L’obbligo di mantenimento del figlio naturale

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Una coppia di conviventi potrebbe decidere di lasciarsi anche se nel frattempo è nato un figlio.

Lui non si fa più né vedere né sentire, e non versa alla ex compagna i soldi per mantenere il bambino, che riceve le uniche attenzioni da parte della madre, a sua volta, aiutata dai genitori.

Passato più di un anno, non riuscendo a riappacificarsi, lei, a causa delle difficoltà di carattere economico, decide di citare in giudizio l’ex convivente, al fine di farsi riconoscere una parte delle spese sostenute per il figlio.

Passano altri mesi prima che il giudice emetta la sua decisione, obbligando il padre disinteressato a contribuire alle necessità del piccolo.

A questo proposito, ci si chiede da quando decorre il mantenimento del figlio di una coppia non sposata.

La donna vorrebbe che la condanna retroagisse dalla fine della convivenza, mentre il suo ex pretende che la sentenza abbia effetto esclusivo dalla sua emissione.

La Suprema Corte di Cassazione con la recente ordinanza 12/05/2020 n.8816/2020, si è pronunciata in merito.

Prima di scrivere sulla questione specifica, scriviamo qualcosa in relazione alle regole sul mantenimento dei figli.

Le regole sul mantenimento dei figli

L’articolo 30 della Costituzione prevede in forma solenne il dovere dei genitori, anche se non uniti in matrimonio, di mantenere, educare e istruire i figli.

 

Coloro che optano per il matrimonio (civile o concordatario) durante la celebrazione si sentono ripetere la formula di legge contenuta all’articolo 147 del codice civile, che ricorda il dovere di mantenere, istruire, educare e assistere moralmente i figli nel rispetto delle loro capacità, inclinazioni naturali e aspirazioni.

Se la coppia sposata si separa e poi divorzia o se la coppia di conviventi mette fine alla relazione, i figli non possono essere abbandonati o ricevere danno.

A questo fine esistono delle regole con le quali il mantenimento dei figli viene regolato dalla legge.

Ci sono metodi che stabiliscono le modalità con le quali i genitori si devono fare carico dei loro figli sia durante il matrimonio (o la convivenza) sia dopo la fine della relazione, sancita dalla separazione, dal divorzio o dalla fine della convivenza.

Al fine di affrontare in modo preciso l’argomento relativo al mantenimento dei figli, si deve partire dai diritti che la legge, all’articolo 315 bis del codice civile, riconosce loro.

Sono diritti che spettano a ogni figlio indipendentemente dal fatto che sia nato da una coppia sposata oppure non sposata.

Il figlio ha diritto di essere mantenuto, educato, istruito ed assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni.

Ha diritto di crescere in famiglia e di mantenere rapporti significativi con i parenti, vale a dire con i fratelli, con i nonni, con gli zii.

Ha diritto di essere ascoltato in relazione alle questioni e alle procedure a lui relative se ha compiuto dodici anni e se è capace di discernimento, anche se ha una età inferiore.

La medaglia ha il suo rovescio, perché accanto ai diritti, il figlio ha anche dei doveri.

L’articolo 315 bis comma 4 del codice civile lo chiarisce in modo preciso quando afferma che il figlio:

Deve rispettare i genitori

Deve contribuire, in relazione alle sue capacità, alle sue e sostanze e al suo reddito, al mantenimento della famiglia sino a quando convive con essa.

Ritorniamo alla questione specifica.

I doveri nei confronti dei figli dei genitori non sposati

Quando nasce un figlio da una coppia di fatto, vale a dire non unita dal vincolo matrimoniale, è dovere di entrambi i genitori mantenerlo sino all’indipendenza economica.

A questo proposito, vengono applicate le stesse regole che valgono per marito e moglie.

Una possibile separazione dei due partner non può influire sull’obbligo.

Se anche l’uomo dovesse decidere di “defilarsi”, resta lo stesso tenuto a contribuire alle spese per il figlio, versando ogni mese nelle mani della madre, un assegno fisso per le spese ordinarie, rapportato alle sue possibilità economiche e alle necessità del figlio.

Ed è anche tenuto a contribuire in percentuale, di solito pari al 50%, alle spese straordinarie, vale a dire quelle una tantum come quelle per i viaggi.

 

Se l’ammontare dell’assegno non viene determinata di comune accordo tra le parti, viene stabilita dal giudice su ricorso del genitore con il quale abita il bambino.

Qui si inserisce la domanda iniziale, vale a dire da quando decorre l’obbligo di mantenimento per il figlio di una coppia non sposata, e verrà di seguito spiegato.

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La condanna al pagamento del mantenimento nei confronti del figlio

Secondo la Suprema Corte di Cassazione, l’obbligo di mantenimento del figlio naturale, decorre dalla fine della convivenza o dalla domanda di rimborso.

La decisione del tribunale per i minorenni relativa all’obbligo di mantenimento del figlio naturale da parte del genitore non affidatario è retroattiva, al momento della domanda giudiziale, oppure, è successiva, quando cessa la coabitazione, senza che sia necessario un’apposita specificazione sul punto da parte del giudice.

La decisione dei giudici di legittimità si fonda nel principio secondo il quale l’obbligazione di mantenimento prevista dall’articolo 148 del Codice civile si collega allo stato di genitori e assume, la stessa decorrenza, dalla nascita del figlio.

Se la convivenza tra i genitori dovesse cessare, l’obbligo del genitore non affidatario o collocatario non decorre dalla proposizione dell’inizio della causa, ma dalla effettiva cessazione della coabitazione.

Da quel momento diventano efficaci le decisioni in materia di affidamento dei figli e i conseguenti provvedimenti di natura economica.

Resta fermo il potere del giudice di “misurare” l’entità dell’assegno in relazione ai diversi periodi di vita del minore, anziché prevedere un unico importo forfetario, fissando le relative decorrenze.

La madre potrebbe ricorrere contro il padre in qualsiasi momento, anche dopo diversi anni, senza incorrere in nessun tipo di decadenza o prescrizione.

Una volta raggiunta la maggiore età, anche il figlio potrebbe agire contro il padre che gli ha fatto mancare i mezzi di sostentamento, privandolo delle circostanze che la vita gli avrebbe potuto riservare se avesse avuto una superiore disponibilità economica.

Il figlio potrebbe anche agire in giudizio contro il padre, al fine di richiedere i danni causati dalla sua assenza e per avergli fatto mancare l’affetto che un padre dovrebbe essere tenuto a dare.

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Dott.ssa Concas Alessandra

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