Autoriciclaggio: la Corte Costituzionale sulle circostanze applicabili

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La Corte Costituzionale, con una recente sentenza (n. 188 del 12 ottobre 2023) ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 69, co. 4, c.p. nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza della circostanza attenuante di cui all’art. 648-ter 1, co 2, c.p. sulla recidiva di cui all’art. 99, co. 4, c.p.

Per approfondimenti si consiglia: Dibattimento nel processo penale dopo la Riforma Cartabia

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Corte Costituzionale – Sentenza n. 188 del 12/10/2023

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1. I fatti

Il Tribunale di Firenze, con ordinanza del 18 luglio 2022, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 25, co. 2 e 27, co. 3 Cost., questioni di legittimità costituzionale dell’art. 69, co. 4, c.p. nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza della circostanza attenuante del delitto di autoriciclaggio, di cui all’art. 648-ter 1, co. 2, c.p. (nella versione ratione temporis applicabile, cioè quella prevista dal l. n. 186/2014) sulla recidiva di cui all’art. 99, co. 4, c.p.
Nello specifico, la circostanza attenuante de quo prevede(va) che “Si applica la pena della reclusione da uno a quattro anni e della multa da euro 2.500 a euro 12.500 se il denaro, i beni o le altre utilità provengono dalla commissione di un delitto non colposo punito con la reclusione inferiore nel massimo a cinque anni“, in luogo della pena della reclusione da due a otto anni e della multa da 5.000 a 25.000 euro di cui al comma 1.
Il rimettente deve pronunciarsi sulla responsabilità dell’imputato di tre furti di monili commessi presso tre diverse gioiellerie della medesima città (tutti contestati con le aggravanti di cui agli artt. 61, co. 1, n. 2), 625, co. 1, n. 4) e 99, co. 4, c.p.) e del tentato autoriciclaggio dei beni sottratti, che egli avrebbe cercato di vendere, lo stesso giorno del furto, presso un “compro oro”: condotta, quest’ultima che, secondo la pubblica accusa, configura il delitto di cui agli artt. 56 e 648-ter 1 c.p., anch’esso aggravato dalla recidiva ex art. 99, co. 4, c.p.
Il certificato penale dell’imputato evidenzia numerosi precedenti specifici e recenti ma, ad avviso del rimettente, potrebbero essergli riconosciute le circostanze attenuanti generiche ex art. 62-bis c.p. in ragione sia della “modesta gravità del caso concreto“, in cui tutti i beni sottratti, di valore non elevato, sono stati recuperati dalla polizia il giorno stesso della commissione dei reati e riconsegnati alle persone offese nell’arco di pochi giorni; sia delle condizioni di disagio personale familiare dell’imputato, padre di quattro figli, di cui una affetta da grave disabilità; sia, infine, del percorso terapeutico intrapreso dallo stesso in relazione alla propria ludopatia.
Tale operazione, però, era preclusa dall’art. 69, co. 4, c.p. il quale prevede il divieto di prevalenza delle circostanze attenuanti sulla recidiva di cui all’art. 99, co. 4, c.p.

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2. Autoriciclaggio e attenuante: l’analisi della Corte Costituzionale

La Corte Costituzionale analizza la questione partendo dalle motivazioni del rimettente il quale opta per la soluzione secondo cui sarebbe decisivo il riferimento alla pena prevista per il reato base, senza considerare le eventuali circostanze aggravanti o attenuanti che connotano in concreto il delitto presupposto, confrontandosi estesamente (in parte in senso critico, ma in assenza di diritto vivo sul tema specifico) con la giurisprudenza della Corte di Cassazione formatasi su problemi interpretativi contigui.
Il rimettente muove dall’implicito presupposto che l’art. 648-ter 1, co. 2, c.p. costituisca circostanza attenuante a effetto speciale, anziché fattispecie autonoma di reato: qualificazione quest’ultima che priverebbe di rilevanza le questioni, rendendo in radice inapplicabile nel giudizio a quo il censurato art. 69, co. 4, c.p.
Ad avviso della Consulta, la qualificazione su cui si fonda l’ordinanza in questione, comunque, appare in linea con orientamenti delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, che in generale tracciano la linea distintiva tra circostanze a effetto speciale e fattispecie autonome in base al “criterio strutturale della descrizione del precetto penale”, ravvisando in linea di principio una mera circostanza allorché non vi sia una “immutazione degli elementi essenziali delle condotte illecite”, che restano quelle descritte dalla fattispecie base (Cass., SS.UU., sent. n. 4694/2012).
Il rimettente, inoltre, si sofferma sulle ragioni per cui ritiene non applicabile nel giudizio a quo il nuovo testo dell’art. 648-ter 1, co. 3, c.p. che, nella formulazione novellata dall’art. 1, co. 1, lett. f), n. 3), d. lgs. 195/2021, stabilisce che “la pena è diminuita se il denaro, i beni o le altre utilità provengono da delitto per il quale è stabilita la pena della reclusione inferiore nel massimo a cinque anni“.
La Corte nota che giustamente il giudice a quo rileva che tale disposizione, stabilendo una diminuzione di pena inferiore a quella prevista al momento del fatto dell’art. 648-ter, co. 2, c.p. nella versione allora vigente, è più sfavorevole per l’imputato, e pertanto risulta a lui inapplicabile ai sensi dell’art. 2, co. 4, c.p.
La Consulta, nella sua analisi, ha dichiarato che “in numerose precedenti occasioni questa Corte ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 69, quarto comma, cod. pen., nella parte in cui prevedeva il divieto di prevalenza di altre circostanze attenuanti sulla recidiva di cui all’art. 99, quarto comma, cod. pen. In particolare nella recente sentenza n. 94 del 2023 sono state rammentate e sinteticamente illustrate le varie rationes decidendi sottese alle sentenze anteriori, riconducibili peraltro all’esigenza di mantenere […] ‘un convivente rapporto di equilibrio tra la gravità (oggettiva e soggettiva) del singolo fatto di reato e la severità della risposta sanzionatoria, evitando in particolare quella che la sentenza capostipite n. 251 del 2012 già aveva definito l’abnorme enfatizzazione delle componenti soggettive riconducibili alla recidiva reiterata a detrimento delle componenti oggettive del reato’ creata dall’art. 69, quarto comma cod. pen.“.
Ricollegandosi alla questione de quo, la Corte prosegue nella sua analisi ricordando che per l’autoriclaggio è prevista una pena dimezzata, tanto nel massimo quanto nel minimo, allorché il delitto presupposto sia di minore gravità: intenzione, questa, da parte del legislatore, volta a “differenziare nettamente il disvalore oggettivo di questa ipotesi rispetto alla fattispecie base, la quale è peraltro caratterizzata da un quadro sanzionatorio di notevole severità, calibrato su fenomeni criminosi ben più gravi – anche per la loro dimensione offensiva del sistema economico, imprenditoriale e finanziario – rispetto a condotte come quelle oggetto del procedimento principale“.
Allorché, però, il delitto risulti aggravato dalla recidiva reiterata, come nel caso di specie, “l’intento legislativo di prevedere un trattamento sanzionatorio sensibilmente meno severo per i fatti di riciclaggio, conseguenti ai delitti oggettivamente meno gravi viene, agli effetti pratici, frustrato dalla norma censurata, che vincola il giudice all’irrogazione di una pena non inferiore nel minimo previsto per la fattispecie base di autoriciclaggio“.
La Corte Costituzionale sancisce che ciò ridonda anzitutto in una violazione del canone della proporzionalità della pena fondato sugli artt. 3 e 27, co. 3, Cost., il quale si oppone a che siano comminate dal legislatore – e conseguentemente applicate dal giudice – pene manifestamente sproporzionate rispetto al disvalore oggettivo e soggettivo del reato.
Inoltre, dalla norma censurata scaturisce altresì un vulnus al principio di offensività di cui all’art. 25, co. 2, Cost., il quale esige che la pena sia sempre essenzialmente concepita come risposta a un singolo fatto di reato, e non sia invece utilizzata come misura primariamente volta al controllo della pericolosità sociale del suo autore, rivelata dalle sue qualità personali.

3. La decisione della Corte Costituzionale

Alla luce di quanto finora detto, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 69, co. 4, c.p. nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza della circostanza attenuante di cui all’art. 648-ter 1, co. 2, c.p. – nella versione introdotta dall’art. 3, co. 2, della l. n. 15 dicembre 2014, n. 186 (Disposizioni in materia di emersione e rientro di capitali detenuti all’estero nonché per il potenziamento della lotta all’evasione fiscale. Disposizioni in materia di autoriciclaggio), e vigente fino alla sua sostituzione a opera dell’art. 1, co.1, lett. f), n. 3) del d. lgs. 8 novembre 2021, n. 195, recante “Attuazione della direttiva (UE) 2018/1673 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2018, sulla lotta al riciclaggio mediante diritto penale” – sulla recidiva di cui all’art. 99, co. 4, c.p.

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