inserito in Diritto&Diritti nel maggio 2001

IL RECLUTAMENTO DEI DIRIGENTI LOCALI, AI SENSI DELL'ARTICOLO 110 DEL D.LGS 267/2000 – PROBLEMI INTERPRETATIVI ED APPLICATIVI.

 

Ai fini della costituzione del rapporto di lavoro di qualifiche dirigenziali, le modalità di reclutamento del personale debbono considerarsi strettamente connesse al tipo di contratto di lavoro da stipulare.

La forma di contratto che pone minori problemi è quella del contratto di lavoro a tempo indeterminato, finalizzato alla copertura di un posto dirigenziale in ruolo, ovvero previsto in via ordinaria e permanente dalla dotazione organica.

In questo caso, l'assunzione non può che avvenire mediante concorso, ai sensi dell'articolo 28 del D.lgs 29/1993, il cui comma 1 dispone che "l'accesso alla qualifica di dirigente di ruolo nelle amministrazioni statali, anche ad ordinamento autonomo, e negli enti pubblici non economici avviene esclusivamente a seguito di concorso per esami".

Detta disposizione si applica immediatamente agli enti locali, in quanto da un lato volta a regolare l'accesso alla dirigenza nelle amministrazioni pubbliche, e dall'altro per espressa disposizione dell'articolo 88 del D.lgs 267/2000, il cui unico comma dispone che "all'ordinamento degli uffici e del personale degli enti locali, ivi compresi i dirigenti ed i segretari comunali e provinciali, si applicano le disposizioni del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29". Dunque, per l'immediata applicabilità dell'articolo 28 del D.lgs 29/1993 non occorre alcuna intermediazione statutaria, essendo, semmai, possibile per gli enti locali, ai sensi dell'articolo 27-bis del medesimo decreto, e 111 del testo unico sull'ordinamento degli enti locali, un mero adeguamento dell'articolo 28 alle peculiarità ordinamentali locali, che per altro pare possano limitarsi solo all'univocità delle fasce dirigenziali ed, eventualmente, nelle modalità di espletamento dei concorsi.

L'articolo 110, comma 1, del D.lgs 267/2000, però, prevede forme speciali di assunzione della dirigenza. Le ipotesi tracciate sono le seguenti:

1)      copertura dei posti di responsabile dei servizi o degli uffici;

2)      copertura di posti di qualifiche dirigenziali;

3)      copertura di posti di alta specializzazione.

Le amministrazioni sono abilitati a concludere con i soggetti reclutati a tale scopo:

1)      con contratto di lavoro a tempo determinato di diritto pubblico;

2)      con contratto di lavoro a tempo determinato di diritto privato, eccezionalmente e con deliberazione motivata.

In ogni caso, comunque, debbono rimanere fermi i requisiti richiesti dalla qualifica da ricoprire.

L'articolo 110, comma 1, dunque, è una fattispecie speciale di copertura di posti "di ruolo". Il dirigente viene assunto per coprire un posto previsto nella dotazione organica, ma mediante un contratto e con modalità diverse da quelle ordinariamente utilizzate per la copertura di posti di ruolo a tempo indeterminato.

Analizzando congiuntamente le ipotesi di copertura di responsabile dei servizi o degli uffici e di qualifiche dirigenziali, che configurano l'assunzione di soggetti da preporre al vertice delle strutture locali, a seconda che detto vertice sia costituito o meno da qualifiche dirigenziali, si nota che l'articolo 110, comma 1, chiarisce espressamente che i posti di qualifica dirigenziale non debbono essere coperti necessariamente con contratti a tempo indeterminato, ma anche con contratti a termine.

La fattispecie analizzata riguarda, quindi, la possibilità di flessibilizzare la compagine dirigenziale, attraverso la scelta di comporla anche di dirigenti che abbiano a termine non solo l'incarico, ma anche il rapporto di lavoro.

Ora, la norma, come visto, consente di stipulare contratti di diritto pubblico, ovvero di diritto privato.

In un regime di contrattualizzaione del rapporto di lavoro dei dipendenti da amministrazioni pubbliche, la differenza tracciata tra i due tipi di contratto potrebbe ritenersi superata, inesistente.[1]

A ben vedere, però, le cose non stanno così.

Il D.lgs 29/1993 ha modificato il regime normativo del rapporto di lavoro dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche, che passa da un regime amministrativo, ad un regime contrattualistico più che privatistico.

Ai rapporti di lavoro pubblico non si applica tout court il diritto privato. La disciplina del rapporto di lavoro, al contrario, è costituita dalle disposizioni del D.lgs 29/1993, del D.lgs 267/2000, del CCNL del comparto pubblico dirigenziale degli enti locali, nonchè delle norme del codice civile non incompatibili con il regime particolare del rapporto di lavoro subordinato fissato dalle norme citate prima. Esiste, quindi, un regime normativo particolare per i rapporti di lavoro dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche, differente dal regime privatistico vero e proprio. Pertanto, pur essendo stato il rapporto di lavoro dei dipendenti da pubbliche amministrazioni contrattualizzato, ciò non significa che non vi sia più un diritto speciale e "pubblico" che regola il rapporto di lavoro di detti dipendenti.

Allora, la stipulazione di un contratto di diritto pubblico presuppone logicamente l'applicazione delle norme di diritto pubblico sia relative alle modalità di reclutamento del dirigente, sia relative alla disciplina del rapporto di lavoro.

In sostanza, se il contratto è di diritto pubblico, ciò significa che occorre applicare le norme speciali, destinate a regolamentare il rapporto di lavoro con le amministrazioni pubbliche.

Al contrario, se il rapporto di lavoro è qualificato di diritto privato, ciò significa che il corpo normativo sopra descritto di diritto pubblico non si applica. Il rapporto, allora, sarà disciplinato esclusivamente dal codice civile e dal contratto individuale, ferma restando la possibilità per le parti, purchè ciò sia espressamente concordato nel contratto di lavoro, di richiamare anche l'applicazione in via pattizia di alcune delle disposizioni di diritto pubblico.

Se le cose stanno così, ciò significa che quando si tratti di coprire posti di dirigente con contratto di diritto pubblico, ciò che distingue questa specifica ipotesi di cui all'articolo 110 del D.lgs 267/2000 dalla copertura di posti di ruolo in via ordinaria, è solo la durata del contratto di lavoro, che sarà necessariamente a tempo determinato nel primo caso, a tempo indeterminato nel secondo.

Allora, vertendo in tema di assunzione di dirigenti con contratti di diritto pubblico, ai fini delle modalità di reclutamento non rileva certo la durata del contratto. Il reclutamento del dirigente assunto con contratto di diritto pubblico, al quale si applicano pertanto le discipline pubblicistiche speciali, non può che avvenire sempre e soltanto per concorso pubblico, nel rispetto dell'articolo 28 del D.lgs 29/1993. Del resto, tutti i contratti di comparto disciplinano le assunzioni a termine e nessuno ha mai dubitato che occorra procedere attraverso concorsi o selezioni, anche perché ciò è imposto dall'articolo 97 della costituzione, secondo la disciplina dell'articolo 36 del D.lgs 29/1993.

Pertanto, si può ritenere che gli enti locali quando intendano coprire un posto di dirigente in dotazione organica mediante contratto a tempo determinato di diritto pubblico non abbiano alcuna discrezionalità di scelta, e debbono necessariamente reclutare il dirigente mediante concorso.

Solo nell'ipotesi di copertura del posto con contratto di diritto privato, non applicandosi in particolare il D.lgs 29/1993, l'ente potrebbe scegliere forme di reclutamento diverse, nell'esercizio pieno della propria capacità negoziale di diritto privato. In questo caso soltanto, allora, se lo ritiene l'ente può indire selezioni diverse dal concorso pubblico, o, addirittura, individuare direttamente per scelta fiduciaria il dirigente con cui stipulare il contratto.

Ma per fare ciò, occorrono necessariamente alcuni presupposti:

1)      che lo statuto preveda espressamente la possibilità di coprire i posti vacanti della dotazione organica con contratto di lavoro di diritto privato;

2)      che l'amministrazione decida espressamente di assumere il dirigente mediante contratto di diritto privato, che rappresenta ipotesi eccezionale e derogatoria;

3)      che a tale scopo la giunta adotti una deliberazione, nella quale si esplicitino i motivi alla base della scelta di ricorrere al contratto di diritto privato[2];

Ciò significa che ogni qualvolta l'ente decida di ricorrere ad un'assunzione ai sensi dell'articolo 110, comma 1, senza aver rispettato pienamente i presupposti sopra citati, ed in particolare senza aver stabilito espressamente e con specifica motivazione che il contratto da stipulare possa essere di diritto privato, deve intendersi implicitamente che il contratto tra amministrazione e dirigente sia di diritto pubblico e dunque soggetto alle procedure concorsuali pubbliche

Ulteriore presupposto per la stipulazione dei contratti in argomento è la previsione che, comunque, restino fermi i requisiti della qualifica da ricoprire.

Quest'ultima previsione lascia un vincolo indefettibile a carico delle amministrazioni, le quali, anche utilizzando il sistema certamente più elastico (e per questo considerato eccezionale) della stipulazione del contratto di diritto privato, non possono selezionare il dirigente se non nel rispetto dei requisiti richiesti "dalla qualifica da ricoprire".

Non c'è dubbio, allora, che i requisiti non possano non essere comunque quelli previsti quanto meno dall'articolo 28, comma 2, lettera b), del D.lgs 29/1993 e dunque, indefettibilmente la laurea e un'esperienza dirigenziale anche nell'ambito privato.

Poiché, però, i requisiti debbono riguardare la qualifica da ricoprire, occorre che la laurea e l'esperienza lavorativa siano entrambe qualificanti e diano il chiaro segno del possesso di una professionalità tale da garantire il miglior disimpegno dello specifico incarico dirigenziale che pertiene al posto da coprire. In altre parole, poiché deve essere coperto uno specifico posto in dotazione organica, cui attiene certamente un incarico dirigenziale preciso, non appare certo possibile, in linea di principio, assumere con contratto di diritto privato un ingegnere da preporre al vertice del settore dei servizi sociali, oppure un laureato in filosofia alla direzione degli affari generali di un ente (a meno che, ovviamente, non si dimostri dal curriculum che al di là del titolo di studio assolutamente non afferente al servizio da dirigere, non si sia maturata un'esperienza specifica e documentabile nel campo previsto dall'incarico dirigenziale).

Occorre tenere presente che i dirigenti pubblici sono chiamati in prima persona non solo a dirigere, ma anche ad adottare atti amministrativi e/o tecnici, sicchè il possesso della sola laurea o di un'esperienza "manageriale" di per sé non possono essere sufficienti a giustificare la copertura di un posto specifico, nel quale non si può solo limitarsi a impartire direttive, poiché occorrno conoscenze specifiche a supporto di un'azione amministrativa concreta, che deve essere effettuata da chi è in grado di garantire non solo efficienza, ma anche legittimità, imparzialità e buon andamento, ai sensi dell'articolo 97 della Costituzione.

Ipotesi a sé stante è quella ultima dell'articolo 110, comma 1, della copertura del posto di "alta specializzazione", figura che nell'organizzazione normale di un ente, in realtà, non esiste, almeno come figura posta al vertice di una struttura amministrativa.

Pare trattarsi di una figura di mezzo tra il dirigente vero e proprio e l'incarico ad alto contenuto di professionalità, di cui al comma 6 del medesimo articolo 110. Tuttavia, le alte specializzazioni, a differenza dei collaboratori ad alto contenuto di professionalità, sono incardinati nella dotazione organica, impersonano, pertanto, l'ente e possono agire come organi; i collaboratori, invece, certamente no.

Tale figura è stata individuata dal legislatore del '90, e per il suo contenuto misto sembra in realtà essere l'anticipazione ancestrale delle figura del dirigente extra dotazione organica, poi meglio disciplinata dalla legge 127/1997 ed oggi dal comma 2 del D.lgs 267/2000. Infatti, sembra chiara la volontà del legislatore di consentire agli enti di fare ricorso ad un soggetto dotato di una professionalità particolare e spiccata, non necessariamente supportata da un titolo di studio, ma, magari, dall'iscrizione ad un albo professionale o dal possesso di un riconoscimento di qualità del servizio espletato, da preporre ai vertici degli enti anche privi di qualifiche dirigenziali, per dare un taglio di maggiore professionalità e più vicino alla responsabilità propria dirigenziale.

Per altro verso, il ricorso ad alte specializzazioni potrebbe ritenersi ammissibile per la copertura posti di alta professionalità, necessari al corretto espletamento di un servizio; si pensi, ad esempio, alla costituzione di un ufficio di progettazione, che richieda la presenza di un geologo o di un geotecnico.

In realtà, poiché le alte specializzazioni debbono coprire posti in ruolo, sembra difficile il ricorso a tale figura, se non è inserito nella dotazione organica[3]. Pertanto, certamente la stipulazione dei contratti di alta specializzazione avverrà più propriamente extra dotazione organica, come prevede il comma 2 dell'articolo 110, che per questa parte è destinato ad annullare il contenuto del precedente comma 1, rimasto come residuo di un sistema passato.

Anche perché, trattandosi, nell'ipotesi del comma 1, di un posto in ruolo, se il contratto è di diritto pubblico, ancora una volta l'ente non potrebbe esentarsi dal reclutare l'alta specializzazione per concorso.

Nel caso, invece, del comma 2, la legge consente al regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi di stabilire le modalità per giungere alla stipulazione dei contratti di alta specializzazione extra dotazione organica, ammettendo indirettamente, pertanto, la possibilità di ricorrere a forme selettive diverse dal concorso, anche interamente fiduciarie.

Lo stesso vale per gli incarichi dirigenziali veri e propri extra dotazione organica.

Per questo genere di contratti, in realtà, il comma 2 non propone la differenza tra contratti di diritto pubblico e diritto privato, disponendo tuttavia che:

1)      detti contratti debbano necessariamente essere a tempo determinato;

2)      debbano rimanere fermi i requisiti richiesti per la qualifica da ricoprire.

Il comma 3 chiarisce che il trattamento economico deve essere equivalente a quello previsto dai vigenti contratti di lavoro (ma questo vale anche per i contratti di cui al comma 1 dell'articolo 110), eventualmente integrabile da un'indennità ad personam.

La legge non richiede che i contratti di cui al comma 2 dell'articolo 110 siano qualificati di diritto pubblico o di diritto privato, sostanzialmente demandando, correttamente, ai regolamenti il compito di entrare più nel dettaglio della disciplina di detti rapporti. E' compito, allora, dei regolamenti prevedere espressamente che detti contratti debbano conformarsi al D.lgs 29/1993 e alle altre norme speciali di matrice pubblicistica per la disciplina del rapporto, oppure decidere che se ne possano, distaccare, applicandosi unicamente il codice civile, o adottare soluzioni miste.

Pertanto, soltanto nel caso di ricorso all'assunzione extra dotazione organica si può ritenere la non applicabilità immediata e diretta dell'articolo 28 del D.lgs 29/1993, ai fini del reclutamento del dirigente, dovendo verificarsi preliminarmente l'esistenza ed al contenuto del regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi. In sostanza, il comma 2 dell'articolo 110 rappresenta un'ipotesi derogatoria espressa alla normale modalità di reclutamento del personale, deroga esistente anche nell'ordinamento statale, per effetto dell'articolo 19, comma 6, del D.lgs 29/1993.

Il comma 1 dell'articolo 110, invece, rappresenta una norma che autorizza l'assunzione dei dirigenti a tempo determinato, con la possibilità eccezionale di deroga al corpo normativo di matrice pubblica posto a disciplina del rapporto di lavoro dei dipendenti da amministrazioni pubbliche, ricorrendo a contratti esclusivamente disciplinati dal codice civile.

Nel caso delle assunzioni extra dotazione organica, il riferimento all'obbligatorio possesso dei requisiti che il dirigente deve possedere ai fini dell'assunzione e del conferimento dell'incarico, non esime l'ente dal porre, comunque, in essere le procedure di valutazione delle capacità professionali anche in relazione a quelle degli altri dirigenti in organico, ai sensi dell'articolo 19, commi 1 e 2, del D.lgs 29/1993.

Anche in questo caso, infatti, il dirigente extra dotazione deve possedere una professionalità specifica, non attestata solo dal possesso della laurea. Appare opportuno, se non necessario, che i regolamenti locali si ispirino al comma 6 dell'articolo 19 del D.lgs 29/1993, che comunque anche se non immediatamente applicabile come regola immediata della fattispecie – attesa la specialità dell'articolo 110, comma 2, nell'ambito dell'ordinamento locale autonomo – rappresenta comunque una norma di principio, come attesta l'articolo 111 del D.lgs 29/1993, il quale chiarisce che in ogni caso il D.lgs 29/1993 contiene i principi cui debbono adeguarsi gli statuti ed i regolamenti locali.

Ciò significa, in altre parole, che l'ente prima di procedere all'assunzione extra dotazione organica deve individuare le prestazioni e la professionalità necessaria per lo svolgimento di una certa funzione di natura dirigenziale prima di procedere all'assunzione.

Ma occorre che detta valutazione sia effettuata tenendo conto anche delle competenze dei dirigenti di ruolo, giacchè le funzioni potrebbero ben essere assegnate ad uno o più dirigenti già in servizio, modificando l'incarico dirigenziale, piuttosto che procedere all'assunzione di nuovi dirigenti.

Lo chiarisce lo stesso articolo 19, comma 6, del D.lgs 29/1993, nel prevedere che "gli incarichi di cui ai commi precedenti possono essere conferiti con contratto a tempo determinato, e con le medesime procedure, entro il limite del 5% […] a persone di particolare e comprovata qualificazione professionale […]".

Al di là, pertanto, dell'assunzione extra dotazione organica con contratto a tempo determinato, comunque tutti i dirigenti debbono essere valutati ai fini della determinazione delle capacità professionali necessarie all'espletamento di un certo incarico dirigenziale.

Non bisogna dimenticare che una cosa è il contratto di lavoro; altra cosa è l'incarico dirigenziale, anch'esso frutto di un contratto (almeno secondo una tesi maggioritaria, ma non ancora del tutto priva di elementi di dubbiosità) che corrisponde, comunque, all'atto col quale si provvede alla costituzione del rapporto organico, mentre con l'assunzione si attiva il rapporto di servizio.

Esiste, a questo proposito, qualche pronuncia giurisprudenziale (Tar Lazio, sez. II, 16 maggio 1997, n. 127)[4] che afferma la necessità per gli enti di ricorrere ai contratti extra dotazione organica solo in base a precise motivazioni e solo con riferimento a particolari professionalità ed esperienze richieste, non riscontrabili in alcun modo nel personale di ruolo, che, quindi, deve essere valutato previamente a tali fini.

Quindi, la piena libertà di attingere a dirigenti extra dotazione organica con forme non concorsuali si può avere solo per l'acquisizione di dirigenti posti a coprire posti di diretta collaborazione degli organi di governo.

Luigi Oliveri

[1] In tal senso L. Vandelli, Ordinamento delle autonomie locali, Rimini, 2000, pag. 1206, secondo cui l'ipotesi di contratto di diritto pubblico "si presenta ormai superata, dopo il D.lgs 29/93 e la privatizzazione del rapporto di lavoro nelle pubbliche amministrazioni, anche ai livelli dirigenziali"; aderisce a questa posizione anche E. Barusso, Testo unico degli enti locali, Milano, 2000, I/2, pag. 1116; secondo l'Autore la previsione di contratti di diritto pubblico appare "anacronistica in virtù della privatizzazione del rapporto di pubblico impiego di cui al D.lgs 29/1993".

[2] Autorevole dottrina (E. Barusso, op. cit., pag. 1121) sostiene che la deliberazione della giunta comunale non è necessaria, giacchè è il sindaco che conferisce gli incarichi dirigenziali e perché se fosse la giunta a decidere, ciò sarebbe privo di ogni ratio, visto che nelle fattispecie di incarichi dirigenziali di cui all'articolo 110 del D.lgs 267/2000 è ancora più pregnante il rapporto fiduciario tra sindaco e dirigente a tempo determinato, sicchè conclude che il legislatore ha utilizzato il termine "deliberazione" in modo atecnico.

In contrario, però, si può sottolineare come l'articolo 108 richieda per una fattispecie analoga, che il direttore generale sia nominato dal sindaco previa deliberazione della giunta.

Detta deliberazione appare necessaria, perché l'organizzazione dell'ente, nei comuni, non è di competenza del sindaco, ma appunto della giunta medesima, che, non a caso, approva il regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi e la dotazione organica.

Qualunque decisione che incida sull'organizzazione non può che passare dalla giunta, pertanto, che deve quanto meno esprimere il suo consenso a che per la copertura di posti dirigenziali si proceda mediante forme flessibili che, soprattutto se extra dotazione (come nel caso del direttore generale o dell'articolo 110, comma 2) incidono sull'organizzazione dell'ente in modo diretto.

C'è, inoltre, da sottolineare che la deliberazione della giunta appare necessaria anche dal punto di vista contabile. L'assegnazione degli incarichi ex artt. 108 e 110 del D.lgs 267/2000 è, ovviamente, onerosa. In questi casi, dato che la decisione di assumere i dirigenti o il direttore generale è esclusivamente di matrice politica, appare necessario e corretto che l'impegno della spesa sia assunto dall'organo politico. Ma, ai sensi dell'articolo 49 del D.lgs 267/2000, sono consiglio e giunta che, in casi limitati, possono assumere impegni di spesa, non il sindaco.

Per altro, pare opportuno sottolineare che il trattamento economico dei dirigenti extra dotazione non va imputato al costo del personale. Sicchè non si potrebbe ritenere sufficiente la stipulazione del contratto di lavoro come costituzione automatica dell'impegno sul fondo per gli stipendi del personale, occorrendo invece un previo impegno di spesa da imputare su un capitolo specifico, nell'intervento Prestazione di servizi, anche se i rapporti di lavoro ex art. 110 del testo unico sono a tutti gli effetti rapporti di lavoro dipendente, con l'eccezione del comma 6 dell'articolo medesimo.

[3] Si potrebbe ammettere, semmai, la possibilità di ricorrere alla figura dell'alta specializzazione, con contratto di diritto privato, per coprire un posto di ruolo ad un livello professionale, però, più elevato di quello previsto dall'organizzazione dell'ente.

[4] Citata dal Barusso, op. cit., pag. 1117.