Abusiva trasformazione delle res condominiali e responsabilità extracontrattuale del costruttore che dopo aver trasformato un lastrico in appartamento proceda alla sua vendita (Trib. Brindisi, sez. distacc. di Ostuni, 1/3/2012) (inviata da A. I. Natali)

Redazione 01/03/12
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1. Nel caso di abusiva trasformazione delle res condominiali non è richiamabile la disciplina in materia di sopraelevazioni di cui all’art. 1227 c.c.. che opera, invero, con riguardo esclusivo alle costruzioni realizzate dal proprietario esclusivo dell’ultimo piano dell’edificio o da chi è proprietario esclusivo del lastrico solare.

 

2. Nel caso di abusiva trasformazione delle res condominiali non è applicabile la disciplina dei vizi nel contratto di compravendita, in quanto la preclusione ai condomini della facoltà di “accesso e utilizzo del lastrico solare” non costituisce un vizio della res, da far valere nei termini di decadenza e prescrizione, previsti dalla disciplina codicistica, ai fini delle azioni che discendono da una compravendita immobiliare, ma la lesione di una delle facoltà in cui si concreta il diritto dominicale.

 

FATTO E DIRITTO

Nel proprio atto di citazione gli attori lamentavano che – dopo l’acquisto dell’appartamento sito in C. alla via G. C., 10, facente parte di un condominio composto da quattro appartamenti, due al piano rialzato con ingresso singolo e due a primo piano, di cui uno di proprietà degli attori, con ingresso da scala condominiale da cui si accedeva alle lavanderie ed al lastrico solare siti al secondo piano, la società venditrice, L.C. s.r.l., chiudeva illegittimamente l’accesso al lastrico solare ed alle lavanderie trasformando queste ultime in un appartamento realizzato in parte sul lastrico solare condominiale.

 

La legittimazione passiva della L.C. srl

In primis, deve essere rigettata in parte qua l’eccezione relativa al dedotto difetto di legittimazione passiva della convenuta.
Difetto che la tal ultima deduce dall’essere le azioni intraprese nei confronti della L.C. srl, inerenti ad un “immobile di proprietà di terzi rispetto al quale la società convenuta ancor prima dell’inizio del procedimento non era titolare di alcun diritto, né dominicale né possessorio.
Infatti, l’attore ha dedotto un illecito in capo alla convenuta e sia la richiesta di accertamento del diritto degli attori, quali condomini, sulle res condominiali, sia quella di ripristino dello stato dei luoghi, al pari della domanda risarcitoria per equivalente, sono legittimamente esperibili nei confronti della società convenuta che, se riconosciuta reale autrice dell’illecito dedotto sarebbe obbligata alla conseguenze risarcitorie, anche in forma specifica, ricollegate dall’ordinamento ad ogni fatto illecito.
Orbene, (cfr. risposta del CTU al quesito n. 3), dagli elaborati grafici allegati alla concessione edilizia n. 304 dell’11.08.1995, in base alla quale è stato realizzato il condominio, si rileva che i vani siti al secondo piano, illo tempore, erano qualificati “come vani tecnici (ed, in particolare) lavanderie”.
Inoltre, dall’elaborato progettuale, “si evince che dal vano scala condominiale, attraverso le ciascun locale lavanderia”, era prevista la possibilità di accesso “al lastrico solare a livello, anch’esso condominiale”.
Ciò premesso, le risultanze della prova testimoniale risultano idonee a corroborare l’assunto secondo cui, quando gli attori hanno acquistato l’abitazione, dalle scale condominiali si accedeva liberamente alle lavanderie e, per il tramite di queste, al lastrico solare condominiale.
Per contro, devono ritenersi inattendibili le dichiarazioni rese dai testi di parte convenuta, anche perché parzialmente smentite dalle risultanze documentali (cfr. copie progetti depositati al Comune di Carovigno).
Orbene, consta ex actis che gli attori hanno acquistato il loro appartamento – unitamente alla contitolarità delle res condominiali – con atto pubblico del 16.09.1998, registrato in Ostuni il 05.10.1998, dal quale, non emerge alcuna riserva di proprietà, dei vani tecnici denominati lavanderie e dei lastrici solari condominiali, in favore della società venditrice. Riserva che rappresenta l’unico strumento attraverso il quale la società venditrice avrebbe potuto conservare la proprietà delle lavanderie e dei lastrici solari. (Cass. Civ., sez. III, 07.08.2002, n. 11877).
Pertanto, deve ritenersi che, in applicazione dell’art. 1117 c.c., al momento dell’acquisto, gli attori siano divenuti proprietari, quali parti comuni dell’edificio condominiale, anche delle lavanderie e degli spazi ai quali le prime consentivano l’accesso, salvo la necessità di provvedere ad una corretta qualificazione degli stessi.
Infatti, l’art. 1117 recita: “Sono oggetto di proprietà comune dei proprietari dei diversi piani o porzioni di piani di un edificio, se il contrario non risulta dal titolo:
1) il suolo su cui sorge l’edificio, le fondazioni, i muri maestri, i tetti e i lastrici solari, le scale, i portoni d’ingresso, i vestiboli, gli anditi, i portici, i cortili e in genere tutte le parti dell’edificio necessarie all’uso comune;
2) i locali per la portineria e l’alloggio del portiere, per la lavanderia, per il riscaldamento centrale, per gli stenditoi e per altri simili servizi in comune;
3) le opere, le installazioni, i manufatti di qualunque genere che servono all’uso e al godimento comune, come gli ascensori, i pozzi, le cisterne, gli acquedotti e inoltre le fognature e i canali di scarico, gli impianti per l’acqua, per il gas, per l’energia elettrica, per il riscaldamento e simili, fino al punto di diramazione degli impianti ai locali di proprietà esclusiva dei singoli condomini”.
Orbene, se per i locali, originariamente adibiti a lavanderia, la condominialità deve ritenersi in re ipsa nella loro accedibilità da parte dei singoli condomini, oltre che nella loro strumentalità e funzionalità alle singole proprietà esclusive – per quanto concerne quella che – dopo l’illecita trasformazione – può definirsi una “terrazza a livello”, giovino le seguenti considerazioni.

 

La terrazza a livello e il lastrico solare: criteri distintivi

Come noto, in tema di edifici in condominio, almeno secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità, per terrazza a livello deve intendersi, in un edificio condominiale, una superficie scoperta posta al sommo di alcuni vani e, nel contempo, sullo stesso piano di altri, dei quali costituisce parte integrante strutturalmente e funzionalmente, talché deve ritenersi per il modo in cui è stata realizzata, che è destinata non solo e non tanto a coprire una parte del fabbricato, ma soprattutto a dare possibilità di espansione e di ulteriore comodità all’appartamento del quale è contigua, costituendo di esso una proiezione all’aperto. Per contro, il lastrico solare, al pari del tetto, assolve essenzialmente la funzione di copertura dell’edificio, di cui forma parte integrante sia sotto il profilo meramente materiale, sia sotto il profilo giudiziale (sent. 21 maggio 1974 n. 1501; 28 aprile 1986 n. 2924).
Orbene, affinché una terrazza a livello che esplichi anche funzioni di copertura dei piani sottostanti, possa ritenersi di proprietà esclusiva del proprietario dell’appartamento da cui si accede alla terrazza stessa, ove tale appartenenza non risulti dal titolo, è necessario che essa faccia parte integrante da un punto di vista strutturale e funzionale del piano cui è annessa, di guisa che la funzione di copertura dei piani sottostanti si profili come meramente sussidiaria (cfr. Cassazione civile sez. II. 22 aprile 1994, n. 3832).

Orbene, nel caso de quo, anche a negare la natura di lastrico solare di quella che è attualmente una terrazza a livello – e, quindi, che la stessa svolgesse la funzione di copertura dei piani sottostanti (o questa ne costituisse solo una funzione residuale) – deve ritenersi che essa – anche in conseguenza delle sue modalità di accesso da parte dei condomini – fosse strettamente connessa ai locali lavanderia e in una relazione di accessorietà rispetto a questi.
Dunque, al più se ne dovrebbe predicare l’accessorietà rispetto ai locali lavanderia che, però, per le ragioni summenzionate, erano condominiali e tale, dunque, doveva considerarsi anche la terrazza a livello.

 

Irrilevanza del rilascio del permesso di costruire in sanatoria

Né, dovendosi procedere alla qualificazione delle res de quibus, con esclusivo riguardo al momento dell’acquisto, del proprio immobile, da parte degli attori, può riconoscersi rilievo alla circostanza – temporalmente successiva al suddetto acquisto – che la società venditrice abbia dapprima modificato i locali de quibus, per, poi, ottenere, in data 07.04.2000, in virtù della concessione n. 72, il cambio di destinazione d’uso dei vani tecnici-lavanderie in civile abitazione.
Con riguardo a tal ultimo aspetto, come noto, la rilevanza giuridica della licenza o concessione edilizia (ora permesso di costruire) si esaurisce nell’ambito del rapporto pubblicistico tra p.a. e privato richiedente o costruttore, senza estendersi ai rapporti tra privati, regolati dalle disposizioni dettate dal codice civile e dalle leggi speciali in materia edilizia, nonché dalle norme dei regolamenti edilizi e dai piani regolatori generali locali.
Ne consegue che, ai fini della decisione delle controversie tra privati derivanti dalla esecuzione di opere edilizie, sono irrilevanti tanto la esistenza originaria del titolo abilitativo, ovvero il fatto di avere costruito in conformità alla concessione (ipotesi cui deve equipararsi quella del successivo rilascio del permesso in sanatoria), non escludendo tali circostanze, in sé, la violazione del codice civile e degli strumenti urbanistici locali; quanto la mancanza della licenza o della concessione, quando la costruzione risponda oggettivamente a tutte le disposizioni normative sopra indicate (cfr. Cass. Civ. n. 6038 dell’ 11.5.2000).
Parimenti irrilevante deve ritenersi la circostanza che la società costruttrice-venditrice abbia potuto frazionare ed accatastare le lavanderie e/o l’appartamento in quanto atto unilaterale non idoneo, per la sua natura, a consentire il superamento della presunzione di proprietà ex art. 1117 c.c., specie, per l’assenza della formulazione di una riserva di proprietà a proprio nome (Cass. Civ., sez. II, 16.01.2008 n. 730; Cass. Civ., sez. III, 07.08.2002, n. 11877).
Peraltro, tale trasformazione è illegittima in quanto fatta su proprietà condominiale da un soggetto terzo rispetto a tale proprietà.
Se anche al momento dell’illecita trasformazione l’impresa era proprietaria esclusiva di qualche bene facente parte del Condominio, se ne dovrebbe dedurre che la stessa ha illecitamente ecceduto i poteri del comproprietario- condominio, alterando la destinazione della res comune e appropriandosene.

 

Non richiamabilità della disciplina di cui all’art. 1227 c.c.

Né, nel caso di specie, sarebbe possibile richiamare la disciplina della sopraelevazione di cui all’art. 1127 c.c. – operante, invero, con riguardo alle costruzioni realizzate dal proprietario esclusivo dell’ultimo piano dell’edificio o da chi è proprietario esclusivo del lastrico solare – in quanto quest’ultima presuppone la ricostruzione dell’intero tetto o del lastrico solare al livello superiore, senza pregiudizio per la proprietà condominiale (cfr. Cassazione civile sez. II,
07 gennaio 1984 n. 101, secondo cui un condomino non può trasformare un manufatto condominiale avente la sola funzione di copertura (nella specie un tetto) in una terrazza a livello per il proprio uso esclusivo, atteso che in siffatto modo viene alterata la destinazione della cosa comune e si attrae, in contrasto con l’art. 1102 c.c., nella proprietà esclusiva un bene di uso condominiale).
Ne consegue che i condomini attori hanno, pertanto, il diritto di chiedere il ripristino dello stato dei luoghi, secondo i tempi e le forme tipiche della tutela dominicale.
Con riguardo alla posizione dei convenuti, giovino le seguenti considerazioni.
La condanna deve essere pronunciata nei confronti della sola ditta costruttrice in quanto esclusiva autrice dell’illecito, consistente nell’illecita modificazione della res condominiale in immobile da destinare ad abitazione.
Né l’aver acquistato il bene, frutto dell’illecita trasformazione, è circostanza idonea a rendere corresponsabile dell’illecito della convenuta lo I., in relazione al quale appare più consona la veste di vittima dell’abuso de quo.
D’altronde, l’acquirente del bene de quo -in virtù della generale presunzione di buona fede soggettiva ex art. 1147 c.c. – deve considerarsi assistito da tale peculiare status soggettivo, per lo meno, al momento dell’acquisto.

 

Il danno da impossibilità di godimento del bene comune come danno in re ipsa

Peraltro, poichè, con la detta sopraelevazione, i condomini sono stati privati della possibilità di accedere liberamente al lastrico solare per esercitare i diritti che si riconnettono alla suddetta qualità (installazione di antenne televisive, installazione di vasche di recupero acqua, utilizzo del lastrico per sciolinare i panni ecc.), essi hanno diritto al riconoscimento di un risarcimento del danno che deve essere quantificato, in via equitativa, nella misura di euro 4000,00.
Questo Giudice ritiene, infatti, che, nel caso di specie, venga in rilievo un danno in re ipsa, individuabile, di per sé, nella perdita della disponibilità del bene da parte del dominus.
Tale ordine di considerazioni è avvalorato dall’apprezzabile protrarsi nel tempo della inutilizzabilità del bene, da parte degli attori.
Alla durata della situazione di illiceità, ancora permanente, deve essere commisurata l’entità del suddetto pregiudizio in quanto – in base ad una massima di comune di esperienza di difficile smentita – deve ritenersi che l’immobile sarebbe stato oggetto di un’utilizzazione effettiva, nell’esercizio dei poteri che si riconnettono alla qualità di condomino.
D’altronde, la configurazione del danno quale danno-conseguenza è stata consacrata, dalla Suprema Corte, a Sezioni Unite, con la pronuncia dell’11.11.2008 in relazione al solo danno non patrimoniale, in ragione sia della peculiare natura dello stesso, in quanto idoneo ad attingere beni personali di rilevanza costituzionale, sia della tendenza, affermatisi nell’ambito della giurisprudenza di prossimità, a moltiplicare le ipotesi di danno risarcibile.
Orbene, in considerazione delle predette riflessioni, la determinazione del risarcimento del danno ben può essere operata in tali ipotesi, sulla base di elementi presuntivi semplici, anche facendo riferimento al cosiddetto “danno figurativo” (Cass. 21/1/2000 n. 649; 18/2/1999 n. 1373; 4/2/1998 n. 1123).
Il suddetto perso risarcitorio, per le ragioni su espresse, deve essere posto a carico della sola L.C. ******
Per contro, non può trovare accoglimento perché irrilevante, ai fini del thema decidendum, la domanda, proposta dall’attrice e volta ad accertare che la costruzione dell’appartamento de quo sarebbe avvenuta in violazione delle norme urbanistiche del comune di C.
Così deve essere rigettata, perché non provata, la domanda di accertamento dell’idoneità della costruzione dell’appartamento ad arrecare pregiudizio alla stabilità ed alla sicurezza del palazzo otre che al decoro architettonico.

 

L’inapplicabilità della disciplina dei vizi nelle ipotesi di illegittima trasformazione delle res condominiali

Parimenti, non può accogliersi la eccezione, sollevata dalla L.C., di decadenza dal diritto alla garanzia, per non aver gli attori denunziato i presunti vizi “entro 8 giorni dalla scoperta e per avere lasciato trascorrere il termine prescrizionale di un anno”.
Infatti, la preclusione ai condomini della facoltà di “accesso e utilizzo del lastrico solare” non costituisce un vizio della res, da far valere nei termini di decadenza e prescrizione, previsti dalla disciplina codicistica, ai fini delle azioni che discendono da una compravendita immobiliare, ma la lesione di una delle facoltà in cui si concreta il diritto dominicale. Tale è, appunto, la relazione che lega il singolo condomino alle res condominiali.
Le spese – comprese quelle di ctu – liquidate come da dispositivo – seguono la soccombenza della L.C. S.R.L..
Per contro, si ritiene equo compensare le spese fra gli attori e I.G..

 

P.Q.M.

 

Il Giudice, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da S.G. e M.C., nei confronti di L.C. ******, n o n c h è nei confronti di OMISSIS, così provvede:
1) accerta e dichiara che gli attori erano proprietari di tutte le parti comuni del condominio ed, in particolare, delle lavanderie e della terrazza a livello ad esse contigua, fin dal momento in cui hanno acquistato l’appartamento sito in C. alla via G. C. censito al N.C.E.U. alla partita 7382, fg. 40, mappale 2321 sub. 45, categoria A/3, classe 4^, vani 7 RCL. 945.000 e fg. 40, mappale 2321 sub. 18, categoria c/6, classe 3^, mq.27, RCL. 81000;
2) conseguentemente, dichiara illegittima ed abusiva la costruzione dell’appartamento sul lastrico solare realizzata dalla L.C. s.r.l.;
3) condanna la sola L.C. ******, al ripristino dello stato dei luoghi ripristinando la situazione quo ante all’illecita trasformazione;
4) condanna la L.C. ******, al risarcimento dei danni che si quantificano, in via equitativa, in euro 4000,00;
7) condanna la L.C. ******, al pagamento di spese e competenze di lite in favore degli attori, liquidate in complessivi euro 3500,00 di cui euro 190,00 per spese, euro 2100,00 per diritti ed euro 1300,00 per onorario, oltre *** e Cap e spese generali come per legge;
8) pone, definitivamente, a carico della L.C. S.R.L, le spese della disposta CTU;
9) spese compensate fra gli attori e I.G..

 

IL GIUDICE
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Redazione