inserito in Diritto&Diritti nel marzo 2002

Danni morali da vacanza rovinata: riflessioni a seguito della sentenza della Corte di giustizia europea del 12/03/2002 nel procedimento C-168/00.

di Ilaria Perinu 

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1. Premessa: La direttiva90/314/Cee.     2.  Caso e questione pregiudiziale.     3.  Sentenza della Corte di giustizia.      4.  La risarcibilità del danno da vacanza rovinata nel nostro ordinamento.

Premessa: La direttiva90/314/Cee.  

La Corte di giustizia dell’Unione Europea si è recentemente pronunciata su una questione pregiudiziale avente ad oggetto l’interpretazione dell’art 5 della direttiva 90/314/Cee concernente i viaggi, le vacanze ed i circuiti “tutto compreso”.

La direttiva 90/314/Cee è stata adottata al fine armonizzare le diverse normative previste dagli Stati membri con riferimento ai cd. pacchetti turistici. L’esistenza di differenti discipline relative alle vacanze “tutto compreso” o, viceversa, la mancanza di una normativa, creavano un ostacolo alla libera prestazione di tali servizi turistici e alla libertà di concorrenza e soprattutto non consentivano un adeguato sistema di tutela del consumatore.

L’attenzione del legislatore comunitario, coerente con l’indirizzo già espresso nel 1970 nella Convenzione di Bruxelles sui contratti di viaggio, si è rivolta verso un sistema di protezione del consumatore fondato sull’obbligo di fornire informazioni[1] chiare, complete, tempestive e non ingannevoli, gravante sull’organizzatore e sul venditore di servizi “tutto compreso” e sulla responsabilità di tali soggetti per l’inadempimento o la cattiva esecuzione del contratto.

L’art 5 della direttiva Cee prevede la responsabilità dell’organizzatore e/o del venditore di circuiti vacanze “tutto compreso” per l’inadempimento e per la cattiva esecuzione degli obblighi derivanti dal contratto, indipendentemente dalla circostanza che tali obblighi siano stati eseguiti dagli stessi o da altri prestatori di servizi. Sono fatti salvi, però, i casi in cui la cattiva esecuzione del contratto sia imputabile al consumatore o le mancanze constatate, imprevedibili e insormontabili, siano imputabili ad un terzo estraneo alla fornitura delle prestazioni o a forza maggiore o ad un avvenimento che l’organizzatore e/o il venditore non potevano prevedere con diligenza.

Per quanto riguarda i danni derivanti dall’inadempimento o dalla cattiva esecuzione del contratto si deve tener presente che il consumatore che acquista un pacchetto turistico “tutto compreso” si trova generalmente in una situazione di particolare debolezza dovuta sia al fatto che entra in contatto con diversi soggetti fornitori di servizi turistici, dall’organizzatore all’albergatore, dal vettore alla giuda ecc., sia alla circostanza che la maggior parte degli inconvenienti si verificano, solitamente, quando è lontano dal luogo di sua residenza con conseguenti stati d’ansia e di stress[2].

Perciò, quando l’inadempimento degli operatori turistici rovina la vacanza del consumatore questi oltre a subire danni di tipo patrimoniale patirà soprattutto disagi morali.

 La direttiva 90/314/Cee ammette implicitamente l’indennizzabilità dei danni morali laddove all’art. 5 n° 2 comma 4° fa riferimento ai “danni diversi da quelli corporali derivanti dall’inadempimento o dalla cattiva esecuzione delle prestazioni”.

Questo principio è stato recentemente sostenuto anche dalla Corte di giustizia dell’U.E.

 

Caso e questione pregiudiziale 

 

Una famiglia austriaca aveva acquistato una vacanza tutto compreso da trascorrere in Turchia. Dopo otto giorni dall’inizio del soggiorno la figlia della coppia, presentava i sintomi di un’intossicazione da salmonellosi provocata dalle vivande servite nel Club. I rimanenti sei giorni di vacanza sono stati trascorsi dalla coppia accudendo la figlia che presentava febbre alta, ansietà ecc.

Dopo aver inviato una lettera di rimostranze alla agenzia di viaggi, senza aver ottenuto risposta, i coniugi austriaci, quali rappresentanti della figlia minore, intentarono una causa volta ad ottenere il risarcimento dei danni subiti.

Il giudice di primo grado accolse la domanda relativa al risarcimento dei danni derivanti dall’intossicazione alimentare contratta nel Club, ma negò la risarcibilità dei danni morali derivanti dal mancato godimento della vacanza sulla considerazione che l’ordinamento austriaco non prevede il risarcimento di un danno morale di quel tipo.

In sede di appello, tuttavia, il giudice adito ha rilevato come l’applicazione dell’art. 5 della direttiva 90/314 Cee potesse condurre ad una diversa soluzione dato il principio per il quale il giudice nazionale è tenuto ad interpretare le disposizioni di diritto interno alla luce delle disposizioni e delle finalità proprie della direttiva.

Il giudice di appello, non ravvisando nell’art. 5 della direttiva 90/314 una precisa ed esplicita indicazione sulla risarcibilità dei danni anche morali, causati dall’inadempimento e dalla cattiva esecuzione del contratto di viaggio “tutto compreso”, ha sottoposto la questione pregiudiziale alla Corte di giustizia dell’Unione Europea al fine di stabilire se l’art. 5 debba essere interpretato nel senso di ritener dovuto il risarcimento di danni morali.

 

Sentenza della Corte di giustizia[3]

 

La Corte di giustizia ha affermato, nel procedimento C-168/00,  che l’art. 5 della direttiva 90/314 Cee debba essere interpretato tenendo presenti le finalità perseguite dal legislatore comunitario.

 Rileva la Corte che la direttiva sui viaggi e sulle vacanze “tutto compreso” mira ad eliminare le divergenze esistenti tra le normative degli Stati membri in materia, allo scopo di evitare le distorsioni del mercato, liberalizzando la concorrenza e garantendo, così, una tutela uniforme ai consumatori.

A tal fine l’art. 5 prescrive agli Stati membri di adottare le misure necessarie affinché gli organizzatori ed i venditori del contratto turistico “tutto compreso” siano responsabili verso i consumatori della buona esecuzione degli obblighi derivanti dal contratto e dei danni causati dall’inadempimento.

Per quanto concerne la risarcibilità dei danni morali, il legislatore comunitario ha tenuto presente l’importanza che riveste il mancato godimento della vacanza per il consumatore che aderisce ad un pacchetto turistico affidandosi all’organizzazione altrui, prevedendo all’art. 5 n° 2 comma 4° la facoltà per gli Stati membri di consentire che l’indennizzo per i danni “diversi da quelli corporali” sia limitato in virtù del contratto.

Pertanto, la Corte ha dedotto l’implicita previsione della risarcibilità dei danni morali e alla luce delle considerazioni di cui sopra, ha risolto la questione pregiudiziale sollevata dal giudice austriaco dichiarando che “L'art. 5 della direttiva del Consiglio 13 giugno 1990, 90/314/CEE, concernente i viaggi, le vacanze ed i circuiti «tutto compreso», dev'essere interpretato nel senso che il consumatore ha diritto al risarcimento del danno morale derivante dall'inadempimento o dalla cattiva esecuzione delle prestazioni fornite in occasione di un viaggio «tutto compreso»”.

 

La risarcibilità del danno da vacanza rovinata nel nostro ordinamento

 

Il danno da vacanza rovinata[4] si verifica quando a seguito dell’inadempimento e della cattiva esecuzione del contratto da parte dell’organizzatore o del venditore di un viaggio “tutto compreso” o anche da parte dei singoli fornitori di servizi turistici di cui essi si avvalgono per l’attuazione del contratto, non si realizza quel fine di piacere e di svago che spinge il consumatore ad acquistare il pacchetto turistico. Quando la vacanza non corrisponde alle aspettative del turista, ingenerate dai depliant pubblicitari, da contratto e dagli opuscoli informativi[5],  viene leso l’interesse a godere della vacanza come occasione di benessere psicofisico.

La problematica concernente la natura e la risarcibilità del danno da vacanza rovinata non è ancora stata oggetto delle attenzioni che meriterebbe considerando l’importanza, economica e giuridica, che in questi ultimi anni vanno acquisendo i contratti aventi ad oggetto prestazioni turistiche e del cd. tempo libero.

Nel nostro ordinamento, sulla scia del diritto internazionale e comunitario, si è disciplinato il contratto di vendita di pacchetti turistici, dando così attuazione alla direttiva Cee 90/314, attraverso il Dlgs. 111/95 le cui disposizioni si applicano, ai sensi dell’art. 1 del medesimo, ai pacchetti turistici venduti ed offerti in vendita nel territorio nazionale dall’organizzatore o dal venditore. L’art. 16 del Dlgs 111/95 prevede la responsabilità dell’organizzatore e del venditore dei pacchetti turistici per i danni diversi dai danni alla persona provocati dall’inadempimento o dall’inesatta in esecuzione delle prestazioni.

Nello stesso senso si esprimono gli art. 13 e 15 della legge 1084/77 di ratifica della Convenzione di Bruxelles del 1970.

 La CCV è stata ratificata dall’Italia avvalendosi della facoltà di applicarla ai soli contratti di viaggio internazionali, intendendosi per tali quei contratti di viaggio da eseguirsi totalmente o parzialmente in uno stato diverso da quello in cui il contratto è stato stipulato o da dove il viaggiatore è partito.

Relativamente a questi contratti, perciò, l’organizzatore è responsabile per qualunque pregiudizio subito dal viaggiatore a causa dell’inadempimento totale o parziale dei suoi obblighi.

Nonostante  queste previsioni normative, la giurisprudenza, per lo più di merito, ha prevalentemente negato la risarcibilità del danni da vacanza rovinata appoggiandosi all’interpretazione tradizionale dell’art. 2059 c.c., secondo la quale la risarcibilità dei danni morali è limitata alle conseguenze penali degli illeciti aquiliani. Così ritenendo, la giurisprudenza ha più volte[6] respinto la risarcibilità dei danni morali consistenti nei disagi e negli stati di ansia e stress patiti a causa della cattiva esecuzione del contratto di viaggio.

In questo senso si espresso il Tribunale di Venezia nel 24/9/00, con sentenza 2164/00[7], che ha condannato una organizzazione di viaggi tutto compreso al risarcimento dei soli danni patrimoniali causati dall’inadempimento.

Per soddisfare le esigenze di tutela del viaggiatore parte della dottrina[8] ha configurato il danno da vacanza rovinata quale danno patrimoniale sulla considerazione che anche la vacanza è un bene possibile oggetto di scambio, con la conseguenza che la perdita o il mancato godimento del bene vacanza provocherà un danno patrimoniale, risarcibile tenendo presente anche la cattiva utilizzazione del periodo di ferie. 

A testimonianza del disagio che c’è verso la qualificazione giuridica e la conseguente risarcibilità dal danno causato dal mancato godimento della vacanza, si segnala la pronuncia del giudice di pace di Cagliari,  sent. 66/2000, nella quale, pur non accogliendo la richiesta di risarcimento dei danni morali, non essendo stato commesso alcun reato, si è affermata la risarcibilità del danno “conseguente alla mancata completa fruizione del bene vacanza” da annoverare tra i danni emergenti ai sensi dell’art. 1223 c.c.

Orbene, nessuna di queste interpretazioni appare condivisibile e soddisfacente. È evidente, infatti, che il danno da vacanza rovinata è un danno morale che non può essere considerato patrimoniale se non per effetto di palesi forzature interpretative.

In caso di inadempimento dell’organizzatore (o del venditore) di un viaggio tutto compreso, il viaggiatore sopporterà danni patrimoniali ma potrà anche patire degli emotional distress cioè disagi, stati d’ansia, stress che, come ha affermato la Corte di giustizia nella sentenza del 12/3/02, devono essere risarciti quali danni morali.  

Da questo punto di vista, il riferimento operato più volte dalla giurisprudenza all’interpretazione tradizionale dell’art. 2059 c.c., al fine di escludere la risarcibilità dei danni morali patiti dal viaggiatore, non appare corretto.

Infatti, è lo stesso dato normativo contenuto nell’art. 2059 c.c. che consente di reputare ammissibile la piena risarcibilità, anche nel nostro ordinamento, dei danni morali conseguenti al mancato o cattivo godimento della vacanza programmata in contratto.

L’art. 2059 c.c. dispone che “Il danno non patrimoniale deve essere risarcito solo nei casi determinati dalla legge”.

Ebbene, il fondamento normativo richiesto dalla norma per la risarcibilità dei danni morali si rinviene, con riferimento ai  contratti di viaggio internazionali, negli art. 13 e 15 della legge 1084/77 e per quanto riguarda i cd. pacchetti turistici nell’art. 16 del Dlgs 111/95. 

Condivide quest’orientamento il Trib. di Cagliari[9] che ha condannato una società venditrice un pacchetto turistico a “risarcire il danno derivante dal fastidio derivante dall’inesatta esecuzione, c.d. danno da vacanza rovinata”, in modo distinto dal decremento patrimoniale subito.”

 Il Tribunale ha espressamente affermato che il danno da vacanza rovinata consiste “negli emotional distresses, collegati al mancato o inesatto adempimento da parte dell’organizzatore, secondo la previsione dell’art. 13 della Convenzione di Bruxelles del 1970, resa esecutiva in Italia con la sopra citata l. 1084/77, richiamata dall’art. 16 D.L.vo n. 111/95”.

Quest’interpretazione appare essere la più corretta, anche e soprattutto alla luce di quanto statuito il 12/3/02 dalla Corte di giustizia dell’U.E. , per la quale il viaggiatore  ha diritto al risarcimento del danno morale derivante dall'inadempimento o dalla cattiva esecuzione delle prestazioni fornite in occasione di un viaggio «tutto compreso».

 

 

 

Dott. ssa.  Ilaria Perinu 

 

Note:

[1] Si veda l’art. 3 della direttiva che così dispone “Qualsiasi descrizione del servizio tutto compreso fornita dall’organizzatore o dal venditore al consumatore, il prezzo nonché tutte le altre condizioni applicabili al contratto non debbono contenere indicazioni ingannevoli.”

L’altresì l’art. 4 n° 2 che così recita “Gli stati membri vigilano affinché si applichino ai contratti i principi seguenti: …tutte le clausole contrattuali sono enunciate per iscritto o in ogni altra forma comprensibile ed accessibile per il consumatore e devono essergli comunicate prima della conclusione del contratto.”

[2] Alcuni fatti di cronaca testimoniano anche il rischio per gli acquirenti del pacchetto turistico di esser, una volta arrivati nella località esotica, trattati come ostaggi dagli albergatori-creditori del tour operator.

[3] La sentenza è disponibile, a fini gratuiti, nel sito http://curia.eu.int/it/jurisp/index.htm

[4] Ciurnelli, Monticelli, Zuddas, Il contratto d’albergo – il contratto di viaggio –, i contratti del tempo libero, Giuffré, 1994, pag.246 e ss.; Lamberti, Il contratto di crociera turistica, in ND, 1973.

[5] Si ricorda che il legislatore ha tipizzato il contenuto del contratto di vendita di pacchetti turistici e degli eventuali opuscoli informativi che devono indicare la destinazione, la durata, la data di inizio e di fine della vacanza anche con riguardo ai cd. soggiorni frazionati, i mezzi e le tipologie di trasporto, l’ubicazione e la categoria dell’albergo ecc.  (art. 7 e 9 del Dlgs. 111/95).

[6] Si veda Pret. Roma 31/3/73 in ND, 1973.

[7] Il Trib. ha affermato, infatti, che “Non ritiene…di poter accogliere la domanda di risarcimento dei danni non patrimoniali c.d. "da vacanza rovinata", atteso che la limitazione della risarcibilità alle sole conseguenze penali degli illeciti aquiliani (art. 2059 c.c.) non appare, allo stato della legislazione, superabile”.

[8] Pierfelici, La qualificazione giuridica del contratto turistico e la responsabilità del tour operator, in Rassegna Diritto Civile, 1986.

[9] Trib. di CA, sent. 9/3/00. La sentenza è pubblicata sul sito www.forodicagliari.it

 Nello stesso senso si è espressa la Pretura di Ivrea, 21.9.1998, in Danno e Responsabilità, n.5/99.