Rischio di recidiva e attualità del pericolo: chiarimenti della Cassazione

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 13593 del 13 marzo 2024, ha fornito chiarimenti in merito al rischio di recidiva e all’attualità del pericolo in relazione dell’emissione di misure cautelari. Per approfondimenti si consiglia il seguente volume, il quale fornisce indicazioni operative e soluzioni per una corretta redazione degli atti e per evitare gli errori più frequenti: Appello e ricorso per Cassazione penale dopo la Riforma Cartabia Indice 1. I fatti 2. Rischio di recidiva e attualità del pericolo: l’analisi della Cassazione 3. La decisione della Cassazione 1. I fatti Il Tribunale di Palermo, in parziale accoglimento dell’appello cautelare proposto nell’interesse dell’indagata, annullava l’ordinanza emessa dal Gip presso il Tribunale di Termini Imerese in relazione al contestato reato di estorsione in concorso e, per l’effetto, sostituiva nei confronti della stessa la misura dell’obbligo di dimora con prescrizioni con quella dell’obbligo di presentazione quotidiano. Avverso tale ordinanza, è stato proposto ricorso per Cassazione affidato ad un unico motivo con il quale si denunciava violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’art 274, comma 1, lett. c) cod. proc. pen.: la difesa non ha individuato il motivo per il quale si ritiene sussistente il rischio di recidivazione o, quanto meno, l’elevata probabilità che alla ricorrente si presentino effettivamente occasioni analoghe, non meramente ipotetiche o astratte, per compiere ulteriori delitti. Per approfondimenti si consiglia il seguente volume, il quale fornisce indicazioni operative e soluzioni per una corretta redazione degli atti e per evitare gli errori più frequenti: 2. Rischio di recidiva e attualità del pericolo: l’analisi della Cassazione La Corte di Cassazione, nell’analizzare il ricorso, sostiene che il motivo sollevato sia manifestamente infondato perché contrario all’orientamento maggioritario della giurisprudenza di legittimità, secondo cui, in tema di misure cautelari personali, “il requisito dell’attualità del pericolo previsto dall’art. 274, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. non è equiparabile all’imminenza di specifiche opportunità di ricaduta del delitto e richiede, invece, da parte del giudice della cautela, una valutazione prognostica sulla possibilità di condotte reiterative, alla stregua di un’analisi accurata della fattispecie concreta, che tenga conto delle modalità realizzative della condotta, della personalità del soggetto e del contesto socio-ambientale, la quale deve essere tanto più approfondita quanto maggiore sia la distanza temporale dai fatti, ma non anche la previsione di specifiche occasioni di recidivanza”. La difesa, al contrario, si era affidata ad un orientamento minoritario, rimasto isolato nel panorama giurisprudenziale, secondo cui occorrerebbe la dimostrazione che all’imputato si presenti effettivamente un’occasione per compiere ulteriori delitti. Ancora, in temi di presupposti per l’applicazione delle misure cautelari personali, la Suprema Corte rammenta che il requisito dell’attualità del pericolo di reiterazione del reato non va equiparato all’imminenza del pericolo di commissione di un ulteriore reato, ma indica, invece, la continuità del “periculum libertatis” nella sua dimensione temporale. 3. La decisione della Cassazione Alla luce di quanto finora esposto, la Corte di Cassazione osserva che il pericolo di recidiva va apprezzato sulla base della vicinanza ai fatti in cui si è manifestata la potenzialità criminale dell’indagato, ovvero della presenza di elementi indicativi recenti, idonei a dar conto della effettività del pericolo di concretizzazione dei rischi che la misura cautelare è chiamata a realizzare. Di tali principi, ad avviso della Suprema Corte, ha fatto corretta applicazione il Tribunale che, con motivazione immune da rilievi di illogicità, ha ritenuto sussistente il pericolo di recidiva desunto dalle specifiche modalità del fatto posto in essere in epoca recente con spregiudicatezza ai danni di persona offesa posta in condizioni di particolare vulnerabilità. La Corte ha, dunque, dichiarato inammissibile il ricorso condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.

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, non contestabili entrambi separatamente. Il ricorso è stato, dunque, rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali, nonché

Inammissibilità del ricorso per Cassazione contro ordinanze per infondatezza

Il ricorso per Cassazione contro l’ordinanza del giudice dell’esecuzione, che dichiara l’inammissibilità per manifesta infondatezza dell’istanza, è inammissibile? Per approfondimenti, si rimanda al volume “Procedimento ed esecuzione penale dopo la Riforma Cartabia”, che ne tratta nel particolare. Indice 1. La questione: inammissibilità del ricorso per Cassazione 2. La soluzione adottata dalla Cassazione 3. Conclusioni 1. La questione: inammissibilità del ricorso per Cassazione Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catania, in funzione di giudice dell’esecuzione, dichiarava inammissibile un incidente di esecuzione volto a ottenere la declaratoria di estinzione per espiazione dell’isolamento diurno di tutte le pene temporanee allo stesso inflitte. Ciò posto, avverso questo provvedimento il difensore del condannato proponeva ricorso per Cassazione e, tra i motivi ivi addotti, costui deduceva violazione di legge, in relazione agli articoli 666 cod. proc. pen., 24 e 111 Cost., perché l’istanza era stata dichiarata inammissibile, nonostante fosse stata fissata l’udienza camerale all’esito della quale, quindi, il giudice avrebbe dovuto semmai rigettarla, essendo stato già superato il vaglio di ammissibilità. Per approfondimenti, si rimanda al volume “Procedimento ed esecuzione penale dopo la Riforma Cartabia”, che ne tratta nel particolare. 2. La soluzione adottata dalla Cassazione La Suprema Corte reputava il motivo summenzionato inammissibile poiché, a suo avviso, non è affatto precluso al giudice dell’esecuzione di dichiarare l’inammissibilità dell’istanza all’esito dell’udienza camerale, né da ciò deriva una qualche nocumento alla parte, richiamandosi a tal proposito quell’orientamento nomofilattico secondo cui «è inammissibile, per carenza di interesse, il ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del giudice dell’esecuzione che dichiari l’inammissibilità per manifesta infondatezza dell’istanza (nella specie, di rideterminazione della pena) ad esito di udienza camerale partecipata, ex art. 666, comma 3, cod. proc. pen., anziché “de plano”, ai sensi del comma 2 del medesimo articolo, non derivando dalla diversità del rito alcuna conseguenza pregiudizievole all’interessato, né quanto alla comunicazione e al regime di impugnazione del provvedimento conclusivo – comunque ricorribile per cassazione ex art. 606 cod. proc. pen.» (Sez. 1, n. 20226 del 08/06/2020). 3. Conclusioni La decisione in esame desta un certo interesse essendo ivi chiarito, sulla scorta di un pregresso indirizzo interpretativo, che il ricorso per Cassazione contro l’ordinanza del giudice dell’esecuzione, che dichiara l’inammissibilità per manifesta infondatezza dell’istanza di rideterminazione della pena, è inammissibile per mancanza di interesse quando l’udienza camerale partecipata è stata eseguita secondo l’articolo 666, comma 3, del codice di procedura penale anziché “de plano” come previsto dal comma 2 dello stesso articolo. Tale provvedimento, quindi, deve essere preso nella dovuta considerazione al fine di evitare che il proprio ricorso venga dichiarato inammissibile laddove si impugni una decisione di questo genere. Ad ogni modo, il giudizio in ordine a quanto statuito in codesta sentenza, poiché contribuisce a fare chiarezza su siffatta tematica procedurale sotto il versante giurisprudenziale, non può che essere positivo.Potrebbero interessarti anche: Inammissibilità ricorso per Cassazione: spese processuali Inammissibilità del ricorso senza specifico mandato ad impugnare Inammissibilità del ricorso per Cassazione per atti non riportati

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in esame, l’omessa informazione riguarda proprio un dato aziendale, relativo a un consistente apporto di finanza. Il ricorso è stato dunque rigettato con condanna al pagamento delle spese processuali.

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anche formalmente abusive. Pertanto, il ricorso è stato rigettato con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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ricostruzione circa l’andamento del pedone nel compiere l’attraversamento. La Suprema Corte ha, dunque, imposto il rigetto del ricorso con conseguente condanna dell’imputato al pagamento delle spese processuali.