Quando non si deve pagare l’assegno di mantenimento all’ex moglie?

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Spesso si sbaglia nel pensare che l’ex moglie che non svolge un lavoro fuori casa, ma ha come unica mansione quella della casalinga, debba sempre essere mantenuta se la coppia dovesse decidere di separarsi e di divorziare.

Non è un’esatta convinzione, perché dettata dall’approssimazione con la quale vengono commentate alcune sentenze della Suprema Corte di Cassazione.

A questo proposito, la stessa Corte ha voluto chiarire, spiegando in modo più preciso, quando la moglie casalinga ha diritto all’assegno di mantenimento.

Non è un diritto che scatta in automatico subito dopo la separazione perché la donna è disoccupata.

A parte questo, si deve dimostrare di avere sacrificato le proprie aspettative professionali rinunciando a determinate possibilità di lavoro, e non è l’unico caso nel quale l’ex marito può evitare questo onere di carattere economico.

In questo articolo si elencheranno i casi nei quali la moglie, rimasta senza lavoro dopo la  separazione per avere badato ai figli, alla famiglia e alla casa, ha diritto al cosiddetto assegno di mantenimento.

     Indice

  1. L’assegno di mantenimento e il suo ammontare
  2. Ex moglie casalinga e assegno di mantenimento

1. L’assegno di mantenimento e il suo ammontare

La Suprema Corte di Cassazione con una importante sentenza (Cass. sent. n. 11538/17) ha ricordato che il divorzio cancella definitivamente ogni rapporto tra marito e moglie.

A causa di questo, l’ammontare dell’assegno di mantenimento, non può più essere rapportato al tenore di vita condotto in precedenza.

Lo stesso deve garantire esclusivamente l’autosufficienza economica al coniuge beneficiario, il necessario a gestire una quotidianità decorosa, indipendentemente dai guadagni dell’ex coniuge.

Ci potrebbe essere una marcata differenza di reddito tra moglie e marito che non debba essere per forza di cose ristabilito con un assegno molto elevato.

Se la donna ha un proprio stipendio che le consente di mantenersi con dignità, non avrà diritto di percepire alcunché.

Se la donna dovesse essere priva di reddito, dovranno essere effettuate delle indagini sui motivi di una simile condizione economica, che non dovranno dipendere da un comportamento colpevole, tipico di chi non vuole lavorare nonostante lo possa fare.

Si dovrà poi quantificare l’assegno di mantenimento e il giudice dovrà attribuire al coniuge richiedente il necessario al fine di essere autonomo dal lato economico, indipendentemente dal maggiore reddito dell’ex coniuge.

Il tiro di questa decisione, che a molti è sembrata molto dura e rigorosa, è stato corretto nel 2018, quando la stessa Cassazione ma questa volta a Sezioni Unite si è pronunciata con un’altra sentenza (Cass. S.U. sent. n. 18287/18).

I Supremi Giudici hanno ribadito che il mantenimento non deve per forza garantire all’ex moglie lo stesso tenore di vita che aveva quando ancora abitava con il marito, ma si deve anche considerare il sacrificio che alcune donne fanno per la famiglia, dedicandosi alla casa e ai figli e rinunciando alle proprie ambizioni di lavoro e, allo stesso tempo, consentendo al marito di dedicarsi alla carriera, con il meritato arricchimento personale.

Della ricchezza in questione, la donna dovrebbe ricevere un contributo proporzionale.

Per questo, a una moglie che ha fatto la casalinga durante il matrimonio, l’assegno di mantenimento si dovrebbe rapportare, se non al tenore di vita, alle capacità economiche dell’ex coniuge e al patrimonio da questi rafforzato durante la vita insieme.


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2. Ex moglie casalinga e assegno di mantenimento

Ritornando al discorso fatto nella premessa dell’articolo, si deve chiarire che non sempre la moglie casalinga ha diritto all’assegno di mantenimento.

Non ne ha diritto in caso di un matrimonio breve.

Un rapporto coniugale durato ad esempio due o tre anni, non può avere inficiato definitivamente le capacità lavorative di una donna ancora giovane e abile a svolgere un’attività.

Per questo motivo, anche con  una situazione di disoccupazione, il giudice potrebbe negare l’assegno di mantenimento.

Un secondo caso, però poco frequente, è quello della donna la quale scelta di non lavorare durante il matrimonio non sia stata condivisa con l’ex marito.

La Corte di Cassazione ha affermato più volte che la moglie casalinga può esigere il mantenimento se la scelta di dedicarsi al lavoro domestico sia nata da una pianificazione familiare e non da un atteggiamento di tipo egoistico.

In diverse sentenze, la Cassazione si è occupata della donna che, anche svolgendo le mansioni di casalinga, disponeva di un lavoro part-time.

In simili situazioni è stato escluso che la presenza di un lavoro possa giustificare la negazione dell’assegno di mantenimento, potrebbe incidere sull’ammontare.

Secondo alcuni giudici la donna dovrebbe prima tentare di ottenere, dal proprio datore, la commutazione del contratto da part-time in full-time.

Una recente pronuncia della Suprema Corte è particolarmente rigorosa.

Non basta dimostrare di avere fatto la casalinga per chiedere l’assegno di mantenimento.

Il giudice deve prima verificare se la decisione, presa insieme all’ex marito, di occuparsi dei figli e della gestione della casa abbia portato al sacrificio di aspettative professionali e alla rinuncia  di determinate occasioni professionali e di reddito.

Secondo i Supremi Giudici si parte dal principio per il quale condizione per l’attribuzione dell’assegno di mantenimento non si basa sul fatto che uno dei coniugi si sia dedicato in prevalenza alla famiglia e ai figli, e neanche sul divario o lo squilibrio di reddito tra gli ex coniugi.

Si deve dimostrare che la donna aveva le capacità per potere lavorare e che se avesse voluto lo avrebbe potuto fare, ma nonostante questo abbia rinunciato per svolgere un lavoro in casa.

Non si può considerare che l’attività casalinga debba essere ricompensata perché si tratta di un sacrificio fatto per la famiglia, e si dovrebbe ricompensare anche il marito per avere lavorato con la finalità di garantire alla moglie e ai figli un tenore di vita decoroso.

Ogni coniuge, per legge e non per accordi personali, ha l’obbligo di contribuire ai bisogni della famiglia secondo le sue attitudini e capacità economiche.

Per questo non si può volere una specie di risarcimento per avere adempiuto a un dovere di legge.

Il risarcimento può spettare quando la moglie dia dimostrazione di avere rinunciato a occasioni di lavoro fornendo la prova al giudice.

Per questo motivo la Cassazione ha respinto la richiesta di mantenimento di una donna che aveva un lavoro part-time (Cass. civ., ord., 13/10/2022, n. 29920).

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