inserito in Diritto&Diritti nel marzo 2004

Multiformita’ funzionale e ambito di applicazione del contratto preliminare

di Valentina Amelia Maria Balbo

***

§1

L’evoluzione funzionale della figura

Il contratto preliminare o pactum de contrahendo o pactum de ineundo contractu è una figura giuridica che trova la propria matrice nella prassi commerciale.

A livello storico il mancato riconoscimento della figura, anzi, la sua più totale negazione da parte del Code Napoleon del 1805, il quale all’art. 1589 stabilisce la regola per la quale “promesse de vente vaut vente”, pesa come un macigno sul legislatore italiano del 1865 che volutamente lo ignora sebbene all’epoca della codificazione previgente il contratto preliminare avesse già cominciato ad avere una certa diffusione e sebbene la dottrina dell’epoca, a fronte di qualche sparuta voce minoritaria[1], fosse decisamente orientata per il riconoscimento della figura[2].

 La legittimità della figura, che non può più essere ignorata, viene infine, sebbene per incidens, riconosciuta dal legislatore del 1942,  anche a seguito di una sbalorditiva diffusione del contratto de quo nei traffici commerciali.[3]

Il legislatore del 1942, tuttavia, rinuncia a dettare per il contratto preliminare una compiuta e dettagliata disciplina che ne regoli tutti gli aspetti e soprattutto, con una scelta certamente non casuale, rinuncia a dare una definizione giuridica dell’istituto, lasciandone così la successiva elaborazione all’autonomia privata e alla giurisprudenza.

Le uniche norme che, nell’impostazione originaria del nostro codice civile, regolano il contratto preliminare sono l’art. 1351 c.c. che ne disciplina la forma e l’art. 2932 c.c. relativo alla esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto, norma che introduce un importante correttivo nell’ipotesi in cui la parte obbligata dal preliminare si rifiuti di stipulare il contratto definitivo, permettendo la stessa al giudice di emanare una sentenza costitutiva che tenga luogo del contratto definitivo.

A questo nucleo essenziale di norme si è aggiunto, nel 1997, l’art. 2645 bis c.c., una norma importante che sancisce, a determinate condizioni, la trascrivibilità del contratto preliminare e si propone di porre fine a tutta una serie di abusi che erano stati perpetrati nella prassi negoziale a danno di promissari acquirenti di immobili ancora da costruire.

Al di là di questa sparuta disciplina normativa, il contratto preliminare non riceve nel nostro ordinamento giuridico alcuna ulteriore specificazione normativa.

Ecco perché, sin dalla sua comparsa nelle relazioni economiche, l’istituto ha posto tutta una serie di problemi interpretativi ed applicativi su molti dei quali ancora oggi si discute, tanto in dottrina quanto in giurisprudenza.

E uno dei settori più problematici dello statuto del contratto preliminare è proprio quello del suo ambito di applicazione, soprattutto a fronte di una evoluzione funzionale che ha caratterizzato la figura in esame sin dalla sua comparsa.

Se è vero, infatti, che il contratto preliminare nasce come un contratto con cui le parti, o nell’ipotesi di preliminare unilaterale una sola parte, si obbligano a concludere un contratto definitivo e quindi nasce come un contratto destinato a produrre effetti meramente obbligatori ai fini della conclusione di una operazione negoziale non ancora matura dal punto di vista economico e/o giuridico, se è vero ciò, non si può certo dire che questo sia anche il punto di approdo della figura.

Accanto ad una funzione di tipo meramente obbligatorio che individua quello che in dottrina e in giurisprudenza viene definito come preliminare “puro” [4], se ne aggiungono nella prassi numerose altre per cui il contratto preliminare diventa ora uno strumento di speculazione, ora il mezzo per ottenere anticipatamente al momento della conclusione di un determinato negozio una certa prestazione, rinviando nel tempo la conclusione del contratto definitivo che legittima l’esecuzione di quella prestazione: si tratta del c.d. “preliminare ad effetti anticipati” [5].

Nell’attuale assetto giurisprudenziale, peraltro, va sottolineato come non solo è ammessa la parziale anticipazione delle prestazioni, ma si ritiene perfettamente compatibile con l’intento di stipulare un semplice preliminare la previsione della traditio del bene e/o del pagamento, anche totale, del prezzo convenuto[6].

Non può pertanto condividersi quella opinione dottrinaria che nega la riconducibilità allo schema preliminare/definitivo di quelle operazioni che dispongano l’integrale attuazione ed esecuzione del rapporto già al momento dell’assunzione dell’obbligo di contrarre: secondo questa tesi, in similibus, la previsione di un ulteriore contratto integrerebbe  in realtà solo un impegno alla ripetizione[7].

Il principale problema che semmai pone la figura di preliminare ad effetti anticipati, figura integralmente costruita con riguardo al preliminare di compravendita, attiene piuttosto alla qualificazione in termini giuridici della posizione di colui al quale viene tradita la res: il dubbio oscilla tra la qualifica di possessore e quella di detentore.

 Si tratta di una quaestio che ha ben poco dello speculativo, a fronte dei non irrilevanti effetti e conseguenze che scaturiscono dall’una o dall’altra opzione in quanto, ragionando in termini di possesso, si legittima il possessore ad usucapire il bene e lo si legittima, altresì, a tutti gli effetti che scaturiscono dalla situazione possessoria, mentre, ritenendo che si tratti di un semplice detentore  ne conseguirà solo la possibilità per lo stesso di avvalersi della tutela predisposta dagli artt. 844 e 1585, 2° comma c.c., contro le immissioni intollerabili[8].

Sebbene non si possa parlare a tal proposito di dati univoci in giurisprudenza, l’orientamento prevalente sembra propendere per la tesi del detentore, muovendo dall’osservazione per la quale chi  è consapevole di aver stipulato un semplice contratto preliminare, differendo l’effetto traslativo al momento della stipulazione del definitivo  (se l’effetto traslativo non fosse differito non saremmo in presenza della fattispecie in esame e non si porrebbe neppure un problema di qualificazione della posizione di colui al quale la cosa è stata consegnata, in quanto si tratterebbe certamente del proprietario con conseguente diritto ex art.1476 n.1 c.c. di conseguire il”possesso” della res),  proprio per questa consapevolezza e perché risulta dallo stesso titolo l’altruità della cosa, non può invocare in suo favore l’animus possidendi [9].

Oggi a dispetto del passato, inoltre, il contratto preliminare può assumere anche una funzione del tutto nuova, quella funzione che in dottrina è stata definita come “controllo delle sopravvenienze” [10]: a fronte, infatti, del modello tradizionale di un preliminare che non permetteva variazioni rispetto al suo contenuto in sede di definitivo e che doveva contenere l’intero regolamento contrattuale fissato dalle parti, viene ad emergere, in contrapposizione alla figura storica, la figura di un preliminare c.d. “aperto” che, per espressa previsione delle parti o per valutazione sociale consolidata, consente delle variazioni in sede di definitivo.

 Il definitivo, insomma, rispetto al preliminare può costituire uno strumento di controllo e di indirizzo del contenuto oggettivo del regolamento negoziale, una sorta di check-up dell’assetto di interessi come espresso nell’assunzione dell’impegno obbligatorio e che può riguardare tanto i presupposti di validità e regolarità del negozio, quanto circostanze sopravvenute che quell’assetto di interessi possono modificare e alterare.

Tutto ciò a garanzia della possibilità, in primis, di apportare al momento della stipula del definitivo degli aggiustamenti per la convenienza dell’affare o per la regolarità del negozio oppure di recedere da un impegno che non si ritiene più oggettivamente in linea con gli interessi e le condizioni  che hannodato origine all’impegno obbligatorio[11].

Si tratta di orientamenti pienamente condivisi dalla giurisprudenza[12] e che segnano il definitivo distacco da quella tesi dottrinaria, invero abbastanza risalente, per la quale, dovendo il contratto preliminare contenere l’intero regolamento negoziale delle parti proprio in funzione dell’eseguibilità in forma specifica di cui all’art. 2932 c.c.,  il contratto definitivo si verrebbe a configurare come un vero e proprio atto di adempimento e pertanto un atto dovuto e non negoziale[13].

Tutto ciò, peraltro, spinge ad un’ulteriore osservazione, un’osservazione  a carattere generale e relativa all’intima connessione e reciproca interdipendenza  presente in qualsiasi negozio giuridico tra profilo funzionale e profilo strutturale: dire che il contratto preliminare è in grado oggi di garantire la funzione di controllo delle sopravvenienze significa, in altri termini, dire che il suo contenuto minimo essenziale è certamente mutato da una necessaria esaustività circa le pattuizioni intercorrenti tra i soggetti dell’affare tali da contenere nel dettaglio quanto dagli stessi convenuto, ad una sufficienza di accordo sugli elementi essenziali del negozio giuridico definitivo che si intende concludere.

Su un piano generale si può dire che le nuove funzioni del preliminare sono tante quante l’autonomia dei privati, naturalmente nei limiti posti dall’ordinamento giuridico, sarà in grado di creare, il che corrisponde in pieno al canone generale della libertà negoziale contenuto nel primo comma dell’art. 1322 c.c.

E tale flessibilità è, fuori da ogni dubbio, anche il frutto della rinuncia del legislatore del 1942 a dare una definizione giuridica compiuta dell’istituto, una precisa ed esaustiva definizione normativa che se fosse stata presente nel codice vigente avrebbe sicuramente posto un limite alla successiva  evoluzione in termini di “multiformità funzionale” del contratto preliminare.

Ecco perché spesso in dottrina si è messo l’accento su un punto molto interessante e cioè sul fatto che, alla luce della prassi commerciale e della contestuale elaborazione che ne ha fatto la giurisprudenza, sembra sbagliato parlare di contratto preliminare come figura unica, unitaria, centralizzante e polarizzante ma vale, semmai, l’osservazione che dal nucleo originario di tale figura si sono venuti a delineare una “pluralità” di contratti preliminari, tanti, in primis, quante sono le funzioni che il pactum de contrahendo è di volta in volta chiamato a svolgere e tanti, in secondo luogo, quanti sono gli ambiti applicativi interessati dalla figura.

 

§ 2

Ambito applicativo del contratto preliminare

 

La vecchia diatriba di carattere dottrinario circa la configurabilità o meno del preliminare rispetto a qualsiasi tipo contrattuale di negozio definitivo sembra aver perso di importanza soprattutto alla luce di una giurisprudenza che appare l’unica artefice nella costruzione dell’ambito applicativo della figura.

In passato e soprattutto dinanzi ad una concezione tradizionale di un preliminare c.d. “puro”, deputato unicamente a produrre effetti obbligatori, a fronte di una autorevole dottrina che ne sosteneva comunque l’applicabilità a qualsiasi tipo di contratto (consensuale e reale, con prestazioni a carico di una sola parte e a prestazioni corrispettive, a forma libera e a forma vincolata)[14] si erano andati delineando in dottrina alcuni orientamenti volti a negare l’ammissibilità di un preliminare di contratto ad effetti obbligatori e di un preliminare di contratto reale.

In particolare con riferimento alla figura di un preliminare di contratto ad effetti obbligatori si rilevava che un simile schema è in pratica superfluo visto che un soggetto, quando promette ad un altro una prestazione, è già obbligato, con conseguente inutilità di una seconda promessa.

Inoltre, con riferimento al preliminare di contratto reale, in passato esso era ritenuto inammissibile perché ai sensi dell’art. 2932 c.c. si considerava incoercibile la consegna della cosa, consegna necessaria per la conclusione del contratto visto che i contratti reali sono quei contratti qui re perficiuntur.

Entrambe tali opinioni sono state tuttavia superate: la prima sulla base del rilievo dell’autonomia funzionale del preliminare rispetto al definitivo; la seconda osservando, da parte di un’attenta dottrina, che un contratto preliminare per essere tale non deve necessariamente essere eseguibile ex art. 2932 c.c. - tanto è vero che la stessa norma dice “qualora” l’esecuzione in forma specifica “sia possibile e non sia esclusa dal titolo” - , ma, in caso di inadempimento, gode anche di altri rimedi e tutele ed in primis quella risarcitoria.

Unanimità ha, invece, mostrato. la dottrina sin dagli esordi dell’istituto nel ritenere applicabile il contratto preliminare solo ad operazioni negoziali aventi il carattere della patrimonialità, con conseguente esclusione dal suo ambito di applicazione dei negozi di diritto familiare (in particolare matrimonio, ma anche testamento).

Nonostante gli indiretti effetti patrimoniali che da questi negozi possono conseguire, essi sono tradizionalmente considerati negozi a carattere personale, con profili di rilevanza pubblicistica che ne impediscono una piena dispositività in capo ai soggetti che li pongono in essere: ne deriva, ad esempio, che la promessa di matrimonio non può essere considerata un contratto preliminare non essendo, appunto, il matrimonio un contratto e difettando in toto dell’elemento della patrimonialità[15].

Con specifico riferimento alla promessa di matrimonio, va comunque fatta qualche precisazione di carattere meramente speculativo.

Secondo un’opinione dottrinaria[16], da un punto di vista meramente astratto, essa è passibile di essere  inquadrata nello schema del contratto preliminare sebbene a tale inquadramento osti, da un punto di vista tecnico giuridico, la valutazione che il legislatore ne ha fatto, giudicandola improduttiva degli effetti giuridici tipici delle promesse negoziali latu senso intese e limitando gli stessi a quelli espressamente previsti dagli artt. 79  e ss. c.c.

In ogni caso vale l’obiezione, già espressa, per la quale il matrimonio non è un contratto e pertanto nessun impegno può assumersi in ordine alla sua “stipulazione”.

Va, peraltro, posto in assoluto rilievo come nella pratica l’applicabilità del contratto preliminare alle singole tipologie contrattuali, stante l’inesistenza di specifici divieti e la generalità di impostazione della figura nel codice, sia interamente rimessa all’elaborazione giurisprudenziale, elaborazione differenziata in relazione alle singole fattispecie, attenta ai profili di compatibilità strutturale e funzionale  e non passibile di essere ricondotta a veri e propri principi generalizzanti.

§ 3

Il preliminare di compravendita: la figura principe

 

 Se qualche generalizzazione è comunque possibile fare in tema di contratto preliminare questa va, senza ombra di dubbi, condotta sul filo del  preliminare di vendita e in particolare di vendita immobiliare che costituisce statisticamente l’ipotesi di maggiore diffusione nell’ambito applicativo dell’istituto oggetto di esame.

Anzi, è più corretto dire che la vera e propria elaborazione della giurisprudenza in tema di preliminare è stata ed è compiuta proprio su questo terreno non solo attraverso al ricostruzione dello statuto generale del contratto preliminare, ma talora anche attraverso l’ integrazione tra disciplina della vendita e disciplina del contratto preliminare.

Basterà pensare alla possibilità, spesso ammessa in giurisprudenza[17], per la quale la presenza di vizi, oneri e pesi sulla res oggetto del preliminare di compravendita facoltizza il promissario acquirente non solo alle azioni di risoluzione del contratto preliminare e di risarcimento del danno, nonché all’eccezione di inadempimento ubi necesse sit (azioni genrali a tutela di qualsiasi regolamento contrattuale), ma anche a sollevare le eccezioni di cui agli artt. 1481 (per cui il promissario acquirente può sospendere il pagamento del prezzo nell’ipotesi di pericolo di rivendica ),  1482  (per cui il promissario acquirente può sospendere il pagamento del prezzo nell’ipotesi di res gravata da garanzie reali o da altri vincoli)  e 1489 c.c. (ex quo  il promissario acquirente può domandare la risoluzione del contratto o la riduzione del prezzo se la cosa promessa in vendita è gravata da oneri o da diritti reali o personali) norme dettate in tema di contratto di compravendita e ritenute applicabili in via analogica con riferimento al contratto preliminare di compravendita.

Inoltre, la straordinaria diffusione dello strumento in esame nella prassi delle compravendite e in particolare delle compravendite immobiliari, nonché i contestuali abusi che si sono registrati a danno di promissari acquirenti di immobili c.d. “sulla carta”[18], hanno indotto il Legislatore del 1997 ad attenzionare la figura del preliminare, appunto, di compravendita e a dettare una disciplina ad hoc per porre un freno a quegli stessi abusi: si tratta dell’introduzione, nel tessuto codicistico, dell’art 2645 bis c.c., norma con la quale si è stabilita definitivamente la possibilità di trascrivere, a determinate condizioni (limiti oggettivi di applicazione, limiti di forma), il preliminare di compravendita, con conseguente effetto prenotativo dello stesso rispetto al definitivo.

Tutto ciò è segno palese dell’attenzione che non solo i giudici, nella loro funzione di risoluzione dei conflitti ex post, ma anche lo stesso legislatore, nella sua funzione di risoluzione dei conflitti ex ante,  ha prestato alla figura, notevolmente diffusa nella prassi negoziale, del preliminare di vendita.

 

§ 4

Il preliminare di contratto ad effetti obbligatori: in particolare preliminare di locazione e preliminare di contratto di lavoro

 

Tra le principali applicazioni che la giurisprudenza ha fatto in tema di preliminare di contratto ad effetti obbligatori vi sono quelle relative ai contratti, rispettivamente, di locazione e di lavoro.

Mostrando di non tenere in debita considerazione le critiche mosse da parte di quegli autori che, specie in passato, hanno ritenuto l’impossibilità di configurare un preliminare di contratto a effetti obbligatori, i giudici si sono spesso trovati a dover fare i conti con tali fattispecie che sono emerse nella prassi negoziale.

Con riferimento al contratto preliminare di locazione, la figura è stata generalmente ritenuta configurabile e in astratto potrebbe certamente corrispondere ad un apprezzabile interesse delle parti – e quindi supportata anche sul piano causale – quella operazione negoziale volta a creare tra le stesse un vincolo obbligatorio in ordine al godimento di una res dietro corrispettivo (art. 1571 c.c.): il manifestare la comune intenzione di procedere in un momento successivo alla conclusione di un contratto di locazione potrebbe corrispondere all’interesse delle parti di assicurarsi, in un futuro, gli effetti di una operazione  - i.e. il godimento di un determinato immobile o la percezione di un canone locatizio di determinato ammontare – non ancora matura dal punto di vista giuridico e/o economico , insomma quella che è poi la funzione generale del pactum de contrahendo.

Una vera complicanza nella costruzione della figura specifica deriva piuttosto da tutte quelle ipotesi in cui la volontà dei contraenti non è univocamente decifrabile, vuoi per la terminologia utilizzata che può essere confusa ed equivoca, vuoi per la presenza di pattuizioni contrastanti.

E’ in queste ipotesi che spetterà al giudice tracciare i confini tra il contratto preliminare di locazione - che ha l’unico effetto di obbligare le parti alla successiva conclusione di un contratto di locazione definitivo - e contratto di locazione  – che comporta, invece, tutta quella serie di obblighi e diritti che la legge, in quanto contratto e in quanto contratto nominato, gli ricollega -.

La relativa indagine ad opera del giudice dovrà essere compiuta attraverso l’utilizzo dei principi generali di interpretazione del contratto contenuti negli artt. 1362 e ss. c.c.

Il contratto preliminare di locazione si ritiene, comunque, generalmente eseguibile ex art. 2932c.c.[19]

Passando ad analizzare le applicazioni che i giudici hanno fatto della fattispecie di cui all’art. 1351 c.c. al contratto di lavoro, emerge quell’orientamento volto ad ammetterne la configurazione, ma con l’ulteriore specificazione della non eseguibilità in forma specifica dello stesso ex art. 2932 c.c. e quindi con il presidio, in ipotesi di inadempimento del datore di lavoro,  dei soli rimedi generali previsti dallo statuto generale del contratto, ritenendosi l’obbligo di assunzione incoercibile e non sostituibile da un sentenza costitutiva che tenga luogo del contratto non concluso.[20]

Secondo questo orientamento la  insuscettibilità di esecuzione in forma specifica dell’obbligo di concludere un contratto individuale di lavoro viene ricavata, come per altro anche in tema, qui strettamente connesso, di reintegra ex art. 18 Stat. Lav., dalla infungibilità delle prestazioni dedotte nel contratto, in ossequio al brocardo per cui nemo ad factum precise cogi potest.

Conseguenza fondamentale di una simile impostazione della quaestio è che il principale rimedio all’inadempimento dell’obbligo diviene quello risarcitorio il quale assumerà connotazioni chiaramente equitative.

Contrapposto orientamento giurisprudenziale[21], espresso proprio in tema di contratto individuale di lavoro, vuole, invece,  che l’infungibilità della prestazione datoriale nell’adempimento dell’obbligo di assumere derivante da un preliminare – o da altra fonte, anche legale – non costituisca ostacolo all’esecuzione in forma specifica dell’obbligo di concludere un contratto  di lavoro ai sensi dell’art. 2932 c.c., attesa la fungibilità della sentenza costituiva al consenso delle parti obbligate a stipularlo, purché – e  si tratta chiaramente di elemento condizionante il dictum del giudice – le parti abbiano predeterminato al momento dell’assunzione dell’obbligazione gli elementi essenziali del contratto da stipulare, non potendosi il giudice sostituire a loro in tale determinazione.

Simile orientamento, peraltro, è in  linea  ideale di continuità con quella parte minoritaria  della giurisprudenza[22]  che ritiene coercibile l’ordine di reintegra ex art. 18 St. lav.

 

§ 5

Il preliminare di contratto reale: in particolare preliminare di mutuo e di sconto bancario

 

Abbiamo già dato contezza di quella tesi dottrinaria per la quale il preliminare di contratto reale non avrebbe diritto di cittadinanza nel nostro ordinamento giuridico.

Tale tesi, oltre ad essere superata dalle critiche di altra parte della dottrina, deve anche fare i conti con le pronunce giurisprudenziali che hanno mostrato in tema significative aperture.

In particolare gli interventi hanno riguardato il contratto di sconto bancario e il contratto di mutuo.

Con particolare riguardo al preliminare di sconto bancario va segnalata l’evoluzione giurisprudenziale che, da una valutazione di inammissibilità, ha registrato alcune aperture soprattutto nei casi in cui non vi fosse una totale indeterminatezza dell’oggetto del contratto di sconto da concludere, come nelle ipotesi in cui i titoli di credito da scontare fossero predeterminati o si imponesse un tetto massimo all’importo degli stessi o ancora il contratto di sconto bancario fosse accompagnato da una apertura di credito qualificabile come contratto preliminare, rispetto al quale lo sconto dei singoli effetti costituisce esecuzione concreta.[23]

Anche con riguardo al contratto di mutuo è ritenuto configurabile un contratto preliminare[24], rispetto al quale opera il principio di libertà delle forme.

Si ritiene, peraltro, ormai superato l’argomento contra della incoercibilità della consegna della cosa necessaria per la perfezione del negozio e si argomenta che anche se un contratto preliminare non è eseguibile in forma specifica, rimane pur sempre un contratto preliminare e il suo eventuale inadempimento potrà essere sanzionato con  i generali rimedi contrattuali: è questa l’impostazione privilegiata dalla giurisprudenza.[25]

Non va, infine, sottaciuto come sia lo stesso codice all’art. 1822 a disciplinare la c.d. “promessa di mutuo” generatrice di un impegno obbligatorio alla stipula di un contratto di mutuo.

Verrebbe da chiedersi altrimenti: perché riconoscere vincolatività all’impegno di stipulare un contratto di mutuo quando questo trova il suo titolo in un atto unilaterale (promessa di mutuo) e non quando il titolo sia piuttosto un atto plurilaterale, un contratto?

Esigenze di giustizia sostanziale impongono quindi la  piena condivisione della tesi avallata dalla giurisprudenza.

Secondo l’impostazione privilegiata dalla giurisprudenza, il preliminare di mutuo si risolve in definitiva in una promessa de mutuo dando et de mutuo accipiendo in cui l’obbligo del promittente mutuante alla restituzione delle res nasce solo dopo la loro consegna.[26]

§ 6

Un’applicazione particolare: il preliminare di società

 

Ancora con riguardo al preliminare di società la giurisprudenza ha puntualizzato che il c.d. pactum de ineunda societate , fortemente contrastato dalla tesi dottrinaria tradizionale, è da ritenere ammissibile purché dal negozio risulti l’obbligo di stipulare il contratto definitivo di società e in esso siano predeterminati gli elementi essenziali caratterizzanti il tipo di società prescelto.[27]

Circa la esatta individuazione, già in sede di stipulazione del preliminare, del tipo di società prescelto e circa le conseguenze scaturenti da tale mancata individuazione si registrano in giurisprudenza due contrapposti orientamenti: secondo una prima impostazione l’omissione non sarebbe tanto grave e in mancanza di precisi dati di identificazione occorrerà far riferimento all’organizzazione societaria più elementare e quindi, ove l’oggetto sia commerciale, alla s.n.c.[28]; secondo altra parte della giurisprudenza, in similibus, l’accordo , mancando del suo più essenziale elemento, darà luogo a mere trattative ma non ad un contratto preliminare [29], difettando questo del requisito della determinatezza o determinabilità dell’oggetto con le conseguenze di cui agli artt. 1346 e 1418 c.c.

§ 7

Preliminare o promessa di donazione

 

Particolare applicazione del contratto preliminare è quella che ravvisa a suo oggetto una donazione.

Occorre ricordare, infatti, che il preliminare di donazione era ritenuto ammissibile in passato da quella autorevole dottrina che sosteneva l’applicabilità dello schema preliminare/definitivo a tutte le tipologie contrattuali.[30]

La tesi faceva leva sull’osservazione per la quale, venuto meno nella dizione dell’ art. 769 del codice vigente  il riferimento alla “spontaneità” della liberalità, presente invece nell’art. 1050 del codice del 1865, la nozione attuale della donazione  non presupporrebbe più, neppure per implicito, tale requisito.

Si osservava altresì che, pur volendo sostenere la implicita ed attuale necessitas dell’elemento della spontaneità, questa potrebbe comunque ricorrere all’atto del perfezionamento del contratto preliminare.

La feconda diatriba presente in dottrina e successiva alla nuova formulazione della fattispecie del contratto di donazione circa l’ammissibilità della promessa di donazione, nonché i paralleli contrasti generatisi in giurisprudenza sullo stesso punto, hanno spinto nel 1975[31] le Sezioni Unite ad intervenire sul punto e a pronunciarsi per l’inammissibilità nel nostro ordinamento giuridico di un preliminare di donazione.

Il costante orientamento giurisprudenziale ritiene, infatti, la nullità della figura in quanto la costituzione di un vincolo giuridico a donare si pone in netta antitesi con il principio ex quo nel contratto di donazione l’arricchimento del donatario e il contestuale impoverimento del donante deve avvenire per spirito di liberalità, in virtù cioè di un atto di autodeterminazione del donante assolutamente libero al momento del contratto.[32]

Pur non facendo alcun riferimento al controverso presupposto della “spontaneità” della liberalità, la Suprema Corte sposa la tesi dottrinaria dell’impossibilità giuridica di configurare vincoli ad un atto che per definizione deve essere libero e colloca la necessaria presenza della libertà di autodeterminazione del donante  al momento della conclusione del contratto di donazione, con conseguente impossibilità di riferire la stessa ad una fase eventualmente prodromica  di assunzione dell’obbligo di donare.

Anche la dottrina più moderna ha fatto propria la tesi avallata dalla giurisprudenza[33], anche se qualche manifestazione di dissenso si coglie in chi ritiene che spunti in senso contrario potrebbero ricavarsi dallo stesso dettato dell’art. 769 c.c. che prevedendo anche la c.d. donazione obbligatoria  legittimerebbe la configurabilità di un contratto preliminare di donazione, figura di vera e propria donazione obbligatoria di dare rispetto alla quale il seguente contratto definitivo si porrebbe come pagamento traslativo solvendi causa.[34]

La soluzione appare comunque palesemente artificiosa e per nulla corroborata da dati normativi, nonché in aperto contrasto con il dictum delle Sezioni Unite.

Sul punto, per completezza di esposizione,vanno segnalate infine le critiche manifestate nei confronti del suddetto orientamento giurisprudenziale da una parte della dottrina; critiche rivolte in particolare all’assolutizzazione del principio di diritto accolto e alla sua pacifica estensione anche ai casi in cui vengano a configurarsi “donazioni sostanzialmente corrispettive”, intendendosi con tale espressione quelle donazioni che contengono un modus o una condizione e che non comportano pertanto sic et simpliciter un contestuale arricchimento del donatario e un impoverimento del donante.

Vi sono, cioè, determinate situazioni in cui si viene a configurare in capo al  promissario donatario l’esistenza di un onere o  l’obbligo di un adempimento che comportano come  conseguenza il crearsi di una qualche sinallagmaticità del rapporto rispetto alla quale nello stesso donatario potrebbe ingenerarsi un affidamento sull’adempimento dell’obbligo donativo assunto con promessa, affidamento degno di tutela.

In queste ipotesi, definite appunto come “donazioni sostanzialmente corrispettive”, a volte la rigida applicazione del principio di diritto giurisprudenziale della nullità della promessa di donazione, potrebbe apparire iniqua, richiedendo piuttosto una valutazione caso per caso delle singole fattispecie.

§ 8

Conclusione

 

Concludendo, va comunque sottolineato che il sostanziale successo del contratto preliminare nei più disparati ambiti applicativi è oggi in progressivo declino, soprattutto a causa della non sufficiente elasticità dello strumento esaminato nella formazione progressiva dell’accordo dovuta alla creazione immediata e irretrattabile di un obbligo a contrarre, declino che si manifesta soprattutto con riguardo ai contratti strutturalmente più complessi e che involgono interessi economici di una certa entità.

Note

[1] Viterbo, Intorno al concetto di contratto preliminare (a proposito di un recente libro), (Arch. Giur., 1931, pagg. 32 e ss).

[2] N. Coviello, Contratto preliminare in Enciclopedia giuridica, Milano 1902, pagg. 99 e ss.; Carrara, La formazione dei contratti, Vallardi, Milano, 1915, pagg. 39 e ss.

[3] F. Messineo, Contratto preliminare, in Enc.dir., X, pag. 168; P. Forchielli, Contratto preliminare in NDI, IV, pag.684.

[4] V. ad es. Cass. Civ., sez. I, 3/1/2002 n.29.

[5]  Riconosciuto dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 85/1720. 

[6] S.C. 00/5192.

[7] C. M. Bianca, Diritto civile, Vol.3, Il contratto, Milano 2000, pag.186.

[8] Gazzoni, Manuale di diritto privato, Napoli 2001, pag. 858.

[9] S.C.00/8796; S.C. 96/1533; S.C. 93/7690.

[10] Gabrielli, Il contratto preliminare, Milano 1970, pag.152.

[11] Bigliazzi Geri, Breccia, Busnelli, Natoli, Diritto Civile, vol. 1**, Fatti e atti giuridici, Torino 1987 pag. 607.

[12] S.C. 97/7935.

[13] Montesano, Contratto preliminare e sentenza costitutiva, Napoli 1953.

[14] F. Messineo, Contratto preliminare, in Enc.dir., X, pag. 171.

[15] Jemolo, Il matrimonio, in Trattato di diritto civile italiano, diretto da Vassalli III, t.I, Torino 1957, pagg. 63-67.

[16]  P. Forchielli, Contratto preliminare in NDI, IV, pag. 688.

[17] S.C.86/5067; S.C.94/9498; S.C. 84/3450; S.C. 00/15380.

[18] Si è trattato di una serie di veri e propri abusi perpetrati ai danni di singoli promissari acquirenti e nella stragrande maggioranza dei casi di consumatori poco e per niente tutelati dallo statuto originario del contratto preliminare.

 La nascita di una obbligazione di trasferimento della proprietà di immobili ancora da costruire - effetto primigenio del contratto preliminare di compravendita -,di solito contestuale al versamento di un congruo anticipo sul prezzo, non si è, infatti, rivelata sufficientemente idonea a tutelare le ragioni di tali promissari acquirenti di fronte all’insolvenza – spesso sfociata nel fallimento delle imprese costruttrici – o all’acquisto di diritti reali sulle res da parte di terzi..

[19] S.C. 00/1708.

[20] Vedi S.C. 91/25, S.C. 46/90, S.C. 118/88.

[21] Cass. civ., sez. Lavoro, 13-06-2002, n 8489.

[22] Pret. Domodossola, 14 Aprile 1979; Pret. Milano, 20 Febbraio 1979; Pret. Torino, 20 Dicembre 1978, Rivista Giuridica del Lavoro e della Previdenza Sociale, 1979, II, pagg. 682 e ss.

[23] Trib. Napoli 25/1/1956; Trib. Roma 27/9/1956; Trib. Ancona 28/6/1966.

[24] S.C. 81/3980.

[25] S.C. 81/3980.

[26] Va infine rilevato che la giurisprudenza ammette anche la figura di preliminare di permuta, v. S.C. 84/419.

[27] S.C. 81/47.

[28] S.C. 81/47.

[29] S.C. 85/3389.

[30] P. Forchielli, Contratto preliminare in NDI, IV, pag.688.

[31] Cass.  S.U. 75/4153.

[32] V. anche S.C. 79/3315.

[33] Per tutti  R. Scognamiglio, Dei contratti in generale, Commentario Scialoja Branca, 1970, pag. 438.

[34] F. Gazzoni, Manuale di diritto privato, Napoli 2001, pag. 855.