L’affidamento preadottivo

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Con l’affidamento preadottivo gli adottanti ottengono l’affidamento sperimentale con il minore. Questo affidamento costituisce un presupposto necessario dell’adozione, perché l’affidamento definitivo del minore in una realtà familiare vuole avere la prova concreta che lo stesso si possa verificare nel beneficio del minore.

Il Procedimento preadottivo

Il procedimento di affidamento preadottivo viene posto in essere con rito camerale e non richiede formalità specifiche.

Nel procedimento devono essere uditi il pubblico ministero e gli ascendenti dei richiedenti, se presenti, e, se abbia capacità di discernimento o compiuto il dodicesimo anno di età, anche lo stesso minore. Se costui abbia compiuto il quattordicesimo anno di età, la legge richiede il suo consenso.

Il Tribunale per i minorenni dispone l’affidamento avvalendosi di un decreto motivato, che ha la natura sostanziale dell’attribuzione di un ufficio familiare.

Il decreto deve essere comunicato al pubblico ministero, ai richiedenti e al tutore, ed entro dieci giorni deve essere trascritto.

I giorni decorrono dal momento nel quale lo stesso diventa definitivo.

Il decreto di affidamento è soggetto a impugnazione, la quale si propone con ricorso alla Sezione minori.

I legittimati a proporre l’impugnazione sono il pubblico ministero e il tutore.

Allo stesso modo del provvedimento di affido preadottivo, anche l’impugnazione viene decisa in camera di consiglio con decreto motivato, e in questo caso devono essere ascoltati il PM, il tutore e, se necessario, i destinatari del provvedimento impugnato ai sensi dell’articolo 24 Legge sulle adozioni.

Il Tribunale può stabilire particolari modalità nell’affidamento e sul suo controllo, soprattutto nelle modalità nelle quali viene svolto da parte della famiglia.

Questa attività di vigilanza si può realizzare sia attraverso la nomina di un giudice tutelare sia attraverso un incarico ai servizi locali.

Se l’affidamento dovesse presentare difficoltà, il Tribunale ne deve indagare le cause con l’ascolto, anche separato, del minore e dei suoi affidatari, anche attraverso la consulenza di uno psicologo.

Un altro compito del Tribunale è predisporre le misure appropriate di sostegno psicologico e sociale ai sensi dell’articolo 22 della legge sulle adozioni.

Il procedimento camerale per l’adozione di un minore, in casi particolari, assume natura informale per espresso dettato normativo, a norma dell’articolo 313 del codice civile, richiamato dall’articolo 56, comma 4 della legge n.184/1983.

Il principio sopra espresso determina l’assenza di particolari vincoli di rigida priorità di tempo tra gli atti della procedura, in relazione all’esigenza di tutelare il superiore interesse del minore, la quale indiscutibile prevalenza porta a negare la sussistenza di qualsiasi interruzione processuale, non giustificata da incompatibilità di disciplina, tra le due procedure camerali per la dichiarazione dello stato di adottabilità e per l’adozione in casi particolari.

A questo proposito, non si possono ritenere sussistenti preclusioni normative alla prestazione del consenso del genitore quando si presenti la possibilità di ricorrere all’adozione in casi particolari, come per la constatata impossibilità dell’affidamento preadottivo, motivata dalla Corte territoriale con il forte legame affettivo che sussisteva tra la minore e i futuri genitori adottivi, la quale interruzione avrebbe provocato dei traumi nella psiche.

L’annullamento, da parte della Corte d’appello, del provvedimento, del Tribunale per i minorenni, di revoca di un affido preadottivo non determina in automatico il riaffido del minore a quello degli affidatari in preadozione che evidenzi di volergli rivolgere attenzioni per procedere successivamente alla sua adozione, visto che l’adozione da parte di persona singola, nell’ordinamento italiano conserva carattere eccezionale,

Spetta al Tribunale per i minorenni scegliere la soluzione più adatta all’interesse del minore, comparando la disponibilità dell’affidatario e delle occasioni a lui offerte con la disponibilità e le occasioni di un’altra coppia che aspira all’adozione.

La giurisprudenza

La dichiarazione immediata dello stato di adottabilità del minore è, in ragione dell’utilizzo dell’espressione “a meno che” nella disposizione della quale all’articolo 11 della legge n. 184/1983, condizionata all’assenza di una richiesta di sospensione che provenga da chi, affermando di essere uno dei genitori, e anche la madre biologica che abbia scelto l’anonimato, chieda termine per provvedere al riconoscimento del minore.

La formulazione della richiesta di sospensione, non è suscettibile di preventiva e definitiva rinuncia stragiudiziale, non è soggetta a termini processuali di decadenza, e può essere utilizzata durante l’intera pendenza del procedimento abbreviato di primo grado, purché prima della sua definizione, ammesso anche che il comma 7 della richiamata disposizione priva di efficacia il riconoscimento se attuato dopo l’avvenuta dichiarazione di adottabilità e l’affidamento preadottivo.

L’adozione in casi particolari, della quale all’articolo 44, comma 1, lett. d) della legge n. 184/1983, presuppone la constatata impossibilità di diritto e di fatto di affidamento preadottivo, che a differenza dell’adozione cosiddetta legittimante, non presuppone una situazione di abbandono dell’adottando, non rappresenta una extrema ratio, e non comporta l’interruzione dei rapporti del minore con la famiglia di origine, rispondendo all’esigenza di assicurare il rispetto del preminente interesse del minore, e va disposta al fine di salvaguardare, in concreto, la continuità affettiva ed educativa dei legami in atto dello stesso con i soggetti che se ne prendono cura.

Nella specie, la Suprema Corte di Cassazione, ha confermato la decisione di merito che aveva disposto questa forma di adozione nei confronti di un minore preadolescente, in favore della coppia che ne era affidataria da circa due anni, atteso, da un lato, che i genitori erano stati dichiarati decaduti dalla responsabilità con provvedimento definitivo, e ne era stata accertata la perdurante inidoneità, e, dall’altro, che il minore aveva instaurato un solido e positivo rapporto con gli adottanti.

L’affidamento preadottivo rappresenta una fase necessaria del procedimento di adozione, che non può essere surrogata  con l’affidamento provvisorio o di mero fatto.

Se l’interesse del minore lo richiede, il periodo di affidamento preadottivo può essere inferiore a dodici mesi e si può sommare al periodo di affidamento provvisorio.

Nella specie, discutendosi dell’adozione di un minore di diciassette anni e due mesi, con conseguente preclusione dell’adozione legittimante se fosse stato disposto l’affidamento preadottivo per il periodo di un anno, è stata ammessa la possibilità di sommare il periodo di affidamento preadottivo all’affidamento provvisorio alla vigilia del compimento del diciottesimo anno di età da parte dell’adottando.

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Dott.ssa Concas Alessandra

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