Pignoramento dello stipendio: limiti e altri caratteri

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Il pignoramento dello stipendio è soggetto a doversi limiti a sia che avvenga presso il datore di lavoro sia che avvenga presso la banca dove il lavoratore ha il conto corrente sul quale è accreditata la busta paga.
In relazione allo stipendio non esiste un vero minimo vitale impignorabile, come è previsto per le pensioni.
Quando si applicano i limiti di pignoramento stabiliti per legge, il resto della busta paga è pignorabile.
Ad esempio, può essere pignorato anche uno stipendio di poche centinaia di euro.

La notifica del pignoramento

Nonostante questo, esistono delle soluzioni legalmente consentite, che permettono al debitore di non rinunciare neanche a un euro del suo salario.
In relazione ai limiti, si deve distinguere quando il pignoramento è notificato al datore di lavoro e quando avviene in banca.
Il debitore per saperlo deve leggere l’atto che gli viene notificato dall’ufficiale giudiziario, nella tradizionale busta verde degli atti giudiziari, nel quale è riportato il nome del terzo pignorato, vale a dire l’istituto di credito o l’azienda dove presta lavoro.
Il creditore può notificare l’atto di pignoramento, il cosiddetto pignoramento presso terzi, al datore di lavoro del debitore.
Il datore di lavoro comunicherà al creditore pignorante con raccomandata a.r. o con posta elettronica certificata, se il dipendente è in credito di somme di denaro oppure no, che nel caso di dimissioni o licenziamento porterebbe a un pignoramento negativo.
Il creditore non può pignorare più di un quinto dello stipendio, calcolato sul netto dello stipendio e non sul lordo.
Ad esempio, uno stipendio netto di 1.000 euro subisce una trattenuta di 200 euro, pari al 20%.
Nell’atto di pignoramento presso terzi è contenuta una citazione a comparire in udienza davanti al tribunale civile, ed è rivolta sia al debitore sia al terzo pignorato.
In occasione dell’udienza, il magistrato verifica se il terzo pignorato ha fornito dichiarazione positiva, vale a dire esistenza di crediti del lavoratore, o negativa, vale a dire inesistenza di crediti del lavoratore.
Nel primo caso autorizza il pignoramento.
Da quel momento in poi il datore di lavoro sarà obbligato per legge a trattenere un quinto dello stipendio e versarlo direttamente al creditore, e questo dovrà avvenire sino a quando il debito non sia stato completamente saldato.
Questa regola vale per qualsiasi tipo di stipendio, indipendentemente dall’importo erogato al dipendente.
Ad esempio, anche uno stipendio di 300 euro resta pignorabile per un quinto, alla pari di uno da 5.000 euro al mese.
Non esistono soglie sotto le quali lo stipendio non sia pignorabile.
Le regole non cambiano se il dipendente sia creditore esclusivamente del TFR, anche su di esso si applica il limite di un quinto per il pignoramento.
Le stesse regole si applicano all’agente di commercio.

L’agente di commercio

Anche per loro vige il limite di un quinto per il pignoramento delle provvigioni nei confronti della società committente presso la quale hanno il mandato.
Si deve considerare l’importo netto dello stipendio e non la quota lorda, vale a dire al netto delle trattenute di legge,imposte e contributi, oltre al netto di eventuali cessioni volontarie o deleghe di pagamento che dovessero gravare sullo stipendio o la pensione.
Se il creditore procede con l’espropriazione verso stipendio o pensione del debitore con cessioni volontarie o deleghe di pagamento, il tribunale emetterà ordinanza assegnando al creditore un quinto dello stipendio, al netto delle trattenute di legge sottraendo gli importi della quota o delle quote e pagate dal datore di lavoro o ente previdenziale a garanzia del prestito.

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