L’espropriazione forzata

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In diritto si definisce espropriazione forzata un procedimento esecutivo, di natura coattiva, diretto a sottrarre al debitore determinati beni, pignorabili, parte del suo patrimonio, convertendoli in denaro con la vendita ai pubblici incanti, o altre procedure, al fine di soddisfare il creditore precedente, in attuazione della loro funzione di garanzia generica delle obbligazioni stabilita all’articolo 2740 del codice civile.

Si possono avere diversi tipi di espropriazione forzata:

Esecuzione forzata mobiliare

Esecuzione forzata immobiliare

Esecuzione forzata presso terzi.

Il procedimento dell’espropriazione forzata

Il procedimento comincia con la presentazione di istanza del creditore all’ufficiale giudiziario. L’espropriazione viene diretta dal giudice dell’esecuzione a norma dell’articolo 484 del codice di procedura civile.

La sua nomina avviene da parte del presidente del tribunale dopo la presentazione del fascicolo dal cancelliere, entro due giorni dalla sua formazione.

Il giudice dell’esecuzione è immutabile (art. 174 c.p.c), resta lo stesso per l’intero processo.

Tra i suoi poteri ci sono il potere di audizione delle parti interessate, il potere di ordinanza, il potere di decidere con sentenza le opposizioni agli atti esecutivi.

L’espropriazione forzata si inizia con il pignoramento (art. 491 c.p.c).

L’atto è compiuto dall’ufficiale giudiziario su istanza del creditore e previa esibizione del titolo esecutivo del precetto ritualmente notificati, e produce un assoggettamento specifico dei beni.

Si renderanno inefficaci eventuali atti di alienazione e disposizione.

Possono essere oggetto di pignoramento sia beni determinati che appartengono al patrimonio del debitore sia beni che appartengono a un terzo e sono vincolati a garanzia del credito.

Il creditore sceglie quali beni sono da pignorare siano essi immobili o mobili.

Non può pignorare beni soggetti a pegno o ipoteca e alcuni diritti esclusi tassativamente dalla legge, come il diritto agli alimenti.

Il pignoramento perderà efficacia se siano trascorsi novanta giorni senza assegnazione o vendita.

La vendita può avvenire con incanto a mezzo di asta oppure senza incanto a mezzo di commissario. Dalla vendita si ricaverà la somma di denaro che provvederà alla liquidazione dei crediti dei creditori (principalmente i chirografari) attraverso la ripartizione della somma ricavata.

Il debitore esecutato potrà evitare il pignoramento versando nelle mani dell’ufficiale giudiziario l’ammontare della somma necessario a soddisfare il credito insieme con le spese relative all’esecuzione, oppure, chiedere la conversione del pignoramento.

In che cosa consiste la conversione di pignoramento

La conversione del pignoramento è la possibilità che il debitore esecutato possa chiedere al tribunale di potere sostituire le cose pignorate con una somma di denaro che comprenda anche le spese di esecuzione e l’importo, espresso in capitale, interessi, spese, dovuto al creditore procedente e agli altri successivi creditori.

A disciplinare la conversione del pignoramento è l’articolo 495 del codice di procedura civile.

In presenza di quali circostanze si richiede la conversione del pignoramento

Il comma 1 dell’articolo 495 del codice di procedura civile, indica che l’istanza di conversione del pignoramento può essere depositata dal debitore sino al momento nel quale non sia disposta la vendita o l’assegnazione, oppure sino al momento nel quale il giudice pronuncia la relativa ordinanza.

Prima che sia disposta la vendita o l’assegnazione a norma degli articoli 530, 552 e 569, il debitore può chiedere di sostituire alle cose o ai crediti pignorati una somma di denaro pari, oltre alle spese di esecuzione, all’importo dovuto al creditore pignorante e ai successivi creditori, comprensivo del capitale, degli interessi e delle spese.

Una volta presentata l’istanza di conversione, la domanda non può più essere riproposta, pena la sua inammissibilità.

Le modalità della conversione del pignoramento

La conversione del pignoramento deve essere richiesta con istanza da depositarsi in cancelleria. Sempre a pena di inammissibilità, si deve depositare una somma che non sia inferiore al quinto dell’importo del credito per il quale è stato eseguito il pignoramento stesso, e dei crediti dei successivi creditori.

Dall’importo che si ottiene andranno detratti i versamenti eseguiti, che potranno essere provati con la relativa documentazione.

La somma di denaro non dovrà essere depositata in cancelleria, ma presso un istituto di credito che sarà indicato dal giudice, che dovrà essere allegata all’istanza di conversione e potrà essere la prova di pagamento della cauzione, come quietanza del versamento presso un istituto di credito.

In alternativa, è possibile che il pagamento della cauzione possa essere effettuato con assegno circolare non trasferibile intestato alla procedura esecutiva, da allegarsi all’istanza.

Una volta ricevuta correttamente l’istanza di conversione, il giudice fisserà entro trenta giorni un’udienza durante la quale sentirà le parti interessate e determinerà la somma da sostituire al bene oggetto di pignoramento, programmando l’eventuale rateizzazione.

Il giudice del tribunale rinvierà a udienza successiva la verifica del buon esito dei versamenti e l’estinzione del pignoramento, con cancellazione dello stesso e con l’assegnazione delle somme versate ai creditori.

In che modo funziona la rateizzazione della conversione del pignoramento

In precedenza si è accennato all’ipotesi nella quale il giudice possa autorizzare la rateizzazione dell’importo oggetto della conversione del pignoramento.

Si tratta di una possibilità, riservata alle ipotesi nelle quali le cose pignorate siano costituite da beni immobili o mobili, e venga richiesta la conversione.

La rateizzazione è disciplinata dallo stesso articolo 495 del codice di procedura civile, che al comma 4 dichiara che quando le cose pignorate siano costituite da beni immobili o cose mobili, il giudice con la stessa ordinanza può disporre, se ricorrono giustificati motivi, che il debitore versi con rateizzazioni mensili entro il termine massimo di trentasei mesi la somma determinata a norma del comma 3, maggiorata degli interessi scalari al tasso convenzionale pattuito oppure, in difetto, al tasso legale.

Al comma 5 viene previsto che Ogni sei mesi il giudice provvede, a norma dell’articolo 510 del codice civile, al pagamento al creditore pignorante o alla distribuzione tra i creditori delle somme versate dal debitore.

La rateizzazione dell’importo oggetto di conversione del pignoramento viene concesso se esistono giustificati motivi, ed è caratterizzata da versamenti mensili sino a un massimo di 36 mesi.

Il debitore dovrà riporre particolare attenzione ad evitare ritardi nei versamenti, perché se omette di versare una rata o la versa con ritardo superiore a cinque giorni, decadrà dal beneficio della conversione e andrà incontro alla vendita dell’immobile.

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Dott.ssa Concas Alessandra

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