Le azioni petitorie e le azioni possessorie

Scarica PDF Stampa

Le azioni petitorie sono azioni a difesa del diritto di proprietà contro turbative altrui e spettano al proprietario.

Si distinguono nell’ azione di rivendicazione, azione negatoria, azione di regolamento dei confini, azione di apposizione di termini.

L’azione di rivendicazione (dall’antica rei vindicatio), è l’azione fondamentale a difesa della proprietà.

Ha diritto di esercitarla chiunque sia e non possessore del bene,e si esercita contro chiunque sia in possesso o nella detenzione attuale della cosa.

Se si tratta di un bene immobile, la trascrizione della citazione renderà la sentenza efficace anche contro chi avesse acquistato diritti dal convenuto successivamente, ed è imprescrittibile, cioè chi ne ha diritto non può mai perdere la facoltà di esercitarla, salvi gli effetti dell’usucapione.

L’azione per avere effetto favorevole, ha bisogno della prova del diritto di proprietà da parte dell’attore, e per farlo non è sufficiente esibire un titolo d’acquisto, ma è necessario dimostrare che il dante causa aveva a sua volta un valido diritto, risalendo di proprietario in proprietario sino ad arrivare al primo titolo d’acquisto, che sarà di regola originario (l’usucapione il più frequente), è un tipico esempio di probatio diabolica.

Nel caso il bene conteso sia mobile (non registrato), soccorre, peraltro, l’istituto del “possesso vale titolo”.

Con l’azione negatoria si intende fare negare l’esistenza sulla propria situazione di diritti altrui quando da questi si teme di subire un pregiudizio che può derivare da situazioni di fatto, o di diritto e che limitano la pienezza del diritto.

Se vuole che vada a buon fine il proprietario dovrà dimostrare, con ogni mezzo, anche in via presuntiva, l’esistenza di un titolo dal quale risulti il suo acquisto, e offerta questa prova spetta al convenuto dimostrare l’esistenza di un titolo a fondamento della sua pretesa.

Il codice civile disciplina due “azioni di confine”.

La prima, l’azione di regolamento dei confini, presuppone l’incertezza degli stessi, e la conseguente necessità di certezza del diritto.

I casi nei quali di solito l’azione è proposta sono due, in uno il giudice è chiamato ad apporre precisamente il limite che separa due fondi, perché sussiste incertezza anche tra le parti, nell’altro esiste una zona dai limiti definiti, ma è controverso a quale dei fondi appartenga.

In relazione alle dimostrazioni da effettuare, ogni mezzo e ammesso ogni mezzo di prova.

Se nessuna delle parti riesce a dimostrare il fondamento della propria pretesa, il giudice dovrà apporre i limiti servendosi delle mappe catastali.

L’altra “azione di confine”, è l’azione per l’apposizione di termini.

Si tratta del caso nel quale non c’è incertezza dei confini, ma l’attore vuole apporre un segno materiale di delimitazione.

Il convenuto è chiamato in causa per dividere le spese, e per evitare future discussioni, e può essere intentata da ciascuno dei proprietari.

Le azioni possessorie o azioni a difesa del possesso, sono azioni previste dall’ordinamento giuridico italiano a tutela del possesso.

La ratio delle azioni a difesa del possesso è quello di tutelare il cittadino che ha il possesso di un bene, dallo spoglio o da molestie o turbative che provengono da terzi.

La necessità di tutela risponde a un’esigenza di ordine pubblico, quella di tutelare una situazione apparente, che parte dal presupposto che il possessore di un bene ne ha il legittimo godimento.

La finalità è quella di evitare che i cittadini si facciano giustizia da soli, garantendo loro una rapida tutela della situazione di fatto.

Si distinguono in azione di manutenzione e azione di reintegrazione.

L’azione di manutenzione è regolata dall’art. 1170 del Codice civile che recita testualmente:

“ Chi è stato molestato nel possesso di un immobile, di un diritto reale sopra un immobile, o di una universalità di mobili può, entro l’anno dalla turbativa, chiedere la manutenzione del possesso medesimo”.

Il comma 3 ammette la stessa azione per reintegrare nel possesso del bene chi sia stato vittima di uno spoglio non violento né clandestino, oppure a fare cessare le molestie o le turbative delle quali sia stato vittima il possessore.

Per molestia o turbativa si intende qualunque attività che arrechi al possessore un apprezzabile disturbo, che consista in attentati materiali, e che si estrinsechi in atti giuridici.

La giurisprudenza ritiene che l’azione di manutenzione sia esperibile solo in presenza del cosiddetto animus turbandi, cioè dalla consapevolezza nell’agente, che il proprio atto arreca pregiudizio al possesso altrui.

La legittimazione attiva spetta solo al possessore da almeno un anno in modo continuativo e non interrotto.

Secondo la giurisprudenza, a differenza dell’azione di spoglio, dettata dall’art 1170 del codice civile, l’azione di manutenzione spetta solo al possessore e non al detentore qualificato.

La legittimazione passiva compete a coloro che devono rispondere del fatto di costui, nonché, secondo la giurisprudenza, al cosiddetto autore morale.

L’azione di manutenzione è soggetta al termine di decadenza di un anno che decorre dall’avvenuto spoglio.

L’azione di reintegrazione o spoglio, è la prima delle azioni possessorie disciplinate dal codice ed è concessa a chi è stato violentemente od occultamente spogliato del possesso entro l’anno dal sofferto spoglio o entro l’anno dalla sua scoperta in caso di spoglio clandestino, a condizione che la mancata conoscenza non sia imputabile a colpa, ed è concessa, oltre che al possessore, al detentore qualificato, che non detenga, cioè, la cosa per ragioni di ospitalità o nell’interesse altrui.

La casistica giurisprudenziale, non riconosce, in riferimento alla situazione del detentore, al depositario nei confronti del depositante, all’amministratore e al gestore con riferimento ai beni amministrati o gestiti.

E’ stata, invece, ritenuta esperibile da parte del conduttore, del sub conduttore, dell’appaltatore, del comodatario.

Sotto il profilo della legittimazione passiva, l’azione è esperibile nei confronti dell’autore materiale o morale dello spoglio.

L’autore morale dello spoglio legittimato passivamente nell’azione di reintegrazione è sia colui che si avvantaggi dello spoglio ed è consapevole dello stesso, sia colui che abbia dato mandato a terzi a realizzarlo.

L’art. 1169 del codice civile, stabilisce che l’azione di reintegrazione può essere promossa anche contro chi è nel possesso in riferimento a un acquisto a titolo particolare, fatto con la conoscenza dell’avvenuto spoglio.

Sotto il profilo oggettivo l’azione di reintegrazione è concessa in caso di spoglio violento o clandestino.

Lo spoglio è una condotta che priva il possessore della cosa o di parte di essa e si distingue dalla semplice molestia che incide, non già sulla cosa, ma su alcune delle facoltà di godimento che possono essere esercitate sulla stessa.

Lo spoglio deve avvenire con violenza oppure clandestinamente.

Con riferimento alle modalità , l’onere della prova spetta a colui che intenda esperire l’azione di reintegrazione e, la prova dello spoglio occulto del bene non sarà fornita con la semplice allegazione e prova della mancata conoscenza dello spoglio, ma con l’allegazione e la prova che la condotta dell’autore dello spoglio abbia in concreto impedito la sua conoscenza con l’uso della normale diligenza da parte del possessore (o del detentore) spogliato.

Il termine annuale per esperire l’azione di reintegrazione, in caso di spoglio occulto, decorrerà non dal momento nel quale il soggetto passivo ne sia consapevole, ma dal momento nel quale ne avrebbe potuto avere conoscenza usando l’ordinaria diligenza.

Sotto il profilo del procedimento, il Giudice deve ordinare la reintegrazione nel possesso sulla base della semplice notorietà del fatto, senza dilazione e condannando il convenuto al risarcimento del danno.

Dott.ssa Concas Alessandra

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento