La sospensione, interruzione ed estinzione del processo

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La sospensione, l’interruzione e l’estinzione, interrompono il normale e regolare svolgimento del processo nei casi previsti dalla legge

Il codice di procedura civile, al Libro II prevede diverse ipotesi nelle quali un giudizio può presentare degli ostacoli.

La sospensione del processo

La sospensione del processo è disciplinata dagli articoli 295 e seguenti del codice di procedura civile.

Questo comporta il fermo delle attività processuali in attesa di una loro ripresa.

La sospensione del processo (art. 295 c.p.c.), si rende necessaria ed è disposta dal giudice quando lui o un altro giudice debbano prima risolvere una controversia al fine di decidere della causa.

La sospensione può anche essere disposta su istanza delle parti se sussistano giustificati motivi.

In questi casi il giudice può stabilire che il processo resti sospeso per una volta e per massimo tre mesi.

Con la sospensione il giudice fissa anche la data dell’udienza con la quale il processo proseguirà, in caso contrario le parti sono tenute a chiedere la fissazione entro il termine perentorio di tre mesi dalla conoscenza del processo sospeso, o dal passaggio in giudicato della sentenza che definisce la controversia civile o amministrativa che ha comportato il fermo delle attività processuali.

Se la sospensione sia derivata da richiesta delle parti, l’istanza di fissazione dell’altra udienza deve essere proposta dieci giorni prima della scadenza del termine di sospensione.

L’articolo 298  del codice di procedura civile, precisa che durante la sospensione non possono essere compiuti atti del procedimento, e che essa interrompe i termini in corso, che ricominciano  a decorrere dal giorno dell’udienza con la quale il processo riprende il suo corso.

L’interruzione del processo

L’interruzione ha luogo se si verificano gli eventi elencati agli articoli 299, 300 e 301 del codice di procedura civile.

Nel primo caso il processo è interrotto, a meno che non si costituiscano volontariamente o vengano citate in riassunzione le persone alle quali spetta di proseguirlo.

Nel secondo caso a seguito della relativa dichiarazione in udienza o notifica alle parti da parte del difensore, salvo, anche in questo caso, che avvenga la costituzione volontaria o la riassunzione delle persone legittimate a proseguirlo.

In caso di morte o altro impedimento del procuratore, come la sua radiazione o sospensione, il processo si interrompe dal giorno dell’evento.

L’articolo 301 del codice di procedura civile, precisa che non sono cause di interruzione la revoca della procura o la sua rinuncia.

Nei casi di interruzione, la costituzione per proseguire il processo può avvenire all’udienza o secondo quello che si prevede per la costituzione del convenuto.

Se non è fissata nessuna udienza, spetta alla parte chiedere con ricorso al giudice istruttore o, in mancanza, al presidente del tribunale di fissare l’udienza, notificando alle altre parti sia il ricorso sia  il decreto.

In caso di morte della parte, il ricorso in riassunzione deve avere gli estremi della domanda e la notificazione, entro un anno dalla morte, può essere fatta agli eredi in modo collettivo, nell’ultimo domicilio del defunto.

Il codice precisa che in presenza di altre parti in causa, il decreto è notificato anche a loro.

Se il processo non è proseguito né riassunto entro il termine perentorio di tre mesi dall’interruzione, si estingue.

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L’estinzione del processo

Il codice di procedura civile agli articoli da 306 e seguenti considera le ipotesi di autentica estinzione del processo.

La stessa si verifica in caso di rinuncia agli atti del giudizio proposta da una o più parti e accettata senza riserve o condizioni dalle altre parti costituite interessate alla prosecuzione.

Le dichiarazioni di rinuncia e di accettazione sono fatte dalle parti o dai loro procuratori speciali, in modo verbale all’udienza, o con atti sottoscritti e notificati alle altre parti, e coloro che rinunciano devono rimborsare le spese alle altre parti, salvo diverso accordo tra loro.

Il processo si può estinguere anche per inattività delle parti, e accade se dopo la notificazione della citazione nessuna delle stesse si sia costituita entro i termini stabiliti.

Il codice prevede che se dopo la costituzione, il giudice, nei casi previsti dalla legge, abbia ordinato la cancellazione della causa dal ruolo, il processo deve essere riassunto davanti allo stesso giudice nel termine perentorio di tre mesi, in caso contrario si estingue.

Lo stesso vale  quando una volta riassunto il processo nessuna delle parti si sia costituita o se, nei casi previsti dalla legge, il giudice ordini la cancellazione della causa dal ruolo.

Il processo si estingue per inattività delle parti anche quando coloro ai quali spetta rinnovare la citazione o proseguire, riassumere o integrare il giudizio, non provvedano entro il termine perentorio stabilito dalla legge o dal giudice che sia autorizzato dalla legge a fissarlo in misura non inferiore a un mese né superiore a tre.

L’estinzione per inattività delle parti agisce di diritto ed è dichiarata, anche d’ufficio, con ordinanza del giudice istruttore o con sentenza del collegio.

L’ordinanza con la quale è dichiarata l’estinzione, se pronunciata fuori udienza, è comunicata alle parti dal cancelliere e contro di essa può essere proposto reclamo al collegio, che provvede in camera di consiglio con sentenza, se lo respinge, o con ordinanza, se lo accoglie.

Il processo si può estinguersi per mancata comparizione delle parti per due udienze successive.

Quando sia costituito a non comparire esclusivamente l’attore, se alla prima udienza il convenuto non chiede che si proceda in assenza della controparte, il giudice fissa un’altra udienza, che viene comunicata all’attore da parte del cancelliere.

Se lo stesso non compare neanche alla successiva udienza e il convenuto continua a non chiedere che si proceda in assenza dell’attore, il giudice ordina che la causa sia cancellata dal ruolo e dichiara l’estinzione del processo.

L’estinzione del processo non estingue l’azione, rende inefficaci gli atti compiuti, ad eccezione delle sentenze di merito pronunciate nel processo e delle pronunce che regolano la competenza.

Secondo l’articolo 310 del codice di procedura civile, le prove raccolte sono valutate dal giudice come argomenti di prova e le spese del processo estinto sono a carico delle parti che le hanno pagate prima.

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