La sostituzione del soggetto nel compimento di atti giuridici

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Il contratto di mandato è uno strumento al quale si ricorre quando un soggetto manifesta l’intenzione di farsi sostituire da un altro soggetto nel compimento di attività giuridica, e in modo più specifico nel compimento di attività negoziale.

Al riguardo bisogna fare una distinzione di carattere terminologico tra:

-il soggetto dell’atto giuridico

-il soggetto del regolamento contrattuale

-il soggetto dell’affare inteso in senso economico.

Ognuna di queste espressioni presa singolarmente designa una diversa posizione.

Quando si parla del soggetto dell’atto giuridico, si fa riferimento al soggetto che stipula l’atto giuridico, l’autore della volontà negoziale.

Il soggetto del regolamento contrattuale è la persona nella sfera della quale si producono gli effetti giuridici che scaturiscono dall’atto o dal negozio giuridico.

Queste posizioni vanno tenute distinte dal soggetto dell’affare inteso in senso economico, cioè dal soggetto che ha la titolarità in senso economico dell’azione che dal punto di vista economico è espressa dall’atto giuridico, e in particolare dall’atto negoziale.

Queste tre qualità oggettive sono riunite nella stessa persona.

Ad esempio:

Tizio stipula un contratto di compravendita a suo nome perché ha intenzione di acquistare un appartamento, e lo acquista proprio perché è interessato anche sul piano economico all’acquisto dell’appartamento.

Tizio stipula il contratto, e in questo caso, sta riassumendo nella sua persona entrambe le figure indicate, perché è innanzitutto soggetto dell’atto, è parte del contratto, è il soggetto che esprime la volontà negoziale, e nello stesso tempo è anche il soggetto del regolamento contrattuale, perché è il destinatario degli effetti giuridici di questo contratto, cioè il soggetto che acquista la proprietà in forza di questo contratto, assumendo l’obbligo di pagare il corrispettivo, però è anche il titolare dell’affare in senso economico, perché sta stipulando questo contratto per conto di un altro soggetto, nel suo interesse, perché vuole realizzare un acquisto sul piano economico.

In ogni caso può capitare che queste qualità siano scisse, che si ritrovino disgiunte, e si verifichi un fenomeno di dissociazione delle qualità.

Quando un soggetto stipula un contratto è parte dell’atto giuridico, è soggetto dell’atto, ma lo stipula in forza di un potere di rappresentanza che gli è stato conferito da un altro soggetto.

In questo caso il soggetto che stipula l’atto non è il soggetto del regolamento negoziale, perché non è il soggetto nella sfera del quale si producono gli effetti che scaturiscono da quel negozio giuridico, perché la spendita del nome di rappresentanza comporta una deviazione degli effetti giuridici che scaturiscono da quel contratto stipulato dal rappresentante, gli effetti si producono nella sfera del rappresentato e in questo caso si dice che egli agisce in nome altrui e per conto altrui.

Nell’agire in nome proprio e per conto proprio, si ha una sovrapposizione delle tre qualità.

Nell’agire in nome altrui e per conto altrui si ha la procura.

Nell’agire in nome proprio per conto altrui si ha il mandato senza rappresentanza.

Si sostituisce un altro soggetto che ha l’interesse economico, è la tipica situazione del conferimento di un mandato senza rappresentanza.

L’agire in nome altrui ma per conto proprio è un raro caso della prassi.

Il contratto di mandato è lo strumento che consente a un soggetto di agire in proprio nome ma per curare gli interessi di un terzo, e cioè del mandante.

Al riguardo è importante la differenza tra rappresentanza e gestione.

Queste due espressioni designano due fenomeni diversi tra loro, che non possono essere confusi.

La rappresentanza è il fenomeno in forza del quale un soggetto è legittimato da parte di un altro soggetto a porre in essere un’attività negoziale spendendo il nome del rappresentato.

La rappresentanza è un istituto che ha una funzione giuridica, che è quella di conferire il potere di stipulare un contratto in proprio nome, deviando gli effetti giuridici formali del negozio (articoli 1387 e seguenti del codice civile).

In riferimento alla gestione, bisogna dire che si gestisce un determinato affare nell’interesse di un terzo senza però potere rappresentativo.

Il potere di gestione può derivare da un rapporto di lavoro subordinato.

Ad esempio il commesso di un negozio che stipula un contratto con i terzi vendendo la merce ma essendo alle dipendenze del datore di lavoro.

In questo caso il commesso sta gestendo un affare che non è nel suo interesse, ma è nell’interesse del suo datore di lavoro.

Un rapporto di gestione si può anche realizzare in un rapporto di collaborazione autonoma e in particolare può trovare il suo titolo in un contratto di mandato.

In particolare, la rappresentanza in diritto civile è l’istituto per il quale a un soggetto è attribuito un apposito potere di sostituirsi a un altro soggetto nel compimento di attività giuridica per conto di questo e con effetti diretti nella sua sfera giuridica.

Qualsiasi atto giuridico può essere compiuto a mezzo di un rappresentante, ad eccezione dei cosiddetti atti personalissimi: ad esempio, il testamento oppure i negozi giuridici del diritto di famiglia.

La rappresentanza non va confusa con l’attività di semplice messo (detto anche portavoce o, in latino, nuncius), che è il soggetto incaricato di enunciare la volontà altrui a terzi.

Il rappresentante agisce in base ad una volontà propria (sia pure nell’interesse altrui), il messo si limita a riferire ad altri la dichiarazione di volontà del rappresentato (come lo farebbe il latore di una lettera).

La rappresentanza può essere diretta, indiretta e istituzionale.

Nella rappresentanza diretta il rappresentante pone in essere un’attività negoziale (eventualmente anche con terzi) spendendo il nome del rappresentato (contemplatio domini).

In questo modo gli effetti negoziali si producono direttamente in capo al rappresentato.

Si dice anche che, in questo caso, il rappresentante stipula in nome e per conto del rappresentato.

Nella rappresentanza indiretta (o impropria) il rappresentante non spende il nome del rappresentato, e di solito gli effetti della negoziazione (unilaterale o bilaterale che sia) non si producono direttamente in capo al rappresentato, ma in capo al rappresentante.

Si dice anche che in questo caso il rappresentante stipula per conto (ma non in nome) del rappresentato.

Nella rappresentanza istituzionale, il rappresentante ha funzione di organo esterno di una persona giuridica (o ente di fatto) ed è rivestito del potere di manifestare la volontà di questa, ad esempio:

l’amministratore di una società, il presidente di un’associazione.

Questo potere trova fonte nella legge o nello statuto dell’ente in questione.

La legge, che dà vita alla rappresentanza c.d. legale o necessaria, come il caso dei genitori del minore, del tutore, del curatore fallimentare.

Si tratta di un caso di rappresentanza diretta, e questa fattispecie è detta anche rappresentanza volontaria.

Si ha procura apparente quando il rappresentato (falso) ha ingenerato nel terzo con il suo comportamento il ragionevole convincimento circa la sussistenza di un rapporto di rappresentanza. Il caso di falsus procurator previsto dall’art. 1398 c.c. è l’opposto:

il soggetto in questione conclude un negozio con un terzo dicendo di rappresentare qualcuno, mentre non ha procura o ce l’ha, ma non per quel genere di negozio, e agisce eccedendo i limiti della procura conferita.

In questo caso è il falsus procurator a rispondere dei danni sui terzi, salvo che il dominus sani il negozio compiuto dal falsus procurator attraverso l’istituto della ratifica.

 

Note Bibliografiche:

L’articolo è tratto da una lezione del Prof. Federico Cappai docente di Diritto Privato dell’Economia presso la facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Cagliari.

Dott.ssa Concas Alessandra

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