Le categorie di imprenditori

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In base all’oggetto dell’attività svolta si distinguono due categorie di imprenditori:

l’imprenditore agricolo e l’imprenditore commerciale.

La disciplina giuridica dell’imprenditore agricolo è contenuta all’articolo 2135 del codice civile, la disciplina giuridica dell’imprenditore commerciale è contenuta all’articolo 2195 del codice civile.

La nozione di imprenditore agricolo e la nozione di imprenditore commerciale sono profondamente diverse ai fini dell’applicazione dell’attività di impresa.

L’imprenditore agricolo è sottoposto solo alla disciplina prevista per l’imprenditore in generale, è esonerato dall’applicazione della disciplina propria dell’imprenditore commerciale, quindi tenuta delle scritture contabili, assoggettamento al fallimento e alle altre procedure concorsuali.

L’imprenditore agricolo da questo punto di vista perciò gode di un trattamento di favore rispetto all’imprenditore commerciale.

In relazione alla nozione bisogna innanzitutto fare un’osservazione.

Abbiamo un testo originario dell’articolo 2135 che è stato modificato dal decreto legislativo 18 maggio 2001 numero 228 e abbiamo il testo vigente dell’articolo 2135.

Il testo originario dell’articolo 2135 del codice civile recitava testualmente:

“è imprenditore agricolo chi esercita un’attività diretta alla coltivazione del fondo, alla silvicoltura, all’allevamento del bestiame e attività connesse.

Si reputano connesse le attività dirette alla trasformazione o all’alienazione dei prodotti agricoli, quando rientrano nell’esercizio normale dell’agricoltura”.

In base a questa originaria definizione dell’articolo 2135 che riguarda l’imprenditore agricolo, le attività agricole possono perciò essere distinte in due grandi categorie:

attività agricole essenziali e attività agricole per connessione.

Questa distinzione è stata mantenuta anche dalla nuova nozione di imprenditore agricolo introdotta dal decreto legislativo 228 del 2001, che tuttavia ha significativamente ampliato rispetto al testo originario sia per le attività agricole essenziali sia per le attività agricole per connessione.

In che cosa consistono le attività agricole essenziali rispetto al testo originario dell’articolo 2135 del codice civile?

Il comma uno dice: “ è imprenditore agricolo chi esercita un’attività diretta alla coltivazione del fondo, alla silvicoltura, all’allevamento del bestiame e attività connesse”.

Possiamo dire che coltivazione del fondo, silvicoltura e allevamento del bestiame sono attività tipicamente e tradizionalmente agricole.

Le attività dal 1942 ad oggi hanno subito una profonda evoluzione, e tutto questo a causa del processo tecnologico che ha coinvolto anche l’agricoltura.

Si è sempre parlato di impresa agricola fondata sul semplice sfruttamento della produttività naturale della terra quindi i frutti propri della terra però questa concezione cede sempre più il passo all’agricoltura industrializzata, cioè un’agricoltura che utilizza prodotti chimici, quindi concimi, diserbanti e mangimi per accrescere la produttività naturale che le è data dalla terra e che controlla ed accede a cicli biologici naturali attraverso tecniche sempre più sofisticate.

Inoltre il progresso tecnologico oggi consente di ottenere prodotti agricoli con metodi che non dipendono del tutto dallo sfruttamento della terra e dei suoi prodotti.

Basti pensare alle coltivazioni artificiali oppure fuori terra, ad esempio, alle coltivazioni di funghi e ortaggi che sono svolte al chiuso collocando le spore oppure soluzioni chimiche nutritive con l’aiuto di apparecchiature che creano le condizioni favorevoli ad un rapido sviluppo.

Un altro esempio è rappresentato dagli allevamenti in batteria soprattutto di bovini e pollame, i quali sono condotti in capannoni industriali con mangimi chimici che permettono un rapido accrescimento del peso corporeo degli animali.

Di conseguenza l’attività agricola può dare luogo ad ingenti investimenti di capitali e di conseguenza sul piano giuridico si possono sollevare delle esigenze di tutela del credito che non sono diverse da quelle che stanno alla base della disciplina delle imprese commerciali, anche se l’imprenditore agricolo è sempre esonerato da questa disciplina, è sempre sottratto al fallimento.

L’articolo 2135 del codice civile attualmente in vigore recita testualmente:

“è imprenditore agricolo che esercita una delle seguenti attività: coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali attività connesse.

Per coltivazione del fondo, per silvicoltura e per allevamento di animali si intendono le attività dirette alla cura e allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, di carattere vegetale o animale, che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o marine.

Si intendono comunque connesse le attività, esercitate dal medesimo imprenditore agricolo, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo del bosco o dall’allevamento di animali, nonché le attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l’utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell’azienda normalmente impiegate nell’attività agricola esercitata, ivi comprese le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità come definite dalla legge”.

In base alla nuova nozione si deve perciò ritenere che la produzione di specie vegetali e di specie animali deve essere sempre qualificata giuridicamente come attività agricola essenziale anche se viene realizzata con metodi che non dipendono del tutto dallo sfruttamento della terra e dei suoi prodotti.

Non si possono fare rientrare neanche oggi nella nozione di coltivazione del fondo: l’orticoltura, le coltivazioni in serra o pure in vivai e la floricoltura.

In base alla nuova nozione, si ha impresa agricola anche con le coltivazioni “fuori terra” di ortaggi e frutta, generalizzando in questo modo la soluzione che in passato era stata accolta dal legislatore solo per la coltivazione di funghi (legge 5 aprile 1985, numero 126).

La selvicoltura è sempre un’attività caratterizzata dalla cura del bosco per ricavarne relativi prodotti.

Da questo si deduce che l’estrazione di legname disgiunta dalla coltivazione del bosco non è attività agricola.

L’allevamento di animali è la forma di attività agricola essenziale più ricca ed è perciò la forma che ha determinato in passato i più vivaci contrasti.

Il legislatore oggi ha accolto il criterio del ciclo biologico che porta a riconoscere che costituisce attività agricola essenziale anche la zootecnia svolta fuori dal fondo pur utilizzando il fondo come semplice sedimento dell’azienda di allevamento, come ad esempio gli allevamenti in batteria.

Inoltre per allevamento di animali non si deve intendere solo l’allevamento diretto ad ottenere prodotti tipicamente agricoli come carne, latte, lana, animali da lavoro, ma oggi si può fare rientrare nella nozione di allevamento di animali anche l’allevamento di cavalli da corsa oppure di animali da pelliccia e l’attività cinotecnica, cioè quell’attività rivolta all’allevamento, alla selezione e all’addestramento delle razze canine, e naturalmente anche l’allevamento di gatti.

Leggendo il comma uno dell’articolo 2135 del codice civile nella nuova nozione, possiamo notare che abbiamo la sostituzione del termine bestiame con il termine animali.

All’epoca della codificazione gli animali che tradizionalmente venivano allevati sul fondo erano i bovini, gli ovini, i caprini, gli equini e i suini, ed era questo che caratterizzava l’impresa come impresa agricola essenziale.

Oggi vengono considerati anche gli animali da cortile, quindi polli e conigli e l’acquacoltura, pesci e mitili, anche se riguardo questi il legislatore nel 1992 ha emanato la legge 5 febbraio 1992 numero 102.

Inoltre, all’imprenditore agricolo essenziale è stato equiparato l’imprenditore ittico, cioè l’imprenditore che esercita l’attività di pesca professionale diretta alla cattura oppure alla raccolta di organismi acquatici in ambienti marini, salmastri o dolci, e le attività connesse a queste.

Le attività agricole per connessione:

Le attività agricole per connessione sono la seconda categoria di attività agricole disciplinate dall’articolo 2135 del codice civile.

La nozione precedente dell’articolo 2135 del codice civile identificava le attività agricole per connessione in quelle attività dirette alla trasformazione oppure all’alienazione di prodotti agricoli che rientravano nell’esercizio normale dell’agricoltura e in tutte le altre attività esercitate in connessione con la coltivazione del fondo la silvicoltura e l’allevamento del bestiame, e si riteneva che in mancanza di specificazione legislativa queste dovessero rivestire carattere accessorio.

Si trattava d’esempio di agriturismo, trebbiatura e moto aratura per conto terzi.

Questa distinzione oggi non esiste più perché in base al comma tre dell’articolo 2135 nella nuova nozione, abbiamo una formula ben più ampia e di conseguenza si intendono in ogni caso connesse:

Le attività dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione valorizzazione di prodotti ottenuti prevalentemente da un’attività agricola essenziale.

Le attività dirette alla fornitura di beni o servizi attraverso l’utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse normalmente impiegate nell’attività agricola che si esercita, comprese quelle di valorizzazione del territorio del patrimonio rurale forestale e le attività agrituristiche.

Riguardo all’oggetto sia le une sia le altre sono attività commerciali.

Esempio:

un soggetto che produce olio oppure formaggi e industriale e non agricoltore.

Un soggetto che ha un negozio di frutta e verdura e commerciante e non agricoltore.

Questa attività però per legge sono considerate attività agricole quando sono esercitati in connessione con una delle tre attività agricole essenziali (cioè coltivazione del fondo, silvicoltura e allevamento di animali).

Ma quando un’attività intrinsecamente commerciale si può qualificare come agricola per connessione?

Le condizioni necessarie al riguardo sono due.

Abbiamo una condizione soggettiva è una condizione oggettiva.

Riguardo la condizione soggettiva è necessario che il soggetto che la esercita sia già imprenditore agricolo perché svolge in forma di impresa una delle tre attività agricole tipiche e che sia attività coerente con quella connessa.

Di conseguenza sarà di certo imprenditore commerciale che trasforma oppure commercialità prodotti agricoli altrui.

Allo stesso modo sarà imprenditore commerciale vi il viticoltore che produce formaggi.

È invece imprenditore agricolo il viticoltore che produce vino.

La qualifica di imprenditori agricoli è però estesa le cooperative di imprenditori agricoli e dei loro consorzi (cantine sociali, oleifici sociali) quando utilizzano prevalentemente prodotti dei soci, oppure forniscono prevalentemente i soci beni o servizi di rete alla cura ed allo sviluppo del ciclo biologico.

E questo anche se si è del tutto evidente che non vi è identità soggettiva tra chi produce l’uva o le olive (i soci) e chi produce il vino o l’olio (la società).

Sotto il profilo della connessione oggettiva, l’attuale nozione innova rispetto a quella precedente.

Per questo, nella nuova nozione non si richiede più che le attività di trasformazione alienazione di prodotti agricoli rientrino nell’esercizio normale dell’agricoltura, e non si chiede che le attività connesse diverse da queste abbiano carattere accessorio.

Questi criteri sono stati sostituiti dal criterio della prevalenza.

Si deve trattare solo di attività aventi ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dall’esercizio dell’attività agricola essenziale, oppure di beni o servizi forniti attraverso l’utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell’azienda agricola.

È sufficiente che le attività connesse non prevalgano, dal punto di vista del rilievo economico, sull’attività agricola essenziale.

L’imprenditore commerciale.

La seconda categoria di imprenditori in base all’oggetto dell’attività svolta è rappresentata dall’imprenditore commerciale.

La disciplina giuridica dell’imprenditore commerciale e contenuta all’articolo 2195 del codice civile.

A norma di questo articolo e imprenditore commerciale che esercita una o più delle attività elencate dal comma uno dell’articolo 2195 del codice civile.

L’articolo 2195 del codice civile è rubricato imprenditori soggetti a registrazione e recita testualmente:

“sono soggetti all’obbligo dell’iscrizione nel registro delle imprese gli imprenditori che esercitano:

1) un’attività industriale diretta alla produzione di beni o di servizi;

2) un’attività intermediaria nella circolazione dei beni;

3) un’attività di trasporto per terra, per acqua o per aria;

4) un’attività bancaria o assicurativa;

5) altre attività ausiliarie delle precedenti.

Le disposizioni della legge che fanno riferimento alle attività e alle imprese commerciali si applicano, se non risulta diversamente, a tutte le attività indicate in questo articolo e alle imprese che le esercitano”.

L’articolo 2195 del codice civile si compone di due commi.

Al comma uno sono indicate le categorie di attività che consentono di identificare l’imprenditore commerciale.

Al comma due si ribadisce che le disposizioni della legge che si riferiscono alle attività e alle imprese commerciali si applicano alle attività indicate al comma uno.

La prima attività indicata al numero uno del comma uno è “attività industriale diretta alla produzione di beni o servizi”.

In questo caso ci si riferisce alla vasto ed articolato settore delle imprese industriali (automobilistiche, chimiche, e di lì, tessili).

La seconda attività indicata al numero due è “attività intermediaria nella circolazione dei beni.

Questo è il vasto settore del commercio.

La terza attività indicata al numero tre è “attività bancaria o assicurativa”.

Qui ci si riferisce all’impresa bancaria, che in particolare, ha per oggetto la raccolta del risparmio tra il pubblico l’esercizio del credito.

Il numero cinque indica “altre attività ausiliarie delle precedenti”.

In questa categoria rientrano tutte le attività strumentali a quelle prima indicate: imprese di agenzia, di mediazione, di deposito, di commissione, di spedizione, di pubblicità.

Ci si chiede come vengano qualificate le imprese che non sono ausiliarie rispetto ad altre attività commerciali oppure che non rientrano nell’elenco dell’articolo 2195, ad esempio: mediatori in affari agricoli, agenzie matrimoniali, investigative, per il collocamento di collaboratrici domestiche, imprese di pubblici spettacoli.

La distinzione tra imprese agricole di imprese commerciali esaurisce la distinzione delle imprese in base all’oggetto dell’attività e l’elencazione dell’articolo 2195 non ha carattere tassativo.

Ne consegue che dovrà essere considerata commerciale un’impresa che non sia qualificabile come agricola.

Nel caso concreto si dovrà perciò verificare solo se si è in presenza di impresa giuridicamente agricola (articolo 2135).

Se così non è, l’impresa è senz’altro commerciale.

Imprese commerciali sono perciò anche quelle sopra indicate, dato che certamente non possono essere considerate imprese agricole.

 

Dott.ssa Concas Alessandra

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