Comune di Zenevredo ai sensi dell’art. 50 del D.Lgs. 267/2000, espressamente richiamato nell’ordinanza medesima quale suo presupposto sia formale che sostanziale.
La qualificazione di ordinanza contingibile ed urgente, del resto, è stata operata dalla stessa Amministrazione nel corso del giudizio di primo grado, allorquando ha sostenuto che la sua adozione è stata giustificata dalla necessità di evitare l’inquinamento delle falde acquifere e l’interferenza con la linea elettrica.
4. Orbene, nonostante detto richiamo normativo e detta qualificazione, nella specie non sono ravvisabili i presupposti per l’adozione di un’ordinanza extra ordinem.
Per un verso, infatti, l’Amministrazione non ha effettuato una specifica istruttoria sulla asserita pericolosità del materiale inerte depositato rispetto alle falde acquifere, né la sua specifica interferenza con la linea elettrica, limitandosi ad enunciare tali evenienze in modo generico ed apodittico.
Per altro verso, poi, il riferimento alla quantità del materiale depositato ha genericamente riguardato un “rilevante accumulo”, senza alcuna ulteriore specificazione, tale da evidenziare una effettiva pericolosità dello stato dei luoghi.
Secondo il costante insegnamento della giurisprudenza anche di questa Sezione, viceversa, “il potere di ordinanza presuppone necessariamente situazioni non tipizzate dalla legge di pericolo effettivo, la cui sussistenza deve essere suffragata da istruttoria adeguata e congrua motivazione, ed in ragione delle quali si giustifica la deviazione dal principio di tipicità degli atti amministrativi e la possibilità di derogare alla disciplina vigente, stante la configurazione residuale, quasi di chiusura, di tale tipologia provvedi mentale” (Cons. Stato, Sez. V, 25 maggio 2012, n. 3077, che richiama Cons. Stato, Sez. V, 20 febbraio 2012, n. 904 e Cons. Stato, Sez. VI, 5 settembre 2005, n. 4525).
Nella specie, come già osservato, l’Amministrazione non ha svolto l’accertamento istruttorio teso all’identificazione della qualità, della quantità, della composizione e della provenienza dei materiali accumulati.
Neppure nel verbale di sopralluogo si rinviene la specifica presenza di possibili pericoli per la pubblica incolumità, che l’Amministrazione ha addotto solo in corso di causa.
Le censure dell’appellante, quindi, vanno respinte.
5. Con ulteriore profilo di gravame il Comune appellante deduce l’erroneità della sentenza impugnata, laddove non ha riconosciuto la correttezza del richiamo operato nell’ordinanza per cui è causa al D.P.R. n. 380/2001, attesa la movimentazione di terra effettuata dall’impresa *******.
6. Anche detta censura è priva di fondamento.
7. Ed invero, come correttamente osservato dal primo giudice, con il generico richiamo al D.P.R. n. 380/2001 l’atto impugnato in primo grado è incorso nel vizio di eccesso di potere, poiché l’Amministrazione non ha indicato quale specifica disposizione del Testo Unico dell’Edilizia o delle N.T.A. del P.R.G. di Zenevredo sia stata nella specie violata, né il perché l’impresa abbia posto in essere attività non consentite dal nulla osta a suo tempo rilasciato in suo favore.
8. Va altresì respinto l’ultimo profilo di censura con cui il Comune deduce l’erroneità della gravata sentenza, laddove non ha rilevato che l’ordinanza in questione trova comunque una sua giustificazione nell’affermazione in essa contenuta secondo cui “il deposito in oggetto di terra … non è legato all’espletamento del servizio di sicurezza stradale di cui al nulla osta temporaneo rilasciato in data 24.11.2005” .
Al riguardo, infatti, va rilevato come anche la ragione, posta a base dell’atto comunale, non abbia fatto riferimento a specifiche risultanze istruttorie, sicché va confermata la statuizione del TAR sul suo difetto di motivazione.
9. Per le ragioni che precedono, l’appello risulta infondato e va respinto, con conferma della sentenza impugnata e con salvezza degli ulteriori provvedimenti, ove siano preceduti da una adeguata istruttoria e siano basati su una adeguata motivazione.
10. L’infondatezza dell’appello comporta che non vanno esaminati i motivi di primo grado assorbiti in prime cure e riproposti dall’impresa ******* nel proprio controricorso.
11. Le spese del secondo grado seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) definitivamente pronunciando sull’appello n. 9506 del 2009, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna il Comune di Zenevredo a rifondere alla società appellata le spese del secondo grado di lite, che si liquidano in Euro 2.000,00 (duemila/00), oltre accessori come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
(Omissis)

Redazione