inserito in Diritto&Diritti nel luglio 2004

Responsabilità da buche stradali

di Dott. Renato Amoroso – Giudice di Pace in Monza.

***

La annosa e sempre controversa questione della responsabilità della Pubblica Amministrazione, per i danni provocati da buche presenti sul manto stradale, sembra conoscere un momento di revisione ed evoluzione, che presenta spunti di interesse.

Si dibatte se l’ipotesi di una responsabilità della PA possa essere invocata soltanto in forza dell’art. 2043 C.C. o se sia proponibile la responsabilità per le cose in custodia ex art. 2051 C.C. La differenza più evidente e più significativa risiede nel diverso regime dell’onere della prova.

L’orientamento più tradizionale della giurisprudenza teneva conto del fatto che il danneggiato ha comunque l’onere di fare tutto il possibile per evitare il danno e, pertanto, ove l’ostacolo fosse visibile ed evitabile, non si potesse addebitare automaticamente una responsabilità all’ente pubblico. Detta responsabilità poteva essere invocata solo nell’ipotesi che la buca o avvallamento costituisse nel caso concreto “insidia o trabocchetto”, non prevedibile e non evitabile con la normale diligenza. (In tal senso, fra le più recenti e significative, Trib. Milano 27.1.2003, Cass. 3.12.2002 n. 17152 in Foro it. 2003, I, 1802 con nota di dottrina e specifici richiami riepilogativi).

La giurisprudenza menzionata ha altresì ammesso di recente la possibilità di un concorso di colpa fra privato e PA nella produzione dell’evento dannoso, prima esclusa. L’originaria interpretazione, infatti, poneva l’alternativa assoluta ed invincibile fra colpa del danneggiato e responsabilità della PA, dimodochè ove fosse in concreto dimostrato che l’insidia era visibile ed evitabile, tutto il danno restava a carico dell’infortunato. Al contrario, ove il caso concreto avesse posto in evidenza l’insidia o trabocchetto, per ciò stesso tale elemento avrebbe concretizzato, in modo sintomatico, la colpa della PA, escludendo ex se la colpa del danneggiato (si vedano Cass. 8.11.2002 n.15710; Cass. 30.7.2002 n.11250; Cass. 19.7.2002 n.10577; Cass. 13.2.2002 n.2067).

Una più attenta e sistematica analisi del principio contenuto nell’art. 1227 1° comma C.C., relativo al concorso di colpa del danneggiato, ha condotto Cass. 17152/02 a collocare detta ipotesi nella operazione di valutazione del nesso causale fra fatto e danno: la fattispecie prevista dal 1° comma dell’art. 1227 C.C. concerne il rapporto tra causa ed evento e regola il concorso di colpa del danneggiato nella produzione dell’evento. Ciò ha effetti diretti sulla riduzione proporzionale del risarcimento (Cass. 20.7.2002 n. 10641) e richiede l’accertamento di tutti i fattori causali e l’incidenza di essi, ivi compreso il fatto del danneggiato, sulla genesi del danno. Spetterà al Giudice del caso concreto stabilire se e quanto il comportamento del danneggiato abbia influito sulla produzione del danno e sulla sua misura (Cass. 9.1.2001 n.240; Cass.9.1.2002 n. 200).

Con sentenza 23.7.2003 n. 11446 la Cassazione ridà corpo ad un orientamento già affermato ma fino ad ora quasi minoritario (v. Cass. 15.1.2003 n. 488, Cass. 13.1.2003 n. 289, Cass. 31.7.2002 n.11366). Il regime di responsabilità ex art. 2051 C.C. è applicabile al caso di danno prodotto da manchevolezze della manutenzione del manto stradale: per l’esclusione dell’applicazione di tale regime occorre la dimostrazione dell’impossibilità oggettiva per l’ente pubblico di esercitare un controllo continuo e completo sullo stato delle strade. Si ritiene che tale impossibilità, si ripete “oggettiva”, dipenda dalla duplice condizione di un uso generalizzato del bene (da parte di una massa cospicua di utenti) e della notevole estensione del bene stesso.

La valutazione della ricorrenza nel caso concreto di dette condizioni non può che essere rimessa al prudente apprezzamento del Giudice. Resta il fatto che l’ente pubblico potrà essere esonerato dalla responsabilità soltanto fornendo elementi di giudizio utili a provare che il danno è frutto del caso fortuito o del fatto, esclusivo o concorrente, del danneggiato o di un terzo (Cass. 17.5.2001 n. 6767, Cass. 10.5.1999 n. 4616, Cass. 13.5.1999 n.4757). L’eventuale prova del fatto del danneggiato vale ad esimere l’ente da responsabilità al pari della prova del fatto fortuito (Cass. 26.3.2002 n.4308, Cass. 20.7.2002 n.10641).

Il criterio di valutazione promosso dalle più recenti pronunce della Corte di legittimità sembra caratterizzato da una certa severità di giudizio, ponendo in evidenza che, con particolare riguardo al caso delle autostrade, proprio la caratteristica di strada a scorrimento veloce richiede che il gestore provveda con particolare cura al costante controllo ed alla più opportuna vigilanza.

Si profila, pertanto, l’ipotesi di responsabilità ex art. 2051 C.C. come caso di responsabilità oggettiva, per la sussistenza della quale è sufficiente la prova del nesso materiale fra la cosa in custodia (nel caso de quo, la strada) e il danno da questa prodotto. Detto nesso causale potrà essere escluso dalla prova del fatto fortuito, nei sensi sopra esposti (Cass. 9.4.2003 n. 5578, Cass. 15.1.2003 n.472, Cass. 13.2.2002 n.2075).

Una volta ammessa la applicabilità della norma di cui all’art. 2051 C.C. si legge nella motivazione delle sentenze n.12219/03 e 11446/03 che si tratterà, caso per caso, di riscontrare nelle specifiche situazioni delle strade la ricorrenza dei principi affermati “… in relazione alla loro estensione, alle dotazioni, ai sistemi di assistenza che le connotano, agli strumenti che il progresso tecnologico volta a volta appresta e che, in larga misura, condizionano anche le aspettative della generalità degli utenti, oltre che … distinguere le situazioni di pericolo immanentemente connesse alla struttura ed alle pertinenze dell’autostrada” per le quali “…l’uso generalizzato e l’estensione della stessa costituiscono dati in via generale irrilevanti in ordine al concreto atteggiarsi della responsabilità del custode”, da quelle “…provocate dagli stessi utenti ovvero da una repentina e non specificamente prevedibile alterazione dello stato della cosa, che pongano a repentaglio l’incolumità degli utenti e l’integrità del loro patrimonio”, per le quali “…dovrà configurarsi il caso fortuito tutte le volte che l’evento dannoso presenti i caratteri dell’imprevedibilità e della inevitabilità”.

Si profila un compito non facile per la valutazione in concreto delle singole fattispecie.

 

Dott. Renato Amoroso – Giudice di Pace in Monza.