L’assegno divorzile non viene meno neanche in caso di altra convivenza

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 Una volta separati ognuno dei due coniugi è libero di iniziare un’altra relazione, anche se fosse basata sulla convivenza.

Se la coppia di coniugi ha smesso di abitare insieme ed è attestato da una pronuncia del giudice, il reciproco dovere di fedeltà cessa anche prima del divorzio.

In giurisprudenza si sono instaurati molti dibattiti seguiti da più parti.

Ci si è chiesti se: all’ex moglie che convive spetta il mantenimento?

Quanto l’inizio di una relazione stabile può condizionare l’obbligo del precedente coniuge di versare gli alimenti?

La questione richiede che si debba procedere con il bilanciamento di due interessi contrapposti.

Da una parte quello del soggetto obbligato che non può essere costretto a mantenere una seconda famiglia.

Dall’altro quello del soggetto beneficiario che per motivi di carattere economico non può essere privato del diritto costituzionale a rifarsi una famiglia.

Si deve procedere a un contemperamento tra queste due opposte esigenze.

La Suprema Corte di Cassazione ha sempre affermato che, nel momento nel quale una persona inizia una convivenza stabile, basata sugli stessi presupposti del matrimonio, vale a dire stabilità, reciproca assistenza, contribuzione alle esigenze familiari e per questo definita “convivenza more uxorio”, l’obbligo di versare l’assegno di mantenimento all’ex coniuge decade per sempre e non ritorna in presenza dei quali all’ex moglie che convive spetta il mantenimento.

Questi presupposti, senza escluderne nessuno, devono sussistere nello stesso tempo.

Ne scriveremo in questo articolo, rivolgendoci alla donna per praticità e per maggiore incidenza.          

 Indice

  1. In che cosa consiste l’assegno di mantenimento o assegno divorzile
  2. Che cosa accade in presenza di ex moglie bisognosa?
  3. Che cosa accade se l’ex moglie ha rinunciato alla carriera?
  4. Che cosa accade se l’ex moglie non si è risposata?

1. In che cosa consiste l’assegno di mantenimento o assegno divorzile

L’assegno di mantenimento è un provvedimento economico che viene assunto dal giudice, ma può anche essere il frutto di accordi sottoscritti liberamente dai coniugi, in sede di separazione tra gli stessi, e consiste nel pagamento di una somma di denaro, suscettibile di revisione nel tempo, al coniuge economicamente debole o agli eventuali figli nati dal matrimonio.

Rappresenta una forma di contribuzione economica consistente, in caso di separazione tra coniugi e se ricorrano determinati presupposti, nel pagamento periodico di una somma di denaro o di voci di spesa da parte di uno dei coniugi all’altro o ai figli, se ci siano, al fine di adempiere all’obbligo di assistenza materiale.

La separazione rappresenta una fase della crisi matrimoniale nella quale non viene meno il dovere di assistenza materiale tra i coniugi.

Per questo motivo chi è titolare di un determinato reddito è tenuto a corrispondere all’altro e , se ce ne sono, ai figli un assegno di mantenimento, vale a dire, un contributo mensile per fare fronte alle esigenze primarie.

2. Che cosa accade in presenza di una ex moglie bisognosa?

La prima condizione per potere avanzare pretese economiche da parte dell’ex moglie è la debolezza dal lato economico rispetto all’ex marito.

Ci deve essere un evidente divario anche all’inizio dell’altra convivenza.

Questo  significa che anche il reddito del partner non deve essere capace di garantire alla donna di potere condurre una vita dignitosa come quella che avrebbe condotto con l’ex marito.


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3. Che cosa accade se l’ex moglie ha rinunciato alla carriera?

L’ex moglie che convive se, durante il matrimonio, d’accordo con il marito, ha sacrificato la sua carriera per badare alla casa, alla famiglia e ai figli, non perde l’assegno divorzile.

Questo è lo stesso presupposto che, nel 2018, sempre la Suprema Corte si Cassazione a Sezioni Unite aveva individuato per riconoscere gli alimenti indipendentemente dall’ammontare della capacità di reddito del coniuge richiedente (Cass. S.U. sent. 05/11/2021 n. 32198).

Il fatto di avere contribuito, con la propria rinuncia, intera o parziale, al lavoro, all’arricchimento del patrimonio dell’ex marito e della famiglia, dà diritto a partecipare a questa ricchezza anche dopo la cessazione del matrimonio.

La relazione stabile intrapresa da parte della donna non è sufficiente a negarle l’assegno divorzile. La stessa, però, deve dare prova di avere fornito un contributo concreto alla comunione familiare e di avere concordato con il marito, all’inizio del matrimonio, la scelta di dedicarsi alla casa e ai figli e di rinunciare a lavoro e alla crescita professionale.

In questo frangente risulta essere fondamentale il richiamo al principio secondo il quale “l’instaurazione, da parte dell’ex coniuge, di una stabile convivenza di fatto, giudizialmente accertata, incide sul diritto al riconoscimento di un assegno di divorzio (o alla sua revisione), nonché sulla quantificazione del suo ammontare, in virtù del progetto di vita intrapreso” con l’attuale partner e “dei reciproci doveri di assistenza morale e materiale che ne derivano”, ma una simile relazione, precisano i Giudici, “non determina, necessariamente, la perdita automatica ed integrale del diritto all’assegno”.

L’ex coniuge che è più debole dal lato economico, e che ha instaurato una convivenza stabile con un altro partner, “può mantenere il diritto al riconoscimento dell’assegno di divorzio, in funzione esclusivamente compensativa, se risulta essere privo, anche nell’attualità, di mezzi adeguati o impossibilitato per motivi oggettivi a procurarseli”.

(Cass. ord. n.5447/2022).

4. Che cosa accade se l’ex moglie non si è risposata?

L’ultimo dei requisiti per potere mantenere il diritto all’assegno divorzile è che la convivenza, anche se sia stabile, non si trasformi in un altro matrimonio.

In simili casi, il mantenimento cesserebbe definitivamente per via del principio di autoresponsabilità legato all’inizio di un’altra famiglia.

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