La vendita fittizia di immobili tra parenti

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La vendita fittizia a un figlio per nascondere una donazione, determina la simulazione del contratto che può essere annullato.

Esempio:

Un padre, anziano, decide di favorire un figlio anziché un altro.

Ponendo in essere un simile comportamento, vende a un prezzo irrisorio o smbolico allo stesso una casa di sua proprietà che è fuori mercato.

La cessione è molto vantaggiosa da sembrare una donazione.

In una simile circostanza, è interesse dell’altro figlio contestare questa azione che lo esclude, di fatto, da una cospicua quota dell’eredità e vorrebbe impugnare la finta compravendita.

La Suprema Corte di Cassazione si è di recente occupata della questione (Cass. sent. n. 6907/2019).

Liceità della vendita immobiliare a un figlio

Nel nostro ordinamento giuridico, è di sicuro lecito concludere contratti di compravendita tra parenti, così come tra coniugi o genitori e figli.

Un padre, ad esempio, nonostante anziano, può vendere un immobile a uno dei figli e non a un altro.

La vendita non può essere contestata dagli altri eredi che non possono lamentare una riduzione del patrimonio del venditore, il prezzo incassato viene utilizzato per reintegrare la perdita per il bene ceduto.

A differenza di questo, le donazioni che abbiano ridotto le quote ereditarie degli eredi legittimari (coniuge, figli o, in assenza genitori) possono essere impugnate.

In questo modo, un padre che ha un’unica casa non la può regalare a uno dei figlio, perché l’altro e il coniuge eventualmente superstite resterebbero privi di quella quota minima di eredità, cosiddetta “legittima”, che la legge riconosce loro sempre.

La donazione può essere contestata, ma esclusivamente dopo la morte del donante, non quando lo stesso è ancora in vita.

La vendita di un immobile a prezzo simbolico

Alla donazione viene equiparata la finta compravendita immobiliare tra parenti.

La finzione può consistere:

Nella previsione di un prezzo simbolico in qualità di corrispettivo per la vendita.

Nell’assenza di passaggio di denaro tra il venditore e l’acquirente, mettendo in evidenza in questo modo l’intento simulatorio tra i due.

La vendita fittizia viene di solito effettuata con il fine di non rendere revocabile l’atto di cessione.

Il venditore potrebbe realizzare diversi intenti.

Uno potrebbe essere quello di sottrarre un bene di famiglia al pignoramento dei creditori o di avvantaggiare un erede anziché un altro, perché le donazioni possono essere revocate, non le compravendite.

Il diritto tiene in considerazione la sostanza dei contratti e non la forma.

Questo significa che non fa niente come un atto viene denominato, vale a dire se c’è scritto “vendita”e non “donazione”, quando il contenuto è completamente diverso dallo schema tipico previsto dalla legge.

In relazione a questo, nonostante su un contratto sia scritto “compravendita”, se il prezzo è simbolico o se il passaggio di denaro tra le parti non è mai avvenuto, la disciplina che si deve applicare è quella della donazione.

La conseguenza è che gli altri eredi potranno contestare la cessione.

La simulazione della vendita fittizia

La sentenza della Suprema Corte di Cassazione menzionata all’inizio, prende in considerazione una vicenda molto simile a quella della quale sopra.

La Corte ritiene che si possa parlare di simulazione per i contratti di compravendita attraverso i quali il padre ceda a uno dei figli il suo patrimonio a prezzi non di mercato.

Si parla di simulazione in un contratto quando le parti, di comune accordo, vogliono che lo stesso in realtà non produca nessun effetto.

In simili circostanze si parla di “simulazione assoluta”.

Se si dovessero produrre effetti diversi rispetto a quelli dichiarati nel contratto, si parla di “simulazione relativa”.

Accanto a questa dichiarazione apparente, di solito le parti si scambiano una controdichiarazione occulta, che prende il nome di contratto dissimulato, la quale esprime la loro reale volontà, ma non è indispensabile, perché l’accordo dissimulato potrebbe essere stipulato anche in modalità orale.

Il fine della simulazione è di solito quello di evitare l’applicazione di norme inderogabili o quello di recare un pregiudizio ai diritti dei terzi.

Esempio:

La vendita simulata di beni per disfarsi in modo fittizio del patrimonio e apparire nullatenente, oppure la sottoscrizione di cambiali per un debito che in realtà non esiste, avendo il fine di ingannare i creditori.

Il contratto simulato non costituisce di per sé un atto illecito e non è fonte di responsabilità dei contraenti nei confronti dei terzi, i quali, nonostante possano opporre la simulazione alle parti quando la stessa reca pregiudizio nei confronti dei loro diritti, non possono chiedere il risarcimento dei danni nei confronti delle parti, se non in presenza di un danno a loro causato dalle stesse con l’esplicita volontà di mettere in atto il comportamento.

La finta vendita è una simulazione relativa.

Le parti fingono di concludere un contratto di compravendita, ponendo in essere in realtà un contratto di donazione, come risulta più che dalla forma dalla sostanza dell’atto.

In che modo contestare una finta compravendita immobiliare

Chi viene leso da una finta compravendita immobiliare può impugnare l’atto dimostrando che in realtà è una simulazione che lede i propri diritti.

Gli eredi possono agire in tribunale, perché verrebbero penalizzati nella loro quota di legittima che gli  spetta per legge.

La causa di simulazione è diretta a fare accertare in giudizio l’inefficacia completa o parziale del contratto simulato e il reale rapporto che intercorre tra le parti.

La prova della simulazione può essere fornita con ogni mezzo.

In relazione al fatto che il contratto è pubblico e chiunque ne può prendere visione attraverso richiesta al notaio, si potrà produrre il contratto e dimostrare che il prezzo corrisposto è fuori mercato.

Oppure si potrà dimostrare che dal conto corrente dell’acquirente non è mai partito il bonifico o un pagamento in favore del venditore.

Il termine per contestare una vendita simulata

L’azione per fare valere la simulazione assoluta è non si prescrive.

In caso di simulazione relativa l’azione finalizzata a fare dichiarare la nullità del contratto simulato non si prescrive, vale a dire che può essere proposta in qualunque momento senza limiti di tempo. L’azione per fare valere il contratto effettivo si prescrive in dieci anni.

La prescrizione decorre dal momento della stipulazione dell’atto.

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Dott.ssa Concas Alessandra

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