Né peculato né abuso d’ufficio per il pubblico ufficiale che si appropria di un permesso disabili

Redazione 22/10/13
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Lucia Nacciarone

L’esiguo valore economico del ‘bene’ oggetto di appropriazione, secondo quanto sostiene la Cassazione (sent. n. 42839 del 18 ottobre 2013) è inidoneo ad arrecare un danno di natura patrimoniale alla pubblica amministrazione. Ed, inoltre, è avvenuto al di fuori dell’orario di servizio.

Perciò gli ermellini, accogliendo il ricorso del vigile urbano, condannato per i reati di peculato ed abuso d’ufficio in sede di merito, sottolineano come la condotta, per quanto scorretta, non possa dare luogo a responsabilità di natura penale.

In particolare, per ciò che concerne il contestato reato di peculato, esso deve essere escluso in assenza o estrema esiguità del valore della cosa oggetto di appropriazione come pure è da escludersi il peculato d’uso nel caso in cui il funzionario pubblico utilizzi beni appartenenti alla p.a. privi in sé di rilevanza economica e quindi inidonei a costituire l’oggetto materiale della appropriazione.

Quindi, posto anche che il ricorrente aveva restituito il pass all’ente dopo la morte del legittimo titolare e che quindi l’utilizzo, solo momentaneo, dello stesso, non aveva inciso concretamente più di tanto sulla funzionalità dell’ufficio o del servizio, la Cassazione lo ha assolto dal reato di peculato.

Neanche la fattispecie contestata potrebbe essere quella dell’abuso d’ufficio ex art. 323 del codice penale, continuano gli ermellini, in quanto tale ultimo reato si configura quando l’esercizio del potere viene utilizzato per scopi diversi da quelli imposti dalla natura della funzione.

In assenza dell’elemento dell’esercizio del potere è da escludere la configurabilità del reato. In questo caso, l’appropriazione del pass non si era realizzata «nell’ambito dello svolgimento di dette funzioni o servizio, rimanendo nell’ambito del mero rilievo disciplinare».

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