La Suprema Corte di Cassazione si dice contraria alla sindrome da alienazione genitoriale

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La Suprema Corte di Cassazione ha emesso un’importante ordinanza sulla sindrome da alienazione genitoriale (PAS).

La Corte ha stabilito che il richiamo alla sindrome da alienazione genitoriale “e ad ogni suo, più o meno evidente, anche inconsapevole, corollario, non può dirsi legittimo”.

Indice

  1. In che cosa consiste la Sindrome da alienazione genitoriale
  2. Definizione e descrizione
  3. Presunte cause e patogenesi
  4. Legislazione e giurisprudenza
  5. La Sentenza della Suprema Corte di Cassazione

1. In che cosa consiste la Sindrome da alienazione genitoriale

La sindrome da alienazione genitoriale (in inglese Parental Alienation Syndrome o PAS, erroneamente detta sindrome da alienazione parentale, perché “Parental” deriva da “Parents” che in inglese significa “genitori”) è una controversa dinamica psicologica disfunzionale elaborata dal medico statunitense Richard Gardner, secondo il quale insorgerebbe nei figli minori coinvolti in contesti di separazione e divorzio dei genitori, definiti conflittuali, in particolare nei procedimenti giudiziari per l’affidamento.

La PAS non è riconosciuta come un disturbo mentale dalla comunità scientifica ed è oggetto di dibattito politico e giuridico sin dalla sua prima elaborazione.

Negli Stati Uniti, e altrove, un dibattito a latere della PAS tentò di introdurre un concetto di modificata elaborazione, il disturbo da alienazione genitoriale o PAS, proposto da William Bernet al fine di agevolare, inutilmente, l’accettazione della PAS nella quinta edizione del Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali.

2. Definizione e descrizione

Richard Gardner definisce la PAS come un disturbo che insorge di solito nel contesto delle controversie per la custodia dei figli, definito in tre gradi, in ordine crescente di condizionamento, e ognuno tratta uno specifico approccio sia psicologico sia legale.

Sempre secondo Gardner, la PAS è frutto di una supposta “programmazione” dei figli da parte di un genitore patologico (genitore cosiddetto “alienante”), sorta di lavaggio del cervello che porterebbe i figli a perdere il contatto con la realtà degli affetti, e ad esibire astio e disprezzo ingiustificato e continuo verso l’altro genitore (genitore cosiddetto “alienato”).

Le tecniche di “programmazione” del genitore “alienante” comprenderebbero l’utilizzo di espressioni denigratorie in relazione all’altro genitore, false accuse di trascuratezza nei confronti del figlio, violenza o abuso (nei casi peggiori, anche abuso sessuale), la costruzione di una “realtà virtuale familiare” di terrore e vessazione che genererebbe, nei figli, profondi sentimenti di paura, diffidenza e odio verso il genitore “alienato”.

I figli, quindi, si alleerebbero con il genitore “sofferente”, si dimostrerebbero come solidali con la sofferenza e inizierebbero ad appoggiare la visione del genitore “alienante”, dimostrando, in modo apparentemente autonomo, astio, disprezzo e denigrazione verso il genitore “alienato”.

Gardner sosteneva che questa “programmazione” distruggerebbe la relazione tra figli e genitore “alienato” perché i primi arriverebbero a rifiutare qualunque contatto, anche esclusivamente telefonico, con lo stesso.

Perché si possa parlare di PAS è necessario che simili sentimenti di astio, disprezzo o rifiuto non siano giustificati, giustificabili, o rintracciabili in reali mancanze, trascuratezze o addirittura violenze del genitore “alienato”.


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3. Presunte cause e patogenesi

Gli aspetti di genitorialità nelle separazioni potrebbero essere definiti, se si potesse comprendere in pieno il concetto che, nella famiglia, esistono due “entità di coppia”, distinte per diritti, doveri e responsabilità reciproche, che sono la “coppia coniugale” e la “coppia genitoriale”.

Il “conflitto coniugale”, non necessariamente può, o deve, scatenare anche un “conflitto genitoriale”, ed eventuali contrasti tra le due entità potrebbero essere affrontati con la mediazione familiare.

Per governare il mondo degli affetti ci si appoggia a volte a un “sistema globale degli antagonismi”, a meccanismi di conflitto giudiziario, a una “verità processuale” con una vincente contrapposta alla parte soccombente.

L’istituto dell’affido monogenitoriale, largamente utilizzato nel passato, è un elemento che rafforza la prospettiva in termini di “vincitore e vinto”.

Nel contesto giudiziario e, più in generale, nel “sistema globale degli antagonismi”, i figli assumono spesso il ruolo di “civili inermi” in un contrasto di dominio, sono dei veri sconfitti di una visione ideologica che individua un nucleo coniuge/genitore/figli nel ruolo della vittima, e il coniuge/genitore soccombente nel ruolo del carnefice violento e crudele.

Un distacco dalla realtà degli affetti genitoriali, che, secondo le teorie di merito, potrebbe scatenare la sindrome da alienazione genitoriale quando un genitore arriva a percepire i figli come non-persone, come mezzi per acquisire maggiore potere nel conflitto, oppure come strumento per dare sfogo e soddisfazione a sentimenti di rabbia e disagio propri della “coppia coniugale”.

È il passaggio all’atto, il superamento della percezione e la perdita dei confini del Sé, l’utilizzo diretto dei figli come “arma relazionale” nel conflitto della “coppia coniugale”, uno dei fattori che può portare all’insorgenza della PAS.

4. Legislazione e giurisprudenza

La giurisprudenza italiana affronta i casi di affidamento familiare nei quali emergono profili assimilabili al concetto di alienazione genitoriale provando a contemperare da un lato il principio della bigenitorialità e del rispetto della vita familiare, che impongono di tutelare il rapporto tra bambino e genitore “alienato””, soprattutto in presenza di comportamenti denigratori e abusivi da parte del genitore “alienante”, e dall’altro l’esigenza di ascoltare il minore e di prendere seriamente in considerazione i suoi desideri e le sue scelte, tra le quali quella di allontanarsi da un genitore con il quale il rapporto si sia irrimediabilmente deteriorato.

In relazione alla rilevanza probatoria di consulenze tecniche d’ufficio, perizie e altre relazioni mediche che formulino una diagnosi di sindrome di alienazione genitoriale, la Suprema Corte di Cassazione ne ha a volte ammesso l’utilizzabilità, altre volte si è espressa nettamente nel senso della loro mancanza di fondatezza e credibilità scientifica.

La Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza (SINPIA), nelle sue Linee guida in tema di abuso sui minori del 2007, aveva incluso la PAS tra le possibili forme di abuso psicologico, mentre Claudio Mencacci, ex presidente della Società Italiana di Psichiatria, ha definito la PAS “priva di presupposti clinici, di validità e di affidabilità”.

La situazione di incertezza che n’è risultata è stata risolta con una sentenza del 2016, nella quale la Cassazione ha inteso affermare il principio per il quale il giudice non si deve basare su un “giudizio astratto sulla validità o invalidità scientifica della suddetta patologia”, la PAS,controversa nella comunità scientifica, ma “accertare la veridicità in fatto” dei comportamenti all’origine della crisi della relazione genitoriale, perché “tra i requisiti di idoneità genitoriale rileva anche la capacità di preservare la continuità delle relazioni parentali con l’altro genitore”.

Comportamenti rivolti a denigrare la figura dell’altro genitore o ad ostacolare la continuità delle relazioni parentali possono essere considerati come indice di una diminuita capacità genitoriale e, nei casi più gravi, possono superare la soglia della rilevanza penale, configurando il reato di maltrattamenti in famiglia e determinando la revoca della potestà genitoriale.

In un’ordinanza del 2021 la Cassazione ha ribadito questo orientamento e ha affermato che la sindrome da alienazione genitoriale e la sindrome della madre malevola, MMS, in quanto patologie non riconosciute scientificamente, sono di per sé inidonee a giustificare un provvedimento di affidamento esclusivo rafforzato a favore di un genitore, essendo necessari altri elementi che dimostrino la mancanza di competenze genitoriali dell’altro genitore.

Arriviamo alla recente ordinanza del 24/03/2022 n. 9691.

5. La Sentenza della Suprema Corte di Cassazione

La Suprema Corte di Cassazione, con ordinanza 24/03/ 2022 n. 9691, ha accolto in ogni sua parte il ricorso contro la sentenza della Corte d’Appello di Roma che aveva fatto decadere dalla responsabilità genitoriale una donna vittima di violenza da parte dell’ex compagno, accusata di avere causato nel proprio figlio la cosiddetta sindrome da alienazione genitoriale.

La Corte d’ Appello aveva anche disposto l’allontanamento del bambino e l’interruzione dei rapporti tra madre e figlio.

Il caso in questione, che è molto complicato e che proseguiva da nove anni, da quando la donna aveva denunciato per stalking l’ex compagno e padre di suo figlio, che adesso ha dodici anni, è diventato una sorta di simbolo delle battaglie giudiziarie di molte donne alle quali sono stati sottratti i figli a causa delle sentenze di Tribunali che negli anni hanno affermato il principio della sindrome da alienazione genitoriale, spesso invocata dai padri nelle cause di separazione e di affidamento. La donna, nel suo percorso giudiziario, aveva fatto denunce pubbliche, scioperi della fame e proteste sotto i Tribunali.

Era stata sostenuta da molte associazioni e movimenti femministi e si erano occupate del suo caso anche diverse parlamentari.

La Cassazione ha adesso accolto il ricorso della donna e delle sue legali annullando la sua decadenza dalla responsabilità genitoriale e il trasferimento del bambino in casa famiglia stabiliti in precedenza dalla Corte d’Appello.

Lo ha fatto in relazione ai principi di llegittimità dell’alienazione parentale, superiorità dell’interesse dei bambini rispetto al diritto alla bigenitorialità e condanna dell’utilizzo della forza nei confronti dei minori.

La Suprema Corte ha ribadito che:

Il richiamo alla sindrome d’alienazione parentale e ad ogni suo, più o meno evidente, anche inconsapevole, corollario, non può dirsi legittimo, costituendo il fondamento pseudoscientifico di provvedimenti gravemente incisivi sulla vita dei minori, in ordine alla decadenza dalla responsabilità genitoriale della madre.

I Supremi Giudici hanno stabilito che non può essere garantita la bigenitorialità ad ogni costo, ma si deve tenere conto in primo luogo dell’interesse del bambino.

Si sono espressi anche sull’utilizzo della forza fisica per sottrarre il minore dal luogo dove risiedeva con la madre, per collocarlo in una casa famiglia, ritenendo quella misura:

Non conforme ai principi dello Stato di diritto in quanto prescinde del tutto dall’età del minore, ormai dodicenne, non ascoltato, e dalle sue capacità di discernimento.

Come ha spiegato una delle legali della donna:

La Corte ha contestato il mancato ascolto del figlio della donna e ha messo un punto alle prassi che rasentano il trattamento inumano e degradante di allontanamento dei bambini e delle bambine dalle madri con la forza pubblica, dichiarando che ogni forma di coercizione sui minori è fuori dallo Stato di diritto.

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Sentenza collegata

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Dott.ssa Concas Alessandra

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