Le carceri italiane, il giornalismo e la riforma delle misure cautelari

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In Italia i giornali dal e sul carcere sono circa 70 ma è difficile stabilire una cifra esatta perché alcuni hanno breve durata (a causa della mancanza di fondi o della mobilità dei detenuti da un istituto di pena a un altro), altri sono semplicemente bollettini  hanno poco di giornalistico.

I loro titoli spesso allusivi sono:

CarteBollate, Altre Prospettive, Ristretti Orizzonti, Altrove, Sosta Forzata, Comunicare, Nonsolochiacchiere, Spazio Ristretto, Ragazze Fuori.

Ogni giornale si caratterizza per una vicenda e una fisionomia particolare e contengono notizie e inchieste per dare voce a chi è recluso, gli argomenti trattati sono relativi alla vita dentro e fuori il

carcere, rileva chi vede il mondo  attraverso le sbarre e sente il bisogno di esprimere la propria opinione, evidenziando a  a se stesso e agli altri che esiste, che pensa, che è in grado di raccontare la realtà nella quale è relegato.

Spesso, il direttore è un giornalista professionista e, in altri casi, è lo stesso direttore dell’istituto.

Lo scopo di ogni giornale che nasce in una realtà carceraria è quello di costruire un ponte di linguaggi e di esperienze comuni tra chi è dentro e chi è fuori, dando voce a coloro che, tra detenuti e volontari, hanno il merito, in un modo particolare, di portare fuori dal carcere vicende, vite, racconti, esperienze, persone.

Si tratta, soprattutto, di pubblicazioni a cadenza mensile o trimestrale, con una tiratura media di dodicimila copie, in alcuni casi sono iniziative singole, in altri sono coordinate e finanziate da

Regioni, Comuni o associazioni.

Quello che sorprende di più è la straordinaria riuscita di molti giornali e la professionalità dei giornalisti-detenuti nel confezionare gli articoli, nonostante le molteplici difficoltà con le quali si scontrano quotidianamente (la libertà controllata, le telefonate e gli orari ridotti, le ristrettezze economiche, la carenza di materiale e di strumenti tecnologici).

Sia che si tratti di versioni cartacee o digitali, molti giornali carcerari, nelle forme e nei contenuti, non hanno niente da invidiare ai quotidiani e alle riviste tradizionali.

Senza ombra di dubbio, sono esempi di quell’impegno e di quella creatività tipici del giornalismo autentico.

La riforma delle misure cautelari è entrata in vigore l’8 maggio 2015, apportando modifiche al codice di procedura penale in materia di misure cautelari e modifiche alla legge 26 luglio 1975 n. 354, cosiddetta legge di riforma dell’Ordinamento Penitenziario.

Secondo il testo normativo, la custodia in carcere diventa l’ultima misura possibile da applicare, esclusivamente se altre misure coercitive (anche applicate cumulativamente) vengono ritenute impraticabili.

Ne sono esempio la detenzione domiciliare o le misure interdittive, e viene esclusa l’applicazione automatica della custodia cautelare.
La presunzione di idoneità è adesso limitata ai delitti di associazione sovversiva (ex art. 270 c.p.), associazione terroristica, anche internazionale (ex art. 270-bis c.p.) e associazione mafiosa ex (art. 416-bis c.p.).

Il giudice, quando deve giustificare l’applicazione della misura cautelare del carcere oltre, deve incentrare la sua valutazione sia sulla gravità del reato per il quale si procede, sia sulle modalità della sua esecuzione, e deve valutare anche i precedenti, la personalità e la condotta.

Il pericolo di fuga o di reiterazione del reato, oltre ad essere concreto, deve essere anche attuale.

La decisione del giudice deve contenere gli specifici motivi per i quali ritiene inidonea l’applicazione di altre misure.

In questo modo si esclude la possibilità per il giudice di richiamare le deduzioni del Pubblico Ministero, e devono essere indicati anche i motivi per quali non si ritengano corrette le indicazioni della difesa.

La mancata motivazione potrebbe essere causa di annullamento della misura cautelare in fase di riesame.

In caso di violazione del divieto di allontanarsi dalla propria abitazione o da altro luogo di privata dimora, non scatterà subito la conversione in carcere, che scatterà se la trasgressione non sia di lieve entità.

Il periodo di applicazione di misure cautelari diverse dal carcere viene allungato, la durata massima viene aumentata da 2 a 12 mesi, con possibile rinnovazione, per esigenze probatorie, non oltre il limite di durata massima.

La legge dal lato processuale, riconosce il diritto dell’imputato a comparire personalmente all’udienza del procedimento di riesame.

Per consentire alla difesa di prepararsi al meglio, è stata introdotta la possibilità per il Tribunale di differire l’udienza camerale per un periodo di tempo compreso tra i 5 e i 10 giorni.

Le Procure dovranno trasmettere gli atti al Tribunale entro 5 giorni, al fine di evitare che la misura coercitiva perda efficacia senza possibilità di essere rinnovata.

Viene modificato l’articolo 275 comma 3 del codice di procedura civile, per effetto del quale la custodia cautelare in carcere potrà essere disposta solo laddove risultino inadeguate altre misure interdittive o coercitive: il carcere, quindi, diviene una extrema ratio e le misure, a differenza del passato, potranno essere applicate cumulativamente (ex art. 299 comma 4 c.p.p.).

L’art. 1 modifica l’articolo 274 comma 1 lettere b) e c) del codice di procedura penale, laddove vengono modificati i presupposti per l’applicazione della misura cautelare della custodia cautelare in carcere, perché per potersi applicare questa misura richiede che il pericolo di fuga non sia esclusivamente concreto ma anche attuale.

Si prevede che le situazioni di concreto e attuale pericolo non possano essere dedotte esclusivamente dalla gravità del titolo di reato per il quale si procede.

Si prevede una valutazione più approfondita degli elementi necessari per verificare l’opportunità di applicare la custodia cautelare in carcere, in quanto, oltre alla gravità ed alle modalità del delitto si dovranno prendere in considerazione anche altri parametri quali i precedenti, i comportamenti, la personalità dell’imputato, ecc.

Viene meno la possibilità, per il giudice, di motivare l’applicazione della misura cautelare per relationem agli atti del pubblico ministero, posto che, a seguito della modifica dell’articolo 292 comma 2 lettera c) e c- bis),diventa necessaria una autonoma motivazione che tenga in dovuta considerazione anche gli argomenti della difesa.

La durata massima delle misure interdittive, come la sospensione dall’esercizio della potestà genitoriale, la sospensione dall’esercizio di pubblico ufficio o servizio e il divieto di esercitare attività professionali o imprenditoriali, ai sensi dell’articolo 308 comma 2 del codice di procedura penale, aumenta da 2 a 12 mesi e perdono di efficacia quando sia decorso il termine fissato dal giudice nell’ordinanza.

Resta la presunzione di assoluta idoneità della custodia cautelare in carcere per reati particolarmente gravi come i delitti di mafia, di associazione terroristica, anche internazionale e associazione sovversiva mentre, per altre fattispecie di reato, come omicidio, violenza sessuale e sequestro di persona a scopo di estorsione, la misura della custodia cautelare non trova applicazione se si riesca a dimostrare che le esigenze cautelari possono essere soddisfatte con il ricorso ad altre misure.

Dott.ssa Concas Alessandra

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