7 grammi di hashish in macchina: non può bastare il superamento della soglia limite per contestare l’ipotesi dello spaccio (Cass. pen. n. 19047/2013)

Redazione 02/05/13
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Ritenuto di fatto

1. Con la decisione indicata in epigrafe la Corte d’appello di Catanzaro, in riforma della sentenza emessa l’8 febbraio 2008 dal Tribunale di Rossano, ha assolto ************** dal reato di cui all’art. 73 d.P.R. 309/1990, ritenendo che non ci fossero prove sufficienti per affermare che la sostanza stupefacente detenuta, pari a gr. 7,150 di hashish, non fosse destinata ad un uso esclusivamente personale.
2. Ricorre per cassazione il procuratore generale presso la Corte d’appello di Catanzaro, deducendo l’erronea applicazione dell’art. 73 d.P.R. 309/1990 e il vizio di motivazione. In particolare, il ricorrente assume che la sostanza stupefacente detenuta dall’imputato non fosse destinata all’uso esclusivamente personale, desumendo ciò dal dato quantitativo che, in quanto superiore alle soglie limite fissate dal d.m. 11 aprile 2006 e richiamate dal testo unico sugli stupefacenti, fa sorgere una presunzione relativa di destinazione della sostanza. L’imputato, per vincere tale presunzione, avrebbe dovuto fornire adeguate e plausibili ragioni del motivo del superamento del quantitativo detenibile, il che non è avvenuto, sicché i giudici d’appello avrebbero dovuto, sulla base del solo dato quantitativo, ritenere la sussistenza del reato. Peraltro, nel ricorso vengono indicate ulteriori circostanze a dimostrazione del fine di spaccio, tra cui la modalità di confezionamento del l’hashish, suddiviso in dieci stecchette, ciascuna custodita in un involucro di alluminio, nonché il fatto che l’imputato non risultasse essere tossicodipendente.

Considerato in diritto

3. I motivi proposti sono manifestamente infondati.
La parte ricorrente assume che la detenzione di un quantitativo di sostanza stupefacente superiore ai limiti indicati nel d.m. 4 agosto 2006 ponga a carico dell’imputato un onere di allegazione e di prova finalizzato a superare la presunzione di detenzione dello stupefacente per uso non personale. Si tratta di una lettura delle disposizioni in materia che non può essere accolta e che è contraddetta dalla stessa giurisprudenza di questa Corte, secondo cui ai fini della configurabilità del reato previsto dall’art. 73 dei d.P.R. n. 309/90, non è la difesa a dover dimostrare l’uso personale della droga detenuta, ma è invece l’accusa, secondo i principi generali, a dover provare la detenzione della droga per uso diverso da quello personale (tra le tante, Sez. VI, 22 settembre 2003, ********; Sez. IV, 4 giugno 2004, n. 36755, *******, Sez. IV, 25 settembre 2008, n. 39262, ********). Infatti, la destinazione della sostanza allo “spaccio” è elemento costitutivo del reato di illecita detenzione della stessa e, come tale, deve essere provata dalla pubblica accusa, non spettando all’imputato dimostrare la destinazione all’uso personale della sostanza stupefacente di cui sia stato trovato in possesso.
Nella specie, la Corte d’appello ha fatto una corretta applicazione di questi principi e, sulla base di un attenta analisi degli elementi dì prova acquisiti sorretta da una coerente motivazione, ha escluso che l’hashish in possesso dell’imputato fosse destinato alla cessione a terzi, giustificando tale decisione non solo in rapporto alla quantità di sostanza stupefacente detenuta, ritenuta “non particolarmente significativa”, ma sottolineando l’assenza di comportamenti attribuibili all’imputato rivelatori di un’attività di cessione. In corso di svolgimento nonché la mancanza di strumenti funzionali al confezionamento ovvero alla pesatura della droga, tutti elementi che complessivamente valutati sono stati ritenuti inidonei a fondare una sua responsabilità penale, D’altra parte, la stessa sentenza ha spiegato le ragioni per le quali le modalità di custodia dello stupefacente (suddiviso in stecchette e occultato all’interno dell’autovettura) – ritenute particolarmente significative dal pubblico ministero ricorrente – costituiscano in realtà elementi scarsamente significativi, che non apportano alcuna prova determinante a favore della tesi accusatoria, in quanto anche il soggetto che faccia uso personale di droghe prende naturalmente le sue precauzioni per non essere scoperto, dai momento che il semplice uso personale è comunque punito, sebbene con sanzioni amministrative.
Infine, correttamente la sentenza ha considerato del tutto neutro il fatto che il maresciallo C. non conoscesse l’imputato come assuntore dì sostanze stupefacenti: non si vede, infatti, quale peso probatorio possa avere un tale elemento riferito peraltro in maniera del tutto generica.
4. La manifesta infondatezza dei motivi proposti determina l’inammissibilità del ricorso.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso. Così deciso il 10 gennaio 2013.

Redazione