La sospensione condizionale della pena, presupposti e caratteri

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La sospensione condizionale della pena è un istituto di grande importanza e di diffusa applicazione, soprattutto nei confronti di coloro che per la prima volta affrontano in qualità di imputati le aule di Giustizia per reati non eccessivamente gravi, e rappresenta una grande opportunità per la limitazione degli effetti negativi del processo penale.

Questa possibilità è lasciata allo stesso imputato che, in un certo senso, è messo alla prova dal giudice per un preciso lasso di tempo a seguito del quale, se la “prova” è superata, il reato è estinto.

In realtà la sospensione condizionale della pena prevede che la pena rimanga sospesa per cinque anni per i reati o due anni per le contravvenzioni, a condizione che il reo non commetta un altro reato.

Se egli si macchia di un altro reato, a determinate condizioni, sconterà sia la vecchia pena sospesa sia quella inflitta per il secondo fatto illecito.

Lo scopo è duplice ed evidente:

In primo luogo, si preservano soggetti che hanno commesso un reato dalla gravità relativa e che non hanno una carriera criminale alle spalle, dall’ambiente traumatizzante del carcere soprattutto quando il reo si potrebbe ravvedere ed astenere da futuri crimini.

In secondo luogo, il reo al quale la pena è stata sospesa ha un rinforzo negativo alla luce del quale non commettere altri reati.

La concessione della sospensione condizionale della pena implica che in caso di condanna, il giudice nel pronunciare la sentenza stabilisca che la pena debba rimanere sospesa per cinque anni in caso di reato e due anni in caso di contravvenzioni.

Il termine decorre dal passaggio in giudicato della Sentenza, cioè dopo il ricorso in Cassazione se vengono esperiti dall’imputato sia l’appello sia il ricorso in Cassazione, mentre se l’imputato non impugna la sentenza e non presenta appello, la stessa diventerà esecutiva, e il termine decorrerà dopo il processo di primo grado.

Queste le condizioni alle quali il giudice concederà il beneficio:

Il reo non sia stato in precedenza condannato a pena detentiva per un delitto e non sia delinquente abituale, professionale o per tendenza, tre categorie ormai desuete che seguono ad un provvedimento ad hoc di un giudice.

Alla pena non debba essere aggiunta una misura di sicurezza.

La pena inflitta non deve essere superiore a due anni di arresto o reclusione, per coloro che hanno più di 70 anni e tra 18 e 21 il tetto sale a 2 anni e 6 mesi.

Se si tratta di pena pecuniaria la stessa ragguagliata a € 250,00 per ogni giorno di detenzione non deve superare la soglia della quale sopra.

La sospensione non può essere concessa più di una volta ma il giudice, se il soggetto sia stato in precedenza condannato con pena sospesa, può decidere di sospendere anche la seconda pena se la somma della prima e della seconda non superi i termini dei quali sopra.

L’applicazione della sospensione non è un diritto ma un beneficio concedibile a discrezione del  giudice che lo permetterà esclusivamente se riterrà che il reo non delinquerà in futuro.

La mancata concessione deve essere motivata e può essere anche motivo di appello.

Le pene del giudice di pace non si possono sospendere, nonostante si tratti sempre ed esclusivamente di pene pecuniarie.

Il primo obbligo del condannato è quello di non commettere più reati perché, altrimenti, il beneficio verrà revocato.

La sospensiva può essere subordinata:

All’adempimento dell’obbligo delle restituzioni.

A quello del risarcimento disposto come immediatamente esecutivo dal Giudice in favore del danneggiato da reato che si è costituito parte civile nel processo.

All’eventuale eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose derivanti dal reato.

Il termine entro il quale gli eventuali obblighi devono essere adempiuti è stabilito dal Giudice.

 

Se il beneficio viene applicato, resta sospesa sia la pena principale che quella accessoria, ma non l’eventuale obbligo a risarcire il danno riconosciuto dal Giudice alla persona offesa che ne abbia fatto richiesta e solo se è stabilita la provvisoria esecuzione di tale risarcimento.

Il risarcimento è dovuto quando la sentenza passa in giudicato dopo il terzo grado di giudizio o la mancata presentazione dell’Appello.

La pena sospesa non  è menzionata sul casellario giudiziario (si tratta della c.d. “non menzione”) richiesto da privati e non può essere causa ostativa alla concessione di licenze o autorizzazioni necessarie per svolgere attività lavorativa.

Il decorso il tempo di tre o cinque anni, ed eventualmente adempiuti gli obblighi imposti dal giudice, il reato è estinto e non ha luogo l’esecuzione della pena.

L’istituto della sospensione condizionale della pena, è previsto dagli articoli 163-168 del codice penale, e ha lo scopo di evitare i possibili effetti negativi che una carcerazione breve potrebbe produrre nei confronti di soggetti non pericolosi per la società.

In concreto, il giudice, applicando i parametri dei quali all’art. 133 del codice penale, se ritenga di dovere infliggere al reo la pena della reclusione o dell’arresto non superiore a due anni, può disporre con la stessa sentenza di condanna che la pena rimanga sospesa.

Questo comporta che il reo non dovrà scontare effettivamente la pena, mentre a suo carico verranno  applicate le pene accessorie, ad esempio interdizione dai pubblici uffici o sospensione dall’esercizio di una professione o di un’arte.

Il beneficio della sospensione condizionale della pena è concesso dal giudice il quale, considerando la personalità del reo e lo sviluppo processuale della vicenda, formula una prognosi favorevole a vantaggio dell’imputato che, preso atto della sospensione della pena e nel suo esclusivo interesse, si asterrà dal commettere altri reati in futuro.

La legge prevede la presenza di alcuni requisiti perché il condannato possa usufruire della sospensione condizionale della pena:

a) La condanna inflitta al condannato non deve essere superiore a due anni di arresto o di reclusione.

b) il reato commesso non deve destare un particolare allarme sociale, ad esempio esclusione per i reati di omicidio o violenza sessuale aggravata.

c) Il reo non deve essere stato dichiarato con sentenza delinquente abituale, soggetto che ha acquisito una notevole propensione a commettere reati ed è quindi incapace di autocontrollarsi, professionale, soggetto che ha adottato come stile di vita quello di commettere reati, e da essi trae i propri mezzi di sostentamento, per tendenza, soggetto che ha commesso un delitto non colposo contro la vita o l’incolumità personale dal quale possa desumersi una inclinazione al reato.

d) Il reo non deve essere sottoposto ad una misura di sicurezza personale (p.es. colonia agricola o casa di lavoro), intesa come mezzo per prevenire la diffusione della criminalità.

Si tratta, a ben vedere, di aspetti relativi alla pericolosità del reo intesa come capacità del soggetto a commettere reati e, quindi, a rappresentare una vera e propria minaccia per la collettività sociale.

Inoltre l’art. 163 c.p. stabilisce limiti di pena diversi nei confronti di soggetti di età inferiore a 18 anni, in quanto, il beneficio della sospensione condizionale, viene esteso alla pena restrittiva della libertà personale non superiore a due anni.

Analoga situazione di favore è disposta verso coloro che hanno un’età compresa tra i 18 ed i 21 anni e coloro che hanno compiuto gli anni 70; per questa categoria, il limite di pena edittale entro il quale è possibile ottenere la sospensione condizionale della pena è esteso a due anni e sei mesi.

E’ bene precisare che il beneficio previsto dall’art. 163 c.p. può essere richiesto una sola volta anche se, nella prassi giudiziaria, non è infrequente rilevare come la sospensione condizionale della pena venga concessa per più condanne.

In questo caso è però necessario che non vengano superati i limiti previsti dal codice penale, pena la mancata concessione del beneficio; pertanto il reo, a cui il Giudice rigetti un’ulteriore richiesta di sospensione, dovrà scontare la pena inflittagli, salva la possibilità di accedere alle misure alternative alla detenzione (affidamento o detenzione domiciliare), sussistendone tutti i requisiti.

L’art. 167 c.p. prevede l’estinzione del reato qualora il condannato, nel termine stabilito dalla legge (cioè cinque anni se si tratta di delitti e due anni se si tratta di contravvenzioni), non commette altro delitto o contravvenzione, così frustrando lo spirito legislativo e dimostrando una notevole capacità di ribellione all’ordinamento sociale.

L’art. 168 c.p. si occupa invece della revoca del beneficio che viene disposta principalmente in tre casi:

1) quando il reo commette un delitto ovvero una contravvenzione della stessa indole per cui gli venga comminata una pena detentiva,

2) quando il reo non ha adempiuto agli obblighi imposti dal Giudice con la sentenza di condanna (p.es. per il reato di abuso edilizio era stata ordinata la demolizione del manufatto illegale ma il reo non vi ha provveduto nei termini stabiliti);

3) quando il reo riporti un’altra condanna per un delitto anteriormente commesso a pena che, sommata a quella precedente, superi i limiti indicati dall’art. 163. In quest’ultimo caso è necessario che la sentenza di condanna per il nuovo reato diventi definitiva dopo la sentenza che ha concesso la sospensione condizionale della pena e prima della decorrenza dei termini di cui all’art. 163. In concreto ciò significa che, il termine quinquennale di sospensione, deve decorrere dal momento del passaggio in giudicato della sentenza con la quale il reo ha beneficiato della sospensione condizionale della pena.

Un’interessante problema è quello relativo ai rapporti tra la concessione della sospensione condizionale della pena e la concessione dell’indulto, nonché la possibilità di un’eventuale compatibilità tra questi due importanti istituti.

La giurisprudenza prevalente ritiene che, se ricorrano contemporaneamente i presupposti per l’ottenimento sia della sospensione condizionale della pena, sia dell’indulto, la prima prevale sul secondo perché realizza in pieno l’estinzione del reato.

Siccome sussiste un concorso tra una causa estintiva del reato, la sospensione condizionale della pena, e una causa estintiva della pena, l’indulto, il giudice è tenuto ad applicare quella che fa venire meno il reato perché più favorevole al condannato.

Un’altra questione particolarmente dibattuta riguarda la possibilità che il condannato possa rinunciare al beneficio della sospensione condizionale della pena, se si tratta di pena pecuniaria. L’orientamento giurisprudenziale è oscillante, a fronte di alcune decisioni favorevoli alla richiesta di rinuncia di questo beneficio, ad esempio per la pendenza di altri procedimenti penali a carico del reo, ce ne sono altre che richiamano il disposto dell’articolo 133 del codice penale, in base al quale il giudice, nell’irrogazione della pena pecuniaria, può concedere la sospensione condizionale della pena se accerti l’assenza di pericolosità sociale del reo.

In materia di procedura penale, ricordiamo l’art. 275 comma 2 bis del codice di procedura penale, il quale, in tema di criteri di scelta delle misure cautelari, stabilisce che il giudice, se ritenga che con la sentenza di condanna possa essere concessa la sospensione condizionale della pena, non può disporre la misura della custodia cautelare a carico dell’indagato.

L’articolo consente al giudice di effettuare una verifica a priori sulla pericolosità dell’individuo e se lo fosse, di mancanza di recidiva, una volta fatto questo vaglio preliminare, è possibile provvedere alla sostituzione della misura della custodia cautelare in carcere con una misura meno gravosa per il reo, come l’obbligo di firma o divieto di dimora.

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